Riassunto delle caratteristiche del prodotto - ZESSLY
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Medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale. Ciò permetterà la rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta. Vedere paragrafo 4.8 per informazioni sulle modalità di segnalazione delle reazioni avverse.
1. denominazione del medicinale
Zessly 100 mg polvere per concentrato per soluzione per infusione.
2. composizione qualitativa e quantitativa
Ogni flaconcino contiene 100 mg di infliximab. Infliximab è un anticorpo monoclonale umano-murino chimerico IgG1 prodotto in cellule ovariche di criceto cinese (Chinese Hamster Ovary , CHO) con tecnologia DNA ricombinante. Dopo ricostituzione, ogni ml contiene 10 mg di infliximab.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1
3. forma farmaceutica
Polvere per concentrato per soluzione per infusione (polvere per concentrato).
La polvere è costituita da granuli bianchi liofilizzati.
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Artrite reumatoide
Zessly, in associazione con metotrexato, è indicato per la riduzione dei segni e dei sintomi e il miglioramento della funzione fisica in:
pazienti adulti con malattia in fase attiva quando la risposta ai medicinali anti-reumatici che modificano la malattia (DMARDs disease-modifying anti-rheumatic drugs), incluso il metotrexato, sia stata inadeguata. pazienti adulti con malattia severa, in fase attiva e progressiva non trattata precedentemente con metotrexato o altri DMARDs.In questa popolazione di pazienti è stato dimostrato, mediante valutazione radiografica, una riduzione del tasso di progressione del danno articolare (vedere paragrafo 5.1).
Malattia di Crohn negli adulti
Zessly è indicato per:
il trattamento della malattia di Crohn in fase attiva, di grado da moderato a severo, in pazienti adulti che non abbiano risposto nonostante un trattamento completo ed adeguato con corticosteroidi e/o immunosoppressori; o in pazienti che non tollerano o che presentano controindicazioni mediche per le suddette terapie. il trattamento della malattia di Crohn fistolizzante in fase attiva, in pazienti adulti che non abbiano risposto nonostante un ciclo di terapia completo ed adeguato con trattamento convenzionale (inclusi antibiotici, drenaggio e terapia immunosoppressiva).2
Malattia di Crohn nei bambini
Zessly è indicato per il trattamento della malattia di Crohn in fase attiva severa, nei bambini e negli adolescenti di età compresa tra 6 e 17 anni che non hanno risposto alla terapia convenzionale con un corticosteroide, un immunomodulatore e una primaria terapia nutrizionale o in pazienti che non tollerano o che presentano controindicazioni per le suddette terapie. Infliximab è stato studiato solo in associazione con la terapia immunosoppressiva convenzionale.
Colite ulcerosa
Zessly è indicato per il trattamento della colite ulcerosa in fase attiva, di grado da moderato a severo, in pazienti adulti che non hanno risposto in modo adeguato alla terapia convenzionale inclusi corticosteroidi e 6-mercaptopurina (6-MP) o azatioprina (AZA), o che risultano intolleranti o per cui esista una controindicazione medica a queste terapie.
Colite ulcerosa pediatrica
Zessly è indicato per il trattamento della colite ulcerosa in fase attiva di grado severo, in bambini e adolescenti da 6 a 17 anni di età, che non hanno risposto in modo adeguato alla terapia convenzionale inclusi corticosteroidi e 6-MP o AZA, o che risultano intolleranti o per cui esista una controindicazione medica a queste terapie.
Spondilite anchilosante
Zessly è indicato per il trattamento della spondilite anchilosante severa in fase attiva in pazienti adulti che non hanno risposto in modo adeguato alle terapie convenzionali.
Artrite psoriasica
Zessly è indicato per il trattamento dell’artrite psoriasica attiva e progressiva in pazienti adulti qualora sia stata inadeguata la risposta a precedenti trattamenti con DMARD.
Zessly deve essere somministrato:
in associazione con metotrexato o singolarmente in pazienti che risultano intolleranti al metotrexato o per i quali esso sia controindicatoInfliximab ha mostrato di migliorare la funzione fisica in pazienti con artrite psoriasica e di ridurre il tasso di progressione del danno alle articolazioni periferiche, misurato con i raggi X in pazienti con sottotipi simmetrici poliarticolari della malattia (vedere paragrafo 5.1).
Psoriasi
Zessly è indicato per il trattamento della psoriasi a placche di grado da moderato a severo nei pazienti adulti che non hanno risposto o per i quali siano controindicati o che sono risultati intolleranti ad altri trattamenti sistemici inclusi la ciclosporina, il metotrexato o PUVA (vedere paragrafo 5.1).
4.2 posologia e modo di somministrazione
Il trattamento con Zessly deve essere iniziato e supervisionato da medici specialisti esperti nella diagnosi e nel trattamento dell’artrite reumatoide, delle malattie infiammatorie intestinali, della spondilite anchilosante, dell’artrite psoriasica o della psoriasi. Zessly deve essere somministrato per via endovenosa. Le infusioni di Zessly devono essere somministrate da professionisti sanitari qualificati e istruiti nel riconoscere qualsiasi problematica correlata all’infusione. Ai pazienti trattati con Zessly, deve essere consegnato il foglio illustrativo e la scheda di promemoria per il paziente.
Durante il trattamento con Zessly, deve essere ottimizzato l’uso di altre terapie concomitanti quali ad esempio corticosteroidi ed immunosoppressori.
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Posologia
Adulti (≥ 18 anni)
Artrite reumatoide
Una infusione endovenosa di 3 mg/kg seguita da infusioni supplementari di 3 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, quindi ogni 8 settimane.
Zessly deve essere somministrato in concomitanza con metotrexato.
I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica viene raggiunta solitamente entro 12 settimane dall’inizio del trattamento. Se un paziente ha una risposta inadeguata o perde la risposta dopo questo periodo, può essere preso in considerazione un aumento graduale del dosaggio di 1,5 mg/kg, fino ad un massimo di 7,5 mg/kg, ogni 8 settimane. In alternativa, si può prendere in considerazione la somministrazione di 3 mg/kg ogni 4 settimane. Se si raggiunge una risposta adeguata, si devono continuare a trattare i pazienti con il dosaggio o la frequenza scelti. È necessario valutare attentamente se continuare la terapia nei pazienti che non mostrano evidenza di beneficio terapeutico entro le prime 12 settimane di trattamento o dopo l’aggiustamento del dosaggio.
Malattia di Crohn in fase attiva, di grado da moderato a severo
5 mg/kg somministrati in infusione endovenosa seguita da una infusione supplementare di 5 mg/kg a 2 settimane dalla prima infusione. Se un paziente non risponde alla terapia dopo 2 dosi, non gli deve essere somministrato nessun ulteriore trattamento con infliximab. I dati disponibili non supportano un ulteriore trattamento con infliximab nei pazienti non responders entro 6 settimane dalla prima infusione.
Nei pazienti responders, le soluzioni alternative per un trattamento continuo sono:
Mantenimento: infusione supplementare di 5 mg/kg alla settimana 6 dopo la prima dose, seguita da infusioni ripetute ogni 8 settimane o Risomministrazione: una infusione di 5 mg/kg se i segni e i sintomi della malattia persistono (vedere sotto “Risomministrazione” e il paragrafo 4.4).Sebbene manchino dati comparativi, dati limitati in pazienti che inizialmente hanno risposto alla terapia con 5 mg/kg, ma che hanno perso la risposta, indicano che alcuni pazienti possono recuperare la risposta aumentando la dose (vedere paragrafo 5.1). È necessario valutare attentamente se continuare la terapia nei pazienti che non mostrano evidenza di beneficio terapeutico dopo l’aggiustamento della dose.
Malattia di Crohn fistolizzante in fase attiva
5 mg/kg somministrati in infusione endovenosa seguita da infusioni supplementari di 5 mg/kg alla settimana 2 e 6 dalla prima infusione. Se un paziente non risponde dopo 3 dosi, non gli si deve somministrare nessun ulteriore trattamento con infliximab.
Nei pazienti responders, le soluzioni alternative per un trattamento continuo sono:
Mantenimento: infusioni supplementari di 5 mg/kg ogni 8 settimane o Risomministrazione: una infusione di 5 mg/kg se i segni e i sintomi della malattia persistono,seguita da infusioni di 5 mg/kg ogni 8 settimane (vedere sotto “Risomministrazione” e il paragrafo 4.4).
Sebbene manchino dati comparativi, dati limitati in pazienti che inizialmente hanno risposto alla terapia con 5 mg/kg ma che hanno perso la risposta, indicano che alcuni pazienti possono recuperare la risposta aumentando la dose (vedere paragrafo 5.1). È necessario valutare attentamente se continuare la terapia nei pazienti che non mostrano evidenza di beneficio terapeutico dopo l’aggiustamento della dose.
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Nella malattia di Crohn, l’esperienza di risomministrazione, se i segni e i sintomi della malattia persistono, è limitata e non sono disponibili dati comparativi di rischio/beneficio delle soluzioni alternative per un trattamento continuo.
Colite ulcerosa
Una infusione endovenosa di 5 mg/kg seguita da infusioni supplementari di 5 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, poi ripetute ogni 8 settimane.
I dati disponibili suggeriscono che la risposta clinica viene solitamente raggiunta entro 14 settimane dall’inizio del trattamento, cioè dopo tre somministrazioni. È necessario valutare attentamente se continuare la terapia nei pazienti che non rispondano entro questo periodo di tempo.
Spondilite anchilosante
Una infusione endovenosa di 5 mg/kg seguita da infusioni supplementari di 5 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, poi ripetute dopo un tempo che può variare dalle 6 alle 8 settimane. Se un paziente non risponde entro 6 settimane (cioè dopo 2 dosi) non deve ricevere nessun ulteriore trattamento con infliximab.
Artrite psoriasica
Una infusione endovenosa di 5 mg/kg seguita da infusioni supplementari di 5 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, poi ripetute ogni 8 settimane.
Psoriasi
Una infusione endovenosa di 5 mg/kg seguita da infusioni supplementari di 5 mg/kg alle settimane 2 e 6 dalla prima infusione, poi ripetute ogni 8 settimane. Se un paziente non risponde entro 14 settimane (cioè dopo 4 dosi), non si devono somministrare ulteriori trattamenti di infliximab.
Risomministrazione per la malattia di Crohn e l’artrite reumatoide
Se i segni e i sintomi della malattia si ripresentano, Zessly può essere somministrato nuovamente entro 16 settimane dall’ultima infusione. Negli studi clinici, le reazioni di ipersensibilità ritardata sono state “non comuni” e si sono verificate dopo intervalli di tempo senza somministrazione di infliximab inferiori ad 1 anno (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). La sicurezza e l’efficacia della risomministrazione non è stata stabilita dopo un periodo superiore alle 16 settimane senza somministrazione di infliximab. Questo vale sia per i pazienti affetti da malattia di Crohn sia per i pazienti affetti da Artrite reumatoide.
Risomministrazione per la colite ulcerosa
Non sono state stabilite la sicurezza e l’efficacia delle risomministrazioni effettuate ad intervalli diversi dalle 8 settimane (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Risomministrazione per la spondilite anchilosante
Non sono state stabilite la sicurezza e l’efficacia delle risomministrazioni diverse da quelle effettuate con un intervallo da 6 a 8 settimane (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Risomministrazione per l’artrite psoriasica
Non sono state stabilite la sicurezza e l’efficacia delle risomministrazioni effettuate ad intervalli diversi dalle 8 settimane (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
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Risomministrazione per la psoriasi
Un’esperienza limitata nella psoriasi derivante dal ritrattamento con una singola dose di infliximab dopo un intervallo di 20 settimane, suggerisce un’efficacia ridotta e un’incidenza maggiore di reazioni all’infusione di grado da leggero a moderato quando paragonate al regime di induzione iniziale (vedere paragrafo 5.1).
Un’esperienza limitata, derivante dal ritrattamento successivo ad un peggioramento della malattia attraverso un regime di re-induzione, suggerisce un’alta incidenza di reazioni all’infusione, comprese quelle gravi, se confrontate con quelle a 8 settimane di trattamento di mantenimento (vedere paragrafo 4.8).
Risomministrazione nelle diverse indicazioni
Nel caso in cui la terapia di mantenimento venga interrotta e vi fosse la necessità di ricominciare il trattamento, l’uso di un regime di re-induzione non è raccomandato (vedere paragrafo 4.8). In questa situazione, il trattamento con Zessly deve riniziare come dose singola seguita dalla dose di mantenimento, come da raccomandazioni descritte sopra.
Popolazioni speciali
Anziani
Non sono stati condotti studi specifici con infliximab nei pazienti anziani. Negli studi clinici non sono state osservate differenze sostanziali correlate all’età nella clearance o nel volume di distribuzione.
Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2). Per maggiori informazioni sulla sicurezza di infliximab nei pazienti anziani (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Compromissione renale e/o epatica
Infliximab non è stato studiato in queste popolazioni di pazienti. Non può essere fatta alcuna raccomandazione sulla dose (vedere paragrafo 5.2).
Popolazione pediatrica
Malattia di Crohn (6 – 17 anni)
Una dose di 5 mg/kg somministrata per infusione endovenosa seguita da successive infusioni di dosi di 5 mg/kg a 2 e 6 settimane dopo la prima infusione e successivamente ogni 8 settimane. I dati disponibili non supportano l’ulteriore trattamento con infliximab nei bambini e negli adolescenti che non rispondono entro le prime 10 settimane di trattamento (vedere paragrafo 5.1).
Alcuni pazienti possono richiedere un intervallo di tempo tra le dosi più breve per mantenere il beneficio clinico, mentre per altri può essere sufficiente un intervallo tra le dosi più lungo. I pazienti che hanno avuto l’intervallo di tempo tra le dosi ridotto a meno di 8 settimane possono essere a maggior rischio di reazioni avverse. È necessario valutare attentamente se continuare la terapia con un intervallo ridotto in quei pazienti che non mostrano alcuna evidenza di beneficio terapeutico aggiuntivo dopo una variazione nell’intervallo di tempo tra le dosi.
La sicurezza ed efficacia di infliximab nei bambini con malattia di Crohn al di sotto dei 6 anni di età non sono state studiate. I dati di farmacocinetica al momento disponibili sono riportati nel paragrafo 5.2 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante una posologia nei bambini di età inferiore a 6 anni.
Colite ulcerosa (6 – 17 anni)
Una dose di 5 mg/kg somministrata per infusione endovenosa seguita da successive infusioni di dosi di 5 mg/kg a 2 e 6 settimane dopo la prima infusione e successivamente ogni 8 settimane. I dati disponibili non supportano l’ulteriore trattamento con infliximab nei pazienti pediatrici che non rispondono entro le prime 8 settimane di trattamento (vedere paragrafo 5.1).
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La sicurezza ed efficacia di infliximab nei bambini con colite ulcerosa al di sotto dei 6 anni di età non sono state studiate. I dati di farmacocinetica al momento disponibili sono riportati nel paragrafo 5.2 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante una posologia nei bambini di età inferiore a 6 anni.
Psoriasi
La sicurezza ed efficacia di infliximab nei bambini e negli adolescenti, al di sotto dei 18 anni di età, per l’indicazione della psoriasi non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nel paragrafo 5.2 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.
Artrite idiopatica giovanile, artrite psoriasica e spondilite anchilosante
La sicurezza ed efficacia di infliximab nei bambini e negli adolescenti, al di sotto dei 18 anni di età, per le indicazioni dell’artrite idiopatica giovanile, dell’artrite psoriasica e della spondilite anchilosante non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nel paragrafo 5.2 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia.
Artrite reumatoide giovanile
La sicurezza ed efficacia di infliximab nei bambini e negli adolescenti, al di sotto dei 18 anni di età, per l’indicazione dell’artrite reumatoide giovanile non sono state stabilite. I dati al momento disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8 e 5.2 ma non può essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia.
Zessly deve essere somministrato per via endovenosa in un periodo di 2 ore. Tutti i pazienti trattati con Zessly devono essere tenuti sotto osservazione per almeno 1–2 ore dopo l’infusione per accertare reazioni acute correlate all’infusione. Deve essere tenuto a disposizione un equipaggiamento d’emergenza, quale adrenalina, antistaminici, corticosteroidi ed un respiratore artificiale. I pazienti possono essere pretrattati con, ad esempio, un antistaminico, idrocortisone e/o paracetamolo e la velocità di infusione può essere rallentata per ridurre il rischio di reazioni correlate all’infusione, specialmente se le reazioni correlate all’infusione si sono già verificate in precedenza (vedere paragrafo 4.4).
Infusioni abbreviate nelle indicazioni dell’adulto
In pazienti adulti accuratamente selezionati che hanno tollerato almeno 3 infusioni iniziali di Zessly di 2 ore (fase d’induzione) e che stanno ricevendo la terapia di mantenimento, può essere presa in considerazione la somministrazione di infusioni successive, per un periodo di non meno di 1 ora. Se si verificasse una reazione all’infusione associata all’infusione abbreviata, una velocità d’infusione più lenta può essere considerata per le future infusioni, se il trattamento dovesse continuare. Infusioni abbreviate alle dosi > 6 mg/kg non sono state studiate (vedere paragrafo 4.8).
Per le istruzioni sulla preparazione e la somministrazione, vedere paragrafo 6.6.
4.3 controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo, ad altre proteine murine, o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
Pazienti con tubercolosi o altre infezioni severe quali sepsi, ascessi, e infezioni opportunistiche (vedere paragrafo 4.4).
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Pazienti con insufficienza cardiaca da moderata a severa (Classe III/IV NYHA – New York Heart Association -) (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
4.4 avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
Tracciabilità
Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.
Reazioni all’infusione e ipersensibilità
Infliximab è stato associato a reazioni acute correlate all’infusione, che includono shock anafilattico e reazioni da ipersensibilità ritardata (vedere paragrafo 4.8).
Reazioni acute all’infusione incluse reazioni anafilattiche si possono verificare durante (entro secondi) o entro poche ore seguenti l’infusione. Se si verificano reazioni acute all’infusione, l’infusione deve essere interrotta immediatamente. Deve essere tenuto a disposizione un equipaggiamento d’emergenza, quale adrenalina, antistaminici, corticosteroidi ed un ventilatore artificiale. I pazienti possono essere pretrattati, ad es., con un antistaminico, idrocortisone e/o paracetamolo per prevenire gli effetti lievi e transitori.
Si possono sviluppare anticorpi contro l’infliximab e sono stati associati ad una maggiore frequenza di reazioni all’infusione. Una bassa percentuale di reazioni all’infusione era rappresentata da gravi reazioni allergiche. È stata inoltre osservata un’associazione tra lo sviluppo di anticorpi contro infliximab e una riduzione della risposta. La somministrazione concomitante di immunomodulatori è stata associata ad una minore incidenza di anticorpi contro infliximab e ad una riduzione della frequenza delle reazioni all’infusione. L’effetto di una terapia immunomodulatoria concomitante era più intenso nei pazienti trattati episodicamente che in pazienti soggetti alla terapia di mantenimento. I pazienti che abbiano sospeso la terapia con gli immunosoppressori prima o durante il trattamento con infliximab, presentano un maggiore rischio di sviluppare tali anticorpi. Gli anticorpi contro infliximab non possono essere sempre rilevati nei campioni di siero. Se si verificano reazioni gravi, deve essere approntato un trattamento sintomatico e non devono essere somministrate ulteriori infusioni di Zessly (vedere paragrafo 4.8.).
Negli studi clinici sono state riportate reazioni di ipersensibilità ritardata. I data disponibili suggeriscono un aumento del rischio di ipersensibilità ritardata all’aumento della durata degli intervalli di tempo senza somministrazione di infliximab. I pazienti devono essere informati di contattare immediatamente il medico in caso si manifestasse una reazione avversa di tipo ritardato (vedere paragrafo 4.8). Se i pazienti vengono ritrattati dopo un periodo prolungato, devono essere strettamente controllati per verificare la comparsa di segni e sintomi di ipersensibilità ritardata.
Infezioni
Prima, durante e dopo il trattamento con Zessly i pazienti devono essere strettamente monitorati per le infezioni tra cui la tubercolosi. Poiché l’eliminazione di infliximab può richiedere fino a sei mesi, il monitoraggio deve continuare durante questo periodo. L’ulteriore trattamento con Zessly non deve essere somministrato qualora un paziente sviluppi infezioni gravi o sepsi.
È necessaria cautela nell’utilizzo di Zessly in pazienti con infezione cronica o anamnesi di infezioni ricorrenti, inclusa la terapia concomitante con immunosoppressori. I pazienti devono essere informati in modo appropriato circa la necessità di evitare l’esposizione a potenziali fattori di rischio di infezioni.
Il fattore di necrosi tumorale alfa (TNFα) media l’infiammazione e modula le risposte immunitarie cellulari. Dati sperimentali dimostrano che il TNFα è essenziale per la risoluzione delle infezioni intracellulari.
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L’esperienza clinica dimostra che le difese immunitarie dell’ospite sono compromesse in alcuni pazienti trattati con infliximab.
Va evidenziato che la soppressione del TNFα può mascherare i sintomi di un’infezione quali la febbre. Un riconoscimento precoce di manifestazioni cliniche atipiche di infezioni gravi e di manifestazioni cliniche tipiche di infezioni rare e inusuali è un punto critico per minimizzare ritardi nella diagnosi e nel trattamento.
I pazienti che assumono medicinali bloccanti il TNF sono più soggetti ad infezioni serie.
In pazienti trattati con infliximab sono state osservate tubercolosi, infezioni batteriche, incluse la sepsi e la polmonite, infezioni micotiche invasive, virali ed altre infezioni opportunistiche. Alcune di queste infezioni hanno avuto esito fatale; le infezioni opportunistiche più frequentemente riportate con una percentuale di mortalità > 5% includono pneumocistosi, candidiasi, listeriosi e aspergillosi.
I pazienti che sviluppano una nuova infezione in corso di trattamento con Zessly, devono essere attentamente monitorati e sottoporsi ad una accurata valutazione diagnostica. La somministrazione di Zessly deve essere interrotta se un paziente sviluppa una nuova infezione seria o sepsi e deve essere iniziata un’appropriata terapia antimicrobica o antifungina fino a quando l’infezione non è risolta.
Tubercolosi
In pazienti trattati con infliximab sono stati riportati casi di tubercolosi attiva. Va evidenziato che nella maggioranza di questi casi, si trattava di tubercolosi extrapolmonare, sia localizzata che diffusa.
Prima di iniziare il trattamento con Zessly, tutti i pazienti devono essere valutati per tubercolosi sia attiva che inattiva (‘latente’). Questa valutazione deve includere una dettagliata anamnesi che comprenda una storia personale di tubercolosi o un possibile precedente contatto con una fonte di contagio di tubercolosi e precedenti e/o concomitanti terapie immunosoppressive. In tutti i pazienti devono essere effettuati appropriati test diagnostici (ad es., test cutanei della tubercolina, radiografia del torace e/o test del rilascio di interferone gamma) (possono essere applicate le linee guida locali). Si raccomanda che l’effettuazione di questi test venga riportata sulla scheda di promemoria per il paziente. Si ricorda ai medici prescrittori il rischio di falsi negativi del test cutaneo della tubercolina in particolare in pazienti severamente ammalati o immunocompromessi.
Qualora sia diagnosticata una tubercolosi attiva, la terapia con Zessly non deve essere iniziata. (vedere paragrafo 4.3)
In caso di sospetta tubercolosi latente deve essere consultato un medico con esperienza nel trattamento della tubercolosi. In tutte le situazioni sotto descritte, il rapporto rischio/beneficio della terapia con Zessly deve essere valutato molto attentamente.
Qualora fosse diagnosticata una tubercolosi inattiva (‘latente’), prima di iniziare la terapia con Zessly deve essere iniziata una terapia anti-tubercolare per una tubercolosi latente in accordo alle linee guida locali.
In pazienti che hanno molti o significativi fattori di rischio per la tubercolosi e hanno un test negativo per la tubercolosi latente, deve essere considerata una terapia anti-tubercolare prima dell’inizio di Zessly.
L’uso di una terapia anti-tubercolare deve anche essere considerato prima dell’inizio della terapia con Zessly in pazienti con una storia pregressa di tubercolosi latente o attiva, per i quali non può essere confermato un adeguato corso di trattamento.
Alcuni casi di tubercolosi in fase attiva sono stati segnalati in pazienti trattati con infliximab durante e dopo il trattamento per una tubercolosi latente.
Tutti i pazienti devono essere informati di richiedere il consiglio del medico se durante o dopo il trattamento con Zessly appaiono segni / sintomi suggestivi di tubercolosi (es. tosse persistente, deperimento / perdita di peso, febbricola).
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Infezioni fungine invasive
Una infezione fungina invasiva quale aspergillosi, candidiasi, pneumocistosi, istoplasmosi, coccidioidomicosi o blastomicosi, deve essere sospettata in pazienti trattati con Zessly se essi sviluppano una malattia sistemica grave e un medico, con competenza nella diagnosi e nel trattamento di infezioni fungine invasive, deve essere consultato in uno stadio precoce quando si visitano questi pazienti. Le infezioni fungine invasive possono presentarsi come malattia disseminata piuttosto che localizzata e i test antigenici e anticorpali possono essere negativi in alcuni pazienti con infezione attiva. Una appropriata terapia antifungina empirica deve essere considerata nel percorso diagnostico, prendendo in considerazione sia il rischio di una infezione fungina severa, sia i rischi della terapia antifungina.
Per i pazienti che hanno vissuto o viaggiato in regioni dove sono endemiche infezioni fungine invasive quali istoplasmosi, coccidioidomicosi o blastomicosi, i benefici e i rischi del trattamento con Zessly devono essere attentamente valutati prima di iniziare la terapia con Zessly.
Malattia di Crohn fistolizzante
I pazienti con malattia di Crohn fistolizzante con fistole acute in fase suppurativa non devono iniziare la terapia con Zessly finché una sorgente di possibile infezione, in particolar modo ascessi, non sia stata esclusa (vedere paragrafo 4.3).
Riattivazione di epatite B (HBV)
La riattivazione dell’epatite B si è osservata in pazienti trattati con un TNF-antagonista, incluso infliximab e che erano portatori cronici di questo virus. In alcuni casi si sono verificati degli esiti fatali.
I pazienti devono essere valutati per l’infezione da HBV prima di iniziare il trattamento con Zessly. Per i pazienti positivi al test per l’infezione da HBV è raccomandata una consultazione con un medico esperto nel trattamento dell’epatite B.
I portatori di HBV che richiedono un trattamento con Zessly devono essere strettamente monitorati sui segni e i sintomi dell’infezione attiva da HBV per tutta la durata della terapia e per molti mesi successivi al termine della stessa. Non sono disponibili dati sufficienti su pazienti portatori di HBV trattati con terapia antivirale in associazione con terapia con TNF-antagonista per prevenire la riattivazione del HBV. In pazienti che sviluppano la riattivazione del HBV, il trattamento con Zessly deve essere interrotto e deve essere iniziata una efficace terapia antivirale con appropriato trattamento di supporto.
Eventi epatobiliari
Durante il periodo di post-commercializzazione di infliximab, sono stati osservati casi di ittero e di epatite non infettiva, alcuni con caratteristiche di epatite autoimmune. Si sono verificati casi isolati di insufficienza epatica sfociati in un trapianto epatico o morte. Nei pazienti con segni e sintomi di disfunzione epatica deve essere valutato il livello del danno epatico. Se si sviluppa ittero e/o un aumento di ALT ≥ 5 volte il limite superiore della norma, è necessario interrompere il trattamento con Zessly e si deve intraprendere un approfondito esame delle condizioni di anomalia.
Associazione di un TNF-alfa inibitore e anakinra
Negli studi clinici di associazione di anakinra e un altro inibitore del TNFα, etanercept, si sono verificate infezioni gravi e neutropenia, senza un beneficio clinico aggiuntivo rispetto all’utilizzo del solo etanercept. Data la natura delle reazioni avverse osservate con l’associazione di etanercept e anakinra, possono verificarsi tossicità similari con l’associazione di anakinra e altri inibitori del TNFα. Pertanto, l’associazione di Zessly e anakinra non è raccomandata.
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Associazione di un TNF-alfa inibitore e abatacept
Negli studi clinici, l’utilizzo combinato di TNF-antagonisti e abatacept è stato associato ad un aumento del rischio di infezioni, comprese le infezioni gravi, rispetto ai TNF-antagonisti utilizzati da soli, senza un aumento del beneficio clinico. L’associazione di Zessly e abatacept non è raccomandata.
Associazione con altre terapie biologiche
Ci sono informazioni insufficienti riguardo l’uso concomitante di infliximab con altre terapie biologiche usate per trattare le stesse condizioni di infliximab. L’uso concomitante di infliximab con questi biologici non è raccomandato a causa della possibilità di un aumento del rischio di infezione, e di altre potenziali interazioni farmacologiche.
Sostituzione tra biologici DMARD
Si deve usare cautela e i pazienti devono continuare ad essere monitorati quando si passa da un biologico ad un altro, poiché la sovrapposizione dell’attività biologica può ulteriormente aumentare il rischio di reazioni avverse, compresa l’infezione.
Vaccinazioni
Si raccomanda che i pazienti abbiano effettuato, ove possibile, tutte le vaccinazioni in accordo alle più recenti linee guida, prima di iniziare la terapia con infliximab. I pazienti in terapia con infliximab possono ricevere vaccinazioni simultanee, ad eccezione dei vaccini vivi (vedere paragrafi 4.5 e 4.6).
In un sottogruppo di 90 adulti con artrite reumatoide dello studio 2, una proporzione similare di pazienti in ogni gruppo di trattamento (metotrexato più: placebo [n = 17], infliximab 3 mg/kg [n = 27] o infliximab 6 mg/kg [n = 46]) ha mostrato un aumento effettivo di due volte dei titoli anticorpali di un vaccino pneumococcico polivalente, indicando che infliximab non ha interferito con le risposte immunitarie di tipo umorale indipendenti dalle cellule T. Tuttavia, studi tratti dalla letteratura per le varie indicazioni (ad es., artrite reumatoide, psoriasi, malattia di Crohn) suggeriscono che le vaccinazioni con vaccino non vivo, ricevute durante il trattamento con terapie anti-TNF, incluso infliximab, possono provocare una risposta immunitaria più bassa rispetto ai pazienti non trattati con terapia anti-TNF.
Vaccini vivi/agenti terapeutici infettivi
In pazienti trattati con terapia anti-TNF, sono disponibili dati limitati sulla risposta ad una vaccinazione con vaccini vivi o sulla trasmissione secondaria dell’infezione con la somministrazione di vaccini vivi. L’uso di vaccini vivi può provocare infezioni cliniche, comprese le infezioni disseminate. La somministrazione concomitante di vaccini vivi con Zessly non è raccomandata.
Nei lattanti esposti in utero a infliximab, è stato riportato un esito fatale dovuto ad una infezione disseminata da bacillo di Calmette-Guérin (BCG) dopo la somministrazione di vaccino BCG dopo la nascita. Prima della somministrazione di vaccini vivi a lattanti esposti in utero a infliximab si raccomanda un periodo di attesa di almeno sei mesi dopo la nascita (vedere paragrafo 4.6).
Altri usi di agenti terapeutici infettivi come i batteri vivi attenuati (ad esempio, instillazioni endovescicali con BCG per il trattamento del cancro) possono provocare infezioni cliniche, comprese le infezioni disseminate. Si raccomanda di non somministrare gli agenti terapeutici infettivi in concomitanza con Zessly.
Reazioni autoimmuni
La relativa deficienza del TNFα provocata dalla terapia anti-TNF, può portare all’avvio di un processo autoimmune. Qualora un paziente presenti sintomi predittivi di una sindrome simil-lupus in seguito al trattamento con Zessly e risulti positivo per gli anticorpi anti-DNA a doppia elica, non deve essere somministrato l’ulteriore trattamento con Zessly (vedere paragrafo 4.8).
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Effetti a livello del sistema nervoso
L’uso di agenti bloccanti il TNF, compreso infliximab, è stato associato a casi di comparsa o esacerbazione di sintomi clinici e/o delle evidenze radiografiche di patologie demielinizzanti del sistema nervoso centrale, inclusa la sclerosi multipla, e di patologie demielinizzanti periferiche, inclusa la sindrome di Guillain-Barré. In pazienti con patologie demielinizzanti preesistenti o di recente manifestazione, i benefici ed i rischi del trattamento con anti-TNF devono essere valutati con attenzione prima di iniziare la terapia con Zessly. L’interruzione della terapia con Zessly deve essere presa in considerazione in caso di comparsa di queste patologie.
Neoplasie maligne e malattie linfoproliferative
Nelle fasi controllate degli studi clinici con medicinali inibitori del TNF è stato osservato un numero maggiore di casi di neoplasie maligne incluso linfoma tra i pazienti che avevano ricevuto un inibitore del TNF rispetto ai pazienti di controllo. Durante gli studi clinici effettuati con infliximab, in tutte le indicazioni approvate, l’incidenza di linfoma nei pazienti trattati con infliximab era maggiore rispetto a quella attesa nella popolazione in generale, ma la frequenza di linfoma era rara. Nell’esperienza post-commercializzazione, sono stati riportati casi di leucemia nei pazienti trattati con un antagonista del TNF. Vi è un rischio di base maggiore di sviluppare un linfoma e la leucemia nei pazienti con artrite reumatoide affetti da una patologia infiammatoria molto attiva e di vecchia data che complica la valutazione del rischio.
In uno studio clinico esplorativo in cui si è valutato l’utilizzo di infliximab in pazienti con patologia polmonare cronica ostruttiva di grado da moderato a severo (Chronic Obstructive Pulmonary Disease , COPD), è stato segnalato un maggior numero di casi di neoplasie maligne nei pazienti trattati con infliximab rispetto ai pazienti del gruppo di controllo. Tutti i pazienti erano assidui fumatori. Occorre prestare attenzione nel valutare il trattamento di pazienti con maggior rischio di neoplasia maligna in quanto forti fumatori.
Sulla base delle attuali conoscenze, non si può escludere il rischio di sviluppare linfomi o neoplasie maligne nei pazienti trattati con un inibitore del TNF (vedere paragrafo 4.8). Occorre prestare attenzione nel prendere in considerazione una terapia con inibitori del TNF in pazienti con anamnesi di neoplasia maligna o nel valutare un trattamento prolungato in pazienti che sviluppano una neoplasia maligna.
Si deve inoltre prestare attenzione nei pazienti affetti da psoriasi e trattati ampiamente in precedenza con immunosoppressori o per periodi prolungati con PUVA.
Nell’esperienza post-commercializzazione, neoplasie maligne, di cui alcune fatali, sono state riportate tra i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti (fino a 22 anni) trattati con medicinali inibitori del TNF (inizio della terapia ≤ 18 anni di età), incluso infliximab. Approssimativamente metà dei casi erano linfomi. Gli altri casi erano rappresentati da una varietà di diverse neoplasie maligne e includevano rare neoplasie maligne usualmente associate con l’immunosoppressione. Un rischio per lo sviluppo di neoplasie maligne nei pazienti trattati con inibitori del TNF non può essere escluso.
Dopo l’immissione in commercio del medicinale sono stati segnalati casi di linfoma epatosplenico a cellule T (HSTCL) in pazienti trattati con agenti bloccanti il TNF, incluso infliximab. Questa rara forma di linfoma a cellule T ha un decorso estremamente aggressivo ed un esito solitamente fatale. Quasi tutti i pazienti avevano ricevuto un trattamento con AZA o 6-MP in concomitanza o immediatamente prima di un bloccante del TNF. La grande maggioranza dei casi con infliximab si sono verificati in pazienti affetti da malattia di Crohn o colite ulcerosa e la maggior parte dei casi sono stati segnalati negli adolescenti o nei giovani adulti di sesso maschile. Il rischio potenziale dell’associazione di AZA o 6-MP e Zessly deve essere attentamente considerato. Non è possibile escludere un rischio di sviluppo del linfoma epatosplenico a cellule T nei pazienti trattati con infliximab (vedere paragrafo 4.8).
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Il melanoma e il carcinoma a cellule di Merkel sono stati riportati in pazienti sottoposti ad una terapia con un bloccante del TNF, compreso infliximab (vedere paragrafo 4.8). È raccomandato un esame periodico della pelle, in modo particolare per i pazienti con fattori di rischio per il cancro della pelle.
Uno studio di coorte retrospettivo basato sui dati dei registri sanitari nazionali svedesi ha riscontrato un aumento dell’incidenza di cancro della cervice uterina nelle donne con artrite reumatoide trattate con infliximab rispetto alle pazienti mai trattate con terapie biologiche o alla popolazione generale, comprese quelle di oltre 60 anni di età. Screening periodici devono proseguire nelle donne trattate con Zessly, comprese quelle di oltre 60 anni di età.
Tutti i pazienti con colite ulcerosa che presentano un maggior rischio di sviluppare displasia o carcinoma al colon (per esempio, pazienti con colite ulcerosa di lungo decorso o colangite sclerosante primaria) o che hanno una storia medica di displasia o di carcinoma del colon devono essere indagati in rapporto a tale displasia a intervalli regolari, prima di iniziare la terapia e durante il corso della malattia. Questa valutazione deve includere una colonscopia e biopsie in accordo alle linee guida locali. I dati attuali non indicano che il trattamento con infliximab influenza il rischio di sviluppare displasia o tumore del colon.
Poiché non è stata stabilita la possibilità di un maggior rischio di sviluppare un tumore in pazienti in trattamento con infliximab con displasia di recente diagnosi, il rapporto rischio/beneficio del proseguimento della terapia nei singoli pazienti deve essere attentamente preso in considerazione dal medico.
Insufficienza cardiaca
Zessly deve essere utilizzato con cautela in pazienti con insufficienza cardiaca lieve (classe I/II NYHA). I pazienti devono essere strettamente controllati e il trattamento con Zessly deve essere interrotto nei pazienti che presentano nuovi sintomi od un peggioramento dei sintomi dell’insufficienza cardiaca (vedere paragrafi 4.3 e 4.8).
Reazioni ematologiche
In pazienti in trattamento con medicinali anti-TNF, compreso infliximab, sono stati segnalati casi di pancitopenia, leucopenia, neutropenia e trombocitopenia. Tutti i pazienti devono essere informati di rivolgersi immediatamente al medico nel caso sviluppassero segni o sintomi compatibili per discrasie ematiche (ad es. febbre persistente, ecchimosi, sanguinamento e pallore). L’interruzione della terapia con Zessly deve essere presa in considerazione nei pazienti con confermate alterazioni ematologiche significative.
Altri
L’esperienza sulla sicurezza del trattamento di infliximab nei pazienti che sono stati sottoposti ad intervento chirurgico, compresa l’artroprotesi, è limitata. Qualora si pianifichi un intervento chirurgico deve essere presa in considerazione la lunga emivita di eliminazione di infliximab. Un paziente che richieda un intervento chirurgico nel corso di trattamento con Zessly, deve essere strettamente monitorato per l’aumentato rischio di infezioni e devono essere prese in considerazione appropriate misure.
Il fallimento di risposta al trattamento per la malattia di Crohn può indicare la presenza di stenosi fibrotiche rigide che possono richiedere un trattamento chirurgico. Non ci sono evidenze cliniche che suggeriscano che infliximab peggiora o causa stenosi fibrotiche.
Popolazioni speciali
Anziani
L’incidenza di infezioni gravi nei pazienti di 65 anni e oltre trattati con infliximab è stata superiore rispetto a quella nei pazienti al di sotto dei 65 anni di età. Alcune di queste hanno avuto esito fatale.
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Deve essere posta particolare attenzione al rischio di infezione quando vengono trattati gli anziani (vedere paragrafo 4.8).
Popolazione pediatrica
Infezioni
Negli studi clinici, le infezioni sono state riportate con maggiore frequenza nelle popolazioni pediatriche rispetto a quelle adulte (vedere paragrafo 4.8).
Vaccinazioni
Si raccomanda che i pazienti pediatrici abbiano effettuato, ove possibile, tutte le vaccinazioni in accordo alle più recenti linee guida, prima di iniziare la terapia con Zessly. I pazienti pediatrici in terapia con infliximab possono ricevere vaccinazioni simultanee, ad eccezione dei vaccini vivi (vedere paragrafi 4.5 e 4.6).
Neoplasie maligne e disordini linfoproliferativi
Nell’esperienza post-commercializzazione, neoplasie maligne, di cui alcune fatali, sono state riportate tra i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti (fino a 22 anni) trattati con medicinali inibitori del TNF (inizio della terapia ≤ 18 anni di età), incluso infliximab. Approssimativamente metà dei casi erano linfomi. Gli altri casi erano rappresentati da una varietà di diverse neoplasie maligne e includevano rare neoplasie maligne usualmente associate con l’immunosoppressione. Non può essere escluso un rischio per lo sviluppo di neoplasie maligne nei bambini e negli adolescenti trattati con inibitori del TNF.
Dopo l’immissione in commercio del medicinale sono stati segnalati casi di linfoma epatosplenico a cellule T in pazienti trattati con agenti bloccanti il TNF, incluso infliximab. Questa rara forma di linfoma a cellule T ha un decorso estremamente aggressivo ed un esito solitamente fatale. Quasi tutti i pazienti avevano ricevuto un trattamento con AZA o 6-MP in concomitanza o immediatamente prima di un bloccante del TNF. La grande maggioranza dei casi con infliximab si sono verificati in pazienti affetti da malattia di Crohn o colite ulcerosa e la maggior parte dei casi sono stati segnalati negli adolescenti o nei giovani adulti di sesso maschile. Il rischio potenziale dell’associazione di AZA o 6-MP e Zessly deve essere attentamente considerato. Non è possibile escludere un rischio di sviluppo del linfoma epatosplenico a cellule T nei pazienti trattati con infliximab (vedere paragrafo 4.8).
Contenuto di sodio
Zessly contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente “senza sodio”. Tuttavia, Zessly viene diluito utilizzando una soluzione di sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) per infusione. Ciò deve essere preso in considerazione nei pazienti che seguono una dieta con regime controllato di sodio (vedere paragrafo 6.6).
4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Non sono stati effettuati studi d’interazione.
Ci sono indicazioni che l’uso concomitante di metotrexato e altri immunomodulatori in pazienti affetti da artrite reumatoide, artrite psoriasica e malattia di Crohn riduca la formazione di anticorpi contro l’infliximab ed aumenti le concentrazioni plasmatiche di infliximab. Tuttavia i risultati non sono certi a causa dei limiti dei metodi utilizzati per il dosaggio di infliximab e degli anticorpi contro infliximab nel siero.
Non sembra che i corticosteroidi alterino la farmacocinetica di infliximab in modo clinicamente rilevante.
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Non è raccomandata l’associazione di Zessly con altre terapie biologiche usate per trattare le stesse condizioni di Zessly, compresi anakinra e abatacept, (vedere paragrafo 4.4).
È raccomandato che i vaccini vivi non vengano somministrati contemporaneamente a Zessly. È inoltre raccomandato che i vaccini vivi non vengano somministrati ai lattanti dopo l'esposizione in utero a infliximab per almeno 6 mesi dopo la nascita (vedere paragrafo 4.4).
Gli agenti terapeutici infettivi non devono essere somministrati contemporaneamente a Zessly (vedere paragrafo 4.4).
4.6 fertilità, gravidanza e allattamento
Donne in età fertile
Le donne in età fertile devono considerare l’uso di un adeguato metodo contraccettivo per prevenire la gravidanza e continuarne l’uso per almeno 6 mesi dopo l’ultima somministrazione di Zessly.
Gravidanza
Un numero moderato di dati raccolti in modo prospettico, su pazienti in gravidanza esposte a infliximab, con esiti noti su nati vivi, delle quali circa 1.100 esposte durante il primo trimestre, non ha evidenziato un aumento del tasso di malformazione nel neonato.
Sulla base di uno studio osservazionale condotto in nord Europa, è stato osservato un aumentato rischio (OR, IC 95%; valore p) per la sezione C (1,50, 1,14–1,96; p = 0,0032), di nascita pretermine (1,48, 1,05–2,09; p = 0,024), di nati piccoli per età gestazionale (2,79, 1,54–5,04; p = 0,0007) e di basso peso alla nascita (2,03, 1,41–2,94; p = 0,0002) in donne esposte a infliximab durante la gravidanza (con o senza immunomodulatori/corticosteroidi, 270 gravidanze) rispetto alle donne esposte solamente a immunomodulatori e/o corticosteroidi (6.460 gravidanze). Il potenziale contributo dell’esposizione a infliximab e/o la severità della malattia di base in questi esiti non è chiara.
A causa dell’inibizione del TNFα, infliximab somministrato durante la gravidanza può alterare le normali risposte immunitarie del neonato. In uno studio di tossicità sullo sviluppo effettuato sul topo, utilizzando un anticorpo analogo che inibisce selettivamente la funzionalità del TNFα del topo, non è stata riscontrata né tossicità materna, né embriotossicità, né teratogenicità (vedere paragrafo 5.3).
L’esperienza clinica disponibile è limitata. Infliximab deve essere utilizzato durante la gravidanza solo se chiaramente necessario.
Infliximab passa attraverso la placenta ed è stato rilevato nel siero dei lattanti fino a 6 mesi dopo la nascita. Dopo l’esposizione in utero a infliximab, i lattanti possono avere un rischio più elevato di infezione, compresa un’infezione disseminata grave che può avere un esito fatale. La somministrazione di vaccini vivi (ad es. il vaccino BCG) a lattanti esposti in utero a infliximab non è raccomandata per almeno 6 mesi dopo la nascita (vedere paragrafi 4.4 e 4.5). Sono stati segnalati anche casi di agranulocitosi (vedere paragrafo 4.8).
Allattamento
Non è noto se infliximab venga escreto nel latte materno o assorbito sistemicamente dopo l’ingestione. Poiché le immunoglobuline umane vengono escrete nel latte materno, le donne non devono allattare per almeno 6 mesi dopo il trattamento con Zessly.
Fertilità
Sono disponibili dati preclinici insufficienti per trarre conclusioni sugli effetti di infliximab sulla fertilità e sulla funzione riproduttiva generale (vedere paragrafo 5.3).
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4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Zessly altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. A seguito della somministrazione di infliximab si possono avere dei capogiri (vedere paragrafo 4.8).
4.8 effetti indesiderati
Riassunto del profilo di sicurezza
L’infezione delle vie aeree superiori è stata la più comune reazione avversa (ADR) riportata negli studi clinici, riscontrata nel 25,3% dei pazienti trattati con infliximab rispetto al 16,5% dei pazienti di controllo. Le più gravi ADR associate all’uso degli inibitori del TNF, riportate per infliximab, includono riattivazione del virus HBV, insufficienza cardiaca congestizia (CHF, Congestive Heart Failure), infezioni gravi (incluse sepsi, infezioni opportunistiche e TB), malattia da siero (reazioni di ipersensibilità ritardata), reazioni ematologiche, lupus eritematoso sistemico/sindrome simil-lupus, malattie demielinizzanti, eventi epatobiliari, linfoma, HSTCL, leucemia, carcinoma a cellule di Merkel, melanoma, neoplasia maligna pediatrica, sarcoidosi/reazione di tipo sarcoide, ascesso intestinale o perianale (nella malattia di Crohn) e gravi reazioni all’infusione (vedere paragrafo 4.4).
Tabella delle reazioni avverse
Nella Tabella 1 sono elencate le ADR segnalate in corso di studi clinici, così come le reazioni avverse, alcune con esito fatale, riportate dopo la commercializzazione. Nell’ambito della classificazione per sistemi e organi, le reazioni avverse sono elencate in base alla frequenza utilizzando le seguenti categorie: molto comune (≥ 1/10); comune (≥ 1/100, < 1/10); non comune (≥ 1/1.000, < 1/100); raro (≥ 1/10.000, < 1/1.000); molto raro (< 1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.
Molto comune: Infezione virale (es. influenza, infezione da herpes virus). Comune: Infezioni batteriche (es. sepsi, cellulite, ascesso).
Non comune: Tuberculosi, infezioni fungine (es. candidiasi, onicomicosi). Raro: Meningite, infezioni opportunistiche (quali infezioni fungine invasive [pneumocistosi, istoplasmosi, aspergillosi, coccidioidomicosi, criptococcosi, blastomicosi] infezioni batteriche [micobatterica atipica, listeriosi, salmonellosi], e infezioni virali [citomegalovirus]), infezioni parassitarie, riattivazione di epatite B.
Non nota: Infezione breakthrough da vaccino (dopo l’esposizione in utero a infliximab).
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Raro: Linfoma, linfoma non-Hodgkin, malattia di Hodgkin, leucemia, melanoma,tumore della cervice uterina.
Non nota: Linfoma epatosplenico a cellule T (essenzialmente pazienti adolescenti e giovani adulti maschi con malattia di Crohn e colite ulcerosa), carcinoma a cellule di Merkel, sarcoma di Kaposi.
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Patologie del sistema emolinfopoietico
Comune: Neutropenia, leucopenia, anemia, linfoadenopatia.
Non comune: Trombocitopenia, linfopenia, linfocitosi.
Raro: Agranulocitosi (compresi i lattanti esposti in utero a infliximab), porpora trombotica trombocitopenica, pancitopenia, anemia emolitica, porpora trombocitopenica idiopatica.
Disturbi del sistema immunitario
Comune: Sintomi delle vie respiratorie su base allergica.
Non comune: Reazione anafilattica, sindrome simil-lupus, malattia da siero o reazione simil-malattia da siero.
Raro: Shock anafilattico, vasculite, reazione simil-sarcoidotica. Disturbi psichiatrici
Comune: Depressione, insonnia.
Non comune: Amnesia, ansia, confusione, sonnolenza, nervosismo.
Raro: Apatia.
Patologie del sistema nervoso
Molto comune: Cefalea.
Comune: Vertigine, capogiro, ipoestesia, parestesia.
Non comune: Convulsioni, neuropatia.
Raro: Mielite trasversa, malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale (malattia simil-sclerosi multipla e neurite ottica), malattie demielinizzanti periferiche (come la sindrome di Guillain-Barré, le polineuropatie infiammatorie demielinizzanti croniche e le neuropatie motorie multifocali).
Non nota: Accidenti cerebrovascolari in stretta associazione temporale con l’infusione.
Patologie dell’occhio
Comune: Congiuntivite.
Non comune: Cheratite, edema perioculare, orzaiolo.
Raro: Endoftalmite.
Non nota: Perdita transitoria della vista che si manifesta durante o entro 2 ore dall’infusione
Patologie cardiache
Comune: Tachicardia, palpitazioni.
Non comune: Insufficienza cardiaca (nuova insorgenza o peggioramento), aritmia, sincope, bradicardia.
Raro: Cianosi, versamento pericardico.
Non nota: Ischemia miocardica/infarto miocardico.
Patologie vascolari
Comune: Ipotensione, ipertensione, ecchimosi, vampate di calore, rossore.
Non comune: Ischemia periferica, tromboflebite, ematoma.
Raro: Insufficienza circolatoria, petecchie, vasospasmo.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Molto comune: Infezione delle alte vie respiratorie, sinusite.
Comune: Infezione delle basse vie respiratorie (es. bronchite, polmonite),dispnea, epistassi.
Non comune: Edema polmonare, broncospasmo, pleurite, versamento pleurico.
Raro: Malattie polmonari interstiziali (incluso malattie rapidamente progressive, fibrosi polmonare e polmonite).
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Patologie gastrointestinali
Molto comune: Dolore addominale, nausea.
Comune: Emorragia gastrointestinale, diarrea, dispepsia, reflusso gastroesofageo, stipsi.
Non comune: Perforazione intestinale, stenosi intestinale, diverticolite, pancreatite, cheilite.
Patologie epatobiliari
Comune: Alterazioni della funzionalità epatica, aumento delle transaminasi.
Non comune: Epatite, danno epatocellulare, colecistite.
Raro: Epatite autoimmune, ittero.
Non nota: Insufficienza epatica.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comune: Nuova insorgenza o aggravamento di psoriasi, inclusa la forma pustolosa (essenzialmente palmo-plantare), orticaria, rash cutaneo, prurito, iperidrosi, secchezza cutanea, dermomicosi, eczema, alopecia.
Non comune: Eruzione bollosa, seborrea, acne rosacea, papilloma cutaneo, ipercheratosi, anomala pigmentazione della cute.
Raro: Necrolisi epidermica tossica, sindrome di Stevens-Johnson, eritema multiforme, foruncolosi, dermatosi bollosa da IgA lineari (LABD), pustolosi esantematica acuta generalizzata (AGEP), reazioni lichenoidi.
Non nota: Peggioramento dei sintomi di dermatomiosite.
Patologie del sistema
muscoloscheletrico e del tessuto connettivo
Comune: Artralgia, mialgia, lombalgia.
Patologie renali e urinarie
Comune: Infezione del tratto urinario.
Non comune: Pielonefrite.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Non comune: Vaginite.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di
somministrazione
Molto comune: Reazioni correlate all’infusione, dolore.
Comune: Dolore toracico, affaticamento, febbre, reazioni al sito di iniezione, brividi, edema.
Non comune: Processo di cicatrizzazione alterato.
Raro: Lesione granulomatosa.
Esami diagnostici
Non comune: Autoanticorpo positivo.
Raro: Alterazioni del fattore del complemento.
compresa la tubercolosi bovina (infezione disseminata da BCG), vedere paragrafo 4.4
Descrizione di reazioni avverse selezionate
Reazioni correlate all’infusione
Negli studi clinici, una reazione correlata all’infusione è stata definita come ogni evento avverso verificatosi durante un’infusione o entro 1 ora dopo l’infusione. Negli studi clinici di fase III, il 18% dei pazienti trattati con infliximab rispetto al 5% dei pazienti trattati con placebo, ha presentato una reazione correlata all’infusione. Nel complesso, una più elevata proporzione di pazienti, che ha ricevuto la monoterapia con infliximab, ha presentato una reazione correlata con l’infusione rispetto ai
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pazienti che hanno ricevuto infliximab in concomitanza con immunomodulatori. Circa il 3% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa delle reazioni correlate all’infusione e tutti i pazienti si sono ristabiliti con o senza terapia medica. Dei pazienti trattati con infliximab che avevano una reazione all’infusione durante il periodo d’induzione, fino alla settimana 6, il 27% manifestava una reazione all’infusione durante il periodo di mantenimento, tra la settimana 7 e la settimana 54. Dei pazienti che non hanno avuto una reazione all’infusione durante il periodo d’induzione, il 9% ha manifestato una reazione all’infusione durante il periodo di mantenimento.
In uno studio clinico in pazienti con artrite reumatoide, le infusioni venivano somministrate nell’arco di 2 ore per le prime 3 infusioni. La durata delle infusioni successive poteva essere ridotta a non meno di 40 minuti in pazienti che non avevano manifestato reazioni gravi all’infusione. In questo studio, il sessantasei per cento dei pazienti (686 su 1040) ha ricevuto almeno una infusione abbreviata della durata di 90 minuti o inferiore e il 44% dei pazienti (454 su 1040) ha ricevuto almeno una infusione abbreviata della durata di 60 minuti o inferiore. Nei pazienti trattati con infliximab che hanno ricevuto almeno una infusione abbreviata, le reazioni correlate all’infusione si sono verificate nel 15% dei pazienti e gravi reazioni all’infusione si sono verificate nello 0,4% dei pazienti.
In uno studio clinico in pazienti con la malattia di Crohn, sono state riscontrate reazioni correlate all’infusione nel 16,6% (27/163) dei pazienti che ricevevano infliximab in monoterapia, nel 5% (9/179) dei pazienti che ricevevano infliximab in combinazione con AZA e nel 5,6% (9/161) dei pazienti in trattamento con AZA in monoterapia. Una reazione grave all’infusione (< 1%) si è verificata in un paziente in monoterapia con infliximab.
Nel periodo successivo alla commercializzazione, sono stati associati alla somministrazione di infliximab, dei casi di reazioni anafilattiche, come l’edema di laringe/faringe e severo broncospasmo e convulsioni (vedere paragrafo 4.4).
Sono stati riportati casi di perdita transitoria della vista che si manifestano durante o entro 2 ore dall’infusione di infliximab. Sono stati riportati eventi (alcuni ad esito fatale) di ischemia miocardica/infarto miocardico e aritmia, alcuni in stretta associazione temporale con l’infusione di infliximab; sono stati riportati anche accidenti cerebrovascolari in stretta associazione temporale con l’infusione di infliximab.
Reazioni all’infusione successive alla risomministrazione di infliximab
È stato disegnato uno studio clinico nei pazienti con psoriasi da moderata a severa per valutare l’efficacia e la sicurezza della terapia di mantenimento a lungo termine, in confronto con il ritrattamento con un regime di induzione di infliximab (massimo di quattro infusioni
a 0, 2, 6 e 14 settimane) successivo al peggioramento della malattia. I pazienti non ricevevano alcuna terapia immunosoppressiva concomitante. Nel braccio di ritrattamento, il 4% (8/219) dei pazienti ha avuto esperienze di reazioni gravi all’infusione, verso < 1% (1/222) osservato nella terapia di mantenimento. La maggioranza delle reazioni gravi all’infusione si verificava durante la seconda infusione alla settimana 2. L’intervallo tra l’ultima dose di mantenimento e la prima dose di re-induzione variava tra 35–231 giorni. I sintomi comprendevano, ma non erano limitati a, dispnea, orticaria, edema facciale e ipotensione. In tutti i casi, il trattamento con infliximab è stato interrotto e/o un altro trattamento è stato adottato con la completa risoluzione dei segni e dei sintomi.
Ipersensibilità ritardata
Negli studi clinici, le reazioni di ipersensibilità ritardata non sono state comuni e si sono verificate dopo intervalli di tempo senza somministrazione di infliximab inferiori ad 1 anno. Negli studi sulla psoriasi, si sono verificate precocemente reazioni di ipersensibilità ritardata in corso di trattamento. Segni e sintomi includevano mialgia e/o artralgia con febbre e/o rash, con alcuni pazienti che presentavano prurito, edema facciale, alla mano o alle labbra, disfagia, orticaria, mal di gola e cefalea.
Non sono disponibili dati sufficienti sull’incidenza di reazioni di ipersensibilità ritardata dopo intervalli di tempo senza somministrazione di infliximab superiori ad 1 anno, ma i dati, pur in numero limitato, derivanti dagli studi clinici suggeriscono un aumento del rischio di ipersensibilità ritardata
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all’aumento della durata degli intervalli di tempo senza somministrazione di infliximab (vedere paragrafo 4.4).
In uno studio clinico della durata di 1 anno con infusioni ripetute in pazienti con malattia di Crohn, l’incidenza di reazioni derivanti dallo sviluppo di reazioni simili alla malattia da siero è stata del 2,4%.
Immunogenicità
I pazienti che avevano sviluppato anticorpi verso infliximab manifestavano con maggiore probabilità reazioni derivanti dall’infusione (con una frequenza approssimativamente di 2–3 volte superiore). L’uso concomitante di agenti immunosoppressori è sembrato ridurre la frequenza di reazioni correlate all’infusione.
In studi clinici nei quali sono state somministrate dosi singole e multiple di infliximab comprese tra 1 e 20 mg/kg, sono stati riscontrati anticorpi verso infliximab nel 14% dei pazienti sottoposti ad una qualsiasi terapia immunosoppressiva, e nel 24% dei pazienti senza terapia immunosoppressiva. L’8% dei pazienti con artrite reumatoide trattati ripetutamente con il dosaggio raccomandato e con metotrexato hanno sviluppato anticorpi verso infliximab. Nei pazienti con artrite psoriasica trattati al dosaggio di 5 mg/kg con o senza metotrexato, si sono sviluppati anticorpi complessivamente nel 15% dei pazienti (nel 4% dei pazienti che ricevevano metotrexato e nel 26% di pazienti che non ricevevano metotrexato al basale). Nei pazienti con malattia di Crohn che hanno ricevuto il trattamento di mantenimento mediamente il 3,3% dei pazienti che ricevevano immunosopressori e il 13,3% dei pazienti che non ricevevano immunosoppressori ha sviluppato anticorpi contro infliximab. L’incidenza di anticorpi era di 2–3 volte superiore per i pazienti trattati episodicamente. A causa di limiti metodologici, un test negativo non ha escluso la presenza di anticorpi verso infliximab. Alcuni pazienti che hanno sviluppato titoli elevati di anticorpi verso infliximab hanno presentato una efficacia ridotta. Nei pazienti affetti da psoriasi e trattati con infliximab in regime di mantenimento, in assenza di trattamento concomitante con immunomodulatori, circa il 28% ha sviluppato anticorpi verso infliximab (vedere paragrafo 4.4: “Reazioni all’infusione e ipersensibilità”).
Infezioni
In pazienti in trattamento con infliximab sono state osservate tubercolosi, infezioni batteriche, incluse sepsi e polmonite, infezioni micotiche invasive, virali e altre infezioni opportunistiche. Alcune di queste hanno avuto esito fatale. Le infezioni opportunistiche più frequentemente riportate con una percentuale di mortalità > 5% includono pneumocistosi, candidiasi, listeriosi e aspergillosi (vedere paragrafo 4.4).
Negli studi clinici, il 36% dei pazienti trattati con infliximab è stato trattato per infezioni, rispetto al 25% dei pazienti trattati con placebo.
In studi clinici sull’artrite reumatoide, l’incidenza di infezioni gravi inclusa la polmonite era maggiore nei pazienti trattati con infliximab e metotrexato rispetto a quelli trattati con il solo metotrexato, specialmente a dosi di 6 mg/kg o superiori (vedere paragrafo 4.4).
Tra le segnalazioni spontanee riportate nel periodo successivo alla commercializzazione, le infezioni sono la reazione avversa grave più comune. Alcuni dei casi hanno avuto un esito fatale. Quasi il 50% dei decessi riportati è stato associato ad infezione. Sono stati riportati casi di tubercolosi, talvolta fatali, inclusi casi di tubercolosi miliare e di tubercolosi a localizzazione extrapolmonare (vedere paragrafo 4.4).
Neoplasie maligne e malattie linfoproliferative
In studi clinici effettuati con infliximab in cui sono stati trattati 5.780 pazienti, rappresentanti 5.494 pazienti/anno, sono stati rilevati 5 casi di linfomi e 26 casi di neoplasie diverse dal linfoma, rispetto a nessun caso di linfoma e 1 caso di neoplasia diversa da linfoma osservati nei 1.600 pazienti trattati con placebo rappresentanti 941 pazienti/anno.
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In studi clinici di sicurezza a lungo termine fino a 5 anni effettuati con infliximab, rappresentanti 6.234 pazienti/anno (3.210 pazienti), sono stati riportati 5 casi di linfoma e 38 casi di neoplasie diverse dal linfoma.
Sono stati anche riportati casi di neoplasie maligne, incluso il linfoma, durante il periodo di commercializzazione (vedere paragrafo 4.4).
In uno studio clinico esplorativo che ha coinvolto pazienti con COPD di grado da moderato a severo che erano o fumatori o ex fumatori, 157 pazienti adulti sono stati trattati con infliximab a dosi simili a quelle usate nella artrite reumatoide e nella malattia di Crohn. Nove di questi pazienti hanno sviluppato neoplasie maligne, incluso 1 linfoma. La durata mediana di un follow-up è stata di 0,8 anni (incidenza 5,7% [95% IC 2,65% – 10,6% ]. È stato riportato un caso di neoplasia maligna tra i 77 pazienti del gruppo di controllo (durata mediana di follow-up 0,8 anni; incidenza 1,3% [95% IC 0,03% – 7,0%]). La maggioranza di tali neoplasie maligne riguardava il polmone o la testa e il collo.
Uno studio di coorte retrospettivo basato sulla popolazione ha riscontrato un aumento dell’incidenza di tumore della cervice uterina nelle donne con artrite reumatoide trattate con infliximab rispetto alle pazienti mai trattate con terapie biologiche o alla popolazione generale, comprese quelle di oltre 60 anni di età (vedere paragrafo 4.4).
In aggiunta, successivamente alla commercializzazione sono stati segnalati casi di linfoma epatosplenico a cellule T in pazienti trattati con infliximab, la grande maggioranza dei casi si sono verificati in pazienti affetti da malattia di Crohn e colite ulcerosa, la maggior parte dei pazienti erano adolescenti o giovani adulti di sesso maschile (vedere paragrafo 4.4).
Insufficienza cardiaca
In uno studio di fase II avente lo scopo di valutare infliximab nella CHF, è stata evidenziata una più elevata incidenza di mortalità dovuta al peggioramento dell’insufficienza cardiaca in pazienti trattati con infliximab in particolare in quelli trattati con la dose più elevata di 10 mg/kg (cioè il doppio della dose massima approvata). In questo studio, 150 pazienti con CHF di classe III e IV NYHA (frazione di eiezione ventricolare sinistra ≤ 35%), sono stati trattati con 3 infusioni di infliximab 5 mg/kg, 10 mg/kg, o placebo in un periodo di 6 settimane.
A 38 settimane, 9 dei 101 pazienti trattati con infliximab (2 a 5 mg/kg e 7 a 10 mg/kg), sono deceduti mentre si è verificato un caso di decesso tra i 49 pazienti trattati con placebo.
Durante il periodo di commercializzazione sono stati riportati, in pazienti trattati con infliximab, casi di peggioramento dell’insufficienza cardiaca, con e senza fattori scatenanti identificabili. Durante il periodo di commercializzazione sono stati inoltre riportati casi di insufficienza cardiaca di nuova insorgenza, inclusa insufficienza cardiaca in pazienti senza pre-esistenti malattie cardiovascolari note. Alcuni di questi pazienti erano di età inferiore ai 50 anni.
Eventi epatobiliari
Negli studi clinici si sono osservati aumenti lievi o moderati di ALT e AST nei pazienti in trattamento con infliximab senza evoluzione verso un danno epatico severo. Sono stati osservati aumenti di ALT ≥ 5 x Limiti Superiori alla norma (ULN) (vedere tabella 2). Sono stati osservati aumenti di aminotransferasi (più comuni di ALT che di AST) in una maggior proporzione di pazienti in trattamento con infliximab che nei gruppi di controllo, sia quando infliximab veniva somministrato in monoterapia sia quando veniva somministrato in associazione con altri medicinali immunosoppressivi. La gran parte delle anomalie relative alle aminotransferasi erano transitorie; comunque in un numero ridotto di pazienti si sono verificati aumenti prolungati. In generale i pazienti che hanno sviluppato aumenti di ALT e AST erano asintomatici e le anomalie diminuivano o si risolvevano o proseguendo o interrompendo il trattamento con infliximab o cambiando la terapia concomitante. Durante il periodo di sorveglianza post commercializzazione sono stati segnalati casi di ittero ed epatite, alcuni con caratteristiche di epatite autoimmune, in pazienti in trattamento con infliximab (vedere paragrafo 4.4).
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Tabella 2
Numero di pazienti con aumentata attività di ALT negli studi clinici
Indicazione | Numero di pazienti3 | Follow-up medio (settimane)4 | ≥ 3 x ULN | ≥ 5 x ULN | ||||
placebo | infliximab | placebo | infliximab | placebo | infliximab | placebo | infliximab | |
Artrite reumatoide1 | 375 | 1087 | 58,1 | 58,3 | 3,2% | 3,9% | 0,8% | 0,9% |
Malattia di Crohn2 | 324 | 1034 | 53,7 | 54,0 | 2,2% | 4,9% | 0,0% | 1,5% |
Malattia di Crohn pediatrica | N/A | 139 | N/A | 53,0 | N/A | 4,4% | N/A | 1,5% |
Colite ulcerosa | 242 | 482 | 30,1 | 30,8 | 1,2% | 2,5% | 0,4% | 0,6% |
Colite ulcerosa pediatrica | N/A | 60 | N/A | 49,4 | N/A | 6,7% | N/A | 1,7% |
Spondilite anchilosante | 76 | 275 | 24,1 | 101,9 | 0,0% | 9,5% | 0,0% | 3,6% |
Artrite psoriasica | 98 | 191 | 18,1 | 39,1 | 0,0% | 6,8% | 0,0% | 2,1% |
Psoriasi a placche | 281 | 1175 | 16,1 | 50,1 | 0,4% | 7,7% | 0,0% | 3,4% |
1 I pazienti nel gruppo placebo hanno ricevuto metotrexato mentre i pazienti nel gruppo infliximab hanno ricevuto sia infliximab che metotrexato.
2 I pazienti del gruppo placebo nei 2 studi di Fase III sulla malattia di Crohn, hanno ricevuto una dose iniziale di 5 mg/kg di infliximab all’inizio dello studio e placebo nella fase di mantenimento. I pazienti che sono stati randomizzati nel gruppo di mantenimento con placebo e successivamente passati a infliximab, sono stati inclusi nel gruppo di infliximab nell’analisi delle ALT. Nello studio di Fase IIIb sulla malattia di Crohn, i pazienti nel braccio placebo hanno ricevuto AZA 2,5 mg/kg/die come controllo attivo, in aggiunta alle infusioni di infliximab placebo.
3 Numero di pazienti valutati per ALT.
4 Il follow-up medio è basato sui pazienti trattati.
Anticorpi antinucleari (ANA)/anticorpi anti-DNA a doppia elica (dsDNA)
Circa metà dei pazienti trattati in studi clinici con infliximab che erano ANA negativi al basale sono diventati ANA positivi durante lo studio, rispetto a circa un quinto dei pazienti trattati con placebo. Anticorpi anti-dsDNA sono stati recentemente rilevati in circa il 17% dei pazienti trattati con infliximab rispetto allo 0% dei pazienti trattati con placebo. Nell’ultima valutazione, il 57% dei pazienti trattati con infliximab è rimasto positivo agli anticorpi anti-dsDNA. Comunque, segnalazioni di sindromi lupus e lupus simili restano non frequenti (vedere paragrafo 4.4).
Popolazione pediatrica
Pazienti con artrite reumatoide giovanile
Infliximab è stato studiato in uno studio clinico che ha coinvolto 120 pazienti (intervallo di età: 4–17 anni) con artrite reumatoide giovanile in fase attiva indipendentemente dall’utilizzo di metotrexato. I pazienti erano trattati con 3 o 6 mg/kg di infliximab come regime di induzione a 3 dosaggi (settimana 0, 2, 6 o settimana 14,16, 20 rispettivamente) seguite da una terapia di mantenimento ogni 8 settimane, in combinazione con metotrexato.
Reazioni all’infusione
Le reazioni all’infusione si sono verificate nel 35% dei pazienti con artrite reumatoide giovanile che ricevevano 3 mg/kg rispetto al 17,5% dei pazienti che ricevevano 6 mg/kg. Nel gruppo infliximab 3 mg/kg, 4 su 60 pazienti hanno presentato una grave reazione all’infusione e 3 pazienti
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hanno riportato una possibile reazione anafilattica (2 delle quali erano comprese nelle gravi reazioni all’infusione). Nel gruppo che riceveva 6 mg/kg, 2 su 57 pazienti hanno mostrato una grave reazione all’infusione, uno dei quali ha avuto una possibile reazione anafilattica (vedere paragrafo 4.4).
Immunogenicità
Il 38% dei pazienti che ricevevano 3 mg/kg ha sviluppato anticorpi verso infliximab rispetto al 12% dei pazienti che ricevevano 6 mg/kg. I titoli di anticorpi erano notevolmente superiori nel gruppo che riceveva 3 mg/kg rispetto a quello che riceveva 6 mg/kg.
Infezioni
Si sono verificate infezioni nel 68% (41/60) dei bambini che ricevevano 3 mg/kg per 52 settimane, nel 65% (37/57) dei bambini che ricevevano 6 mg/kg di infliximab per 38 settimane e nel 47% (28/60) dei bambini che ricevevano placebo per 14 settimane (vedere paragrafo 4.4).
Pazienti pediatrici con malattia di Crohn
Le seguenti reazioni avverse sono state riportate più comunemente nei pazienti pediatrici affetti da malattia di Crohn (vedere paragrafo 5.1) che nei pazienti adulti con malattia di Crohn: anemia (10,7%), sangue nelle feci (9,7%), leucopenia (8,7%), vampate di calore con arrossamento cutaneo (8,7%), infezioni virali (7,8%), neutropenia (6,8%), infezioni batteriche (5,8%) e reazioni allergiche coinvolgenti il tratto respiratorio (5,8%). Inoltre, sono state riportate fratture ossee (6,8%), tuttavia, non è stata stabilita un’associazione causale. Altre particolari considerazioni sono riportate di seguito.
Reazioni correlate all’infusione
Il 17,5% dei pazienti randomizzati nello studio sulla malattia di Crohn pediatrica ha avuto esperienza di 1 o più reazioni all’infusione. Non sono stati segnalati casi gravi di reazioni all’infusione e 2 soggetti nello studio sulla malattia di Crohn pediatrica hanno sviluppato reazioni anafilattiche non gravi.
Immunogenicità
Anticorpi anti-infliximab sono stati rilevati in 3 (2,9%) dei pazienti pediatrici.
Infezioni
Nello studio sulla malattia di Crohn pediatrica, infezioni sono state riportate nel 56,3% dei soggetti randomizzati trattati con infliximab. Le infezioni sono state riportate con maggior frequenza nei soggetti che hanno ricevuto le infusioni ogni 8 settimane rispetto a quelli trattati ogni 12 settimane (73,6% e 38,0% rispettivamente), mentre le infezioni gravi sono state riportate in 3 soggetti nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e in 4 soggetti nel gruppo trattato ogni 12 settimane. Le infezioni riportate più comunemente sono state infezione delle alte vie respiratorie e faringite.
L’ascesso era, tra le infezioni gravi, quello più comune. Sono stati riportati 3 casi di polmonite (1 grave) e 2 casi di herpes zoster (entrambi non gravi).
Pazienti pediatrici con colite ulcerosa
Complessivamente, le reazioni avverse riportate nello studio nei pazienti pediatrici con colite ulcerosa sono state generalmente in linea con quelle riportate negli studi in pazienti adulti con colite ulcerosa. Nello studio sulla colite ulcerosa pediatrica, le reazioni avverse più comuni sono state infezione del tratto respiratorio superiore, faringite, dolore addominale, febbre, e cefalea. L’evento avverso più comune è stato un peggioramento della colite ulcerosa, la cui incidenza è stata più alta nei pazienti trattati ogni 12 settimane rispetto a quelli trattati ogni 8 settimane.
Reazioni correlate all’infusione
Complessivamente, 8 (13,3%) dei 60 pazienti trattati hanno riportato una o più reazioni all’infusione, con 4 dei 22 pazienti (18,2%) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e 3 dei 23 pazienti (13,0%) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane. Non sono state riportate reazioni serie all’infusione. Tutte le reazioni all’infusione sono state di intensità lieve o moderata.
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Immunogenicità
Anticorpi anti-infliximab sono stati rilevati in 4 (7,7%) dei pazienti fino alla settimana 54.
Infezioni
Le infezioni sono state riportate in 31 (51,7%) dei 60 pazienti trattati nello studio sulla colite ulcerosa pediatrica e 22 (36,7%) hanno richiesto un trattamento antimicrobico orale o parenterale. La proporzione dei pazienti con infezioni nello studio sulla colite ulcerosa pediatrica è stata simile a quella dello studio nella malattia di Crohn pediatrica ma più alta rispetto alla proporzione negli studi in pazienti adulti con colite ulcerosa. L’incidenza globale delle infezioni nello studio sulla colite ulcerosa pediatrica è stata di 13/22 (59%) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e di 14/23 (60,9%) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane. L’infezione del tratto respiratorio superiore (7/60 [12%]) e la faringite (5/60 [8%]) sono state le infezioni del sistema respiratorio riportate più frequentemente. Infezioni serie sono state riportate nel 12% (7/60) di tutti i pazienti trattati.
In questo studio, ci sono stati più pazienti nel gruppo di età da 12 a 17 anni rispetto al gruppo di età da 6 a 11 anni (45/60 [75,0%]) vs.15/60 [25,0%]). Sebbene il numero dei pazienti in ogni sottogruppo era troppo piccolo per fare qualsiasi conclusione definitiva riguardo all’effetto dell’età sugli eventi relativi alla sicurezza, c’è stata una più alta proporzione di pazienti con eventi avversi gravi e interruzione del trattamento causati da eventi avversi nel gruppo con età più bassa rispetto al gruppo con età più elevata. Sebbene la proporzione di pazienti con infezioni era anche più alta nel gruppo con età più bassa, per le infezioni gravi, le proporzioni nei due gruppi erano simili. La proporzione globale degli eventi avversi e delle reazioni all’infusione erano simili tra i gruppi di età da 6 a 11 anni e da 12 a 17 anni.
Esperienza post-commercializzazione
La segnalazione spontanea nel periodo post-commercializzazione di gravi reazioni avverse nei pazienti pediatrici includeva neoplasie maligne, tra le quali linfoma epatosplenico a cellule T, alterazione transitoria degli enzimi epatici, sindromi simil-lupus e positività agli autoanticorpi (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).
Informazioni aggiuntive su popolazioni speciali
Anziani
Negli studi clinici sull’artrite reumatoide, l’incidenza delle infezioni gravi era maggiore nei pazienti trattati con infliximab più metotrexato di 65 anni e oltre (11,3%) rispetto a quella nei pazienti al di sotto dei 65 anni di età (4,6%). Nei pazienti trattati con solo metotrexato, l’incidenza delle infezioni gravi era del 5,2% nei pazienti di 65 anni ed oltre in confronto al 2,7% nei pazienti al di sotto dei 65 anni (vedere paragrafo 4.4).
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’Allegato V.
4.9 Sovradosaggio
Non sono stati riportati casi di sovradosaggio. Sono state somministrate dosi singole fino ad un massimo di 20 mg/kg senza effetti tossici.
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5. proprietà farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: immunosoppressori, inibitori del fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa), codice ATC: L04AB02.
Zessly è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali: .
Meccanismo d’azione
Infliximab è un anticorpo chimerico, umano-murino, monoclonale, che si lega con alta affinità sia alla forma solubile che a quella transmembrana del TNFα, ma non alla linfotossina α (TNFβ).
Effetti farmacodinamici
Infliximab inibisce in vitro l’attività del TNFα in un ampio intervallo di dosaggi biologici. Infliximab preveniva la malattia nei topi transgenici che sviluppano poliartrite come conseguenza della espressione essenziale del TNFα umano, e quando somministrato dopo l’insorgenza della malattia consentiva la regressione delle erosioni articolari. In vivo, infliximab forma rapidamente complessi stabili con il TNFα umano, processo che porta alla perdita di attività biologica del TNFα.
Sono state rilevate alte concentrazioni di TNFα nelle articolazioni dei pazienti con artrite reumatoide e correlate all’elevata attività della malattia. Il trattamento con infliximab ha determinato nell’artrite reumatoide la riduzione dell’infiltrazione delle cellule infiammatorie nelle aree infiammate delle articolazioni e dell’espressione delle molecole mediatrici della adesione cellulare, della chemoattrazione e della degradazione tissutale. Dopo il trattamento con infliximab i pazienti hanno presentato ridotti livelli di interleuchina 6 sierica (IL-6) e di proteina C-reattiva (PCR) e innalzati livelli di emoglobina nei pazienti con artrite reumatoide con ridotti livelli di emoglobina rispetto ai valori precedenti al trattamento. Inoltre i linfociti del sangue periferico non hanno evidenziato un calo significativo del numero e della risposta proliferativa al test in vitro di stimolazione mitogena rispetto alle cellule dei pazienti non trattati. Nei pazienti con psoriasi, il trattamento con infliximab ha determinato una diminuzione dell’infiammazione epidermica e la normalizzazione della differenziazione dei cheratinociti nelle placche psoriasiche. Nell’artrite psoriasica un trattamento a breve termine con infliximab ha ridotto il numero di cellule T e dei vasi sanguigni nella sinovia e nella cute psoriasica.
Una valutazione istologica delle biopsie del colon, eseguite prima e 4 settimane dopo la somministrazione di infliximab, ha evidenziato una sostanziale riduzione del TNFα rilevabile. Il trattamento con infliximab di pazienti con malattia di Crohn era anche associato ad una sostanziale riduzione della concentrazione sierica della PCR, marker infiammatorio comunemente elevato. La conta totale dei leucociti periferici era influenzata in misura minima nei pazienti trattati con infliximab, nonostante le alterazioni di linfociti, monociti e neutrofili riflettessero variazioni rispetto ai valori normali. Le cellule mononucleate (PBMC) del sangue periferico dei pazienti trattati con infliximab hanno mostrato una capacità di risposta proliferativa inalterata agli stimoli, rispetto ai pazienti non trattati; ed inoltre, in seguito al trattamento con infliximab, non si sono osservati cambiamenti sostanziali nella produzione di citochine da parte delle cellule PBMC stimolate. L’analisi delle cellule mononucleate della lamina propria ottenute in seguito a biopsia della mucosa intestinale ha messo in evidenza che il trattamento con infliximab ha provocato una riduzione del numero di cellule in grado di esprimere il TNFα e l’interferone γ. Ulteriori studi istologici hanno fornito evidenza del fatto che il trattamento con infliximab riduce l’infiltrazione di cellule dell'infiammazione nelle aree dell’intestino coinvolte e la presenza in queste sedi di marker dell’infiammazione. Studi endoscopici sulla mucosa intestinale hanno evidenziato una guarigione della mucosa in pazienti trattati con infliximab.
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Efficacia e sicurezza clinica
Artrite reumatoide nell'adulto
L’efficacia di infliximab è stata valutata in due studi clinici pilota multicentrici, randomizzati, in doppio cieco. In entrambi gli studi, era consentito l’uso concomitante di dosi stabili di acido folico, corticosteroidi orali (≤ 10 mg/die) e/o di medicinali antiinfiammatori non steroidei (FANS).
Gli endpoint primari erano la riduzione di segni e sintomi come definita dai criteri dell’American College of Rheumatology (ACR20 per lo studio 1 (descritto più avanti), indicatore ACR-N per lo studio 2 (descritto più avanti), la prevenzione del danno strutturale articolare e il miglioramento della funzione fisica. Una riduzione dei segni e dei sintomi è stata definita come un miglioramento pari ad almeno il 20% (ACR20) del numero di articolazioni dolenti e tumefatte e in 3 dei seguenti 5 criteri: (1) valutazione globale del medico, (2) valutazione globale del paziente, (3) valutazione della funzionalità/disabilità, (4) scala analogica visiva del dolore, (5) velocità di eritrosedimentazione o della proteina C-reattiva. ACR-N utilizza gli stessi criteri di ACR20, calcolati considerando la percentuale più bassa di miglioramento nel conteggio delle articolazioni tumefatte, delle articolazioni dolenti e la mediana delle rimanenti 5 componenti della risposta dell’ACR. Il danno strutturale articolare (erosione e riduzione della rima articolare) in entrambi le mani ed i piedi, è stato misurato valutando la modifica rispetto al basale del punteggio totale di Sharp-modificato da van der Heijde (0–440). Il questionario di valutazione della salute (HAQ; scala da 0 a 3), è stato utilizzato per valutare la modificazione media nel tempo, rispetto al basale, della funzione fisica.
Lo studio 1 ha valutato le risposte alle settimane 30, 54 e 102 in uno studio controllato con placebo in 428 pazienti con artrite reumatoide attiva nonostante il trattamento con metotrexato. Circa il 50% dei pazienti era nella classe funzionale III. I pazienti erano trattati con placebo, 3 mg/kg o 10 mg/kg di infliximab alle settimane 0, 2 e 6 e in seguito ogni 4 o 8 settimane. Tutti i pazienti assumevano una dose stabile di metotrexato (mediana di 15 mg/settimana) per i 6 mesi precedenti l’arruolamento e rimanevano con dosi stabili durante lo studio.
I risultati alla settimana 54 (ACR20, il punteggio totale di Sharp-modificato da van der Heijde e HAQ), sono riportati nella tabella 3. Una maggiore incidenza di risposta clinica (ACR50 e ACR70), è stata osservata in tutti i gruppi trattati con infliximab alle settimane 30 e 54 rispetto al metotrexato in monoterapia.
Una riduzione del tasso di progressione del danno strutturale articolare (erosione e riduzione della rima articolare), è stato osservato in tutti i gruppi trattati con infliximab a 54 settimane (Tabella 3).
Gli effetti osservati alla settimana 54 sono stati mantenuti fino alla settimana 102 di trattamento. A causa del numero di interruzioni del trattamento, non è stato possibile definire l’entità della differenza di effetto tra i gruppi trattati con infliximab e metotrexato in monoterapia.
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Tabella 3
Effetti su ACR20, danno strutturale articolare e funzione fisica alla settimana 54, studio 1
Controlloa | infliximabb | Tutti i gruppi infliximabb | ||||
3 mg/kg q 8 sett. | 3 mg/kg q 4 sett. | 10 mg/kg q 8 sett. | 10 mg/kg q 4 sett. | |||
Pazienti con risposta ACR20/pazienti valutati (%) | 15/88 (17 %) | 36/86 (4 2%) | 41/86 (4 8%) | 51/87 (5 9%) | 48/81 (5 9%) | 176/340 ( 52%) |
Punteggio totaled (Sharp-modificato da van der Heijde) | ||||||
Differenza rispetto al basale (Media ± DSc ) | 7,0 ± 10,3 | 1,3 ± 6,0 | 1,6 ± 8,5 | 0,2 ± 3,6 | –0,7 ± 3, 8 | 0,6 ± 5,9 |
Mediana (Intervallo interquartile) | 4,0 (0,5;9, 7) | 0,5 (-1,5;3,0) | 0,1 (-2,5;3,0) | 0,5 (-1,5;2,0) | –0,5 (-3,0;1,5) | 0,0 (-1,8;2,0) |
Pazienti senza deterioramento/pazienti valutati (%)c | 13/64 (20 %) | 34/71 (4 8%) | 35/71 (4 9%) | 37/77 (4 8%) | 44/66 (6 7%) | 150/285 ( 53%) |
Modifica nel tempo dell’ HAQ rispetto al basalee (pazienti valutati) | 87 | 86 | 85 | 87 | 81 | 339 |
Media ± DSc | 0,2 ± 0,3 | 0,4 ± 0,3 | 0,5 ± 0,4 | 0,5 ± 0,5 | 0,4 ± 0,4 | 0,4 ± 0,4 |
a controllo = Tutti i pazienti avevano AR attiva nonostante un trattamento con dosi stabili di metotrexato nei 6 mesi precedenti l’arruolamento e dovevano rimanere a dosi stabili durante lo studio. L’uso concomitante di dosi stabili di corticosteroidi orali (≤ 10 mg/die) e/o di un medicinale antiinfiammatorio non steroideo (FANS), era permesso; era somministrato un supplemento di folati.
b tutte le dosi di infliximab erano somministrate in concomitanza a metotrexato e folati e in alcuni casi con corticosteroidi e/o medicinali antinfiammatori non steroidei (FANS)
c p < 0,001, per ciascun gruppo di trattamento con infliximab rispetto al gruppo di controllo d valori più elevati indicano un danno articolare maggiore.
e HAQ = Questionario di valutazione della salute; valori più elevati indicano una disabilità minore.
Lo studio 2 ha valutato le risposte alla settimana 54 in 1004 pazienti mai trattati in precedenza con metotrexato con artrite reumatoide attiva (conteggio mediano delle articolazioni tumefatte e dolenti: 19 e 31, rispettivamente) di recente insorgenza (durata della malattia ≤ 3 anni, mediana di 0,6 anni). Tutti i pazienti ricevevano metotrexato (ottimizzato a 20 mg/settimana entro la settimana 8) in associazione a placebo o infliximab 3 mg/kg o 6 mg/kg alle settimane 0, 2 e 6 ed in seguito ogni 8 settimane. I risultati alla settimana 54 sono illustrati in Tabella 4.
Dopo 54 settimane di trattamento, entrambe le dosi di infliximab + metotrexato davano un miglioramento statisticamente significativo dei segni e dei sintomi superiore rispetto al solo metotrexato, così come misurato dalla proporzione dei pazienti che raggiungeva le risposte ACR20, 50 e 70.
Nello studio 2, più del 90% dei pazienti avevano almeno due radiografie valutabili. La riduzione del tasso di progressione del danno strutturale era osservato alle settimane 30 e 54 nei gruppi trattati con infliximab + metotrexato rispetto al solo metotrexato.
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Tabella 4
Effetti su ACRn, danno struttura | e articolare e funzione fisica alla settimana 54, studio 2 | |||
Placebo + MTX | Infliximab + MTX | |||
3 mg/kg | 6 mg/kg | Combinazione | ||
Soggetti randomizzati | 282 | 359 | 363 | 722 |
Percentuale di miglioramento ACR | ||||
Media ± DSa | 24,8 ± 59,7 | 37,3 ± 52,8 | 42,0 ± 47, 3 | 39,6 ± 50,1 |
Variazione dal basale nel punteggio totale di Sharp-modificato da van der Heijde b | ||||
Media ± DSa | 3,70 ± 9,61 | 0,42 ± 5,82 | 0,51 ± 5,5 5 | 0,46 ± 5,68 |
Mediana | 0,43 | 0,00 | 0,00 | 0,00 |
Miglioramento dal basale in HAQ mediato sul periodo dalla settimana 30 alla settimana 54 c | ||||
Media ± DSd | 0,68 ± 0,63 | 0,80 ± 0,65 | 0,88 ± 0,6 5 | 0,84 ± 0,65 |
a b
c d
p < 0.001, per ciascun gruppo in trattamento con infliximab vs. controllo.
valori più elevati indicano un maggior danno articolare.
questionario di valutazione della salute; valori più elevati indicano una disabilità minore. p = 0,030 e < 0,001 per i gruppi di trattamento da 3 mg/kg e 6 mg/kg, rispettivamente vs. placebo + MTX.
I dati a supporto della titolazione della dose nell’artrite reumatoide provengono dallo studio 1, dallo studio 2 e dallo studio 3. Lo studio 3 è stato uno studio randomizzato, multicentrico, in doppio cieco, a 3 bracci, a gruppi paralleli, sulla sicurezza. In uno dei bracci dello studio (gruppo 2, n = 329), ai pazienti con una risposta non adeguata, era permessa titolazione della dose, con incrementi di 1,5 mg/kg, da 3 a 9 mg/kg. La maggioranza (67%) di questi pazienti non richiedeva una titolazione della dose. Dei pazienti che la richiedevano, l’80% raggiungeva la risposta clinica e la maggioranza (64%) di questi richiedeva solo un incremento di 1,5 mg/kg.
Malattia di Crohn negli adulti
Trattamento di induzione nella malattia di Crohn in fase attiva, di grado da moderato a severo
L’efficacia di una singola dose di infliximab è stata valutata in 108 pazienti con malattia di Crohn in fase attiva, la cui entità andava da moderata a grave (Indice di attività della malattia di Crohn (CDAI) ≥ 220 ≤ 400) in uno studio di tipo „dose-risposta“, randomizzato, effettuato in doppio cieco, e controllato con placebo. Dei 108 pazienti, 27 sono stati trattati con il dosaggio raccomandato di infliximab (5 mg/kg). Tutti i pazienti avevano manifestato una risposta inadeguata alle precedenti terapie convenzionali. È stato permesso l’uso concomitante di dosi invariate di terapie convenzionali ed il 92% dei pazienti ha quindi continuato a ricevere tali terapie.
L’endpoint primario era il calcolo del numero di pazienti che manifestavano una risposta clinica, definita come diminuzione del CDAI di ≥ 70 punti rispetto ai valori basali, alla quarta settimana e senza aumento nell’uso di medicinali o di interventi chirurgici per la malattia di Crohn. I pazienti che hanno risposto alla quarta settimana sono stati seguiti fino alla dodicesima. Gli endpoint secondari comprendevano il numero di pazienti in remissione clinica alla quarta settimana (CDAI < 150) e la risposta clinica nel tempo.
Alla quarta settimana, dopo somministrazione di una dose singola, 22/27 (81%) pazienti trattati con infliximab alla dose di 5 mg/kg, hanno manifestato una risposta clinica rispetto a 4/25 (16%) pazienti trattati con placebo (p < 0,001). Sempre alla quarta settimana, 13/27 (48%) pazienti trattati con infliximab hanno manifestato una remissione clinica (CDAI < 150) rispetto a 1/25 (4%) pazienti trattati con placebo. Una risposta era stata osservata entro due settimane, con un massimo dopo quattro
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settimane. Nell’ultima osservazione, dopo 12 settimane, 13/27 (48%) pazienti a cui era stato somministrato infliximab rispondeva ancora alla terapia.
Trattamento di mantenimento nella malattia di Crohn in fase attiva, di grado da moderato a severo negli adulti
L’efficacia di infusioni ripetute con infliximab è stata valutata in uno studio clinico della durata di 1 anno (studio 4). Un totale di 573 pazienti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa (CDAI ≥ 220 ≤ 400) ha ricevuto una singola infusione di 5 mg/kg alla
settimana 0. 178 dei 580 pazienti arruolati (30,7%) avevano una malattia di grado severo (punteggio CDAI > 300 e una terapia concomitante con corticosteroidi e/o immunosoppressori) corrispondente alla popolazione definita nelle indicazioni (vedere paragrafo 4.1). Alla settimana 2, tutti i pazienti sono stati valutati in base alla risposta clinica e randomizzati in uno dei 3 gruppi di trattamento; un gruppo di mantenimento con placebo, un gruppo di mantenimento con 5 mg/kg e un gruppo di mantenimento con 10 mg/kg. Quindi, tutti e 3 i gruppi hanno ricevuto infusioni ripetute alla settimana 2, 6 e successivamente ogni 8 settimane.
Dei 573 pazienti randomizzati, 335 (58%) hanno raggiunto la risposta clinica alla settimana 2. Questi pazienti sono stati classificati come responder alla settimana 2 e inclusi nell’analisi primaria (vedere Tabella 5). Tra i pazienti classificati come non-responder alla settimana 2, il 32% (26/81) nel gruppo di mantenimento con placebo e il 42% (68/163) nel gruppo di mantenimento con infliximab hanno raggiunto la risposta clinica alla settimana 6. Dopo di che, non c’è stata alcuna differenza tra i gruppi nel numero di pazienti che hanno risposto successivamente alla terapia.
Gli end-point co-primari erano la percentuale di pazienti in remissione clinica (CDAI < 150) alla settimana 30 e il tempo di perdita della risposta fino alla settimana 54. La diminuzione dei corticosteroidi è stata permessa dopo la settimana 6.
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Tabella 5
Effetti sulla velocità di risposta e remissione in pazienti con malattia di Crohn in fase attiva, di grado da moderato a severo, dati dallo studio 4 (pazienti che hanno ottenuto risposta alla settimana 2)
Studio 4 (responder alla settimana 2) % di pazienti | |||
Gruppo di mantenimento con placebo (n = 110) | Gruppo di mantenimento con infliximab 5 mg/kg (n = 113) (valore p) | Gruppo di mantenimento con infliximab 10 mg/kg (n = 112) (valore p) | |
Tempo medio di perdita della risposta fino alla settimana 54 | 19 settimane | 38 settimane (0,002) | > 54 settimane (< 0,001) |
Settimana 30 | |||
Risposta Clinicaa | 27,3 | 51,3 (< 0,001) | 59,1 (< 0,001) |
Remissione Clinica | 20,9 | 38,9 (0,003) | 45,5 (< 0,001) |
Remissione senza steroidi | 10,7 (6/56) | 31,0 (18/58) (0,008) | 36,8 (21/57) (0,001) |
Settimana 54 | |||
Risposta Clinicaa | 15,5 | 38,1 (< 0,001) | 47,7 (< 0,001) |
Remissione Clinica | 13,6 | 28,3 (0,007) | 38,4 (< 0,001) |
Remissione sostenuta senza steroidib | 5,7 (3/53) | 17,9 (10/56) (0,075) | 28,6 (16/56) (0,002) |
a Riduzione del CDAI ≥ 25% e ≥ 70 punti.
b CDAI < 150 sia alla settimana 30 che 54 e senza ricevere corticosteroidi nei 3 mesi precedenti la
settimana 54 tra i pazienti che stavano ricevendo corticosteroidi al basale.
All’inizio della settimana 14, i pazienti che avevano avuto risposta al trattamento, ma successivamente avevano perso il loro beneficio clinico, sono stati passati ad una dose di infliximab 5 mg/kg più elevata della dose con la quale erano stati originariamente randomizzati. L’ottantanove per cento (50/56) dei pazienti che hanno perso la risposta clinica durante la terapia di mantenimento con infliximab 5 mg/kg, dopo la settimana 14, hanno risposto al trattamento con infliximab 10 mg/kg.
Alla settimana 30 e 54, sono stati osservati miglioramenti nelle valutazioni di qualità di vita, una riduzione delle ospedalizzazioni correlate alla malattia e l’uso dei corticosteroidi nei gruppi di mantenimento con infliximab, rispetto al gruppo di mantenimento con placebo.
Infliximab, con o senza AZA, è stato valutato in uno studio randomizzato, in doppio cieco, con un confronto attivo, di 508 pazienti adulti con malattia di Crohn da moderata a severa (CDAI ≥ 220 ≤ 450), mai trattati precedentemente con biologici e immunosoppressori e con una durata mediana di malattia di 2,3 anni. Al basale, il 27,4% dei pazienti era in trattamento con corticosteroidi per via sistemica, il 14,2% dei pazienti con budesonide e il 54,3% dei pazienti con composti 5-ASA. I pazienti sono stati randomizzati per ricevere AZA in monoterapia, infliximab in monoterapia o una terapia combinata infliximab più AZA. Infliximab veniva somministrato alla dose di 5 mg/kg alle settimane 0, 2, 6 e successivamente ogni 8 settimane. AZA veniva somministrato alla dose giornaliera di 2,5 mg/kg.
L’endpoint primario dello studio era la remissione clinica libera da corticosteroide alla settimana 26, definito come pazienti in remissione clinica (CDAI < 150) che, per almeno 3 settimane, non avevano assunto corticosteroidi sistemici orali (prednisone o equivalenti) o budesonide alla dose > 6 mg/die. Per i risultati vedere la Tabella 6. Le proporzioni di pazienti con guarigione mucosale alla Settimana 26 sono state significativamente maggiori nei gruppi della combinazione infliximab più
30
AZA (43,9%, p < 0,001) e della monoterapia con infliximab (30,1%, p = 0,023) rispetto al gruppo di AZA in monoterapia (16,5%).
Tabella 6
Percentuale di pazienti con malattia di Crohn che raggiungono la remissione clinica libera da corticosteroide alla Settimana 26
AZA Monoterapia | Infliximab Monoterapia | Infliximab + AZA Terapia Combinata | |
Settimana 26 | |||
Tutti pazienti randomizzati | 30,0% (51/170) | 44,4% (75/169) (p = 0,006) | 56,8% (96/169) (p < 0,001) |
* I valori di p rappresentano ogni gruppo di trattamento con infliximab verso la monoterapia con
AZA.
Andamenti simili nel raggiungimento della remissione clinica libera da corticosteroide sono stati osservati alla Settimana 50. Inoltre, è stato osservato un miglioramento della qualità di vita con infliximab, come rilevato dal questionario IBDQ.
Trattamento di induzione nella malattia di Crohn fistolizzante in fase attiva
L’efficacia è stata valutata in uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, effettuato su 94 pazienti con malattia di Crohn, che presentavano fistole da almeno 3 mesi. Trentuno di questi pazienti sono stati trattati con 5 mg/kg di infliximab. Circa il 93% dei pazienti era stato precedentemente sottoposto a terapia antibiotica o immunosoppressiva.
È stato consentito un uso concomitante e a dosi invariate di terapie convenzionali e l’83% dei pazienti ha continuato a ricevere almeno una di queste terapie. I pazienti ricevevano tre dosi di placebo o infliximab alle settimane 0, 2 e 6. Il follow-up dei pazienti era di 26 settimane. L’endpoint primario era il numero di pazienti che manifestavano una risposta clinica, definita come una riduzione ≥ 50%, rispetto ai valori basali, del numero di fistole spurganti, dopo lieve compressione, almeno in due controlli consecutivi (a distanza di 4 settimane), senza un aumento nell’uso di medicinali o degli interventi chirurgici per la malattia di Crohn.
Il 68% (21/31) dei pazienti a cui è stato somministrato infliximab alla dose di 5 mg/kg, ha manifestato una risposta clinica rispetto al 26% (8/31) dei pazienti trattati con placebo (p = 0,002). Il tempo medio di risposta nel gruppo trattato con infliximab era di 2 settimane. La durata media della risposta era di 12 settimane. Inoltre, nel 55% dei pazienti a cui era stato somministrato infliximab si è osservata la chiusura di tutte le fistole, rispetto al 13% dei pazienti trattati con placebo (p = 0,001).
Trattamento di mantenimento nella malattia di Crohn fistolizzante in fase attiva
L’efficacia di infusioni ripetute di infliximab in pazienti con malattia di Crohn fistolizzante è stata valutata in uno studio di 1 anno (studio clinico 5). Un totale di 306 pazienti ha ricevuto 3 dosi di infliximab 5 mg/kg alle settimane 0, 2 e 6. Al basale, 87% dei pazienti aveva fistole perianali, 14% aveva fistole addominali, 9% aveva fistole rettovaginali. Il punteggio CDAI mediano era 180. Alla settimana 14, 282 pazienti sono stati valutati in base alla risposta clinica e randomizzati per essere trattati con placebo o con 5 mg/kg di infliximab ogni 8 settimane fino alla settimana 46.
I pazienti cha hanno avuto risposta alla settimana 14 (195/282) sono stati analizzati per l’endpoint primario, che era il tempo intercorrente tra la randomizzazione e la perdita di risposta (vedere tabella 7). La diminuzione dei corticosteroidi è stata permessa dopo la settimana 6.
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Tabella 7
Effetti sulla velocità di risposta in pazienti con malattia di Crohn fistolizzante, dati dallo studio 5 (pazienti che hanno ottenuto risposta alla settimana 14)
Studio 5 (responder alla settimana 14) | |||
Gruppo di mantenimento con placebo (n = 99) | Gruppo di mantenimento con infliximab (5 mg/kg) (n = 96) | Valore p | |
Tempo medio di perdita della risposta fino alla settimana 54 | 14 settimane | > 40 settimane | < 0,001 |
Settimana 54 | |||
Riduzione del numero di fistole (%)a | 23,5 | 46,2 | 0,001 |
Assenza di fistole (%)b | 19,4 | 36,3 | 0,009 |
Riduzione ≥ 50% rispetto al basale del numero di fistole drenanti per un periodo di ≥ 4 settimane.
Assenza di fistole drenanti.
All’inizio della settimana 22, i pazienti che inizialmente avevano risposto al trattamento e che successivamente avevano perso la risposta, sono stati passati al ritrattamento attivo ogni 8 settimane ad una dose di infliximab 5 mg/kg più elevata della dose con la quale erano stati inizialmente randomizzati. Tra i pazienti nel gruppo di mantenimento con infliximab 5 mg/kg che sono passati al ritrattamento attivo perché avevano perso la risposta nella riduzione delle fistole dopo la settimana 22, il 57% (12/21) ha risposto al ritrattamento con infliximab 10 mg/kg ogni 8 settimane.
Non vi era una differenza significativa tra placebo e infliximab nella percentuale di pazienti con una chiusura prolungata di tutte le fistole fino alla settimana 54, nei sintomi come proctalgia, ascessi e infezioni del tratto urinario o per il numero di nuove fistole sviluppatesi durante il trattamento.
La terapia di mantenimento con infliximab ogni 8 settimane ha ridotto significativamente le ospedalizzazioni correlate alla malattia e gli interventi chirurgici, se confrontata con placebo. Inoltre, sono stati osservati una riduzione nell’uso dei corticosteroidi e un miglioramento nella qualità della vita.
Colite ulcerosa negli adulti
La sicurezza e l’efficacia di infliximab sono state valutate in due studi clinici (studi 6 e 7) randomizzati in doppio cieco controllati con placebo, condotti in pazienti adulti con colite ulcerosa attiva di grado da moderato a severo (punteggio Mayo da 6 a 12; subpunteggio endoscopico ≥ 2) con risposta inadeguata alle terapie convenzionali [corticosteroidi orali, aminosalicilati e/o immunomodulatori (6 MP, AZA)]. Era consentita la concomitante somministrazione di dosaggi fissi di aminosalicilati orali, corticosteroidi e/o medicinali immunolodulatori. In entrambi gli studi i pazienti venivano randomizzati per ricevere placebo o infliximab 5 mg/kg o infliximab 10 mg/kg alle settimane 0, 2, 6, 14 e 22 e, nello studio 6, alle settimane 30, 38 e 46. La riduzione del corticosteroide era consentita dopo 8 settimane.
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Tabella 8
Effetti sulla risposta clinica in pazienti adulti con colite ulcerosa in fase attiva, di grado da moderato a severo, sulla remissione clinica e sulla cicatrizzazione della mucosa alle
settimane 8 e 30. Dati combinati dagli studi 6 e 7
Placebo | Infliximab | |||
5 mg/kg | 10 mg/kg | Associazione | ||
Soggetti randomizzati | 244 | 242 | 242 | 484 |
Percentuale di pazienti con risposta clinica e risposta clinica marcata | ||||
Risposta clinica alla settimana 8a | 33,2% | 66,9% | 65,3% | 66,1% |
Risposta clinica alla settimana 30a | 27,9% | 49,6% | 55,4% | 52,5% |
Risposta marcata (Risposta clinica alle settimane 8 e 30)a | 19,3% | 45,0% | 49,6% | 47,3% |
Percentuale di pazienti in remissione clinica e remissione marcata | ||||
Remissione clinica alla settimana 8a | 10,2% | 36,4% | 29,8% | 33,1% |
Remissione clinica alla settimana 30a | 13,1% | 29,8% | 36,4% | 33,1% |
Remissione marcata (in remissione sia alla settimana 8 sia 30)a | 5,3% | 19,0% | 24,4% | 21,7% |
Percentuale di pazienti con cicatrizzazione della mucosa | ||||
Cicatrizzazione della mucosa alla settimana 8a | 32,4% | 61,2% | 60,3% | 60,7% |
Cicatrizzazione della mucosa alla settimana 30a | 27,5% | 48,3% | 52,9% | 50,6% |
p < 0,001, per ciascun gruppo in trattamento con infliximab verso placebo.
L’efficacia di infliximab alla settimana 54 è stata valutata nello studio 6. Alla settimana 54, il 44,9% dei pazienti nel gruppo trattato in associazione con infliximab presentavano una risposta clinica rispetto al 19,8% nel gruppo in trattamento con placebo (p < 0,001). La remissione clinica e la cicatrizzazione della mucosa si sono verificate in una proporzione maggiore di pazienti nel gruppo trattato in associazione con infliximab rispetto al gruppo in trattamento con placebo alla settimana 54 (34,6% verso 16,5%, p < 0,001 e 46,1% verso 18,2%, p < 0,001, rispettivamente). Le proporzioni di pazienti in risposta marcata e remissione marcata alla settimana 54 erano maggiori nel gruppo trattato in associazione con infliximab rispetto al gruppo in trattamento con placebo (37,9% verso 14,0%, p < 0,001; e 20,2% verso 6,6%, p < 0,001, rispettivamente).
Una proporzione maggiore di pazienti nel gruppo trattato in associazione con infliximab ha potuto interrompere il trattamento con corticosteroidi rimanendo in remissione clinica rispetto al gruppo in trattamento con placebo sia alla settimana 30 (22,3% verso 7,2%, p < 0,001, dati combinati dagli studi 6 e 7) che alla settimana 54 (21,0% verso 8,9%, p = 0,022, dati dallo studio 6).
I dati combinati dagli studi 6 e 7 e dalle loro estensioni, analizzati dal basale fino alla settimana 54, hanno dimostrato una riduzione delle ospedalizzazioni correlate alla colite ulcerosa e degli interventi chirurgici a seguito del trattamento con infliximab. Il numero delle ospedalizzazioni correlate alla colite ulcerosa era significativamente inferiore nei gruppi di trattamento con infliximab 5 e 10 mg/kg rispetto al gruppo in trattamento con placebo (numero medio di ospedalizzazioni per 100 soggetti per anno: 21 e 19 verso 40 nel gruppo placebo; p = 0,019 e p = 0,007, rispettivamente). Anche il numero di interventi chirurgici correlati alla colite ulcerosa era inferiore nei gruppi di trattamento con infliximab 5 e 10 mg/kg rispetto al gruppo in trattamento con placebo (numero medio di interventi chirurgici per 100 soggetti per anno: 22 e 19 verso 34; p = 0,145 e p = 0,022, rispettivamente).
Il numero di soggetti sottoposti a colectomia in qualsiasi momento durante le 54 settimane successive alla prima infusione dell’agente in studio, è stato raccolto e combinato ai dati degli studi 6 e 7 e alle loro estensioni. Un numero di soggetti inferiore è stato sottoposto a colectomia nel gruppo in
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trattamento con infliximab 5 mg/kg (28/242 o 11,6% [N.S.]) e nel gruppo in trattamento con infliximab 10 mg/kg (18/242 o 7,4% [p = 0,011]) rispetto al gruppo placebo (36/244; 14,8%).
La riduzione dell’incidenza delle colectomie è stata anche esaminata in un altro studio randomizzato, in doppio cieco in pazienti ospedalizzati (n = 45) con colite ulcerosa attiva di grado da moderato a severo che non avevano risposto ai corticosteroidi per via endovenosa e che erano quindi a rischio elevato di colectomia. Si è riscontrato un numero significativamente inferiore di colectomie nei 3 mesi dall’infusione in pazienti che hanno ricevuto una singola dose di infliximab 5 mg/kg rispetto ai pazienti che hanno ricevuto placebo (29,2% verso 66,7% rispettivamente, p = 0,017).
Negli studi 6 e 7, infliximab ha migliorato la qualità della vita, dato confermato da un miglioramento statisticamente significativo sia nella misura di uno specifico parametro della malattia, IBDQ, che nel miglioramento delle 36 domande generiche che costituiscono l’SF-36.
Spondilite anchilosante negli adulti
L’efficacia e la sicurezza di infliximab sono state studiate in due studi (8 e 9) multicentrici in doppio cieco controllati con placebo, in pazienti con spondilite anchilosante in fase attiva (indice Bath dell’attività di malattia della spondilite anchilosante [BASDAI] con punteggio ≥ 4 e dolore spinale ≥ 4 su una scala da 1 a 10).
Nel primo studio (studio 8), che comprendeva una fase in doppio cieco della durata di 3 mesi, 70 pazienti sono stati trattati o con infliximab 5 mg/kg o con placebo alle settimane 0, 2, 6 (35 pazienti per gruppo). A partire dalla settimana 12, i pazienti trattati fino a quel momento con placebo, hanno iniziato ad essere trattati con infliximab alla dose di 5 mg/kg ogni 6 settimane fino alla settimana 54. Dopo il primo anno, 53 pazienti sono stati inseriti in un protocollo in aperto fino alla settimana 102.
In un secondo studio clinico (studio 9), 279 pazienti sono stati randomizzati al trattamento con placebo (gruppo 1, n = 78) o con infliximab 5 mg/Kg (gruppo 2, n = 201) alle settimane 0, 2, 6 e ogni 6 settimane fino alla settimana 24. In seguito, tutti i soggetti in studio hanno continuato con infliximab ogni 6 settimane fino alla settimana 96. Il gruppo 1 ha ricevuto una dose di 5 mg/kg di infliximab. Nel gruppo 2, a partire dalla settimana 36, i pazienti che avevano un
BASDAI ≥ 3 per 2 visite consecutive, venivano trattati con una dose di infliximab di 7,5 mg/kg ogni 6 settimane fino alla settimana 96.
Nel secondo studio clinico (studio 9), un miglioramento dei segni e dei sintomi è stato osservato dalla settimana 2. Alla settimana 24, il numero dei pazienti che ha avuto una risposta ASAS 20 è stato pari a 15/78 (19%) nel gruppo placebo e pari a 123/201 (61%) nel gruppo trattato con infliximab 5 mg/kg (p < 0,001). Nel gruppo 2, 95 pazienti hanno continuato il trattamento con 5 mg/kg ogni 6 settimane. Alla settimana 102, c’erano ancora 80 soggetti in trattamento con infliximab e tra questi, 71 (89%) hanno avuto una risposta ASAS 20.
Nel primo studio (studio 8), un miglioramento nei segni e nei sintomi è stato osservato dalla settimana 2. Alla settimana 12, i pazienti che hanno avuto una risposta BASDAI 50, sono stati 3/35 (9%) nel gruppo placebo e 20/35 (57%) nel gruppo trattato con infliximab 5 mg/kg (p < 0,01). 53 pazienti hanno continuato il trattamento con 5 mg/kg ogni 6 settimane. Alla settimana 102, c’erano ancora 49 soggetti in trattamento con infliximab e tra questi, 30 (61%) hanno avuto una risposta BASDAI 50.
In entrambi gli studi, la funzione fisica e la qualità di vita, misurate attraverso il BASFI e il punteggio della componente fisica della scala SF-36, sono migliorate in modo significativo.
Artrite psoriasica negli adulti
L’efficacia e la sicurezza sono state valutate in due studi multicentrici in doppio cieco, controllati con placebo in pazienti con artrite psoriasica attiva (studi 10 e 11).
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Nel primo studio clinico (studio 10), l’efficacia e la sicurezza di infliximab sono state studiate in 104 pazienti con artrite psoriasica attiva poliarticolare. Durante le 16 settimane di fase in doppio cieco, i pazienti ricevevano o 5 mg/kg di infliximab o placebo alle settimane 0, 2, 6 e 14 (52 pazienti in ciascun gruppo). A partire dalla settimana 16, i pazienti del gruppo placebo sono passati a trattamento con infliximab e quindi tutti i pazienti hanno ricevuto infliximab alla dose di 5 mg/kg ogni 8 settimane fino alla settimana 46. Dopo il primo anno di studio, 78 pazienti hanno proseguito con un’estensione in aperto fino alla settimana 98.
Nel secondo studio clinico (studio 11), l’efficacia e la sicurezza di infliximab sono state studiate in 200 pazienti con artrite psoriasica attiva (articolazioni tumefatte ≥ 5 e articolazioni dolenti ≥ 5). Il quarantasei percento dei pazienti ha proseguito con dosi fisse di metotrexato (≤ 25 mg/settimana). Durante le 24 settimane di fase in doppio cieco, i pazienti ricevevano o 5 mg/kg di infliximab o placebo alle settimane 0, 2, 6, 14 e 22 (100 pazienti in ciascun gruppo). Alla settimana 16, 47 pazienti che ricevevano placebo con un miglioramento < 10% dal basale, sia nel numero delle articolazioni tumefatte che dolenti, sono passati al trattamento di induzione con infliximab (uscita precoce). Alla settimana 24, tutti i pazienti trattati con placebo sono passati al trattamento di induzione con infliximab. Il trattamento è continuato per tutti i pazienti fino alla settimana 46.
I risultati fondamentali di efficacia relativi agli studi 10 e 11 su pazienti con artrite psoriasica attiva sono illustrati nella sottostante Tabella 9:
Tabella 9
Effetti su ACR e PASI in pazienti con artrite psoriasica attiva, dati degli studi 10 e 11
Studio 10 | Studio 11* | |||||
Placebo (settiman a 16) | Infliximab (settimana 16) | Infliximab (settimana 98) | Placebo (settimana 24) | Infliximab (settimana 24) | Infliximab (settimana 54) | |
Pazienti randomizzati | 52 | 52 | Dato non disponibilea | 100 | 100 | 100 |
Risposta ACR (% di pazienti) | ||||||
N | 52 | 52 | 78 | 100 | 100 | 100 |
Risposta ACR 20* | 5 (10%) | 34 (65%) | 48 (62%) | 16 (16%) | 54 (54%) | 53 (53%) |
Risposta ACR 50* | 0 (0%) | 24 (46%) | 35 (45%) | 4 (4%) | 41 (41%) | 33 (33%) |
Risposta ACR 70* | 0 (0%) | 15 (29%) | 27 (35%) | 2 (2%) | 27 (27%) | 20 (20%) |
Risposta PASI (% di pazienti)b | ||||||
N | 87 | 83 | 82 | |||
Risposta PASI 75** | 1 (1%) | 50 (60%) | 40 (48,8% ) |
* ITT-analisi in cui i soggetti con dati mancanti erano inclusi come non-responder.
a Settimana 98 I dati per lo studio 10 includono i pazienti provenienti dal gruppo placebo e i pazienti trattati con infliximab che erano entrati nell’estensione in aperto.
b Basato su pazienti con PASI ≥ 2,5 al basale per lo studio 10 e pazienti con coinvolgimento psoriasico della superficie corporea (BSA) al basale ≥ 3% nello studio 11.
* * Risposta PASI 75 per lo studio 10 non inclusa a causa di un basso N; p < 0,001 per infliximab vs. placebo alla settimana 24 per lo studio 11.
Negli studi 10 e 11 la risposta clinica era osservata precocemente come alla settimana 2 ed era mantenuta fino alla settimana 98 e alla settimana 54, rispettivamente. L’efficacia è stata dimostrata con e senza l’uso contemporaneo di metotrexato. Nei pazienti trattati con infliximab è stata osservata la diminuzione dei parametri di attività periferica caratteristici dell’artrite psoriasica (come numero di articolazioni tumefatte, numero di articolazioni dolorose/sensibili, dattilite e presenza di entesopatie).
I cambiamenti radiografici sono stati valutati nello studio 11. Radiografie delle mani e dei piedi sono state raccolte al basale, alla settimana 24 e 54. Il trattamento con infliximab ha ridotto la velocità di
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progressione del danno alle articolazioni periferiche rispetto al trattamento con placebo all’end-point primario della settimana 24, misurato come cambiamento rispetto al basale nel punteggio totale modificato vdH-S (il punteggio medio ± SD è stato 0,82 ± 2,62 nel gruppo placebo rispetto a –0,70 ± 2,53 nel gruppo infliximab; p < 0,001). Nel gruppo infliximab, il cambiamento medio nel punteggio totale modificato vdH-S è rimasto inferiore a 0 al timepoint della settimana 54.
Nei pazienti trattati con infliximab è stato dimostrato un miglioramento significativo della funzione fisica valutata secondo l’HAQ. Sono stati inoltre dimostrati miglioramenti significativi nella qualità di vita misurati dal punteggio riassuntivo delle componenti fisiche e mentali del SF-36 nello studio 11.
Psoriasi negli adulti
L’efficacia di infliximab è stata valutata in due studi multicentrici randomizzati, in doppio cieco 12 e 13. I pazienti di entrambi gli studi presentavano psoriasi a placche (BSA [Body Surface Area] ≥ 10% e punteggio PASI [Psoriasis Area and Severity Index] ≥ 12). L’endpoint primario in entrambi gli studi era costituito dalla percentuale di pazienti che raggiungevano un miglioramento ≥ 75% rispetto al basale nel punteggio PASI alla settimana 10.
Lo studio 12 ha valutato l’efficacia della terapia di induzione di infliximab in 249 pazienti con psoriasi a placche trattati in precedenza con PUVA o con una terapia sistemica. I pazienti ricevevano infusioni di 3 o 5 mg/kg di infliximab o placebo alle settimane 0, 2 e 6. I pazienti con un PGA ≥ 3 risultavano idonei a ricevere un’infusione aggiuntiva dello stesso trattamento alla settimana 26.
Nello studio 12 su pazienti con psoriasi a placche, la proporzione dei pazienti che hanno raggiunto il PASI 75 alla settimana 10 è stata del 71,7% nel gruppo trattato con 3 mg/kg di infliximab, dell’87,9% nel gruppo trattato con 5 mg/kg di infliximab e del 5,9% nel gruppo trattato con placebo (p < 0,001). Entro la settimana 26, venti settimane dopo l’ultima dose di induzione, il 30% dei pazienti del gruppo trattato con 5 mg/kg e il 13,8% dei pazienti del gruppo trattato con 3 mg/kg hanno riscontrato PASI 75. Tra la settimana 6 e la settimana 26, i sintomi della psoriasi si ripresentavano gradualmente con un tempo mediano di recidiva della malattia > 20 settimane. Non si sono osservati fenomeni di rebound.
Lo studio 13 ha valutato l’efficacia della terapia di induzione e mantenimento con infliximab in 378 pazienti con psoriasi a placche. I pazienti ricevevano infusioni da 5 mg/kg di infliximab o placebo alle settimane 0, 2 e 6 seguite da una terapia di mantenimento ogni 8 settimane fino alla settimana 22 nel gruppo trattato con placebo e fino alla settimana 46 nel gruppo trattato con infliximab. Alla settimana 24, il gruppo trattato con placebo passava alla terapia di induzione con infliximab (5 mg/kg) seguita dalla terapia di mantenimento con infliximab (5 mg/kg). La psoriasi ungueale è stata valutata utilizzando il NAPSI (Nail Psoriasis Severity Index). Una terapia precedente con PUVA, metotrexato, ciclosporina o acitretina era stata ricevuta dal 71,4% dei pazienti, sebbene questi non fossero necessariamente resistenti alla terapia. I risultati più significativi sono presentati in Tabella 10. Nei soggetti trattati con infliximab, risposte significative al PASI 50 erano evidenti alla prima visita (settimana 2) e risposte al PASI 75 alla seconda visita (settimana 6). L’efficacia nel sottogruppo di pazienti sottoposti in precedenza a terapie sistemiche era simile a quella della totalità della popolazione in studio.
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Tabella 10
Riassunto delle risposte PASI, delle risposte PGA e percentuale di pazienti con tutte le unghie guarite alle settimane 10, 24 e 50. Studio 13
Placebo → Infliximab 5 mg/kg (alla settimana 24) | Infliximab 5 mg/kg | |
Settimana 10 | ||
N | 77 | 301 |
≥ 90% miglioramento | 1 (1,3%) | 172 (57,1%)a |
≥ 75% miglioramento | 2 (2,6%) | 242 (80,4%)a |
≥ 50% miglioramento | 6 (7,8%) | 274 (91,0%) |
PGA scomparsa (0) o minima (1) | 3 (3,9%) | 242 (82,9%)ab |
PGA scomparsa (0), minima (1), o media (2) | 14 (18,2%) | 275 (94,2%)ab |
Settimana 24 | ||
N | 77 | 276 |
≥ 90% miglioramento | 1 (1,3%) | 161 (58,3%)a |
≥ 75% miglioramento | 3 (3,9%) | 227 (82,2%)a |
≥ 50% miglioramento | 5 (6,5%) | 248 (89,9%) |
PGA scomparsa (0) o minima (1) | 2 (2,6%) | 203 (73,6%)a |
PGA scomparsa (0), minima (1), o media (2) | 15 (19,5%) | 246 (89,1%)a |
Settimana 50 | ||
N | 68 | 281 |
≥ 90% miglioramento | 34 (50,0%) | 127 (45,2%) |
≥ 75% miglioramento | 52 (76,5%) | 170 (60,5%) |
≥ 50% miglioramento | 61 (89,7%) | 193 (68,7%) |
PGA scomparsa (0) o minima (1) | 46 (67,6%) | 149 (53,0%) |
PGA scomparsa (0), minima (1), o media (2) | 59 (86,8%) | 189 (67,3%) |
Tutte le unghie guaritec | ||
Settimana 10 | 1/65 (1,5%) | 16/235 (6,8% ) |
Settimana 24 | 3/65 (4,6%) | 58/223 (26,0%) a |
Settimana 50 | 27/64 (42,2%) | 92/226 (40,7%) |
p < 0,001, per ogni gruppo di trattamento con infliximab vs. controllo. n = 292.
c L’analisi è stata effettuata su soggetti con psoriasi ungueale al basale (81,8% dei soggetti). I punteggi medi NAPSI al basale erano di 4,6 e 4,3 nel gruppo infliximab e nel gruppo placebo.
Miglioramenti significativi rispetto al basale erano evidenti nel DLQI (p < 0,001) e nei punteggi della componente fisica e mentale del SF 36 (p < 0,001 per ciascun confronto).
Popolazione pediatrica
Malattia di Crohn nei pazienti pediatrici (6–17 anni)
Nello studio sulla malattia di Crohn pediatrica (studio 14), 112 pazienti (di età compresa tra i 6 e i 17 anni, età media 13 anni) con malattia di Crohn attiva di grado da moderato a severo (media pediatrica CDAI di 40) e con una risposta inadeguata alle terapie convenzionali, sono stati trattati con 5 mg/kg di infliximab alle settimane 0, 2 e 6. Per tutti i pazienti era richiesta una dose stabile di 6-MP, AZA o MTX (al basale il 35% era in trattamento anche con corticosteroidi). I pazienti considerati dallo sperimentatore in risposta clinica alla settimana 10, sono poi stati randomizzati in due gruppi e hanno ricevuto 5 mg/kg di infliximab ogni 8 settimane o ogni 12 settimane come terapia di mantenimento. Se la risposta veniva persa durante il mantenimento, era permesso un passaggio a una dose superiore (10 mg/kg) e/o a intervalli fra le infusioni più brevi (ogni 8 settimane). Trentadue (32) pazienti pediatrici valutabili ai fini dello studio hanno subito tale passaggio (9 soggetti nel gruppo
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trattato ogni 8 settimane e 23 soggetti nel gruppo trattato ogni 12 settimane). Ventiquattro di questi pazienti (75,0%) hanno riguadagnato una risposta clinica dopo tale passaggio.
La percentuale dei pazienti in risposta clinica alla settimana 10 è stata dell’88,4% (99/112). La percentuale dei soggetti che hanno ottenuto una remissione clinica alla settimana 10 è stata del 58,9% (66/112).
Alla settimana 30, la percentuale dei pazienti in remissione clinica è risultata più alta nel gruppo trattato ogni 8 settimane (59,6%, 31/52) rispetto a quella dei pazienti nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane (35,3%, 18/51; p = 0,013). Alla settimana 54, i dati erano i seguenti: 55,8% (29/52) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e 23,5% (12/51) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane (p < 0,001). I dati sulle fistole sono stati estratti dai punteggi PCDAI. Dei 22 pazienti che presentavano fistole al basale, il 63,6% (14/22), il 59,1% (13/22) e il 68,2% (15/22) erano in completa risposta, relativamente alla fistola, alle settimane 10, 30 e 54, rispettivamente, considerando nel complesso i gruppi di mantenimento sia quelli trattati ogni 8 settimane sia quelli trattati ogni 12 settimane.
In aggiunta è stato osservato, rispetto al basale, un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo nella qualità della vita e nell’altezza così come una riduzione significativa nell’uso dei corticosteroidi.
Colite ulcerosa pediatrica (6 – 17 anni)
La sicurezza e l’efficacia di infliximab sono state valutate in uno studio clinico multicentrico, randomizzato, in aperto, a gruppi paralleli (studio 15) in 60 pazienti pediatrici di età compresa tra 6 e 17 anni (età mediana di 14,5 anni) con colite ulcerosa in fase attiva di grado da moderato a severo (punteggio Mayo da 6 a 12; subpunteggio endoscopico ≥ 2) con risposta non adeguata alle terapie convenzionali. Al basale il 53% dei pazienti stava ricevendo terapia immunomodulatrice (6-MP, AZA e/o MTX) e il 62% dei pazienti stava ricevendo corticosteroidi. L’interruzione degli immunomodulatori e la riduzione graduale dei corticosteroidi era consentita dopo la settimana 0.
Tutti i pazienti hanno ricevuto un regime di induzione di infliximab 5 mg/kg alle settimane 0, 2, e 6. I pazienti che non avevano risposto a infliximab alla settimana 8 (n = 15) non hanno ricevuto alcun medicinale e sono ritornati per un follow-up di valutazione della sicurezza. Alla settimana 8, 45 pazienti sono stati randomizzati ed hanno ricevuto un trattamento di mantenimento con infliximab 5 mg/kg ogni 8 settimane o ogni 12 settimane.
La proporzione di pazienti in risposta clinica alla settimana 8 è stata del 73,3% (44/60). La risposta clinica alla settimana 8 è stata simile tra i pazienti con o quelli senza uso concomitante di immunomodulatori al basale. La remissione clinica alla settimana 8 è stata del 33,3% (17/51) misurata con il Paediatric Ulcerative Colitis Activity Index (PUCAI) score.
Alla settimana 54, la proporzione di pazienti in remissione clinica misurata con il PUCAI score è stata del 38% (8/21) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e del 18% (4/22) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane. Per i pazienti che ricevevano corticosteroidi al basale, la proporzione di pazienti in remissione e che non ricevevano corticosteroidi alla settimana 54 è stata del 38,5% (5/13) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 8 settimane e dello 0% (0/13) nel gruppo di mantenimento trattato ogni 12 settimane.
In questo studio, ci sono stati più pazienti nel gruppo di età da 12 a 17 anni rispetto al gruppo di età da 6 a 11 anni (45/60 vs.15/60). Sebbene il numero dei pazienti in ogni sottogruppo era troppo piccolo per trarre delle conclusioni definitive riguardo all’effetto dell’età, c’era un numero più alto di pazienti nel gruppo con età più bassa che ha aumentato il dosaggio o che ha interrotto il trattamento a causa di una efficacia non adeguata.
Altre indicazioni pediatriche
L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con il medicinale di riferimento contenente infliximab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per artrite reumatoide, artrite idiopatica giovanile, artrite psoriasica, spondilite anchilosante, psoriasi e malattia di Crohn (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).
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5.2 proprietà farmacocinetiche
Infusioni endovenose singole di 1, 3, 5, 10 o 20 mg/kg di infliximab hanno aumentato sia la concentrazione massima sierica (Cmax) sia l’area sotto la curva concentrazione-tempo (AUC) in maniera proporzionale alla dose. Il volume di distribuzione allo steady state (Vd mediano pari a 3,0–4,1 litri) risultava indipendente dalla dose somministrata mostrando quindi che infliximab viene distribuito principalmente nel compartimento vascolare. Non è stata osservata dipendenza delle caratteristiche farmacocinetiche dal tempo. La via di eliminazione di infliximab non è stata caratterizzata. Infliximab non modificato non è stato rinvenuto nelle urine. Non sono state osservate differenze maggiori della clearance o del volume di distribuzione correlate all’età o al peso in pazienti affetti da artrite reumatoide. La farmacocinetica di infliximab nei pazienti anziani non è stata studiata. Non sono stati condotti studi in pazienti con funzionalità epatica o renale alterata.
Alle dosi singole di 3, 5 o 10 mg/kg, i valori medi di Cmax erano rispettivamente 77, 118 e 277 microgrammi/ml. L’emivita terminale media a queste dosi era compresa fra 8 e 9,5 giorni. Nella maggior parte dei pazienti, alla dose singola consigliata di 5 mg/kg per la malattia di Crohn e di 3 mg/kg ogni 8 settimane per il mantenimento nell’artrite reumatoide, infliximab poteva essere rilevato nel siero per almeno 8 settimane.
La somministrazione ripetuta di infliximab (5 mg/kg alle settimane 0, 2 e 6 nella malattia di Crohn fistolizzante, 3 o 10 mg/kg ogni 4 o 8 settimane nell’artrite reumatoide) ha determinato un leggero accumulo di infliximab nel siero dopo la seconda dose. Non è stato osservato un ulteriore accumulo clinicamente rilevante. Nella maggior parte dei pazienti con malattia di Crohn fistolizzante, infliximab è stato rilevato nel siero per 12 settimane (intervallo di 4–28 settimane) dopo somministrazione dello schema terapeutico.
Popolazione pediatrica
Un’analisi farmacocinetica di popolazione basata su dati ottenuti da pazienti con colite ulcerosa (N = 60), malattia di Crohn (N = 112), artrite reumatoide giovanile (N = 117) e malattia di Kawasaki (N = 16) con una fascia di età complessiva da 2 mesi a 17 anni ha indicato che l’esposizione a infliximab era dipendente in modo non lineare dal peso corporeo. Dopo somministrazione di 5 mg/kg di infliximab ogni 8 settimane, l’esposizione mediana prevista a infliximab allo steady state (area sotto la curva concentrazione-tempo allo steady state, AUCss) in pazienti pediatrici da 6 a 17 anni di età era di circa il 20% più bassa rispetto alla esposizione mediana prevista al farmaco allo steady state negli adulti. La AUCss mediana in pazienti pediatrici da 2 a meno di 6 anni di età era prevista essere di circa il 40% più bassa rispetto a quella degli adulti, sebbene il numero di pazienti che supporta questa stima sia limitato.
5.3 dati preclinici di sicurezza
Infliximab non dà reazione crociata con il TNFα nelle specie animali diverse dall’uomo e dallo scimpanzé. Pertanto, i dati preclinici convenzionali di sicurezza con infliximab sono limitati. In uno studio di tossicità sullo sviluppo effettuato sul topo, utilizzando un anticorpo analogo che inibisce selettivamente l’attività funzionale del TNFα del topo, non è stata riscontrata tossicità materna, embriotossicità, teratogenicità. In uno studio sulla fertilità e sulla funzionalità riproduttiva generale, il numero di topi gravidi era ridotto dopo la somministrazione dello stesso anticorpo analogo. Non è noto se questi risultati fossero dovuti agli effetti sui maschi e/o sulle femmine. In uno studio a 6 mesi sulla tossicità a dose ripetuta sui ratti, usando gli stessi analoghi anticorpi per il TNFα murino, sono stati osservati dei depositi cristallini sulla capsula del cristallino di alcuni dei ratti maschi trattati. Nessun esame oftalmologico specifico è stato effettuato su pazienti per valutare la rilevanza di questo evento negli esseri umani. Non sono stati effettuati studi a lungo termine per valutare il potenziale carcinogenico di infliximab. Negli studi effettuati in topi deficienti di TNFα è stato dimostrato che non si riscontra aumento di tumori quando provocati con noti iniziatori e/o promotori tumorali.
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6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Disodio succinato esaidrato
Acido succinico
Saccarosio
Polisorbato 80
6.2 incompatibilità
In assenza di studi di compatibilità, questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali.
6.3 periodo di validità
Prima della ricostituzione:
4 anni a 2°C – 8°C.
Zessly può essere conservato a temperature non superiori ai 30°C per un singolo periodo fino a 6 mesi, ma che non oltrepassi la data di scadenza originaria. La nuova data di scadenza deve essere scritta sulla scatola. Dopo la rimozione dal frigorifero, Zessly non deve essere conservato nuovamente in frigorifero.
Dopo la ricostituzione:
La stabilità chimica e fisica in uso della soluzione ricostituita è stata dimostrata per 24 ore a 2°C – 30°C. Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere usato il prima possibile e comunque entro 3 ore dalla ricostituzione e diluizione. Se non viene utilizzato immediatamente, i tempi di stoccaggio e le condizioni di conservazione precedenti all’uso sono una responsabilità dell’utilizzatore e non devono in ogni caso superare le 24 ore ad una temperatura compresa tra 2°C e 8°C.
6.4 precauzioni particolari per la conservazione
Conservare in frigorifero (2°C – 8°C).
Per le condizioni di conservazione fino a 30°C prima della ricostituzione del medicinale, vedere paragrafo°6.3.
Per le condizioni di conservazione dopo la ricostituzione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.
6.5 natura e contenuto del contenitore
Flaconcino di vetro Tipo I con tappo in gomma e ghiera in alluminio, protetta da un cappuccio in plastica.
Zessly è disponibile in confezioni da 1, 2, 3, 4 o 5 flaconcini.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
6.6 precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
1. Calcolare la dose ed il numero di flaconcini di Zessly necessari. Ogni flaconcino di Zessly contiene 100 mg di infliximab. Calcolare il volume totale richiesto della soluzione di Zessly ricostituita.
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2. In condizioni asettiche, ricostituire ogni flaconcino di Zessly con 10 ml di acqua per preparazioni iniettabili con una siringa con ago di calibro 21 gauge (0,8 mm) o più piccolo. Togliere la linguetta in alluminio del flaconcino e pulire la parte superiore con un batuffolo di cotone imbevuto di alcool al 70%. Inserire l’ago della siringa nel flaconcino attraverso il centro del tappo in gomma e dirigere il flusso di acqua per preparazioni iniettabili verso la parete di vetro del flaconcino. Fare ruotare delicatamente la soluzione per sciogliere completamente la polvere liofilizzata. Non scuotere energicamente o a lungo. NON AGITARE. Durante la ricostituzione si può verificare la formazione di schiuma. Lasciare riposare la soluzione ricostituita per 5 minuti. Controllare che la soluzione sia da incolore a marrone ed opalescente; la soluzione può presentare alcune piccole particelle traslucide, dato che infliximab è una proteina. Non usare la soluzione se si notano particelle opache, cambiamento di colore o altri corpi estranei.
3. Diluire a 250 ml il volume totale della dose di soluzione ricostituita di Zessly utilizzando una soluzione di sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) per infusione. Non diluire la soluzione ricostituita di Zessly con qualsiasi altro diluente. La diluizione può essere effettuata prelevando un volume di soluzione di sodio cloruro 9 mg/ml (0,9%) per infusione, dal flacone di vetro o dalla sacca per infusione da 250 ml, pari al volume di Zessly ricostituito. Aggiungere lentamente il volume totale di soluzione ricostituita di Zessly al flacone o alla sacca per infusione da 250 ml. Mescolare delicatamente.
4. Somministrare la soluzione per infusione per un tempo di infusione non inferiore a quello raccomandato (vedere paragrafo 4.2). Utilizzare solo un set per infusione con un filtro in linea sterile, non pirogeno, con bassa capacità legante le proteine (diametro dei pori 1,2 micrometri o meno). Poiché non è contenuto nessun conservante, si raccomanda di iniziare la somministrazione della soluzione per infusione endovenosa non appena possibile ed entro 3 ore dalla ricostituzione e diluizione. Se la ricostituzione e la diluizione vengono effettuate in condizioni di asepsi, la soluzione per infusione di Zessly può essere utilizzata entro 24 ore se conservata a 2°C – 8°C. La soluzione non utilizzata non deve essere conservata per un successivo utilizzo.
5. Non sono stati condotti studi sulla compatibilità fisica e biochimica per valutare la somministrazione combinata di Zessly con altri agenti. Non somministrare Zessly in concomitanza ad altri medicinali nella stessa linea endovenosa.
6. Prima della somministrazione, controllare visivamente Zessly per accertarsi dell’assenza di particelle o di cambiamento di colore. Se si osservano particelle opache, cambiamento di colore o particelle estranee, non utilizzare.
7. Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in
conformità alla normativa locale vigente.
7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
Sandoz GmbH
Biochemiestr. 10
6250 Kundl
Austria
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8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
EU/1/18/1280/001
EU/1/18/1280/002
EU/1/18/1280/003
EU/1/18/1280/004
EU/1/18/1280/005
9. data della prima autorizzazione/ rinnovo dell’autorizzazione
Data della prima autorizzazione: 18 maggio 2018
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali:
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ALLEGATO II
A. PRODUTTORE(I) DEL(DEI) PRINCIPIO(I) ATTIVO(I) BIOLOGICO(I) E PRODUTTORE(I) RESPONSABILE(I) DEL RILASCIO DEI LOTTI
B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E UTILIZZO
C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI
DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
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Nome e indirizzo del(dei) produttore(i) del(dei) principio(i) attivo(i) biologico(i)
Boehringer Ingelheim Pharma GmbH & Co. KG
Birkendorfer Strasse 65
88397 Biberach an der Riss
GERMANIA
Nome e indirizzo del(dei) produttore(i) responsabile(i) del rilascio dei lotti
Sandoz GmbH
Biochemiestr. 10
6336 Langkampfen
AUSTRIA
Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa (vedere allegato I: riassunto delle caratteristiche del prodotto, paragrafo 4.2).
C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
I requisiti per la presentazione degli PSUR per questo medicinale sono definiti nell’elenco delle date di riferimento per l’Unione europea (elenco EURD) di cui all’articolo 107 quater , paragrafo 7, della Direttiva 2001/83/CE e successive modifiche, pubblicato sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali.
D. CONDIZIONI O LIMITAZIONI PER QUANTO RIGUARDA L’USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE
Il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio deve effettuare le attività e le azioni di farmacovigilanza richieste e dettagliate nel RMP approvato e presentato nel
modulo 1.8.2 dell’autorizzazione all’immissione in commercio e in ogni successivo aggiornamento approvato del RMP.
Il RMP aggiornato deve essere presentato:
su richiesta dell’Agenzia europea dei medicinali; ogni volta che il sistema di gestione del rischio è modificato, in particolare a seguito del ricevimento di nuove informazioni che possono portare a un cambiamento significativo del profilo beneficio/rischio o a seguito del raggiungimento di un importante obiettivo (di farmacovigilanza o di minimizzazione del rischio).