Riassunto delle caratteristiche del prodotto - IVABRADINA ANPHARM
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1. denominazione del medicinale
Ivabradina Anpharm 5 mg compresse rivestite con film
Ivabradina Anpharm 7,5 mg compresse rivestite con film
2. composizione qualitativa e quantitativa
Ivabradina Anpharm 5 mg compresse rivestite con film
Ogni compressa rivestita con film contiene 5 mg di ivabradina (come cloridrato).
Eccipiente con effetto noto:
Ogni compressa rivestita con film contiene 63,91 mg di lattosio monoidrato.
Ivabradina Anpharm 7,5 mg compresse rivestite con film
Ogni compressa rivestita con film contiene 7,5 mg di ivabradina (come cloridrato).
Eccipiente con effetto noto:
Ogni compressa rivestita con film contiene 61,215 mg di lattosio monoidrato.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. forma farmaceutica
Compressa rivestita con film.
Ivabradina Anpharm 5 mg compresse rivestite con film
Compressa rivestita con film, color salmone, oblunga, divisibile su entrambi i lati, con “5” inciso su un lato e “S” sull’altro.
La compressa può essere divisa in due dosi uguali.
Ivabradina Anpharm 7,5 mg compresse rivestite con film
Compressa rivestita con film, color salmone, triangolare, con “7.5” inciso su un lato e “S” sull’altro.
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile
Ivabradina è indicata per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile negli adulti con coronaropatia e normale ritmo sinusale e frequenza cardiaca ≥ 70 battiti per minuto (bpm). Ivabradina è indicata:
– nei pazienti che non sono in grado di tollerare o che hanno una controindicazione all’uso dei farmaci beta-bloccanti
– o in associazione ai farmaci beta-bloccanti nei pazienti non adeguatamente controllati con una dose ottimale di beta-bloccante.
Trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica
Ivabradina è indicata nell’insufficienza cardiaca cronica in classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica, in pazienti adulti con ritmo sinusale e la cui frequenza cardiaca sia ≥ 75 bpm, in associazione
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con la terapia convenzionale che include il trattamento con i farmaci beta-bloccanti o nel caso in cui la terapia con beta-bloccanti sia controindicata o non tollerata (vedere paragrafo 5.1).
4.2 posologia e modo di somministrazione
Posologia
Trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile
Si raccomanda che la decisione di iniziare o di titolare il trattamento sia presa dopo aver effettuato ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un elettrocardiogramma (ECG) o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore.
La dose iniziale di ivabradina non deve superare 5 mg due volte al giorno nei pazienti di età inferiore a 75 anni. Dopo 3–4 settimane di trattamento, se il paziente è ancora sintomatico, se la dose iniziale è ben tollerata e se la frequenza cardiaca a riposo rimane superiore a 60 bpm, la dose può essere aumentata alla dose successiva più alta nei pazienti che ricevono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. La dose di mantenimento non deve superare 7,5 mg due volte al giorno.
Se non si ha un miglioramento dei sintomi dell’angina entro 3 mesi dall’inizio della terapia, il trattamento con ivabradina deve essere interrotto.
Inoltre, se vi è solo una limitata risposta sintomatica e quando non vi è una riduzione clinicamente rilevante nella frequenza cardiaca a riposo entro tre mesi, deve essere presa in considerazione l’interruzione del trattamento.
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce al di sotto di 50 bpm oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto con titolazione, considerando anche la dose più bassa di 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg 2 volte al giorno). Dopo la riduzione della dose, la frequenza cardiaca deve essere monitorata (vedere paragrafo 4.4). Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia nonostante la riduzione della dose.
Trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica
Il trattamento deve essere iniziato solo nei pazienti con insufficienza cardiaca stabile. Si raccomanda che il medico abbia esperienza nel trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica.
La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. Dopo due settimane di trattamento, la dose può essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno, se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sopra i 60 bpm, o diminuita a 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sotto i 50 bpm o in caso di sintomi correlati a bradicardia quali capogiro, affaticamento o ipotensione. Se la frequenza cardiaca è compresa tra 50 e 60 bpm, si deve mantenere la dose di 5 mg due volte al giorno.
Se durante il trattamento la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia, il dosaggio deve essere ridotto alla dose successiva più bassa nei pazienti che ricevono 7,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Se la frequenza cardiaca aumenta continuativamente sopra i 60 bpm a riposo, la dose può essere titolata alla dose successiva più elevata nei pazienti che assumono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno.
Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia (vedere paragrafo 4.4).
Popolazioni particolari
Anziani
Nei pazienti con età superiore o uguale a 75 anni, deve essere presa in considerazione una dose iniziale più bassa (2,5 mg due volte al giorno, cioè mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario.
Insufficienza renale
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Non è necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con insufficienza renale e clearance della creatinina superiore a 15 ml/min (vedere paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina inferiore a 15 ml/min. Ivabradina deve perciò essere usata con prudenza in questo gruppo di pazienti.
Insufficienza epatica
Non è necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con lieve insufficienza epatica. E’ necessario usare cautela quando ivabradina è prescritta ai pazienti con moderata insufficienza epatica. Ivabradina è controindicata nei pazienti con severa insufficienza epatica poiché non è stata studiata in questo gruppo di pazienti e si prevede un ampio aumento nella concentrazione sistemica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
Popolazione pediatrica
La sicurezza e l’efficacia di ivabradina nei bambini di età inferiore ai 18 anni non sono state stabilite.
I dati attualmente disponibili per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica sono riportati nei paragrafi 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia.
Non sono disponibili dati per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile.
Modo di somministrazione
Le compresse devono essere assunte per via orale 2 volte al giorno, ovvero una la mattina e una la sera, durante i pasti (vedere paragrafo 5.2).
4.3 controindicazioni
– Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1
– Frequenza cardiaca a riposo inferiore a 70 bpm, prima del trattamento
– Shock cardiogeno
– Infarto miocardico acuto
– Grave ipotensione (< 90/50 mmHg)
– Severa insufficienza epatica
– Sindrome del nodo del seno
– Blocco seno-atriale
– Insufficienza cardiaca acuta o instabile
– Portatori di pacemaker (frequenza cardiaca imposta esclusivamente dal pacemaker)
– Angina instabile
– Blocco AV di 3° grado
– In associazione con potenti inibitori del citocromo P450 3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os , josamicina, telitromicina), inibitori della proteasi del virus dell’immunodeficienza umana (HIV) (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone (vedere paragrafi 4.5 e 5.2)
– In associazione con verapamile o diltiazem che sono moderati inibitori del CYP3A4 con proprietà di riduzione della frequenza cardiaca (vedere paragrafo 4.5)
– Gravidanza, allattamento e donne in età fertile che non utilizzano appropriate misure
contraccettive (vedere paragrafo 4.6)
4.4 avvertenze speciali e precauzioni di impiego
Assenza di benefici negli esiti clinici in pazienti con angina pectoris cronica stabile sintomatica
Ivabradina è indicata solo per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile in quanto ivabradina non ha mostrato benefici sugli esiti cardiovascolari, ad esempio, infarto del miocardio o morte cardiovascolare (vedere paragrafo 5.1).
Misurazione delle frequenza cardiaca
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Dato che la frequenza cardiaca può fluttuare considerabilmente nel tempo, quando si determina la frequenza cardiaca prima di iniziare il trattamento con ivabradina e quando si prende in considerazione una titolazione del dosaggio in pazienti in trattamento con ivabradina, devono essere valutate ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. Quanto sopra si applica anche ai pazienti con una bassa frequenza cardiaca, in particolare quando la frequenza cardiaca diminuisce sotto i 50 bpm, o dopo una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2)
Aritmie cardiache
Ivabradina non è efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (ovvero una tachicardia ventricolare o sopraventricolare). Ivabradina non è pertanto raccomandata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale.
Nei pazienti trattati con ivabradina, il rischio di sviluppare fibrillazione atriale è aumentato (vedere paragrafo 4.8). La fibrillazione atriale è stata riportata più comunemente nei pazienti che assumono contemporaneamente amiodarone o potenti antiaritmici di classe I. Si raccomanda di effettuare regolarmente controlli clinici nei pazienti trattati con ivabradina per verificare l’eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica).Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (ad esempio, nel caso di aggravamento dell’angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari).
I pazienti devono essere informati dei segni e sintomi della fibrillazione atriale e devono essere avvisati di contattare il medico qualora questi segni e sintomi si manifestassero.
Se si sviluppa fibrillazione atriale durante il trattamento, deve essere attentamente riconsiderato il rapporto tra i benefici e i rischi della continuazione del trattamento con ivabradina..
I pazienti con insufficienza cardiaca cronica che presentano difetti della conduzione intraventricolare (blocco di branca sinistro, blocco di branca destro) e dissincronia ventricolare devono essere monitorati attentamente.
Uso in pazienti con blocco atrio-ventricolare (AV) di 2° grado
Ivabradina non è raccomandata in pazienti con blocco AV di 2° grado.
Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca
Ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 70 bpm (vedere paragrafo 4.3).
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia (vedere paragrafo 4.2).
Combinazione con calcioantagonisti
L’uso combinato di ivabradina con calcioantagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamile o il diltiazem è controindicato (vedere paragrafi 4.3 e 4.5). Non è emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione di ivabradina con nitrati e con calcioantagonisti di tipo diidropiridinico come amlodipina. Non è stata dimostrata un’efficacia aggiuntiva di ivabradina in associazione con calcioantagonisti di tipo diidropiridinico (vedere paragrafo 5.1).
Insufficienza cardiaca cronica
L’insufficienza cardiaca deve essere stabile prima di considerare il trattamento con ivabradina. Ivabradina deve essere utilizzata con cautela nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca in classe funzionale NYHA IV, poiché sono disponibili dati limitati in questa popolazione.
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Ictus
L’uso di ivabradina non è raccomandato subito dopo un ictus poiché non vi sono dati disponibili.
Funzione visiva
Ivabradina influenza la funzione retinica. Non vi è evidenza di un effetto tossico sulla retina dovuto al trattamento a lungo termine con ivabradina (vedere paragrafo 5.1). L’interruzione del trattamento deve essere valutata nel caso intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E’ necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa.
Pazienti con ipotensione
Sono disponibili dati limitati nei pazienti con ipotensione da lieve a moderata, e pertanto ivabradina deve essere usata con cautela in questi pazienti. Ivabradina è contro-indicata in pazienti con ipotensione severa (pressione sanguigna < 90/50 mmHg) (vedere paragrafo 4.3).
Fibrillazione atriale – Aritmie cardiache
Non vi è evidenza di rischio di (eccessiva) bradicardia al ritorno al ritmo sinusale quando viene intrapresa una cardioversione farmacologica in pazienti in trattamento con ivabradina. Comunque, in assenza di dati esaurienti, una cardioversione elettrica (Direct Current) non urgente deve essere presa in considerazione 24 ore dopo l’ultima assunzione di ivabradina.
Uso in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT
L’uso di ivabradina in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco.
La riduzione della frequenza cardiaca, come quella causata da ivabradina, può esacerbare il prolungamento dell’intervallo QT, che può dar luogo a gravi aritmie, ed in particolare torsioni di punta.
Pazienti ipertesi che necessitano di modifiche del trattamento antipertensivo
Quando vengono effettuate modifiche del trattamento a pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica in trattamento con ivabradina, la pressione sanguigna deve essere monitorata dopo un appropriato intervallo di tempo (vedere paragrafo 4.8).
Eccipienti
Questo medicinale contiene lattosio. I pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, carenza totale di lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio non devono assumere questo medicinale.
4.5 Interazione con altri medicinali ed altre forme di interazione
Interazioni farmacodinamiche
Associazioni non raccomandate
Medicinali che prolungano il QT
– Medicinali cardiovascolari che prolungano il QT (es. chinidina, disopiramide, bepridil, sotalolo, ibutilide, amiodarone).
– Medicinali non cardiovascolari che prolungano il QT (es., pimozide, ziprasidone, sertindolo, meflochina, alofantrina, pentamidina, cisapride, eritromicina endovenosa).
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L’uso concomitante di medicinali cardiovascolari e non cardiovascolari che prolungano il tratto QT con ivabradina deve essere evitato in quanto l’allungamento dell’intervallo QT può venir esacerbato dalla riduzione della frequenza cardiaca. Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco (vedere paragrafo 4.4).
Uso concomitante con precauzioni
Diuretici che causano perdita di potassio (diuretici tiazidici e diuretici dell’ansa)
L’ipokaliemia può aumentare il rischio di aritmie. Dato che ivabradina può causare bradicardia, il risultato della combinazione di ipokaliemia e bradicardia è un fattore predisponente all’insorgenza di gravi aritmie, specialmente nei pazienti con sindrome del QT lungo, sia congenita che indotta da medicinali.
Interazioni farmacocinetiche
Ivabradina è metabolizzata solamente dal CYP3A4 ed è un inibitore molto debole di questo citocromo. E’ stato dimostrato che ivabradina non influenza il metabolismo e le concentrazioni plasmatiche di altri substrati del CYP3A4 (inibitori deboli, moderati e potenti). Gli inibitori e gli induttori del CYP3A4 possono interagire con ivabradina e influenzarne il metabolismo e la farmacocinetica ad un livello clinicamente significativo. Studi di interazione hanno stabilito che gli inibitori del CYP3A4 aumentano le concentrazioni plasmatiche di ivabradina, mentre gli induttori le diminuiscono. Un aumento della concentrazione plasmatica di ivabradina può essere associato ad un rischio di eccessiva bradicardia (vedere paragrafo 4.4).
Controindicazioni all’uso in associazione
Potenti inibitori del CYP3A4
L’uso concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os , josamicina, telitromicina), inibitori della proteasi del HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone è controindicato (vedere paragrafo 4.3). I potenti inibitori del CYP3A4 ketoconazolo (200 mg una volta al giorno) e josamicina (1 g due volte al giorno) aumentano la concentrazione plasmatica media di ivabradina di 7–8 volte.
Moderati inibitori del CYP3A4
Studi di interazioni specifiche in volontari sani e in pazienti hanno mostrato che l’associazione di ivabradina con medicinali che riducono la frequenza cardiaca come diltiazem o verapamile porta ad un aumento della concentrazione di ivabradina (aumento dell’area sotto la curva (AUC) di 2–3 volte) e una diminuzione aggiuntiva della frequenza cardiaca di 5 bpm. L’uso concomitante di ivabradina con questi medicinali è controindicato (vedere paragrafo 4.3).
Uso in associazione non raccomandato
La concentrazione di ivabradina viene raddoppiata in seguito alla co-somministrazione di succo di pompelmo. Perciò l’assunzione di succo di pompelmo deve essere evitata.
Precauzione nell’uso in associazione
Moderati inibitori del CYP3A4
L’uso di ivabradina in associazione con altri moderati inibitori del CYP3A4 (es. fluconazolo) può essere preso in considerazione alla dose iniziale di 2,5 mg due volte al giorno e se la frequenza cardiaca a riposo è superiore a 70 bpm, controllando la frequenza cardiaca.
Induttori del CYP3A4
Gli induttori del CYP3A4 (es. rifampicina, barbiturici, fenitoina, Hypericum perforatum [erba di San Giovanni]) possono diminuire la concentrazione di ivabradina e la sua attività. L’uso concomitante di medicinali induttori del CYP3A4 può richiedere un aggiustamento della dose di ivabradina. E’ stato dimostrato che l’uso combinato di ivabradina 10 mg due volte al giorno con l’erba di San Giovanni
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provoca una riduzione del 50% dell’AUC di ivabradina. L’assunzione dell’erba di San Giovanni deve essere limitata durante il trattamento con ivabradina.
Altri usi in associazione
Studi specifici di interazione non hanno mostrato effetti clinicamente significativi sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica di ivabradina per i seguenti medicinali: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo), sildenafil, inibitori dell’idrossimetilglutaril coenzima A (HMG CoA) reduttasi (simvastatina), calcioantagonisti diidropiridinici (amlopidina, lacipidina), digossina e warfarin. Inoltre, non vi sono stati effetti clinicamente significativi di ivabradina sulla farmacocinetica di simvastatina, amlodipina, lacidipina, sulla farmacocinetica e farmacodinamica di digossina, warfarin e sulla farmacodinamica di aspirina.
Durante studi clinici principali di fase III i seguenti medicinali sono stati routinariamente associati con ivabradina senza nessuna evidenza in termini di sicurezza: inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE), antagonisti dell’angiotensina II, beta-bloccanti, diuretici, agenti anti-aldosterone, nitrati a breve e lunga durata, inibitori della HMG CoA reduttasi, fibrati, inibitori della pompa protonica, antidiabetici orali, aspirina e altri medicinali antiaggreganti.
Popolazione pediatrica
Sono stati effettuati studi di interazione solo negli adulti.
4.6 fertilità, gravidanza e allattamento
Donne in età fertile
Le donne in età fertile devono utilizzare appropriate misure contraccettive durante il trattamento (vedere paragrafo 4.3).
Gravidanza
I dati relativi all’uso di ivabradina in donne in gravidanza non esistono o sono in numero limitato. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva. Questi studi hanno mostrato effetti embriotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto. Pertanto, ivabradina è controindicata durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).
Allattamento
Gli studi su animali indicano che ivabradina è escreta nel latte. Pertanto, ivabradina è controindicata durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3).
Le donne che necessitano del trattamento con ivabradina devono interrompere l’allattamento con latte materno e scegliere un metodo di nutrizione alternativo per il bambino.
Fertilità
Gli studi sui ratti non hanno mostrato effetti sulla fertilità di maschi e femmine (vedere paragrafo 5.3).
4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Ivabradina non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. E’ stato condotto uno studio specifico su volontari sani per valutare la possibile influenza di ivabradina sulle prestazioni alla guida e non è stato evidenziato nessun cambiamento di tali performance. Comunque, nell’esperienza post-marketing, sono stati riportati casi di alterata capacità di guidare a causa di sintomi visivi. Ivabradina può causare fenomeni luminosi transitori che consistono soprattutto in fosfeni (vedere paragrafo 4.8). Il possibile verificarsi di questi fenomeni luminosi deve essere preso in considerazione quando si guida o si usano macchinari in situazioni in cui possano verificarsi improvvise variazioni dell’intensità della luce, specialmente durante la guida notturna.
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4.8 effetti indesiderati
Riassunto del profilo di sicurezza
Le reazioni avverse più comuni osservate con ivabradina sono fenomeni luminosi (fosfeni) (14,5%) e bradicardia (3,3%). Esse sono dose-dipendenti e sono correlate con l’effetto farmacologico del medicinale.
Tabella delle reazioni avverse
Le seguenti reazioni avverse sono state osservate durante gli studi clinici e sono elencate utilizzando la seguente frequenza: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100,<1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000,<1/1000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili):
Classificazione sistemica organica | Frequenza | Termine di riferimento |
Patologie del sistema emolinfopoietico | Non comune | Eosinofilia |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Non comune | Iperuricemia |
Patologie del sistema nervoso | Comune | Cefalea, generalmente durante il primo mese di trattamento |
Capogiri, forse in relazione alla bradicardia | ||
Non comune* | Sincope, forse in relazione alla bradicardia | |
Patologie dell’occhio | Molto comune | Fenomeni luminosi (fosfeni) |
Comune | Visione sfocata | |
Non comune* | Diplopia | |
Indebolimento della funzione visiva | ||
Patologie dell’orecchio e del labirinto | Non comune | Vertigini |
Patologie cardiache | Comune | Bradicardia |
Blocco AV di 1° grado (prolungamento dell’intervallo PQ all’ECG) | ||
Extrasistoli ventricolari | ||
Fibrillazione atriale | ||
Non comune | Palpitazioni, extrasistoli sopraventricolari, Prolungamento dell’intervallo QT all’ECG | |
Molto raro | Blocco AV di 2° grado, blocco AV di 3° grado | |
Sindrome del nodo del seno | ||
Patologie vascolari | Comune | Pressione sanguigna non controllata |
Non comune* | Ipotensione, forse in relazione alla bradicardia | |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Non comune | Dispnea |
Patologie gastrointestinali | Non comune | Nausea |
Costipazione | ||
Diarrea | ||
Dolore addominale* | ||
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Non comune* | Angioedema |
Rash | ||
Raro* | Eritema | |
Prurito | ||
Orticaria |
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Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Non comune | Spasmi muscolari |
Patologie renali e urinarie | Non comune | Elevata creatininemia |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Non comune* | Astenia, forse in relazione alla bradicardia |
Affaticamento, forse in relazione alla bradicardia | ||
Raro* | Malessere, forse in relazione alla bradicardia | |
*Frequenza calcolata dagli studi c | linici per gli eventi avversi riportati da segnalazioni spontanee |
Descrizione delle reazioni avverse selezionate
I fenomeni luminosi (fosfeni) sono stati riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell’intensità della luce. I fosfeni possono anche essere descritti come un alone, una scomposizione dell’immagine (effetti stroboscopici o caleidoscopici), intense luci colorate o immagini multiple (persistenza retinica). La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiché possono verificarsi ripetutamente.
I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensità. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza (77,5%) si è risolta durante il trattamento. Meno dell’1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni.
La bradicardia è stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2–3 mesi dall’inizio del trattamento. Lo 0,5% dei pazienti ha avuto una grave bradicardia con frequenza cardiaca inferiore o uguale a 40 bpm.
Nello studio SIGNIFY, è stata osservata fibrillazione atriale nel 5,3% dei pazienti che assumevano ivabradina in confronto al 3,8% dei pazienti del gruppo placebo. In una analisi cumulativa di tutti gli studi clinici di fase II/III in doppio cieco controllati della durata di almeno tre mesi, che ha incluso più di 40.000 pazienti, l’incidenza di fibrillazione atriale è stata del 4,86% nei pazienti trattati con ivabradina, in confronto al 4,08% del gruppo di controllo, che corrisponde ad un hazard ratio dell’1,26, 95% CI [1,15 – 1,39].
Nello studio SHIFT più pazienti hanno riferito episodi di aumento della pressione sanguigna mentre erano in trattamento con ivabradina (7,1%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (6,1%). Questi episodi si sono verificati più frequentemente poco dopo che il trattamento antipertensivo è stato modificato, erano transitori, e non hanno influenzato l’effetto del trattamento con ivabradina.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell
4.9 sovradosaggio
Sintomi
Il sovradosaggio può condurre ad una severa e prolungata bradicardia (vedere paragrafo 4.8).
Gestione
La severa bradicardia deve essere trattata in maniera sintomatica in ambiente specialistico. Nel caso di bradicardia con poca tolleranza emodinamica, può essere preso in considerazione un trattamento
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sintomatico incluso l’uso endovenoso di medicinali beta-agonisti come l’isoprenalina. Se necessario può essere istituita una elettrostimolazione cardiaca temporanea.
5. proprietà farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: terapia cardiaca, codice ATC: C01EB17
Meccanismo d’azione
Ivabradina riduce in modo selettivo la frequenza cardiaca, agendo attraverso una inibizione selettiva e specifica della corrente pacemaker cardiaca I f , che controlla la depolarizzazione diastolica spontanea nel nodo del seno e regola la frequenza cardiaca. Gli effetti cardiaci sono specifici per il nodo del seno senza effetti sui tempi di conduzione intra-atriale, atrioventricolare o intraventricolare, né sulla contrattilità miocardica o sulla ripolarizzazione ventricolare.
Ivabradina può interagire anche con la corrente I h presente nella retina e che ha caratteristiche molto vicine a quella della corrente cardiaca I f. Questa corrente interviene nel processo di risoluzione temporale del sistema visivo, riducendo la risposta retinica agli stimoli luminosi intensi. In alcune circostanze scatenanti (ad es. rapidi cambiamenti della luminosità), una parziale inibizione di I h da parte di ivabradina è alla base dei fenomeni luminosi che possono essere occasionalmente riferiti dai pazienti. I fenomeni luminosi (fosfeni) sono descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo (vedere paragrafo 4.8).
Effetti farmacodinamici
La principale proprietà farmacodinamica di ivabradina nell’uomo è una specifica riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca. L’analisi della riduzione della frequenza cardiaca con dosi fino a 20 mg due volte al giorno, indica che vi è la tendenza a raggiungere un plateau, il che è in accordo con il rischio ridotto di avere gravi bradicardie con una frequenza inferiore a 40 bpm (vedere paragrafo 4.8).
Alle dosi normalmente raccomandate, la riduzione della frequenza cardiaca è di circa 10 bpm a riposo e durante esercizio. Questo porta ad una riduzione del carico di lavoro cardiaco e del consumo di ossigeno da parte del miocardio. Ivabradina non influenza la conduzione intracardiaca, la contrattilità (assenza di effetto inotropo negativo) o la ripolarizzazione ventricolare:
– negli studi clinici elettrofisiologici, ivabradina non ha avuto effetto sui tempi di conduzione atrioventricolare o intraventricolare o sull’intervallo QT corretto;
– in pazienti con disfunzione del ventricolo sinistro (frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF) tra 30 e 45%), ivabradina non ha avuto nessun effetto negativo sulla frazione di eiezione.
Efficacia e sicurezza clinica
L’efficacia antianginosa e anti-ischemica di ivabradina è stata valutata in cinque studi clinici, randomizzati, in doppio cieco (tre verso placebo, e gli altri rispettivamente verso atenololo e amlodipina). Questi studi hanno incluso un totale di 4.111 pazienti con angina pectoris cronica stabile, di cui 2.617 trattati con ivabradina.
Ivabradina 5 mg due volte al giorno è risultata essere efficace sui parametri del test ergometrico entro 3–4 settimane di trattamento. L’efficacia è stata confermata con la dose di 7,5 mg due volte al giorno. In particolare, il beneficio addizionale rispetto alla dose di 5 mg due volte al giorno è stato stabilito in uno studio controllato di confronto verso atenololo: la durata totale dell’esercizio valutata al valore minimo di efficacia era aumentata di circa 1 minuto dopo un mese di trattamento con 5 mg due volte al giorno e migliorava ulteriormente di quasi 25 secondi dopo un successivo periodo di 3 mesi di titolazione forzata a 7,5 mg due volte al giorno. In questo studio, i benefici antianginosi e anti-
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ischemici di ivabradina sono stati confermati in pazienti con età > 65 anni. L’efficacia di 5 e 7,5 mg due volte al giorno sui parametri del test ergometrico è risultata essere coerente in tutti gli studi (durata totale dell’esercizio, tempo all’interruzione della prova da sforzo da dolore anginoso, tempo di comparsa del dolore anginoso e tempo di comparsa dello slivellamento di 1 mm del tratto ST) ed è stata associata con una diminuzione di circa il 70% nella frequenza degli attacchi anginosi. Lo schema di somministrazione di due volte al giorno ha dato un’efficacia uniforme nell’arco delle 24 ore.
In uno studio randomizzato controllato verso placebo condotto su 889 pazienti, ivabradina somministrata in aggiunta a 50 mg di atenololo una volta al giorno ha dimostrato una efficacia additiva su tutti i parametri del test da sforzo (ETT) al valore minimo dell’attività del medicinale (12 ore dopo l’assunzione orale).
In uno studio randomizzato controllato verso placebo condotto su 725 pazienti, ivabradina non ha mostrato un’efficacia additiva in aggiunta a amlodipina 10 mg una volta al giorno al valore minimo dell’attività del medicinale (12 ore dopo l’assunzione orale) mentre un’efficacia additiva è stata dimostrata al picco (3–4 ore dopo l’assunzione orale).
In uno studio randomizzato, placebo-controllato, condotto su 1.277 pazienti, ivabradina ha dimostrato una efficacia additiva statisticamente significativa sulla risposta al trattamento (definita come riduzione di almeno 3 attacchi di angina a settimana e/o allungamento di almeno 60 secondi del tempo al sottoslivellamento di 1 mm del tratto ST durante il test da sforzo alla pedana mobile) in aggiunta ad amlodipina 5 mg una volta al giorno o nifedipina sistema gastrointestinale terapeutico (GITS) 30 mg una volta al giorno, al minimo dell’attività del farmaco (12 ore dopo assunzione orale di ivabradina) per un periodo di trattamento di 6 settimane (OR = 1,3, 95% CI [1,0–1,7]; p=0,012). Ivabradina non ha mostrato una efficacia additiva sugli altri parametri del test da sforzo (endpoint secondari) al minimo dell’attività del farmaco, mentre è stata evidenziata una efficacia additiva al picco di attività (3–4 ore dopo assunzione orale di ivabradina).
L’efficacia di ivabradina si è totalmente mantenuta durante i periodi di trattamento di 3 o 4 mesi, nel corso degli studi clinici di efficacia. Non c’è stata evidenza di sviluppo di tolleranza farmacologica (perdita di efficacia) durante il trattamento, né di fenomeni di rebound dopo la brusca interruzione del trattamento. Gli effetti antianginosi e anti-ischemici di ivabradina erano associati con la riduzione dose dipendente della frequenza cardiaca e con una significativa riduzione del prodotto frequenza pressione (frequenza cardiaca x pressione arteriosa sistolica) a riposo e durante l’esercizio. Gli effetti sulla pressione arteriosa e sulla resistenza vascolare periferica sono risultati minori e clinicamente non significativi.
Una riduzione prolungata della frequenza cardiaca è stata dimostrata in pazienti trattati con ivabradina per almeno un anno (n = 713). Non è stata osservata alcuna influenza sul metabolismo lipidico o glucidico.
L’efficacia antianginosa e anti-ischemica di ivabradina si mantiene anche nei pazienti diabetici (n = 457) con un profilo di sicurezza simile a quello osservato nella popolazione generale.
Un ampio studio di outcome, BEAUTIFUL, è stato condotto su 10917 pazienti con coronaropatia e disfunzione ventricolare sinistra (LVEF < 40%) con ivabradina in aggiunta alla terapia ottimale di base, in cui l’86,9% dei pazienti era in trattamento con beta-bloccanti. Il principale criterio di efficacia era il composito di morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico acuto o ospedalizzazione per la nuova insorgenza o il peggioramento di insufficienza cardiaca. Lo studio non ha mostrato differenze nel tasso di outcome primario composito nel gruppo ivabradina rispetto al gruppo placebo (rischio relativo ivabradina: placebo 1,00, p=0,945).
Nell’analisi a posteriori di un sottogruppo di pazienti con angina sintomatica alla randomizzazione (n=1507), non sono state rilevate segnalazioni di sicurezza relativamente a morte cardiovascolare, ospedalizzazione per infarto miocardico acuto o insufficienza cardiaca (ivabradina 12,0% verso placebo 15,5%, p=0,05).
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Un ampio studio di esito clinico, SIGNIFY, è stato condotto in 19102 pazienti con coronaropatia e senza insufficienza cardiaca clinicamente evidente (LVEF > 40%), in aggiunta alla terapia ottimale di base. E’ stato utilizzato uno schema terapeutico più alto rispetto alla posologia approvata (dose iniziale 7,5 mg due volte al giorno (5 mg due volte al giorno, se età ≥ 75 anni) e aumento con titolazione della dose a 10 mg due volte al giorno). Il principale criterio di efficacia era il composito di morte cardiovascolare o infarto del miocardio non fatale. Lo studio non ha mostrato differenza nella frequenza dell’endpoint primario composito nel gruppo ivabradina rispetto al gruppo placebo (rischio relativo ivabradina/placebo 1,08, p=0,197). La bradicardia è stata riportata nel 17,9% dei pazienti del gruppo ivabradina (2,1% nel gruppo placebo). Il 7,1% dei pazienti ha ricevuto durante lo studio verapamile, diltiazem o potenti inibitori del CYP3A4.
Un piccolo incremento statisticamente significativo nel PCE è stato osservato in un sottogruppo prespecificato di pazienti con angina al basale, in classe CCS II o più alta (n=12.049) (tassi annuali 3,4% vs 2,9%, rischio relativo ivabradina/placebo 1,18, p=0,018), ma non nel sottogruppo della popolazione totale di pazienti anginosi in classe CCS ≥ I (n=14.286) (rischio relativo ivabradina/placebo 1,11, p=0,110).
La dose utilizzata nello studio, più alta di quella approvata, non ha spiegato completamente i risultati ottenuti.
Lo studio SHIFT è un ampio studio di outcome, multicentrico, internazionale, randomizzato, controllato, in doppio cieco verso placebo condotto su 6.505 pazienti adulti con insufficienza cardiaca cronica (da ≥ 4 settimane), in classe NYHA da II a IV, con una ridotta frazione di eiezione del ventricolo sinistro (LVEF ≤ 35%) e una frequenza cardiaca a riposo ≥ 70 bpm.
I pazienti ricevevano una terapia convenzionale che comprendeva beta-bloccanti (89%), ACE inibitori e/o antagonisti dell’angiotensina II (91%), diuretici (83%) e agenti anti-aldosterone (60%). Nel gruppo trattato con ivabradina, il 67% dei pazienti era trattato con 7,5 mg due volte al giorno. Il follow-up mediano è stato di 22,9 mesi. Il trattamento con ivabradina è stato associato ad una riduzione media della frequenza cardiaca di 15 bpm rispetto al valore basale di 80 bpm. La differenza nella frequenza cardiaca tra il braccio trattato con ivabradina e il placebo è stata di 10,8 bpm a 28 giorni, di 9,1 bpm a 12 mesi e di 8,3 bpm a 24 mesi.
Lo studio ha dimostrato una riduzione clinicamente e statisticamente significativa del 18% del rischio relativo nella frequenza dell’endpoint composito primario di mortalità cardiovascolare e ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,82, 95% CI [0,75;0,90] – p < 0,0001), evidente già nei primi 3 mesi dall’inizio del trattamento. La riduzione del rischio assoluto è stata del 4,2%. I risultati sull’endpoint primario sono principalmente dovuti agli endpoint sull’insufficienza cardiaca, ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca (rischio assoluto ridotto del 4,7%) e mortalità per insufficienza cardiaca (rischio assoluto ridotto del 1,1%).
Effetto del trattamento sull’endpoint composito primario, i suoi componenti e gli endpoint secondari
Ivabradina (N=3241) n (%) | Placebo (N=3264) n (%) | Hazard ratio [95% CI] | p-value | |
Endpoint composito primario | 793 (24,47) | 937 (28,71) | 0,82 [0,75; 0,90] | <0,0001 |
Componenti del composito: – mortalità cardiovascolare | 449 (13,85) | 491 (15,04) | 0,91 [0,80; 1,03] | 0,128 |
– ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca | 514 (15,86) | 672 (20,59) | 0,74 [0,66; 0,83] | <0,0001 |
Altri endpoint secondari: – tutte le cause di mortalità | 503 (15,52) | 552 (16,91) | 0,90 [0,80; 1,02] | 0,092 |
– mortalità per insufficienza cardiaca | 113 (3,49) | 151 (4,63) | 0,74 [0,58;0,94] | 0,014 |
- ospedalizzazione per tutte le cause | 1231 (37,98) | 1356 (41,54) | 0,89 [0,82;0,96] | 0,003 |
– ospedalizzazione per cause cardiovascolari | 977 (30,15) | 1122 (34,38) | 0,85 [0,78; 0,92] | 0,0002 |
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La riduzione dell’endpoint primario osservata si è mantenuta indipendentemente dal sesso, dalla classificazione NYHA, dall’eziologia ischemica o non-ischemica dell’insufficienza cardiaca e dall’anamnesi precedente di diabete o ipertensione.
Nel sottogruppo di pazienti con FC ≥ 75 bpm (n = 4.150), è stata osservata una maggiore riduzione nell’endpoint composito primario del 24% (hazard ratio: 0,76, 95% CI [0,68; 0,85]-p<0,0001) e per gli altri endpoint secondari, incluse tutte le cause di mortalità (hazard ratio: 0,83, 95% CI [0,72; 0,96]-p=0,0109) e mortalità cardiovascolare (hazard ratio: 0,83, 95% CI [0,71; 0,97]-p=0,0166).
In questo sottogruppo di pazienti il profilo di sicurezza di ivabradina è in linea con quello della popolazione totale.
E’ stato osservato un effetto significativo sull’endpoint composito primario nel gruppo totale di pazienti che assumevano una terapia con beta-bloccante (hazard ratio: 0,85, 95% CI [0,76;0,94]). Nel sottogruppo di pazienti con FC ≥ 75 bpm e alla dose ottimale raccomandata di beta-bloccante, non è stato osservato un beneficio statisticamente significativo sull’endpoint composito primario (hazard ratio: 0,97, 95% CI [0,74;1,28]) e sugli altri endpoint secondari, compresa l’ospedalizzazione per il peggioramento dell’insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,79, 95% CI [0,56;1,10]) o la morte per insufficienza cardiaca (hazard ratio: 0,69, 95% CI [0,31;1,53]).
All’ultima rilevazione è stato riportato un significativo miglioramento nella classe NYHA: è migliorata in 887 pazienti (28%) trattati con ivabradina rispetto a 776 pazienti (24%) trattati con placebo (p = 0,001).
In uno studio randomizzato, controllato con placebo, condotto su 97 pazienti, i dati raccolti durante specifiche indagini oftalmologiche, volte a documentare la funzione dei sistemi a coni e bastoncelli e la via visiva ascendente (cioè elettroretinogramma, campi visivi statici e cinetici, visione dei colori, acuità visiva), non hanno mostrato alcuna tossicità retinica nei pazienti trattati con ivabradina per angina pectoris cronica stabile nell’arco di 3 anni.
Popolazione pediatrica
Uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo è stato effettuato in 116 pazienti pediatrici (17 di età compresa tra 6 e i 12 mesi, 36 di età compresa tra 1 e 3 anni, e 63 di età compresa tra 3 e 18 anni) con insufficienza cardiaca cronica e cardiomiopatia dilatata (DCM) in aggiunta al trattamento ottimale di base. 74 pazienti hanno ricevuto ivabradina (con un rapporto 2:1).
La dose iniziale era di 0,02 mg/kg due volte al giorno nel gruppo di età tra 6 e 12 mesi, 0,05 mg/kg due volte al giorno nel gruppo di età tra 1 e 3 anni e nel gruppo di età tra 3 e 18 anni con peso corporeo < 40 kg, e di 2,5 mg due volte al giorno nel gruppo di età tra 3 e 18 anni e con peso corporeo ≥ 40 kg. La dose era adattata sulla base della risposta terapeutica con una dose massima rispettivamente di 0,2 mg/kg due volte al giorno, 0,3 mg/kg due volte al giorno e 15 mg/kg due volte al giorno. In questo studio, ivabradina è stata somministrata come formulazione liquida orale o come compressa due volte al giorno. L’assenza di differenze farmacocinetiche tra le 2 formulazioni è stata dimostrata in uno studio in aperto, randomizzato, con disegno cross-over a due periodi, condotto in 24 volontari sani adulti.
Una riduzione del 20% della frequenza cardiaca, senza bradicardia, è stata raggiunta nel 69,9% dei pazienti nel gruppo ivabradina verso il 12,2% nel gruppo placebo durante il periodo di titolazione della durata da 2 a 8 settimane (odds ratio: E=17,24, 95% CI [5,91; 50,30]).
La dose media di ivabradina che ha permesso di raggiungere una riduzione della frequenza cardiaca del 20% è stata rispettivamente di 0,13 ± 0,04 mg/kg due volte al giorno, 0,10 ± 0,04 mg/kg due volte al giorno e 4,1 ± 2,2 mg due volte al giorno nei sottogruppi di età tra 1 e 3 anni, tra 3 e 18 anni e con peso corporeo < 40 kg e tra 3 e 18 anni e con peso corporeo ≥ 40 kg.
Dopo 12 mesi di trattamento, la frazione di eiezione media del ventricolo sinistro è risultata aumentata da 31,8% a 45,3 % nel gruppo ivabradina rispetto ad un aumento dal 35,4% al 42,3% nel gruppo placebo. C’è stato un miglioramento della classe NYHA nel 37,7% dei pazienti trattati con ivabradina rispetto al 25,0% dei pazienti nel gruppo placebo. Questi miglioramenti non sono risultati statisticamente significativi.
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Il profilo di sicurezza, nell’arco di un anno, è risultato simile a quello descritto nei pazienti adulti affetti da insufficienza cardiaca cronica.
Gli effetti a lungo termine di ivabradina sull’accrescimento, sulla pubertà e sullo sviluppo generale così come l’efficacia a lungo termine della terapia con ivabradina nell’infanzia per ridurre la morbi/mortalità cardiovascolare non sono state studiate.
L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con ivabradinain tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per il trattamento dell’angina pectoris.
L’Agenzia Europea dei Medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con ivabradina nei bambini di età inferiore a 6 mesi per il trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica.
5.2 proprietà farmacocinetiche
In condizioni fisiologiche, ivabradina viene rapidamente rilasciata dalle compresse ed è altamente solubile in acqua (>10 mg/ml). Ivabradina è l’enantiomero S e nessuna bioconversione è stata dimostrata in vivo. Il derivato N-demetilato di ivabradina è stato identificato come il principale metabolita attivo nell’uomo.
Assorbimento e biodisponibilità
Ivabradina è rapidamente e quasi completamente assorbita dopo somministrazione orale con un picco plasmatico raggiunto in circa un’ora, in condizioni di digiuno. La biodisponibilità assoluta delle compresse rivestite con film è di circa il 40%, a causa dell’effetto di primo passaggio nell’intestino e nel fegato.
Il cibo ritarda l’assorbimento di circa un’ora e ne aumenta la presenza nel plasma dal 20 al 30%. Si raccomanda di assumere la compressa durante i pasti per diminuire la variabilità di concentrazione intra-individuale (vedere paragrafo 4.2).
Distribuzione
Ivabradina si lega alle proteine plasmatiche per circa il 70% e, nei pazienti, il volume di distribuzione allo stato stazionario è vicino a 100 l. La concentrazione plasmatica massima in seguito a somministrazione cronica alla dose raccomandata di 5 mg due volte al giorno è di 22 ng/ml (CV=29%). La concentrazione plasmatica media allo stato stazionario è 10 ng/ml (CV=38%).
Biotrasformazione
Ivabradina è estensivamente metabolizzata dal fegato e dall’intestino da ossidazioni catalizzate solo dal citocromo P450 3A4 (CYP3A4). Il principale metabolita attivo è il derivato N-demetilato (S18982), con una concentrazione di circa il 40% di quella della molecola madre. Anche il metabolismo di questo metabolita attivo coinvolge il CYP3A4. Ivabradina ha una bassa affinità per il CYP3A4, non mostra induzione o inibizione clinicamente rilevante del CYP3A4 ed è perciò improbabile che modifichi il metabolismo o le concentrazioni plasmatiche di substrati del CYP3A4. Al contrario, potenti inibitori ed induttori possono modificare sostanzialmente le concentrazioni plasmatiche di ivabradina (vedere paragrafo 4.5).
Eliminazione
Ivabradina viene eliminata con un’emivita principale di 2 ore (70–75% dell’AUC) nel plasma e con un’emivita effettiva di 11 ore. La clearance totale è circa 400 ml/min e la clearance renale è circa 70 ml/min. L’escrezione dei metaboliti avviene in parti uguali con le feci e le urine. Circa il 4% di una dose orale è escreto immodificato nelle urine.
Linearità/Non Linearità
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Le cinetiche di ivabradina sono lineari nel range di dosi orali compreso tra 0,5–24 mg.
Popolazioni particolari
Anziani
Non sono state osservate differenze farmacocinetiche (AUC e Cmax) tra i pazienti anziani (≥ 65 anni) o molto anziani (≥ 75 anni) e la popolazione generale (vedere paragrafo 4.2).
Insufficienza renale
L’impatto della compromissione renale (clearance della creatinina da 15 a 60 ml/min) sulla farmacocinetica di ivabradina è minimo, in accordo con il modesto contributo fornito dalla clearance renale (circa il 20%) all’escrezione totale di ivabradina e del suo principale metabolita S18982 (vedere paragrafo 4.2).
Insufficienza epatica
In pazienti con lieve insufficienza epatica (punteggio Child Pugh fino a 7), l’AUC di ivabradina libera e del suo principale metabolita attivo è più alta di circa il 20% rispetto ai soggetti con una normale funzione epatica. I dati sono insufficienti per trarre conclusioni in pazienti con moderata insufficienza epatica. Non vi sono dati disponibili in pazienti con severa insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2 e 4.3).
Popolazione pediatrica
Il profilo farmacocinetico di ivabradina nei pazienti pediatrici affetti da insufficienza cardiaca cronica di età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni è simile al profilo farmacocinetico descritto negli adulti quando si applica uno schema di titolazione basato sull’età e sul peso.
Relazione farmacocinetica/farmacodinamica (PK/PD)
L’analisi della relazione PK/PD ha mostrato che la frequenza cardiaca diminuisce praticamente in modo lineare all’aumentare delle concentrazioni plasmatiche di ivabradina e S18982 per dosi fino a 15–20 mg due volte al giorno. A dosi più alte, la diminuzione della frequenza cardiaca non è più proporzionale alle concentrazioni plasmatiche di ivabradina e tende a raggiungere un plateau. Alte concentrazioni di ivabradina, che possono aversi quando ivabradina è somministrata insieme a potenti inibitori del CYP3A4, possono risultare in un’eccessiva diminuzione della frequenza cardiaca sebbene questo rischio sia ridotto con moderati inibitori del CYP3A4 (vedere paragrafi 4.3, 4.4 e 4.5). La relazione PK/PD di ivabradina nei pazienti pediatrici affetti da insufficienza cardiaca cronica di età compresa tra i 6 mesi e i 18 anni è simile a quella descritta negli adulti.
5.3 dati preclinici di sicurezza
I dati non-clinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di farmacologia di sicurezza, tossicità a dosi ripetute, genotossicità, potenziale cancerogeno. Studi di tossicità riproduttiva hanno mostrato che ivabradina non ha nessun effetto sulla fertilità di ratti maschi e femmine. Quando animali gravidi sono stati trattati durante l’organogenesi con dosaggi vicini a quelli terapeutici, si è osservata una più alta incidenza di feti con difetti cardiaci nei ratti e un piccolo numero di feti con ectrodattilia nei conigli.
In cani trattati con ivabradina (dosi di 2, 7 o 24 mg/kg/die) per un anno, sono state osservate variazioni reversibili della funzione retinica, che però non sono risultate essere associate a danni alle strutture oculari. Questi dati sono coerenti con gli effetti farmacologici di ivabradina e sono da attribuire alla sua interazione con la corrente I h attivata in iperpolarizzazione, presente nella retina, e che condivide una ampia omologia con la corrente pacemaker cardiaca I f.
Altri studi a dosi ripetute a lungo termine e studi di cancerogenesi non hanno evidenziato alcun cambiamento di rilevanza clinica.
Valutazione del Rischio Ambientale ( Environmental Risk Assessment , ERA)
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La valutazione del rischio ambientale di ivabradina è stata condotta in accordo con le linee guida europee di ERA.
Gli esiti di queste valutazioni sono a sostegno dell’assenza di un rischio ambientale di ivabradina e ivabradina non costituisce un pericolo per l’ambiente.
6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Nucleo della compressa
Lattosio monoidrato
Magnesio stearato (E 470 B)
Amido di mais
Maltodestrina
Silice colloidale anidra (E 551)
Film di rivestimento
Ipromellosa (E 464)
Titanio diossido (E 171)
Macrogol (6000)
Glicerolo (E 422)
Magnesio stearato (E 470 B)
Ossido di ferro giallo (E 172)
Ossido di ferro rosso (E 172)
6.2 incompatibilità
Non pertinente.
6.3 periodo di validità
3 anni
6.4 precauzioni particolari per la conservazione
Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.
6.5 natura e contenuto del contenitore
Blister Alluminio/PVC contenuto in scatole di cartone.
Confezioni
Confezioni con calendario contenenti 14, 28, 56, 84, 98, 100 o 112 compresse rivestite con film.
E’ possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento
Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
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ANPHARM Przedsiębiorstwo Farmaceutyczne S.A.
ul. Annopol 6B
03–236 Warszawa
Poland
8. NUMERO (I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Ivabradina Anpharm 5 mg compresse rivestite con film
EU/1/15/1041/001–007
Ivabradina Anpharm 7,5 mg compresse rivestite con film
EU/1/15/1041/008–014
9. data della prima autorizzazione/rinnovo dell’autorizzazione
Data della prima autorizzazione: 08 settembre 2015
Data dell’ultimo rinnovo:
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia Europea dei Medicinali
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ALLEGATO II
A. PRODUTTORE(I) RESPONSABILE(I) DEL RILASCIO DEI LOTTI
B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E DI UTILIZZO
C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
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Nome e indirizzo dei produttori responsabili del rilascio dei lotti
Les Laboratoires Servier Industrie, 905, route de Saran – 45520 Gidy, Francia
Servier (Ireland) Industries Ltd, Gorey Road – Arklow – Co. Wicklow, Irlanda
Przedsiebiorstwo Farmaceutyczne ANPHARM S.A., ul. Annopol 6B – 03–236 Warszawa, Polonia Laboratorios Servier, S.L., Avda de los Madroños, 33 – 28043 Madrid, Spagna
Il foglio illustrativo stampato del medicinale deve riportare il nome e l’indirizzo del produttore responsabile del rilascio del lotto in questione.
Medicinale soggetto a prescrizione medica.
C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
I requisiti definiti per la presentazione di PSURs per questo medicinale sono definiti nell'elenco delle date di riferimento per l'Unione europea (elenco EURD) di cui all'art. 107 quater , par. 7 della Direttiva 2001/83/CE e successive modifiche, pubblicato sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali.
D. CONDIZIONI O LIMITAZIONI PER QUANTO RIGUARDA L’USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE