Il sodio ioduro (131I) è un radiofarmaco utilizzato in ambito medico per diagnosticare e trattare alcune patologie legate alla tiroide, tra cui il carcinoma tiroideo e l'ipertiroidismo. Il sodio ioduro (131I) viene somministrato per via orale o endovenosa e viene assorbito dalla tiroide, permettendo di ottenere immagini diagnostiche attraverso la scintigrafia o di erogare una terapia radiometabolica mirata.
Il sodio ioduro (131I) è un isotopo radioattivo dell'iodio, con un'emivita di circa 8 giorni. La sua attività radioattiva si manifesta attraverso l'emissione di radiazioni beta e gamma, che consentono sia la visualizzazione dell'organo interessato sia l'azione terapeutica sulle cellule tumorali.
In Italia, l'utilizzo del sodio ioduro (131I) è regolamentato dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), che ne stabilisce le indicazioni terapeutiche e le modalità di somministrazione. Le statistiche italiane relative all'utilizzo del sodio ioduro (131I) non sono facilmente reperibili; tuttavia, si stima che il numero di pazienti affetti da patologie tiroidee sia in costante aumento negli ultimi anni.
Le principali indicazioni per l'utilizzo del sodio ioduro (131I) riguardano la diagnosi e il trattamento delle seguenti condizioni:
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Carcinoma differenziato della tiroide: il sodio ioduro (131I) viene impiegato nella terapia radiometabolica post-chirurgica, al fine di eliminare eventuali residui di tessuto tiroideo o metastasi. La dose somministrata varia in base all'estensione della malattia e alla presenza di metastasi.
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Ablazione del tessuto tiroideo normale: in alcuni casi, può essere necessario rimuovere il tessuto tiroideo sano per prevenire la comparsa di patologie future o per facilitare il monitoraggio dei pazienti con carcinoma tiroideo.
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Ipertiroidismo: il sodio ioduro (131I) viene utilizzato per ridurre la produzione eccessiva di ormoni tiroidei nei pazienti affetti da ipertiroidismo, come nel caso della malattia di Graves o dei noduli tossici autonomi.
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Diagnosi scintigrafica delle patologie tiroidee: il sodio ioduro (131I) viene impiegato nella scintigrafia tiroidea per valutare la morfologia e la funzionalità dell'organo, nonché per identificare eventuali noduli o tumori.
Il trattamento con sodio ioduro (131I) è generalmente ben tollerato dai pazienti; tuttavia, possono verificarsi alcuni effetti collaterali temporanei, come nausea, vomito e dolore al collo. Inoltre, l'esposizione alle radiazioni ionizzanti può comportare un aumento del rischio di sviluppare altre neoplasie a lungo termine; pertanto, è fondamentale valutare attentamente i benefici e i rischi associati all'utilizzo del radiofarmaco.
La somministrazione del sodio ioduro (131I) è controindicata in gravidanza e allattamento, poiché il radiofarmaco può attraversare la placenta e raggiungere il feto, causando danni al tessuto tiroideo in via di sviluppo. Inoltre, è importante seguire le precauzioni radioprotezione per ridurre al minimo l'esposizione alle radiazioni sia del paziente sia del personale sanitario.
In conclusione, il sodio ioduro (131I) rappresenta un'importante risorsa terapeutica e diagnostica per la gestione delle patologie tiroidee. La sua efficacia e sicurezza sono ampiamente dimostrate dalla letteratura scientifica; tuttavia, è fondamentale un approccio multidisciplinare e personalizzato nella valutazione dei pazienti candidati al trattamento con questo radiofarmaco.