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EQUIDACENT - riassunto delle caratteristiche del prodotto

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Riassunto delle caratteristiche del prodotto - EQUIDACENT

ALLEGATO I

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Medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale. Ciò permetterà la rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta. Vedere paragrafo 4.8 per informazioni sulle modalità di segnalazione delle reazioni avverse.

1. denominazione del medicinale

Equidacent 25 mg/mL concentrato per soluzione per infusione.

2. composizione qualitativa e quantitativa

Ogni mL di concentrato contiene 25 mg di bevacizumab*.

Ogni flaconcino da 4 mL di concentrato contiene 100 mg di bevacizumab.

Ogni flaconcino da 16 mL di concentrato contiene 400 mg di bevacizumab.

Per la diluizione ed altre raccomandazioni sulla manipolazione, vedere paragrafo 6.6.

*Bevacizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto mediante la tecnica del DNA ricombinante in cellule ovariche di criceto cinese.

Eccipiente(i) con effetti noti

Ogni flaconcino da 4 mL di concentrato contiene 191 mg di sorbitolo (E420).

Ogni flaconcino da 16 mL di concentrato contiene 764 mg di sorbitolo (E420).

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. forma farmaceutica

Concentrato per soluzione per infusione.

Soluzione dall’aspetto da limpido a opalescente, da incolore a tendente al marrone chiaro-giallastro.

4. informazioni cliniche

4.1 indicazioni terapeutiche

Bevacizumab in associazione a chemioterapia a base di fluoropirimidine è indicato per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma metastatico del colon o del retto.

Bevacizumab in associazione a paclitaxel è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con cancro della mammella metastatico. Per maggiori informazioni sullo stato del recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano (HER2), fare riferimento al paragrafo 5.1.

Bevacizumab in associazione a capecitabina è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con cancro della mammella metastatico, per cui una terapia con altri regimi chemioterapici, inclusi quelli a base di taxani o antracicline, non è considerata appropriata. I pazienti che hanno ricevuto un trattamento adiuvante a base di taxani o antracicline nei 12 mesi precedenti non devono ricevere il trattamento con Equidacent in associazione a capecitabina. Per maggiori informazioni sullo stato di HER2, fare riferimento al paragrafo 5.1.

Bevacizumab, in aggiunta a chemioterapia a base di platino, è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con cancro del polmone non a piccole cellule, non resecabile, avanzato, metastatico o ricorrente, con istologia a predominanza non squamoso.

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Bevacizumab, in associazione a erlotinib, è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti affetti da cancro del polmone non a piccole cellule non squamoso, non resecabile, avanzato, , metastatico o ricorrente, con mutazioni attivanti del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) (vedere paragrafo 5.1).

Bevacizumab in associazione a interferone alfa-2a è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con cancro a cellule renali avanzato e/o metastatico.

Bevacizumab, in associazione a carboplatino e paclitaxel, è indicato per il trattamento in prima linea del cancro epiteliale dell’ovaio, del cancro della tuba di Falloppio o del cancro peritoneale primario in stadio avanzato (stadio III B, III C e IV, secondo la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO)) in pazienti adulte (vedere paragrafo 5.1).

Bevacizumab, in associazione a carboplatino e gemcitabina o in associazione a carboplatino e paclitaxel, è indicato per il trattamento di pazienti adulte con prima recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio o cancro peritoneale primario platino-sensibili che non hanno ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (vascular endothelial growth factor , VEGF) o altri agenti mirati al recettore VEGF.

Bevacizumab in associazione a paclitaxel e cisplatino o, in alternativa, a paclitaxel e topotecan in donne che non possono essere sottoposte a terapia a base di platino, è indicato per il trattamento di pazienti adulte affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (vedere paragrafo 5.1).

4.2 posologia e modo di somministrazione

Equidacent deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’impiego di medicinali antineoplastici.

Posologia

Carcinoma metastatico del colon o del retto (mCRC)

La dose raccomandata di Equidacent, somministrata mediante infusione endovenosa, è di 5 mg/kg o 10 mg/kg di peso corporeo una volta ogni 2 settimane oppure 7,5 mg/kg o 15 mg/kg di peso corporeo una volta ogni 3 settimane.

Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.

Cancro della mammella metastatico (mBC)

La dose raccomandata di Equidacent è di 10 mg/kg di peso corporeo da somministrarsi una volta ogni 2 settimane oppure 15 mg/kg di peso corporeo da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.

Cancro del polmone non a piccole cellule (NSCLC)

Trattamento in prima linea del NSCLC non squamoso in associazione a chemioterapia a base di platino

Equidacent è somministrato in aggiunta a chemioterapia a base di platino fino a 6 cicli di trattamento, seguiti da Equidacent in monoterapia fino alla progressione della malattia.

La dose raccomandata di Equidacent è di 7,5 mg/kg o 15 mg/kg di peso corporeo, da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

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Il beneficio clinico è stato dimostrato in pazienti con NSCLC sia alla dose di 7,5 mg/kg sia di 15 mg/kg (vedere paragrafo 5.1).

Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.

Trattamento in prima linea del NSCLC non squamoso con mutazioni attivanti dell’EGFR in associazione a erlotinib

Il test per la mutazione dell’EGFR deve essere effettuato prima di iniziare il trattamento con l’associazione Equidacent ed erlotinib. È importante che sia scelta una metodologia ben validata e solida per evitare la determinazione di falsi negativi o falsi positivi.

La dose raccomandata di Equidacent in associazione a erlotinib è di 15 mg/kg di peso corporeo somministrati una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

Si raccomanda di proseguire il trattamento con Equidacent in associazione a erlotinib fino alla progressione della malattia.

Per la posologia e la modalità di somministrazione di erlotinib, vedere le informazioni complete per la prescrizione di erlotinib.

Cancro a cellule renali avanzato e/o metastati­co (mRCC)

La dose raccomandata di Equidacent è di 10 mg/kg di peso corporeo, da somministrarsi una volta ogni 2 settimane mediante infusione endovenosa.

Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.

Cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio e carcinoma peritoneale primario

Trattamento in prima linea: Equidacent è somministrato in aggiunta a carboplatino e paclitaxel fino a 6 cicli di trattamento, seguiti dalla somministrazione di Equidacent in monoterapia da proseguire fino alla progressione della malattia o per un massimo di 15 mesi o fino a che non compare tossicità inaccettabile, qualsiasi si manifesti prima.

La dose raccomandata di Equidacent è di 15 mg/kg di peso corporeo, da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

Trattamento della recidiva di malattia platino-sensibile : Equidacent è somministrato in associazione a carboplatino e gemcitabina per 6 cicli fino ad un massimo di 10 cicli oppure in associazione a carboplatino e paclitaxel per 6 cicli fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti dalla somministrazione di Equidacent in monoterapia da proseguire fino alla progressione della malattia. La dose raccomandata di Equidacent è di 15 mg/kg di peso corporeo, da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

Carcinoma della cervice

Equidacent è somministrato in associazione a uno dei seguenti regimi chemioterapici: paclitaxel e cisplatino o paclitaxel e topotecan.

La dose raccomandata di Equidacent è di 15 mg/kg di peso corporeo, da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.

Si raccomanda di proseguire il trattamento fino a progressione della malattia sottostante o comparsa di tossicità inaccettabile (vedere paragrafo 5.1).

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Popolazioni speciali

Pazienti anziani : non è necessario attuare alcuna correzione della dose di Equidacent.

Pazienti con compromissione renale: la sicurezza e l’efficacia nei pazienti affetti da compromissione renale non sono state studiate (vedere paragrafo 5.2).

Pazienti con compromissione epatica : la sicurezza e l’efficacia nei pazienti affetti da compromissione epatica non sono state studiate (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini e negli adolescenti di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. I dati attualmente disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2, ma non è possibile esprimere alcuna raccomandazione in merito alla posologia.

Non esiste alcuna indicazione per un uso specifico di bevacizumab nella popolazione pediatrica per il trattamento dei carcinomi di colon, retto, mammella, polmone, ovaio, tube di Falloppio, peritoneo, cervice e rene.

Modo di somministrazione

Equidacent è per uso endovenoso. La dose iniziale deve essere somministrata mediante infusione endovenosa di 90 minuti. Se la prima infusione è ben tollerata, la seconda può essere somministrata in 60 minuti. Se l’infusione di 60 minuti è ben tollerata, tutte le infusioni successive possono essere somministrate in 30 minuti.

Questo medicinale non deve essere somministrato mediante infusione rapida endovenosa o bolo endovenoso.

Non sono raccomandate riduzioni della dose a seguito di reazioni avverse. Se indicato, la terapia deve essere interrotta definitivamente o sospesa temporaneamente, come illustrato nel paragrafo 4.4.

Precauzioni che devono essere prese prima della manipolazione o della somministrazione del medicinale

Per le istruzioni sulla diluizione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6. Le infusioni di Equidacent non devono essere somministrate o miscelate con soluzioni di glucosio. Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.

4.3 controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1. Ipersensi­bilità ai prodotti derivati da cellule ovariche di criceto cinese (CHO) o ad altri anticorpi ricombinanti umani o umanizzati. Gravidanza (vedere paragrafo 4.6).

4.4 avvertenze speciali e precauzioni d’impiego

Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.

Perforazioni e fistole gastrointestinali (GI) (vedere paragrafo 4.8)

Durante il trattamento con bevacizumab i pazienti possono essere maggiormente a rischio di sviluppare una perforazione gastrointestinale e una perforazione della colecisti. In pazienti con carcinoma metastatico del colon o del retto, un processo infiammatorio intra-addominale può essere un fattore di rischio di perforazioni gastrointestinali, pertanto, è opportuno prestare cautela nel trattare

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questi pazienti. La precedente radioterapia è un fattore di rischio per la perforazione gastrointestinale nelle pazienti trattate con Equidacent per il carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico e tutte le pazienti con perforazioni GI erano state precedentemente sottoposte ad irradiazione. Nei pazienti che sviluppano una perforazione gastrointestinale la terapia deve essere interrotta definitivamente.

Fistole GI-vaginali nello studio GOG-0240

Le pazienti trattate con bevacizumab per carcinoma della cervice persistente, recidivante o metastatico sono a maggior rischio di sviluppare fistole tra la vagina e qualsiasi segmento del tratto GI (fistole gastrointestinali-vaginali). La precedente radioterapia è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di fistole GI-vaginali e tutte le pazienti con fistole GI-vaginali erano state precedentemente sottoposte ad irradiazione. La recidiva di carcinoma nelle zone precedentemente irradiate è un importante fattore di rischio addizionale per lo sviluppo di fistole GI-vaginali.

Fistole non GI (vedere paragrafo 4.8)

Durante il trattamento con bevacizumab i pazienti possono essere maggiormente a rischio di sviluppare fistole. Nei pazienti che sviluppano una fistola tracheoesofagea (TE) o qualsiasi fistola di Grado 4 [secondo i criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute degli USA (NCI- CTCAE v.3)], la terapia con Equidacent deve essere interrotta definitivamente. Sono disponibili informazioni limitate sulla prosecuzione dell’uso di bevacizumab in pazienti con altre fistole. Nei casi di fistole interne che non si sviluppano nel tratto gastrointestinale deve essere considerata la sospensione di Equidacent.

Complicanze nel processo di cicatrizzazione (vedere paragrafo 4.8)

Bevacizumab può influire in modo negativo sul processo di cicatrizzazione. Sono state segnalate gravi complicanze, incluse complicanze anastomotiche, nel processo di cicatrizzazione con esito fatale. La terapia non deve essere iniziata per almeno 28 giorni dopo una chirurgia maggiore o fino a completa guarigione della ferita chirurgica. Nei pazienti che durante il trattamento manifestano complicanze nel processo di cicatrizzazione, la terapia deve essere sospesa fino a completa guarigione della cicatrice. La terapia deve essere sospesa in caso di chirurgia elettiva.

In pazienti trattati con bevacizumab sono stati raramente segnalati casi di fascite necrotizzante, alcuni dei quali letali. Questa condizione è in genere determinata da complicanze nella guarigione delle ferite, perforazioni gastrointestinali o formazione di fistole. Nei pazienti che sviluppano fascite necrotizzante, il trattamento con Equidacent deve essere interrotto, ed è necessario istituire tempestivamente una terapia adeguata.

Ipertensione (vedere paragrafo 4.8)

Nei pazienti trattati con bevacizumab è stata osservata una maggior incidenza di ipertensione. I dati relativi alla sicurezza clinica indicano che l’incidenza di ipertensione è probabilmente dose-dipendente. Prima di iniziare il trattamento con Equidacent, è necessario che l’ipertensione preesistente sia adeguatamente controllata. Non esistono dati sull’effetto di bevacizumab nei pazienti che presentano un’ipertensione non controllata al momento di iniziare la terapia. Nel corso della terapia è generalmente raccomandato il monitoraggio della pressione sanguigna.

Nella maggior parte dei casi l’ipertensione è stata adeguatamente controllata con un trattamento antipertensivo standard appropriato per la situazione individuale del paziente colpito. L’uso di diuretici per il trattamento dell’ipertensione non è consigliato nei pazienti sottoposti a regime chemioterapico a base di cisplatino. Equidacent deve essere interrotto in modo definitivo nel caso in cui l’ipertensione clinicamente significativa non possa essere adeguatamente controllata con una terapia antipertensiva o se il paziente manifesta crisi ipertensive o encefalopatia ipertensiva.

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (vedere paragrafo 4.8)

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Sono stati segnalati rari casi di pazienti trattati con bevacizumab che hanno manifestato segni e sintomi correlati alla PRES, una rara malattia neurologica che si può manifestare, tra gli altri, con i seguenti segni e sintomi: crisi convulsive, cefalea, alterazione dello stato mentale, disturbo visivo o cecità corticale, associati o meno a ipertensione. La diagnosi di PRES richiede la conferma mediante esami radiologici del cervello, preferibilmente imaging a risonanza magnetica (RMI). Nei pazienti che manifestano la PRES, si raccomanda il trattamento dei sintomi specifici incluso il controllo dell’ipertensione e l’interruzione di Equidacent. Non è nota la sicurezza associata alla ripresa della terapia con bevacizumab in pazienti che abbiano precedentemente manifestato la PRES.

Proteinuria (vedere paragrafo 4.8)

I pazienti con una storia di ipertensione possono avere un rischio maggiore di sviluppare proteinuria se trattati con bevacizumab. Alcuni dati indicano che la proteinuria di tutti i gradi (secondo i criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute degli USA [NCI-CTCAE v.3]) può essere correlata alla dose. Prima di iniziare la terapia e nel corso della stessa è raccomandabile effettuare un monitoraggio della proteinuria mediante analisi delle urine con strisce reattive. Proteinuria di Grado 4 (sindrome nefrosica) è stata osservata fino all’1,4% dei pazienti trattati con bevacizumab. Nei pazienti che sviluppano sindrome nefrosica (NCI-CTCAE v.3) la terapia deve essere interrotta in modo definitivo.

Tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.8)

Negli studi clinici, l’incidenza di reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi casi di ictus cerebrale (CVA), attacchi ischemici transitori (TIA) e infarti miocardici (IM), è stata superiore nei pazienti trattati con bevacizumab associato a chemioterapia rispetto ai pazienti sottoposti a chemioterapia da sola.

I pazienti trattati con chemioterapia insieme a bevacizumab, con una storia di tromboembolia arteriosa, diabete o con età superiore a 65 anni hanno un rischio maggiore di sviluppare reazioni tromboemboliche arteriose durante la terapia. È opportuno osservare una certa cautela nel trattare questi pazienti con Equidacent.

Nei pazienti che manifestano reazioni tromboemboliche arteriose, la terapia deve essere interrotta definitivamente.

Tromboembolia venosa (vedere paragrafo 4.8)

I pazienti in trattamento con bevacizumab possono presentare rischi di eventi tromboembolici venosi, inclusa embolia polmonare.

Le pazienti trattate con bevacizumab in associazione a paclitaxel e cisplatino per carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico possono essere esposte a un maggior rischio di eventi tromboembolici venosi.

Il trattamento con Equidacent deve essere interrotto nei pazienti con reazioni tromboemboliche potenzialmente fatali (Grado 4), inclusa embolia polmonare (NCI-CTCAE v.3). I pazienti con reazioni tromboemboliche di Grado < 3 devono essere tenuti sotto stretto controllo (NCI-CTCAE v. 3).

Emorragia

I pazienti trattati con bevacizumab hanno un rischio maggiore di emorragia, specialmente associata al tumore. La terapia con Equidacent deve essere interrotta definitivamente nei pazienti che manifestano un’emorragia di Grado 3 o 4 nel corso della terapia con bevacizumab (NCI-CTCAE v.3) (vedere paragrafo 4.8).

I pazienti con metastasi non pretrattate a livello del sistema nervoso centrale (SNC) sono stati regolarmente esclusi dagli studi clinici con bevacizumab sulla base degli esami radiologici o dei segni e sintomi. Di conseguenza, il rischio di emorragie a livello del SNC in questa categoria di pazienti non è stato valutato prospetticamente in studi clinici randomizzati (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono

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essere controllati per valutare la presenza di segni e sintomi di emorragie del SNC e il trattamento con Equidacent deve essere interrotto in caso di emorragia intracranica.

Non esistono dati sul profilo di sicurezza di bevacizumab nei pazienti con diatesi emorragica congenita, coagulopatia acquisita o nei pazienti trattati con anticoagulanti a dosaggio pieno per una tromboembolia prima dell’inizio della terapia con bevacizumab, poiché tali pazienti sono stati esclusi dagli studi clinici. È quindi necessario osservare una certa cautela prima di iniziare la terapia in questi pazienti. Comunque, i pazienti che sviluppano una trombosi venosa nel corso della terapia non sembrano essere soggetti a un rischio maggiore di emorragia di Grado 3 o superiore se trattati contemporaneamente con warfarin a dosaggio pieno e bevacizumab (NCI-CTCAE v. 3).

Emorragia polmonare/emottisi

I pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule, trattati con bevacizumab, possono essere a rischio di emorragie polmonari/emottisi gravi e, in alcuni casi, ad esito fatale. Pazienti con emorragie polmonari/emottisi di recente insorgenza (>2,5 mL di sangue rosso vivo) non devono essere trattati con bevacizumab.

Aneurismi e dissezioni arteriose

L’uso di inibitori del pathway del VEGF in pazienti con o senza ipertensione può favorire la formazione di aneurismi e/o dissezioni arteriose. Prima di iniziare il trattamento con Equidacent, questo rischio deve essere attentamente considerato in pazienti con fattori di rischio quali ipertensione o storia di aneurisma.

Insufficienza cardiaca congestizia (ICC) (vedere paragrafo 4.8)

Negli studi clinici sono state segnalate reazioni coerenti con una diagnosi di ICC. I sintomi riscontrati variavano dalla riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra alla ICC sintomatica che ha richiesto trattamento o ricovero. Si deve esercitare cautela durante il trattamento con bevacizumab di pazienti con malattia cardiovascolare clinicamente significativa come una preesistente coronaropatia cardiaca o una ICC.

La maggior parte dei pazienti che ha manifestato ICC aveva un cancro della mammella metastatico e aveva precedentemente ricevuto un trattamento con antracicline, una radioterapia alla parete toracica sinistra o presentava altri fattori di rischio per la ICC.

Nei pazienti dello studio AVF3694g, che hanno ricevuto un trattamento con antracicline e che non avevano ricevuto antracicline in precedenza, non è stato osservato alcun incremento dell’incidenza di ICC di tutti i Gradi nel gruppo trattato con bevacizumab + antracicline rispetto al trattamento con sole antracicline. L’insorgenza di ICC di Grado 3 o superiore è stata talvolta più frequente nei pazienti trattati con bevacizumab associato a chemioterapia rispetto ai pazienti che ricevevano la sola chemioterapia. Tale osservazione è in linea con i risultati osservati nei pazienti di altri studi condotti sul tumore della mammella metastatico che non avevano ricevuto un trattamento concomitante con antracicline (NCI-CTCAE v.3) (vedere paragrafo 4.8).

Neutropenia e infezioni (vedere paragrafo 4.8)

In pazienti trattati con regimi chemioterapici mielotossici insieme a bevacizumab, in confronto alla chemioterapia da sola, si sono osservati tassi più elevati di neutropenia severa, neutropenia febbrile o infezione associata o meno a neutropenia severa (incluse alcune ad esito fatale). Questo si è osservato soprattutto in associazione a terapie a base di platino o taxani nel trattamento del NSCLC, del mBC e in associazione a paclitaxel e topotecan nel carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico.

Reazioni di ipersensibilità/re­azioni all’infusione (vedere paragrafo 4.8)

I pazienti possono essere a rischio di sviluppare reazioni all’infusione/di ipersensibilità. Un’attenta osservazione del paziente durante e dopo la somministrazione di bevacizumab è raccomandata come previsto per qualsiasi infusione di anticorpo monoclonale umanizzato. Nel caso si presenti una

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reazione, l’infusione deve essere interrotta e deve essere somministrata la terapia medica appropriata. Una premedicazione sistematica non è giustificata.

Osteonecrosi della mandibola/mascella (ONM) (vedere paragrafo 4.8)

Casi di ONM sono stati segnalati in pazienti oncologici trattati con bevacizumab, la maggior parte dei quali aveva ricevuto precedentemente o contemporane­amente una terapia endovenosa con bifosfonati, per i quali l’ONM è un rischio noto. Si deve usare cautela quando si somministrano bevacizumab e bifosfonati per via endovenosa in maniera simultanea o sequenziale.

Anche le procedure odontoiatriche invasive sono state identificate come un fattore di rischio. Prima del trattamento con Equidacent devono essere considerati il ricorso a una visita odontoiatrica e un’appropriata prevenzione odontoiatrica. Se possibile, le procedure odontoiatriche invasive devono essere evitate in pazienti che hanno ricevuto precedentemente o che sono in trattamento con bifosfonati per via endovenosa.

Uso intravitreo

Equidacent non è formulato per l’uso intravitreo.

Patologie dell’occhio

In seguito all’uso intravitreo non approvato di bevacizumab costituito da flaconcini approvati per somministrazione endovenosa in pazienti oncologici, sono state segnalate gravi reazioni avverse oculari sia individuali che in gruppi di pazienti. Queste reazioni includono endoftalmite infettiva, infiammazione intraoculare come endoftalmite sterile, uveite, vitreite, distacco di retina, lacerazione epiteliale del pigmento retinico, pressione intraoculare aumentata, emorragie intraoculari come emorragia vitreale o emorragia retinica ed emorragia congiuntivale. Alcune di queste reazioni hanno portato a vari gradi di perdita della vista, inclusa cecità permanente.

Effetti sistemici a seguito dell’uso intravitreo

Una riduzione della concentrazione di VEGF in circolo è stata dimostrata in seguito a terapia intravitreale anti-VEGF. Sono state segnalate reazioni avverse di tipo sistemico quali emorragie non oculari e reazioni tromboemboliche arteriose in seguito ad iniezione intravitreale di inibitori di VEGF.

Insufficienza ovarica/fertilità

Bevacizumab può compromettere la fertilità femminile (vedere paragrafi 4.6 e 4.8). Pertanto, prima di iniziare un trattamento con bevacizumab, devono essere discusse con le pazienti potenzialmente fertili strategie terapeutiche per preservarne la fertilità.

Eccipienti con effetti noti

Sorbitolo

Questo medicinale contiene sorbitolo (E420). Ai pazienti con intolleranza ereditaria al fruttosio non deve essere somministrato questo medicinale.

4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Effetto degli agenti antineoplastici sulla farmacocinetica di bevacizumab

Sulla base dei risultati ottenuti da analisi farmacocinetiche di popolazione non sono state osservate interazioni clinicamente rilevanti della chemioterapia concomitante sulla farmacocinetica di bevacizumab. Non sono state rilevate né differenze statisticamente significative né differenze clinicamente rilevanti nella clearance di bevacizumab in pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in monoterapia rispetto a pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in associazione ad interferone alfa-2a, erlotinib o agenti chemioterapici (IFL, 5-FU/LV, carboplatino/pa­clitaxel, capecitabina, doxorubicina o cisplatino/gem­citabina).

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Effetto di bevacizumab sulla farmacocinetica di altri agenti antineoplastici

Non sono state osservate interazioni clinicamente rilevanti di bevacizumab sulla farmacocinetica di interferone alfa-2a, erlotinib (e del suo metabolita attivo OSI-420) o degli agenti chemioterapici irinotecan (e relativo metabolita attivo SN38), capecitabina, oxaliplatino (in base a quanto stabilito mediante misurazione del platino libero e totale) e cisplatino somministrati in concomitanza. Non è possibile trarre conclusioni sull’effetto esercitato da bevacizumab sulla farmacocinetica di gemcitabina.

Associazione di bevacizumab e sunitinib malato

In due studi clinici sul cancro a cellule renali metastatico, in 7 dei 19 pazienti trattati con l’associazione di bevacizumab (10 mg/kg ogni due settimane) e sunitinib malato (50 mg/die) è stata segnalata anemia emolitica microangiopatica (MAHA).

La MAHA è una malattia emolitica che si può presentare con frammentazione dei globuli rossi, anemia e trombocitopenia. Inoltre, in alcuni di questi pazienti sono stati osservati ipertensione (comprese crisi ipertensive), creatinina elevata e sintomi neurologici. Tutte queste manifestazioni sono risultate reversibili alla sospensione di bevacizumab e sunitinib malato (vedere Ipertensione, Proteinuria e PRES al paragrafo 4.4).

Associazione con terapie a base di platino o taxani (vedere paragrafi 4.4 e 4.8)

Percentuali maggiori di neutropenia severa, neutropenia febbrile o infezione associata o meno a neutropenia severa (incluse alcune ad esito fatale) si sono osservate soprattutto nei pazienti trattati con terapie a base di platino o taxani nel trattamento del NSCLC e del mBC.

Radioterapia

La sicurezza e l’efficacia della somministrazione concomitante di radioterapia e bevacizumab non sono state stabilite.

Anticorpi monoclonali antiEGFR, in associazione a regimi chemioterapici contenenti bevacizumab

Non sono stati effettuati studi di interazione. Anticorpi monoclonali anti EGFR non devono essere somministrati per il trattamento di mCRC in associazione a regimi chemioterapici contenenti bevacizumab. I risultati degli studi randomizzati di fase III, PACCE e CAIRO-2, nei pazienti con mCRC suggeriscono che l’uso di anticorpi monoclonali anti EGFR panitumumab e cetuximab rispettivamente in associazione a bevacizumab insieme a chemioterapia è associato a una riduzione della sopravvivenza libera da progressione (PFS) e/o della sopravvivenza globale (OS), e a tossicità maggiore rispetto a bevacizumab insieme a chemioterapia da sola.

4.6 fertilità, gravidanza e allattamento

Donne potenzialmente fertili

Le donne potenzialmente fertili devono usare misure contraccettive efficaci durante (e fino a 6 mesi dopo) il trattamento.

Gravidanza

I dati di studi clinici relativi all’uso di bevacizumab in donne in gravidanza non esistono. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva, incluse malformazioni (vedere paragrafo 5.3). È noto che le IgG attraversano la placenta ed è prevedibile che bevacizumab inibisca l’angiogenesi fetale, per cui si ritiene possa causare gravi anomalie congenite se somministrato durante la gravidanza. Dopo la commercializza­zione, sono stati osservati casi di anomalie fetali in donne trattate con bevacizumab in monoterapia o in associazione a noti chemioterapici embriotossici (vedere paragrafo 4.8). Equidacent è controindicato durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).

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Allattamento

Non è noto se bevacizumab sia escreto nel latte materno. Poiché le IgG materne vengono escrete nel latte e bevacizumab può danneggiare la crescita e lo sviluppo del bambino (vedere paragrafo 5.3), le donne devono interrompere l’allattamento durante la terapia ed evitare di allattare per almeno sei mesi dopo l’assunzione dell’ultima dose di bevacizumab.

Fertilità

Studi di tossicità a dose ripetuta sugli animali hanno mostrato che bevacizumab può avere un effetto avverso sulla fertilità femminile (vedere paragrafo 5.3). In uno studio di fase III sul trattamento adiuvante condotto su pazienti con carcinoma del colon, un’analisi parallela nelle pazienti in premenopausa ha evidenziato un’incidenza più elevata di nuovi casi di insufficienza ovarica nel gruppo trattato con bevacizumab rispetto al gruppo di controllo. La maggior parte delle pazienti ha recuperato la funzionalità ovarica dopo la sospensione del trattamento con bevacizumab. Non sono noti gli effetti a lungo termine del trattamento con bevacizumab sulla fertilità.

4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Bevacizumab non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. Tuttavia, con l’uso di bevacizumab, sono state segnalate sonnolenza e sincope (vedere tabella 1, paragrafo 4.8). Ai pazienti che manifestano sintomi che interessano la visione o concentrazione, o la capacità di reagire, deve essere consigliato di non guidare veicoli e di non usare macchinari fino alla scomparsa dei sintomi.

4.8 effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza

Il profilo di sicurezza globale di bevacizumab si basa sui dati raccolti nel corso di studi clinici effettuati su oltre 5.700 pazienti affetti da diversi tumori, trattati soprattutto con bevacizumab in associazione a chemioterapia.

Le reazioni avverse più gravi sono state le seguenti:

perforazione gastrointestinale (vedere paragrafo 4.4), emorragia, inclusa emorragia polmonare/emottisi, che è più comune nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (vedere paragrafo 4.4), tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.4).

Le reazioni avverse più frequentemente osservate negli studi clinici effettuati su pazienti trattati con bevacizumab sono state: ipertensione, stanchezza o astenia, diarrea e dolore addominale.

L’analisi dei dati di sicurezza clinica indica che l’insorgenza di ipertensione e proteinuria associate alla terapia con bevacizumab è probabilmente dose-dipendente.

Tabella delle reazioni avverse

Le reazioni avverse elencate in questa sezione ricadono nelle seguenti categorie di frequenza: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1.000, <1/100), raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Le tabelle 1 e 2 elencano le reazioni avverse associate all’impiego di bevacizumab in associazione a diversi regimi chemioterapici in indicazioni multiple.

La tabella 1 presenta tutte le reazioni avverse classificate in base alla frequenza la cui relazione causale con bevacizumab è stata determinata sulla base di:

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incidenze comparative individuate tra bracci di trattamento di studi clinici (con una differenza di almeno il 10% rispetto al braccio di controllo per le reazioni di Grado 1–5 secondo l’NCI-CTCAE o una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo per le reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE), studi di sicurezza post-autorizzazione, segnalazione spontanea, studi epidemiologici/non interventistici od osservazionali, o mediante una valutazione dei singoli casi.

La tabella 2 indica la frequenza delle reazioni avverse severe. Le reazioni severe sono definite come eventi avversi con una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo in studi clinici per le reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse che secondo il titolare dell’AIC sono considerate clinicamente significative o severe.

Le reazioni avverse post-commercializzazione sono incluse sia nella tabella 1 che nella tabella 2, ove applicabile. Informazioni dettagliate su queste reazioni post-commercializzazione sono riportate nella tabella 3.

Le reazioni avverse sono inserite nell’appropriata categoria di frequenza delle tabelle sottostanti in base all’incidenza più elevata osservata in qualsiasi indicazione.

Nell’ambito di ciascuna categoria di frequenza le reazioni avverse sono presentate in ordine di gravità decrescente.

Alcune delle reazioni avverse sono reazioni comunemente osservate con la chemioterapia; tuttavia bevacizumab può esacerbare queste reazioni quando associato ad agenti chemioterapici. Esempi includono eritrodisestesia palmo-plantare con doxorubicina liposomiale pegilata o capecitabina, neuropatia sensoriale periferica con paclitaxel o oxaliplatino, disturbi alle unghie o alopecia con paclitaxel, e paronichia con erlotinib.

Tabella 1. Reazioni avverse classificate in base alla frequenza

Classificazion e per sistemi e organi

Molto comune

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Frequenza non nota

Infezioni e infestazioni

Sepsi, Ascessob,d, Cellulite, Infezione, Infezione del tratto urinario

Fascite necrotizzant ea

Patologie del sistema emolinfopoieti co

Neutropenia febbrile, Leucopenia, Neutropeniab, Trombocitope nia

Anemia, Linfocitopenia

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Classificazion e per sistemi e organi

Molto comune

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Frequenza non nota

Disturbi del sistema immunitario

Ipersensibilità, Reazioni all’infusionea,b, d

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Anoressia, Ipomagnesiem ia Iponatremia

Disidratazione

Patologie del sistema nervoso

Neuropatia sensoriale perifericab, Disartria, Cefalea, Disgeusia

Accidente cerebrovascola re,

Sincope, Sonnolenza

Sindrome da encefalopati a posteriore reversibilea,b ,d

Encefalop atia ipertensiv aa

Patologie dell’occhio

Disturbo dell’occhio, Lacrimazione aumentata

Patologie cardiache

Insufficienza cardiaca congestiziab,d, Tachicardia sopraventricol are

Patologie vascolari

Ipertensioneb,d ,

Tromboembol ia (venosa)b,d

Tromboemboli a (arteriosa)b,d, Emorragiab,d, Trombosi venosa

Microangiopat ia trombotica renalea,b Aneurismi e dissezioni arteriose

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Dispnea, Rinite, Epistassi, Tosse

pErmofoornradgaia polmonare/ Emottisib,d, Embolia polmonare, Ipossia,

Ipertensione polmonarea, Perforazione del setto nasalea

Patologie gastrointestinal i

Emorragia rettale, Stomatite, Stipsi, Diarrea, Nausea, Vomito, Dolore addominale

PDeirsfo rnaizaiaone gastrointestinal eb,d, Perforazione intestinale, Ileo, Ostruzione intestinale, Fistole retto-vaginalid,e,

Ulcera gastrointestinal ea

e, Proctalgia 13

Classificazion e per sistemi e organi

Molto comune

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Frequenza non nota

Patologie epatobiliari

Perforazione della colecistia,b

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Complicazioni nella guarigione di feriteb,d, Dermatite esfoliativa, Pelle secca, Colorazione anormale della pelle

Eritrodisestesi a palmoplantare

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Artralgia, Mialgia

Fistolab,d, Debolezza muscolare, Dolore alla schiena

Osteonecrosi della mandibolaa,b, Osteonecrosi non mandibolarea,f

Patologie renali e urinarie

Proteinuriab,d

Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella

Insufficienza ovaricab,c,d

Dolore pelvico

Patologie congenite, familiari e genetiche

Anomalie fetalia,b

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazi one

Astenia, Spossatezza, Piressia, Dolore, Infiammazion e delle mucose

Letargia

Esami diagnostici

Peso diminuito

Quando gli eventi sono stati riscontrati in studi clinici come reazioni avverse al farmaco sia di qualsiasi grado sia di grado3–5, è stata segnalata la frequenza più alta osservata nei pazienti. I dati non sono aggiustati in base alla diversa durata del trattamento.

Per ulteriori informazioni fare riferimento alla tabella 3 “Reazioni avverse segnalate dopo la commercializza­zione”.

I termini rappresentano un insieme di eventi che descrivono un concetto medico piuttosto che una singola condizione oppure i termini preferiti MedDRA (Medical Dictionary for Regulatory Activities). Questo gruppo di termini medici può implicare la medesima fisiopatologia di base (ad es. le

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reazioni tromboemboliche arteriose includono l’accidente cerebrovascolare, l’infarto miocardico, l’attacco ischemico transitorio e altre reazioni tromboemboliche arteriose).

In base ad un sottostudio condotto su 295 pazienti dello studio NSABP C-08.

Per ulteriori informazioni fare riferimento al paragrafo successivo “Descrizione di reazioni avverse selezionate gravi”.

Le fistole retto-vaginali sono le fistole più comuni tra le fistole GI-vaginali.

Osservata solo nella popolazione pediatrica.

Tabella 2. Reazioni avverse severe classificate in base alla frequenza

Classificazione per sistemi e organi

Molto comune

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Frequenza non nota

Infezioni e infestazioni

Sepsi, Cellulite, Ascessoa,b, Infezione, Infezione delle vie urinarie

Fascite necrotizzantec

Patologie del sistema emolinfopoietic o

Neutropeni a febbrile, Leucopeni a, Neutropeni aa, Trombocit openia

Anemia, Linfocitopenia

Disturbi del sistema immunitario

Ipersensibilità, Reazioni all’infusionea,b,c

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Disidratazione , Iponatremia

Patologie del sistema nervoso

Neuropatia sensoriale periferica

Accidente cerebrovascol are, Sincope, Sonnolenza, Cefalea

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibilea,b,c, Encefalopatia ipertensivac

Patologie cardiache

Insufficienza cardiaca congestiziaa,b, Tachicardia sopraventricol are

Patologie vascolari

Ipertension a,b

e

Tromboemboli a arteriosaa,b, Emorragiaa,b, Tromboemboli a (venosa)a.b, Trombosi venosa profonda

Microangiopati a trombotica renaleb,c Aneurismi e dissezioni arteriose

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Classificazione per sistemi e organi

Molto comune

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Frequenza non nota

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Emorragia polmonare/ Emottisia,b, Embolia polmonare, Epistassi, Dispnea, Ipossia

Ipertensione polmonarec, Perforazione del setto nasalec

Patologie gastrointestinali

Diarrea, Nausea, Vomito, Dolore addominale

Perforazione intestinale, Ileo, Ostruzione intestinale, Fistole retto-vaginalic,d, Disturbo gastrointestina le, Stomatite, Proctalgia

Perforazione gastrointestinale a,b, Ulcera gastrointestinale c

,

Emorragia rettale

Patologie epatobiliari

Perforazione della colecistib,c

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Complicanze nella guarigione di feritea,b, Eritrodisestesi

a palmoplantare

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Fistolaa,b, Mialgia, Artralgia, Debolezza muscolare, Dolore alla schiena

Osteonecrosi della mandibola/ mascellab,c

Patologie renali e urinarie

Proteinuriaa,b

Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella

Dolore pelvico

Insufficienza ovaricaa,b

Patologie congenite, familiari e genetiche

Anomalie fetalia,c

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Astenia, Stanchezza

Dolore, Letargia, Infiammazion e delle mucose

La tabella 2 indica la frequenza delle reazioni avverse severe. Le reazioni severe sono definite come eventi avversi con una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo in studi clinici per le

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reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CT CAE. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse che secondo il titolare dell’AIC sono considerate clinicamente significative o severe. Tali reazioni avverse clinicamente significative sono state riportate in studi clinici, ma le reazioni di Grado 3–5 non hanno raggiunto la soglia di una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse clinicamente significative osservate solo nella fase postcommercia­lizzazione, quindi la frequenza e il grado secondo l’NCI-CT CAE non sono noti. Perciò tali reazioni clinicamente significative sono state inserite nella tabella 2 all’interno della colonna dal titolo “Frequenza non nota”.

a I termini rappresentano un insieme di eventi che descrivono un concetto medico piuttosto che una singola condizione oppure i termini preferiti MedDRA (Medical Dictionary for Regulatory Activities, dizionario medico per le attività di regolamentazione). Questo gruppo di termini medici può implicare la medesima patofisiologia sottostante (ad es. le reazioni tromboemboliche arteriose includono l’accidente cerebrovascolare, l’infarto miocardico, l’attacco ischemico transitorio e altre reazioni tromboemboliche arteriose).

b Per ulteriori informazioni fare riferimento al paragrafo seguente “Descrizione di reazioni avverse selezionate gravi”.

c Per ulteriori informazioni fare riferimento alla tabella 3 “Reazioni avverse segnalate dopo la commercializza­zione” U

d Le fistole retto-vaginali sono le fistole più comuni tra le fistole vagino-GI.

Descrizione di reazioni avverse selezionate gravi

Perforazioni e fistole gastrointestinali (GI) (vedere paragrafo 4.4)

La terapia con bevacizumab è stata associata a gravi episodi di perforazione gastrointestinale.

Perforazioni gastrointestinali sono state segnalate negli studi clinici con un’incidenza inferiore all’1% nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule non-squamoso, fino al 1,3% nei pazienti con cancro della mammella metastatico, fino al 2,0% nei pazienti con cancro a cellule renali metastatico o nelle pazienti con cancro epiteliale dell’ ovaio e fino al 2,7% (compresi fistola gastrointestinale e ascesso) nei pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico. In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate perforazioni GI (di ogni grado) nel 3,2% delle pazienti, tutte precedentemente sottoposte a irradiazione pelvica.

La tipologia e la severità con cui si sono manifestati questi eventi sono state varie: dalla presenza di aria libera rilevata mediante radiografia addominale diretta, risoltasi senza alcun trattamento, alla perforazione intestinale con ascesso addominale ed esito fatale. In alcuni casi era presente una sottostante infiammazione addominale dovuta a ulcera gastrica, necrosi tumorale, diverticolite o colite associata alla chemioterapia.

Circa un terzo dei casi gravi di perforazione gastrointestinale ha avuto esito fatale. Tale dato rappresenta lo 0,2%-1% di tutti i pazienti trattati con bevacizumab.

Negli studi clinici condotti con bevacizumab sono state segnalate fistole gastrointestinali (di ogni grado) con un’incidenza massima del 2% nei pazienti affetti da cancro epiteliale dell’ovaio e carcinoma metastatico colorettale. Tali fistole sono state tuttavia segnalate meno comunemente nei pazienti affetti da altre forme tumorali.

Fistole GI-vaginali nello studio GOG-0240

In uno studio condotto su pazienti con carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico, l’incidenza di fistole GI-vaginali è risultata pari all’8,3% nelle pazienti trattate con bevacizumab e allo 0,9% nelle pazienti del braccio di controllo, tutte precedentemente sottoposte a irradiazione pelvica. La frequenza di fistole GI-vaginali nel gruppo trattato con bevacizumab + chemioterapia è stata più alta nelle pazienti con recidiva in zone precedentemente sottoposte a irradiazione (16,7%) rispetto alle pazienti non precedentemente irradiate e/o senza recidiva nelle zone sottoposte a precedente irradiazione (3,6%). Le corrispondenti frequenze nel gruppo di controllo trattato solo con chemioterapia sono state rispettivamente

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di 1,1% e 0,8%. Le pazienti che sviluppano fistole GI-vaginali possono inoltre manifestare occlusione intestinale e necessitare di intervento chirurgico e stomie di diversione.

Fistole non GI (vedere paragrafo 4.4)

La terapia con bevacizumab è stata associata a gravi episodi di fistole, alcuni dei quali ad esito fatale.

In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (GOG-240), sono state segnalate fistole non gastrointestinali a carico di vagina, vescica o apparato genitale femminile nell’1,8% delle pazienti trattate con bevacizumab e nell’1,4% delle pazienti del braccio di controllo.

Manifestazioni non comuni (≥0,1%, <1%) di fistole interessanti aree del corpo diverse dal tratto gastrointestinale (ad esempio fistole broncopleuriche e biliari) sono state osservate nelle varie indicazioni. Sono state segnalate fistole anche nell’esperienza post-commercializza­zione.

Le reazioni sono state segnalate in vari momenti nel corso della terapia, variando da una settimana a più di 1 anno dall’inizio del trattamento con bevacizumab, con la maggior parte delle reazioni verificatesi entro i primi 6 mesi di terapia.

Processo di cicatrizzazione (vedere paragrafo 4.4)

Poiché la terapia con bevacizumab può influire negativamente sul processo di cicatrizzazione, i pazienti sottoposti a chirurgia maggiore nei 28 giorni precedenti sono stati esclusi dagli studi di fase III.

Negli studi clinici sul carcinoma metastatico del colon o del retto non si è evidenziato un rischio maggiore di emorragia postoperatoria o di complicanze nel processo di cicatrizzazione in pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico maggiore 28 – 60 giorni prima dell’inizio della terapia con bevacizumab.

Un’aumentata incidenza di emorragia postoperatoria o di complicanze nel processo di cicatrizzazione verificatesi entro 60 giorni da un intervento chirurgico maggiore è stata osservata nei pazienti trattati con bevacizumab al momento dell’intervento chirurgico. L’incidenza variava tra il 10% (4/40) e il 20% (3/15).

Sono state segnalate gravi complicazioni nella guarigione delle ferite, comprese complicanze anastomotiche, alcune delle quali hanno avuto esito fatale.

Negli studi sul cancro della mammella metastatico o localmente ricorrente, complicazioni del processo di cicatrizzazione di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino all’1,1% dei pazienti trattati con bevacizumab rispetto a una percentuale fino allo 0,9% dei pazienti dei bracci di controllo (NCI-CTCAE v.3).

Negli studi clinici sul carcinoma all’ovaio complicazioni del processo di cicatrizzazione di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino all’1,8% delle pazienti del braccio trattato con bevacizumab rispetto allo 0,1% del braccio di controllo (NCI-CTCAE v.3).

Ipertensione (vedere paragrafo 4.4)

Negli studi clinici, fatta salva la sperimentazione JO25567, l’incidenza complessiva dell’ipertensione (di tutti i gradi) è stata al massimo del 42,1% nei bracci trattati con bevacizumab rispetto a un massimo del 14% nei bracci di controllo. L’incidenza complessiva dell’ipertensione di Grado 3 e 4 secondo i criteri NCI-CTC è stata dello 0,4%-17,9% nei pazienti trattati con bevacizumab. L’ipertensione di Grado 4 (crisi ipertensiva) si è manifestata in un massimo dell’1,0% dei pazienti trattati con bevacizumab e chemioterapia rispetto ad un massimo di 0,2% dei pazienti trattati con la stessa chemioterapia da sola.

Nello studio JO25567 è stata osservata ipertensione di tutti i gradi nel 77,3% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a erlotinib in prima linea per il NSCLC non squamoso con mutazioni attivanti dell’EGFR, contro il 14,3% dei soggetti a cui è stato somministrato erlotinib in monoterapia.

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È stata riscontrata ipertensione di Grado 3 nel 60% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a erlotinib rispetto all’11,7% dei soggetti a cui è stato somministrato erlotinib in monoterapia. Non sono stati osservati eventi ipertensivi di Grado 4 o 5.

Generalmente l’ipertensione è stata adeguatamente controllata con anti-ipertensivi orali, quali inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, diuretici e calcio-antagonisti. Tale evento ha determinato in rari casi l’interruzione del trattamento con bevacizumab o il ricovero.

Sono stati segnalati casi molto rari di encefalopatia ipertensiva, alcuni dei quali sono stati fatali.

Il rischio di ipertensione associata alla terapia con bevacizumab non è risultato correlato alle caratteristiche basali dei pazienti, alla patologia sottostante o alle terapie concomitanti.

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (vedere paragrafo 4.4)

In rari casi durante il trattamento dei pazienti con bevacizumab sono stati riferiti segni e sintomi correlati alla PRES, una rara malattia neurologica. Le manifestazioni possono includere crisi convulsive, cefalea, alterazione dello stato mentale, disturbi visivi o cecità corticale, con o senza ipertensione associata. La manifestazione clinica della PRES è spesso aspecifica quindi la diagnosi di PRES richiede conferma mediante immagini del cervello, preferibilmente risonanza magnetica (RM).

Nei pazienti con sospetto di PRES, è raccomandato il riconoscimento precoce dei sintomi specifici ed il loro trattamento, incluso il controllo dell’ipertensione (se associata a ipertensione non controllata severa), oltre all'interruzione della terapia con bevacizumab. I sintomi di solito si risolvono o migliorano entro qualche giorno dall’interruzione del trattamento, anche se alcuni pazienti hanno sperimentato sequele neurologiche. La sicurezza associata alla ripresa della terapia con bevacizumab in pazienti che hanno precedentemente manifestato PRES non è nota.

Sono stati segnalati otto casi di PRES tra tutti gli studi clinici. Due casi su otto non hanno avuto conferma radiologica tramite RM.

Proteinuria (vedere paragrafo 4.4)

Negli studi clinici la proteinuria è stata riscontrata in una percentuale compresa tra lo 0,7% e il 54,7% dei pazienti trattati con bevacizumab.

La proteinuria si è manifestata con una severità che variava da una proteinuria clinicamente asintomatica, transitoria e in tracce, ad una sindrome nefrosica; nella maggior parte dei casi si è trattato di proteinuria di Grado 1 (NCI-CTCAE v.3). La proteinuria di Grado 3 è stata segnalata in una percentuale fino al 10,9% dei pazienti trattati. La proteinuria di Grado 4 (sindrome nefrosica) è stata osservata in un massimo dell’1,4% dei pazienti trattati. Si raccomanda di controllare la proteinuria prima di iniziare la terapia con Equidacent. In molti studi clinici, livelli di proteinuria ≥2 g/24 h hanno portato alla sospensione di bevacizumab fino all’abbassamento del livello al di sotto di 2 g/24 h.

Emorragia (vedere paragrafo 4.4)

Negli studi clinici per tutte le indicazioni, l’incidenza globale delle reazioni emorragiche di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE v.3 è variata dallo 0,4% al 6,9%, in pazienti trattati con bevacizumab rispetto a un massimo del 4,5% dei pazienti nel gruppo di controllo con chemioterapia.

In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate reazioni emorragiche di grado 3–5 in una percentuale massima pari all’8,3% delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione a paclitaxel e topotecan rispetto a un massimo del 4,6% delle pazienti trattate con paclitaxel e topotecan.

Le reazioni emorragiche osservate negli studi clinici sono state prevalentemente emorragia associata al tumore (vedere sotto) ed emorragia mucocutanea minore (ad esempio, epistassi).

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Emorragia associata al tumore (vedere paragrafo 4.4)

Emorragia polmonare/emottisi massiva o importante è stata osservata principalmente in studi su pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule (NSCLC). I possibili fattori di rischio comprendono: istologia a cellule squamose, trattamento con sostanze antireumatiche/an­tinfiammatori­e, trattamento con anticoagulanti, precedente radioterapia, terapia con bevacizumab, anamnesi positiva per aterosclerosi, localizzazione centrale del tumore e cavitazione del tumore prima o durante la terapia. Le uniche variabili che hanno dimostrato correlazioni statisticamente significative con il sanguinamento sono state la terapia con bevacizumab e l’istologia a cellule squamose. I pazienti con NSCLC con confermata istologia a cellule squamose o mista con predominanza di cellule squamose sono stati esclusi dagli studi successivi di fase III, mentre sono stati inclusi i pazienti con istologia tumorale sconosciuta.

Nei pazienti con NSCLC, ad esclusione di quelli con istologia a predominanza di cellule squamose, sono state osservate reazioni di tutti i Gradi, con una frequenza fino al 9,3% quando trattati con bevacizumab e chemioterapia, rispetto a un massimo del 5% dei pazienti trattati con sola chemioterapia. Reazioni di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino al 2,3% dei pazienti trattati con bevacizumab e chemioterapia rispetto a <1% con sola chemioterapia (NCI-CTCAE v.3). L’emorragia polmonare/emottisi importante o massiva può verificarsi improvvisamente; fino a due terzi delle emorragie polmonari gravi hanno avuto esito fatale.

Emorragie gastrointestinali, tra cui sanguinamento rettale e melena, sono state segnalate in pazienti con carcinoma colorettale e sono state valutate come emorragie associate al tumore.

Emorragia associata al tumore è stata raramente osservata anche in tumori di altro tipo e di altra localizzazione, inclusi casi di emorragia nel sistema nervoso centrale (SNC) in pazienti con metastasi a livello del SNC (vedere paragrafo 4.4).

L’incidenza di emorragie a livello del SNC in pazienti con metastasi non pretrattate del SNC e che ricevono bevacizumab non è stata valutata prospetticamente in studi clinici randomizzati. In un’analisi retrospettiva esplorativa dei dati di 13 studi randomizzati completati in pazienti con diverse tipologie di tumore, 3 pazienti su 91 (3,3%) con metastasi cerebrali hanno avuto emorragie del SNC (tutte di Grado 4) quando trattati con bevacizumab, rispetto ad 1 caso (di Grado 5) su 96 pazienti (1%) che non erano stati esposti a bevacizumab. In due studi successivi in pazienti con metastasi cerebrali pretrattate (che hanno coinvolto circa 800 pazienti), un caso di emorragia a livello del SNC di Grado 2 si è verificato su 83 pazienti trattati con bevacizumab (1,2%) al momento dell’analisi di sicurezza ad interim (NCI-CTCAE v.3).

In tutti gli studi clinici un’emorragia mucocutanea è stata osservata in una percentuale fino al 50% dei pazienti trattati con bevacizumab. Nella maggior parte dei casi si è trattato di epistassi di Grado 1 secondo l’NCI-CTCAE v.3, di durata inferiore a 5 minuti e risoltasi senza intervento medico e senza la necessità di variare lo schema posologico di bevacizumab. I dati sulla sicurezza clinica suggeriscono che l'incidenza delle emorragie mucocutanee minori (ad es. epistassi) possa essere dose-dipendente.

Sono state inoltre registrate, reazioni meno frequenti di emorragia mucocutanea minore in altri siti, come ad esempio sanguinamento gengivale o vaginale.

Tromboembolia (vedere paragrafo 4.4)

Tromboembolia arteriosa : è stata osservata in pazienti trattati con bevacizumab per tutte le indicazioni un’aumentata incidenza di reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi accidenti cerebrovascolari, infarto miocardico, attacchi ischemici transitori e altre reazioni tromboemboliche arteriose.

Negli studi clinici, l’incidenza globale delle reazioni tromboemboliche arteriose raggiungeva il 3,8% nei bracci con bevacizumab rispetto ad un massimo del 2,1% nei bracci di controllo con chemioterapia. Eventi ad esito fatale sono stati segnalati nello 0,8% dei pazienti trattati con bevacizumab in confronto allo 0,5% dei pazienti trattati con chemioterapia da sola. Accidenti cerebrovascolari (inclusi attacchi ischemici

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transitori) sono stati segnalati in un massimo del 2,7% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a un massimo dello 0,5% dei pazienti trattati con sola chemioterapia. L’infarto miocardico è stato osservato in un massimo dell’1,4% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a un massimo dello 0,7% dei pazienti trattati con sola chemioterapia.

In uno studio clinico che ha valutato bevacizumab in associazione a 5-fluorouracile/acido folinico, AVF2192g, sono stati inclusi pazienti con carcinoma colorettale metastatico che non erano candidati al trattamento con irinotecan. In questo studio le reazioni tromboemboliche arteriose sono state osservate nell’11% (11/100) dei pazienti rispetto al 5,8% (6/104) del gruppo di controllo con chemioterapia.

Tromboembolia venosa: negli studi clinici, l’incidenza delle reazioni tromboemboliche venose è stata simile nei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a quelli trattati con chemioterapia di controllo da sola. Le reazioni tromboemboliche venose includono trombosi venosa profonda, embolia polmonare e tromboflebite.

Negli studi clinici per tutte le indicazioni, l’incidenza globale delle reazioni tromboemboliche venose variava dal 2,8% al 17,3% dei pazienti trattati con bevacizumab in confronto al 3,2%-15,6% dei bracci di controllo.

Reazioni tromboemboliche venose di Grado 3–5 (NCI-CTCAE v. 3) sono state riferite fino ad un massimo del 7,8% dei pazienti trattati con chemioterapia più bevacizumab rispetto a un massimo del 4,9% dei pazienti trattati solo con chemioterapia (nelle diverse indicazioni, ad esclusione del carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico).

In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono stati segnalati eventi tromboembolici venosi di grado 3–5 in un massimo del 15,6% delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione a paclitaxel e cisplatino rispetto a un massimo del 7,0% delle pazienti trattate con paclitaxel e cisplatino.

I pazienti che hanno manifestato una reazione tromboembolica venosa possono essere a maggior rischio di recidiva se ricevono bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto alla chemioterapia da sola.

Insufficienza cardiaca congestizia (ICC)

Negli studi clinici con bevacizumab, l’insufficienza cardiaca congestizia (ICC) si è verificata in tutte le indicazioni tumorali studiate sinora, ma si è manifestata principalmente in pazienti con cancro della mammella metastatico. Nei quattro studi di fase III (AVF2119g, E2100, BO17708 e AVF3694g) in pazienti con cancro della mammella metastatico è stata segnalata ICC di Grado 3 (NCI-CTCAE v. 3) o superiore con un’incidenza fino al 3,5% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a un massimo di 0,9% nei bracci di controllo. Per i pazienti inclusi nello studio AVF3694g trattati con antracicline in concomitanza con bevacizumab, l’incidenza di ICC di Grado 3 o superiore per i rispettivi bracci con bevacizumab e di controllo è risultata simile a quella osservata in altri studi condotti sul tumore della mammella metastatico: 2,9% nel braccio trattato con antracicline + bevacizumab e 0% nel braccio trattato con antracicline + placebo. Inoltre, nello studio AVF3694g l’incidenza osservata di ICC di qualunque Grado è stata simile per il braccio trattato con antracicline + bevacizumab (6,2%) e per il braccio trattato con antracicline + placebo (6,0%).

La maggior parte dei pazienti che ha sviluppato ICC durante gli studi clinici nel mBC ha mostrato un miglioramento dei sintomi e/o della funzione ventricolare sinistra dopo terapia medica appropriata.

Nella maggioranza degli studi clinici con bevacizumab, pazienti con pre-esistente ICC di stadio II-IV secondo la NYHA (New York Heart Association) sono stati esclusi e pertanto non sono disponibili informazioni sul rischio di ICC in questa popolazione.

La precedente esposizione ad antracicline e/o precedente radioterapia alla parete toracica possono rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di ICC.

21

Si è osservato un aumento dell’incidenza di ICC in uno studio clinico condotto su pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B quando trattati con bevacizumab in associazione a una dose cumulativa di doxorubicina superiore a 300 mg/m2. Tale studio di fase III aveva l’obiettivo di confrontare rituximab/ciclo­fosfamide/doxo­rubicina/vincris­tina/predniso­ne (R-CHOP) in associazione a bevacizumab con R-CHOP senza bevacizumab. Mentre l’incidenza di ICC è stata, in entrambi i bracci di studio, superiore a quella precedentemente osservata per doxorubicina, la percentuale è stata superiore nel braccio trattato con R-CHOP e bevacizumab. Questi risultati suggeriscono che si deve prendere in considerazione un’attenta osservazione clinica con appropriata valutazione cardiologica, nei pazienti esposti a dosi cumulative di doxorubicina superiori a 300 mg/m2 quando sono in associazione a bevacizumab.

Reazioni di ipersensibilità/re­azioni all’infusione (vedere paragrafo 4.4 e Esperienza post commercializza­zione sotto )

In alcuni studi clinici sono state segnalate reazioni anafilattiche o tipo anafilattoide più frequenti in pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a quelli con sola chemioterapia. L’incidenza di queste reazioni in alcuni studi clinici con bevacizumab è comune (fino al 5% dei pazienti trattati con bevacizumab).

Infezioni

In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate infezioni di grado 3–5 in un massimo del 24% delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione a paclitaxel e topotecan contro un massimo del 13% delle pazienti trattate con paclitaxel e topotecan.

Insufficienza ovarica/fertilità (vedere paragrafi 4.4 e 4.6)

Nello studio di fase III NSABP C-08 con bevacizumab nel trattamento adiuvante condotto in pazienti affette da carcinoma del colon, l’incidenza di nuovi casi di insufficienza ovarica, definita come amenorrea della durata di 3 mesi o più, con livelli ematici di FSH ≥30 mUI/mL e negatività per il test di gravidanza su β-HCG sierica, è stata analizzata su 295 donne in premenopausa. Nuovi casi di insufficienza ovarica sono stati segnalati nel 2,6% delle pazienti trattate con mFOLFOX-6 rispetto al 39% del gruppo di pazienti trattate con mFOLFOX-6 + bevacizumab. Al temine del trattamento con bevacizumab, la funzionalità ovarica è ripresa nell’86,2% delle pazienti valutate. Non sono noti gli effetti a lungo termine di bevacizumab sulla fertilità.

Alterazioni dei parametri di laboratorio

Al trattamento con Equidacent possono essere associate una riduzione della conta dei neutrofili e dei leucociti, e la presenza di proteine nelle urine.

In tutti gli studi clinici, nei pazienti trattati con bevacizumab si sono manifestate le seguenti alterazioni di Grado 3 e 4 (NCI-CTCAE v.3) nei parametri di laboratorio, con una differenza almeno del 2% rispetto ai corrispondenti gruppi di controllo: iperglicemia, riduzione dell’emoglobina, ipokaliemia, iponatremia, riduzione della conta dei leucociti, aumento del rapporto normalizzato internazionale (IN­R).

Studi clinici hanno dimostrato che aumenti transitori della creatinina sierica (compresi tra 1,5–1,9 volte rispetto al livello basale), con e senza proteinuria, sono associati all’uso di bevacizumab. L’aumento della creatinina sierica osservato non è stato associato ad una maggiore incidenza di manifestazioni cliniche di danno renale nei pazienti trattati con bevacizumab.

Altre popolazioni speciali

Pazienti anziani

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In studi clinici randomizzati, un’età >65 anni è stata associata ad un aumento del rischio di sviluppare reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi accidenti cerebrovascolari, attacchi ischemici transitori e infarto miocardico. Altre reazioni rilevate con frequenza maggiore nei pazienti di età >65 anni sono state: leucopenia e trombocitopenia di Grado 3–4 (NCI-CTCAE v.3), neutropenia, diarrea, nausea, cefalea e stanchezza di ogni Grado rispetto ai pazienti di età ≤65 anni trattati con bevacizumab (vedere paragrafi 4.4 e 4.8 alla voce Tromboembolia ). In uno studio clinico l’incidenza di ipertensione di grado ≥3 è stata due volte maggiore nei pazienti di età >65 anni rispetto al gruppo di età più giovane (< 65 anni). In uno studio su pazienti con recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio platino-resistente sono state segnalate alopecia, infiammazione delle mucose, neuropatia sensoriale periferica, proteinuria e ipertensione, le quali si sono verificate nel braccio CT + BV con un tasso superiore di almeno il 5% nei pazienti di età ≥65 anni trattati con bevacizumab rispetto ai pazienti di età <65 anni trattati con bevacizumab.

Nei pazienti anziani (>65 anni) trattati con bevacizumab non è stata rilevata una maggiore incidenza di altre reazioni, incluse perforazione gastrointestinale, complicanze nel processo di cicatrizzazione, ICC ed emorragia, rispetto ai pazienti di età ≤65 anni trattati con bevacizumab.

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini e adolescenti di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite.

Nello studio BO25041 condotto con bevacizumab in aggiunta a radioterapia (RT) post-operatoria associata a temozolomide concomitante e adiuvante nei pazienti pediatrici affetti da glioma di alto grado di nuova diagnosi sovratentoriale, infratentoriale, cerebellare o peduncolare, il profilo di sicurezza è risultato paragonabile a quello osservato in altre forme tumorali in adulti trattati con bevacizumab.

Nello studio BO20924 condotto con bevacizumab in associazione all’attuale terapia standard sul sarcoma metastatico dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma, il profilo di sicurezza di bevacizumab nei bambini trattati è risultato sovrapponibile a quello osservato negli adulti a cui è stato somministrato il medesimo medicinale.

L’uso di Equidacent non è autorizzato in pazienti di età inferiore a 18 anni. Nei report pubblicati in letteratura sono stati osservati casi di osteonecrosi non mandibolare in pazienti di età inferiore a 18 anni trattati con bevacizumab.

Esperienza post- commercializza­zione

Tabella 3. Reazioni avverse segnalate dopo la commercializza­zione

Classificazione per sistemi e organi (SOC)

Reazioni (frequenza*)

Infezioni e infestazioni

Fascite necrotizzante, di solito determinata da complicazioni nella guarigione delle ferite, perforazione gastrointestinale o formazione di fistole (rara) (vedere anche paragrafo 4.4)

Patologie del sistema immunitario

Reazioni di ipersensibilità e reazioni all’infusione (non nota); con le seguenti possibili manifestazioni concomitanti: dispnea/respi­razione difficoltosa, rossore/arros­samento/eruzi­one cutanea, ipotensione o ipertensione, desaturazione dell’ossigeno, dolore toracico, brividi febbrili e nausea/vomito (vedere anche paragrafo 4.4 e Reazioni di ipersensibilità/re­azioni all’infusione)

Patologie del sistema nervoso

Encefalopatia ipertensiva (molto rara) (vedere anche paragrafo 4.4 e

Ipertensione al paragrafo 4.8)

Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (rara) (vedere anche paragrafo 4.4)

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Classificazione per sistemi e organi (SOC)

Reazioni (frequenza*)

Patologie vascolari

Microangiopatia trombotica renale, che può manifestarsi clinicamente con proteinuria (non nota) con o senza l’uso concomitante di sunitinib. Per ulteriori informazioni sulla proteinuria vedere paragrafo 4.4 e Proteinuria al paragrafo 4.8.

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Perforazione del setto nasale (non nota) Ipertensione polmonare (non nota) Disfonia (comune)

Patologie gastrointestinali

Ulcera gastrointestinale (non nota)

Patologie epatobiliari

Perforazione della colecisti (non nota)

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Casi di osteonecrosi della mandibola/mascella (ONM) sono stati segnalati in pazienti trattati con bevacizumab, la maggior parte dei quali si è verificata in pazienti con fattori di rischio noti per l’osteonecrosi, in particolare esposizione a somministrazione endovenosa di bifosfonati e/o anamnesi di patologie odontoiatriche che richiedono il ricorso a procedure odontoiatriche invasive (vedere anche paragrafo 4.4)

Casi di osteonecrosi non mandibolare sono stati osservati in pazienti pediatrici trattati con bevacizumab (vedere paragrafo 4.8, popolazione pediatrica)

Patologie congenite, familiari e genetiche

Sono stati osservati casi di anomalie fetali in donne trattate con bevacizumab in monoterapia o in associazione a noti chemioterapici embrio tossici (vedere paragrafo 4.6).

* Se specificata, la frequenza è stata tratta dai dati degli studi clinici

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicin ale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell’allegato V.

4.9 sovradosaggio

La dose più alta valutata nell'uomo (20 mg/kg di peso corporeo per via endovenosa ogni 2 settimane) è stata associata in molti pazienti ad una forma severa di emicrania.

5. proprietà farmacologiche

5.1 proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici e immunomodulatori, agenti antineoplastici, altri agenti antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01X C07.

Equidacent è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali:.

Meccanismo d’azione

Bevacizumab, legandosi al fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari (VEGF), promotore chiave della vasculogenesi e dell’angiogenesi, impedisce a VEGF di legarsi ai suoi recettori, Flt-1 (VEGFR-1) e KDR (VEGFR-2), sulla superficie delle cellule endoteliali. Il blocco dell’attività biologica del VEGF fa regredire la vascolarizzazione dei tumori, normalizza la vascolarizzazione

24

tumorale residua e inibisce la formazione di nuova vascolarizzazione, impedendo perciò la crescita tumorale.

Effetti farmacodinamici

La somministrazione di bevacizumab o del suo corrispondente anticorpo murino in modelli di xenotrapianto di tumore in topi nudi ha dimostrato un’ampia attività antitumorale in tumori umani, inclusi quelli di colon, mammella, pancreas e prostata. La progressione della malattia metastatica è stata bloccata e la permeabilità microvascolare ridotta.

Efficacia clinica

Carcinoma metastatico del colon o del retto (mCRC)

La sicurezza e l’efficacia della dose raccomandata (5 mg/kg di peso corporeo ogni due settimane) nel carcinoma metastatico del colon o del retto sono state studiate in tre studi clinici randomizzati con controllo attivo, in associazione a una chemioterapia in prima linea a base di fluoropirimidine. Bevacizumab è stato associato a due regimi chemioterapici:

Studio AVF2107g: somministrazione settimanale di irinotecan/bolo di 5-fluorouracile/acido folinico (IFL) per un totale di 4 settimane di ciascun ciclo da 6 settimane (regime Saltz). Studio AVF0780g: in associazione a 5-fluorouracile/acido folinico (5-FU/AF) in bolo per un totale di 6 settimane di ciascun ciclo da 8 settimane (regime Roswell Park). Studio AVF2192g: in associazione a 5-FU/AF in bolo per un totale di 6 settimane di ciascun ciclo da 8 settimane (regime Roswell Park) nei pazienti ritenuti candidati non ottimali per il trattamento in prima linea con irinotecan.

Sono stati condotti tre ulteriori studi con bevacizumab in pazienti con mCRC: in prima linea (NO16966), in seconda linea in pazienti che non avevano ricevuto nessun trattamento precedente con bevacizumab (E3200) e in seconda linea in pazienti precedentemente trattati con bevacizumab in prima linea che erano andati incontro a progressione della malattia (ML18147). In questi studi bevacizumab è stato somministrato in associazione a FOLFOX-4 (5-FU/LV/oxalipla­tino), XELOX (capecitabina/o­xaliplatino) e fluoropirimidi­na/irinotecan o fluoropirimi­dina/oxalipla­tino, secondo i seguenti regimi posologici:

NO16966: bevacizumab 7,5 mg/kg di peso corporeo ogni 3 settimane in associazione a

capecitabina orale e oxaliplatino endovenoso (XELOX) o bevacizumab 5 mg/kg ogni 2 settimane in associazione a leucovorin più 5-fluorouracile in bolo, seguiti da infusione di 5-fluorouracile, con oxaliplatino endovenoso (FOLFOX-4).

E3200: bevacizumab 10 mg/kg di peso corporeo ogni 2 settimane in associazione a leucovorin e

5-fluorouracile in bolo, seguiti da infusione di 5-fluorouracile con oxaliplatino endovenoso (FOLFOX-4) in pazienti non precedentemente trattati con bevacizumab.

ML18147: bevacizumab 5,0 mg/kg di peso corporeo ogni 2 settimane o bevacizumab 7,5 mg/kg

di peso corporeo ogni 3 settimane in associazione a fluoropirimidi­na/irinotecan o fluoropirimi­dina/oxalipla­tino in pazienti con progressione della malattia in seguito al trattamento di prima linea con bevacizumab. L’impiego di uno schema terapeutico contenente irinotecan od oxaliplatino è stato cambiato a seconda dell’uso di prima linea di oxaliplatino o irinotecan.

AVF2107g

Questo studio clinico randomizzato, di fase III, effettuato in doppio cieco e con controllo attivo, ha valutato l’associazione di bevacizumab a IFL nel trattamento in prima linea del carcinoma metastatico del colon o del retto. Ottocentotredici pazienti sono stati randomizzati a ricevere IFL + placebo (braccio 1) oppure IFL + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane, braccio 2). Un terzo gruppo di 110 pazienti ha ricevuto 5-FU/AF in bolo + bevacizumab (braccio 3). L’arruolamento nel braccio 3 è stato interrotto, come previsto, una volta stabilita e ritenuta accettabile la sicurezza di bevacizumab in associazione al regime IFL. Tutti i trattamenti sono proseguiti fino alla progressione della malattia. L’età media complessiva era di 59,4 anni; il 56,6% dei pazienti presentava un performance sta­tus

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ECOG pari a 0, il 43% aveva un livello pari a 1 e lo 0,4% un livello pari a 2. Il 15,5% era stato sottoposto a precedente radioterapia e il 28,4% a precedente chemioterapia.

La sopravvivenza globale ha costituito l’obiettivo primario per la valutazione dell’efficacia nello studio. L’aggiunta di bevacizumab al regime IFL ha determinato incrementi statisticamente significativi della sopravvivenza globale, sopravvivenza libera da progressione e tasso di risposta globale (vedere tabella 4). Il beneficio clinico, misurato in termini di sopravvivenza globale, è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti pre-specificati, inclusi quelli definiti in base ad età, sesso, performance status , sede del tumore primario, numero di organi coinvolti e durata della malattia metastatica.

I risultati relativi all’efficacia di bevacizumab in associazione a chemioterapia con IFL sono illustrati nella tabella 4.

Tabella 4. Risultati di efficacia emersi nello studio AVF2107g

AV

F2107g

Braccio 1

IFL + placebo

Braccio 2 IFL + bevacizumaba

Numero di pazienti

411

402

Sopravvivenza globale

Tempo mediano (mesi)

15.6

20.3

IC al 95%

14,29–16,99

18,46–24,18

Hazard ratiob

0,660

(valore p = 0,00004)

Sopravvivenza libera da progressione

Tempo mediano (mesi)

6,2

10,6

Hazard ratio

0,54 (valore p <0,0001)

Tasso di risposta globale

Tasso (%)

34,8

44,8

(valore p = 0,0036)

5 mg/kg ogni 2 settimane.

Relativamente al braccio di controllo.

Tra i 110 pazienti randomizzati al braccio 3 (5-FU/AF + bevacizumab) prima dell’interruzione di questo braccio, la durata mediana della sopravvivenza globale è stata di 18,3 mesi e la sopravvivenza mediana libera da progressione è stata di 8,8 mesi.

AVF2192g

Questo studio clinico randomizzato, di fase II, effettuato in doppio cieco e con controllo attivo, ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a 5-FU/acido folinico nel trattamento in prima linea del tumore metastatico colorettale in pazienti non ritenuti candidati ottimali alla terapia in prima linea con irinotecan. Centocinque pazienti sono stati randomizzati al braccio di trattamento con 5-FU/AF + placebo e 104 pazienti al braccio di trattamento con 5-FU/AF + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane). Tutti i trattamenti sono proseguiti fino alla progressione della malattia. L’aggiunta di bevacizumab 5 mg/kg ogni due settimane a 5-FU/AF ha determinato tassi di risposta obiettiva superiori, una sopravvivenza libera da progressione significativamente maggiore e una tendenza ad una sopravvivenza maggiore rispetto alla sola chemioterapia 5-FU/AF.

AVF0780g

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Questo studio clinico randomizzato, di fase II, con controllo attivo ed effettuato in aperto, ha valutato bevacizumab in associazione a 5-FU/AF nel trattamento in prima linea del tumore metastatico colorettale. L’età mediana era di 64 anni. Il 19% dei pazienti era stato sottoposto precedentemente a chemioterapia e il 14% a radioterapia. Settantuno pazienti sono stati randomizzati a ricevere il regime 5-FU/AF in bolo o l’associazione 5-FU/AF + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane). Un terzo gruppo di 33 pazienti ha ricevuto l’associazione 5- FU/AF in bolo + bevacizumab (10 mg/kg ogni 2 settimane). I pazienti sono stati trattati fino alla progressione della malattia. Gli endpoint primari dello studio sono stati il tasso di risposta obiettiva e la sopravvivenza libera da progressione.

L’aggiunta di bevacizumab 5 mg/kg ogni due settimane a 5-FU/AF ha determinato tassi di risposta obiettiva superiori, una sopravvivenza libera da progressione maggiore e una tendenza ad una sopravvivenza maggiore rispetto alla sola chemioterapia 5-FU/AF (vedere tabella 5). Questi dati relativi all’efficacia sono in linea con i risultati emersi nello studio AVF2107g.

I dati relativi all’efficacia emersi negli studi AVF0780g e AVF2192g, che hanno valutato l’impiego di bevacizumab in associazione a chemioterapia 5-FU/AF, sono riassunti nella tabella 5.

Tabella 5. Dati relativi all’efficacia degli studi AVF0780g e AVF2192g

AVF0780g

AVF2192g

5-FU/AF

5-FU/AF + bevacizumaba

5-FU/AF + bevacizumabb

5-FU/AF + placebo

5-FU/AF + bevacizumab

Numero di pazienti

36

35

33

105

104

Sopravvivenza globale

Tempo mediano (mesi)

13,6

17,7

15,2

12,9

16,6

IC al 95%

10,35–16,95

13,63–19,32

Hazard ratioc

0,52

1,01

0,79

Valore di p

0,073

0,978

0,16

Sopravvivenza libera d

a progressione

Tempo mediano (mesi)

5,2

9,0

7,2

5,5

9,2

Hazard ratio

0,44

0,69

0,5

Valore di p

0,0049

0,217

0,0002

Tasso di risposta globale

Tasso (percentuale)

16,7

40,0

24,2

15,2

26

IC al 95%

7,0–33,5

24,4–57,8

11,7–42,6

9,2–23,9

18,1–35,6

Valore di p

0,029

0,43

0,055

Durata della risposta

Tempo mediano (mesi)

NR

9,3

5,0

6,8

9,2

25°/75° percentile (mesi)

5,5-NR

6,1-NR

3,8–7,8

5,59–9,17

5,88–13,01

a 5 mg/kg ogni 2 settimane.

b 10 mg/kg ogni 2 settimane.

c Relativamente al braccio di controllo.

NR = non raggiunto.

NO16966

Questo studio di fase III, randomizzato in doppio cieco (per bevacizumab), ha valutato bevacizumab 7,5 mg/kg in associazione a capecitabina orale e oxaliplatino e.v. (XELOX), somministrati a cicli di 3 settimane, oppure bevacizumab 5 mg/kg in associazione a leucovorin e 5-fluorouracile in bolo,

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seguiti da infusione di 5-fluorouracile, con oxaliplatino e.v. (FOLFOX-4), somministrati a cicli di 2 settimane. Lo studio era composto da due fasi: una parte iniziale in aperto con 2 bracci (parte I), in cui i pazienti erano randomizzati a due differenti gruppi di trattamento (XELOX e FOLFOX-4), e una parte successiva con 4 bracci 2 × 2 fattoriale (parte II), in cui i pazienti erano randomizzati a quattro gruppi di trattamento (XELOX + placebo, FOLFOX-4 + placebo, XELOX + bevacizumab, FOLFOX-4 + bevacizumab). Nella parte II, l’assegnazione del trattamento era in doppio cieco relativamente alla somministrazione di bevacizumab.

Circa 350 pazienti sono stati randomizzati in ciascuno dei 4 bracci di studio nella parte II dello studio.

Tabella 6. Regimi di trattamento nello studio NO16966 (mCRC)

Trattamento

Dose iniziale

Calendario

FOLFOX-4

FOLFOX-4 + bevacizumab

Oxaliplatino

Leucovorin

5-fluorouracile

85 mg/m2 e.v. 2 h

200 mg/m2 e.v. 2 h

400 mg/m2 bolo e.v., 600 mg/m2 e.v. 22 h

Oxaliplatino al Giorno 1

Leucovorin al Giorno 1 e 2

5-fluorouracile bolo e.v./infusione, ognuno al Giorno 1 e 2

Placebo o bevacizumab

5 mg/kg e.v. 30–90 min

Giorno 1, prima di FOLFOX-4, ogni 2 settimane

XELOX oppure XELOX + bevacizumab

Oxaliplatino

Capecitabina

130 mg/m2 e.v. 2 h

1000 mg/m2 orale due volte al giorno.

Oxaliplatino al Giorno 1

Capecitabina orale due volte al giorno per 2 settimane (seguita da 1 settimana senza trattamento)

Placebo oppure bevacizumab

7,5 mg/kg e.v. 30–90 min

Giorno 1, prima di XELOX, ogni 3 settimane

5-fluorouracile: iniezione e.v. in bolo immediatamente dopo leucovorin

Il parametro primario per la valutazione dell’efficacia dello studio era la durata della sopravvivenza libera da progressione. In questo studio vi erano due diversi obiettivi primari: dimostrare che XELOX non era inferiore a FOLFOX-4 e dimostrare che bevacizumab in associazione a chemioterapia FOLFOX-4 o XELOX era superiore alla chemioterapia da sola. Entrambi gli obiettivi primari sono stati raggiunti.

La non inferiorità dei bracci contenenti XELOX rispetto ai bracci contenenti FOLFOX-4 nel confronto globale è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione e di sopravvivenza globale nella popolazione eleggibile trattata come da protocollo. La superiorità dei bracci contenenti bevacizumab rispetto ai bracci con solo chemioterapia nel confronto globale è stata dimostrata in termini di sopravvivenza libera da progressione nella popolazione ITT (tabella 7).

Le analisi secondarie di PFS, basate sulla valutazione delle risposte di pazienti “in trattamento”, hanno confermato il beneficio clinico significativamente superiore per i pazienti trattati con bevacizumab (analisi mostrate nella tabella 7), in linea con il beneficio statisticamente significativo osservato nell’analisi combinata.

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Tabella 7. Principali risultati di efficacia per l’analisi di superiorità (popolazione ITT, studio NO16966)

Endpoint (mesi)

FOLFOX-4 o XELOX + placebo (n=701)

FOLFOX-4 o XELOX + bevacizumab (n=699)

Valore p

Endpoint primario

PFS mediana

8,0

9,4

0,0023

Hazard ratio (IC al 97,5%)a

0,83 (0,72–0,95)

Endpoint secondari

PFS mediana (in trattamento)

7,9

10,4

<0,0001

Hazard ratio (IC al 97,5%)

0,63 (0,52–0,75)

Tasso di risposta globale (valutazione dello sperimentatore)

49,2%

46,5%

Sopravvivenza mediana globale*

19,9

21,2

0,0769

Hazard ratio (IC al 97,5%)

0,89 (0,76–1,03)

a

Analisi sulla sopravvivenza globale al cut-off clinico del 31 gennaio 2007.

Analisi primaria al cut-off clinico del 31 gennaio 2006.

Relativamente al braccio di controllo.

Nel sottogruppo in trattamento con FOLFOX, la PFS mediana era di 8,6 mesi nei pazienti trattati con placebo e di 9,4 mesi in quelli trattati con bevacizumab, HR = 0,89, IC al 97,5% = [0,73; 1,08]; valore p = 0,1871, mentre i risultati corrispondenti nel sottogruppo trattato con XELOX erano 7,4 vs. 9,3 mesi, HR = 0,77, IC al 97,5% = [0,63; 0,94]; valore p = 0,0026.

Nel sottogruppo in trattamento con FOLFOX la sopravvivenza globale mediana era di 20,3 mesi nei pazienti trattati con placebo e di 21,2 mesi in quelli trattati con bevacizumab, HR = 0,94, IC al 97,5% = [0,75; 1,16]; valore p = 0,4937, mentre i risultati corrispondenti nel sottogruppo trattato con XELOX erano 19,2 vs. 21,4 mesi, HR = 0,84, IC al 97,5% = [0,68; 1,04]; valore p = 0,0698.

ECOG E3200

Questo studio di fase III randomizzato, controllato in aperto, ha valutato bevacizumab 10 mg/kg in associazione a leucovorin e 5- fluorouracile in bolo seguiti da 5-fluorouracile infusionale con oxaliplatino e.v. (FOLFOX-4), somministrati a cicli di 2 settimane in pazienti già precedentemente trattati (seconda linea) con carcinoma colorettale avanzato. Nei bracci con chemioterapia, il regime FOLFOX-4 era utilizzato alle stesse dosi e lo stesso schema mostrato nella tabella 6 per lo studio NO16966.

Il parametro primario dello studio per la valutazione dell’efficacia era la sopravvivenza globale definita come il tempo tra la randomizzazione e la morte per una qualsiasi causa. Sono stati randomizzati ottocentoventinove pazienti (292 FOLFOX-4, 293 bevacizumab + FOLFOX-4 e 244 bevacizumab in monoterapia). L’aggiunta di bevacizumab al regime FOLFOX-4 ha prolungato in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza. Sono stati osservati anche miglioramenti statisticamente significativi nella sopravvivenza libera da progressione e nel tasso di risposta obiettiva (vedere tabella 8).

29

Tabella 8. Risultati di efficacia dello studio E3200

E3200

FOLFOX-4

FOLFOX-4 + bevacizumaba

Numero di pazienti

292

293

Sopravvivenza globale

Mediana (mesi)

10,8

13,0

IC al 95%

10,12–11,86

12,09–14,03

Hazard ratiob

0,751

(valore p = 0,0012)

Sopravvivenza libera da progressione

Mediana (mesi)

4,5

7,5

Hazard ratio

0,518

(valore p <0,0001)

Tasso di risposta obiettiva

Tasso

8,6%

22,2%

(valore p <0,0001)

a 10 mg/kg ogni 2 settimane.

b Relativamente al braccio di controllo.

Non è stata osservata alcuna differenza significativa nella durata della sopravvivenza globale tra i pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in monoterapia e i pazienti trattati con FOLFOX-4. La sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta obiettiva erano inferiori nel braccio con bevacizumab in monoterapia rispetto al braccio con FOLFOX-4.

ML18147

Questo studio clinico di fase III randomizzato, controllato, in aperto, ha valutato l’impiego di bevacizumab 5,0 mg/kg ogni 2 settimane o 7,5 mg/kg ogni 3 settimane in associazione a chemioterapia a base di fluoropirimidine rispetto a chemioterapia a base di fluoropirimidine in monoterapia in pazienti con mCRC che sono andati incontro a progressione dopo un trattamento di prima linea contenente bevacizumab.

I pazienti con mCRC confermato istologicamente e progressione della malattia sono stati randomizzati in rapporto 1:1 entro 3 mesi dopo l’interruzione della terapia di prima linea con bevacizumab a ricevere una chemioterapia a base di fluoropirimidi­ne/oxaliplati­no o fluoropirimi­dine/irinotecan (chemioterapia cambiata in base alla chemioterapia ricevuta in prima linea) con o senza bevacizumab. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia o allo sviluppo di tossicità inaccettabile. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale definita come il tempo intercorso dalla randomizzazione al decesso per qualsiasi causa.

Sono stati randomizzati in totale 820 pazienti. L’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia a base di fluoropirimidine ha determinato un prolungamento statisticamente significativo della sopravvivenza dei pazienti con mCRC che sono andati incontro a progressione dopo un trattamento di prima linea contenente bevacizumab (ITT = 819) (vedere tabella 9).

30

Tabella 9. Risultati di efficacia dello studio ML18147 (popolazione ITT)

ML18147

Chemioterapia a base di fluoropirimidi­ne/irinotecan o fluoropirimi­dine/oxalipla­tino

Chemioterapia a base di fluoropirimidi­ne/irinotecan o fluoropirimi­dine/oxalipla­tino + bevacizumaba

Numero di pazienti

410

409

Sopravvivenza globale

Mediana (mesi)

9,8

11,2

Hazard ratio (intervallo di confidenza al 95%)

0,81 (0,69; 0,94) (valore p = 0,0062)

Sopravvivenza libera da progressione

Mediana (mesi)

4,1

5,7

Hazard ratio (intervallo di confidenza al 95%)

0,68 (0,59; 0,78) (valore p <0,0001)

Tasso di risposta obiettiva (ORR)

Pazienti inclusi nell’analisi

406

404

Tasso

3,9%

5,4%

(valore p = 0,3113)

5,0 mg/kg ogni 2 settimane o 7,5 mg/kg ogni 3 settimane.

Sono stati osservati miglioramenti statisticamente significativi anche nella sopravvivenza libera da progressione. Il tasso di risposta obiettiva è risultato basso in entrambi i bracci di trattamento e la differenza non significativa.

Lo studio E3200 ha usato una dose di bevacizumab di 5 mg/kg/settimana in pazienti non precedentemente trattati con bevacizumab, mentre lo studio ML18147 ha utilizzato una dose di bevacizumab di 2,5 mg/kg/settimana in pazienti pretrattati con bevacizumab. Un confronto tra studi in termini di efficacia e sicurezza è limitato dalle differenze fra gli studi stessi, soprattutto in termini di popolazione di pazienti, precedente trattamento con bevacizumab e regimi chemioterapici. Sia la dose di bevacizumab di 5 mg/kg/settimana sia quella di 2,5 mg/kg/settimana hanno fornito un beneficio statisticamente significativo per quanto riguarda la OS (HR 0,751 nello studio E3200; HR 0,81 nello studio ML18147) e la PFS (HR 0,518 nello studio E3200; HR 0,68 nello studio ML18147). In termini di sicurezza, è stata osservata una più alta incidenza globale di EA di Grado 3–5 nello studio E3200 rispetto allo studio ML18147.

Cancro della mammella metastatico (mBC)

Sono stati condotti due vasti studi di fase III allo scopo di valutare, in termini di PFS quale obiettivo primario, l’effetto del trattamento con bevacizumab in associazione a due regimi chemioterapici differenti. In entrambi gli studi si è osservato un incremento della PFS significativo sia dal punto di vista clinico che statistico.

Sono riassunti di seguito i risultati della PFS relativi ai singoli agenti chemioterapici inclusi nell’indicazione:

Studio E2100 (paclitaxel) incremento di 5,6 mesi della PFS mediana, HR 0,421 (p <0,0001, IC al 95% 0,343; 0,516)

31

Studio AVF3694g (capecitabina)

incremento di 2,9 mesi della PFS mediana, HR 0,69 (p = 0,0002, IC al 95% 0,56; 0,84)

Ulteriori dettagli relativi a ciascuno studio sono riportati di seguito.

ECOG E2100

Lo studio E2100 è uno studio clinico multicentrico, a disegno aperto, randomizzato, con controllo attivo, che ha valutato bevacizumab in associazione a paclitaxel per il cancro della mammella metastatico o localmente ricorrente su pazienti che non sono stati precedentemente trattati con chemioterapia per la malattia metastatica e localmente ricorrente. I pazienti sono stati randomizzati a paclitaxel da solo (90 mg/m2 in infusione e.v. di 1 ora una volta alla settimana per tre settimane ogni quattro) o in associazione a bevacizumab (10 mg/kg in infusione e.v. ogni due settimane). Si è consentita una precedente terapia ormonale per il trattamento della malattia metastatica. La terapia adiuvante con un taxano è stata permessa solo se completata almeno 12 mesi prima dell’inclusione nello studio. Dei 722 pazienti dello studio, la maggioranza presentava malattia HER2-negativa (90%), un piccolo numero di pazienti aveva uno stato HER2 sconosciuto (8%) o confermato positivo (2%), ed era stato precedentemente trattato con trastuzumab o ritenuto non candidabile alla terapia con trastuzumab. Inoltre, il 65% dei pazienti aveva ricevuto una precedente chemioterapia adiuvante, a base di taxani nel 19% dei casi e antracicline nel 49% dei casi. Sono stati esclusi i pazienti con metastasi al sistema nervoso centrale, comprese le lesioni al cervello precedentemente trattate o resecate.

Nello studio E2100, i pazienti sono stati trattati fino a progressione della malattia. Nei casi che richiedevano una precoce interruzione della chemioterapia, il trattamento con bevacizumab in monoterapia è proseguito fino a progressione della malattia. Le caratteristiche dei pazienti sono risultate simili tra i due bracci dello studio. L’obiettivo primario dello studio è stato la sopravvivenza libera da progressione (PFS), in base alla valutazione della progressione della malattia da parte degli sperimentatori dello studio. In aggiunta, è stata condotta anche una valutazione indipendente dell’obiettivo primario. I risultati di questo studio sono riportatati nella tabella 10.

Tabella 10. Risultati di efficacia dello studio E2100

Sopravvivenza libera da progressione

Valutazione dello sperimentatore

Valutazione IRF

Paclitaxel

(n = 354)

Paclitaxel/ bevacizumab (n = 368)

Paclitaxel

(n = 354)

Paclitaxel/ bevacizumab (n = 368)

PFS mediana (mesi)

5,8

11,4

5,8

11,3

Hazard Ratio (IC al 95%)

0,421 (0,343; 0,516)

0,483 (0,385; 0,607)

valore di p

<0,0001

<0,0001

Tassi di risposta (per pazienti con malattia misurabile)

Valutazione dello sperimentatore

Valutazione IRF

Paclitaxel

(n = 273)

Paclitaxel/ bevacizumab (n = 252)

Paclitaxel

(n = 243)

Paclitaxel/ bevacizumab (n = 229)

% pazienti con risposta obiettiva

23,4

48,0

22,2

49,8

valore p

<0,0001

<0,0001

Analisi primaria

32

Sopravvivenza globale

Paclitaxel

(n = 354)

Paclitaxel/be­vacizumab (n = 368)

OS mediana (mesi)

24,8

26,5

(IC al 95%)

0,869 (0,722; 1,046)

valore p

0,1374

Il beneficio clinico di bevacizumab, valutato in termini di PFS, è stato osservato in tutti i sottogruppi predefiniti analizzati (inclusi l’intervallo libero da malattia, il numero dei siti metastatici, la precedente assunzione di chemioterapia adiuvante e lo stato del recettore per gli estrogeni (RE)).

AVF3694g

AVF3694g è uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, controllato contro placebo, disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a chemioterapia più placebo nel trattamento in prima linea di pazienti con tumore della mammella HER2 negativo metastatico o localmente ricorrente.

Il regime chemioterapico è stato scelto a discrezione dello sperimentatore prima della randomizzazione, in rapporto 2:1, a ricevere chemioterapia più bevacizumab o chemioterapia più placebo. Le opzioni chemioterapiche comprendevano capecitabina, taxani (protein-bound paclitaxel, docetaxel) e regimi contenenti antracicline (doxorubicina/ ciclofosfamide, epirubicina/ ciclofosfamide, 5– fluorouracile/ doxorubicina/ ciclofosfamide, 5-fluorouracile/e­pirubicina/ci­clofosfamide) somministrati ogni 3 settimane. Bevacizumab o placebo sono stati somministrati alla dose di 15mg/kg ogni tre settimane.

Questo studio comprendeva una fase di trattamento in cieco, una fase opzionale in aperto dopo la progressione della malattia e una fase di follow-up per valutare la sopravvivenza. Durante la fase di trattamento in cieco le pazienti hanno ricevuto il trattamento chemioterapico e il medicinale (bevacizumab o placebo) ogni 3 settimane fino a progressione della malattia, tossicità limitante il trattamento o decesso. Alla documentata progressione della malattia, le pazienti inserite nella fase opzionale in aperto potevano ricevere bevacizumab in aperto in associazione ad una ampia varietà di agenti approvati per la seconda linea.

Le analisi statistiche sono state condotte indipendentemente per le due coorti di pazienti: 1) pazienti sottoposte a capecitabina in associazione a bevacizumab o placebo; 2) pazienti sottoposte a regimi a base di taxani o antracicline in associazione a bevacizumab o placebo. L’endpoint primario dello studio era la PFS secondo la valutazione dello sperimentatore. Inoltre, l’endpoint primario è stato valutato anche da un comitato di revisione indipendente (IRC).

I risultati di questo studio derivanti dalle analisi finali definite nel protocollo e condotte nella coorte con potenza statisticamente indipendente di pazienti trattate con capecitabina dello studio AVF3694g relativamente alla sopravvivenza libera da progressione e ai tassi di risposta sono riportati nella tabella 11. I risultati provenienti da un’analisi esplorativa sulla sopravvivenza globale che include ulteriori 7 mesi di follow-up (circa il 46% dei pazienti era deceduto) sono altresì indicati. La percentuale di pazienti che hanno ricevuto bevacizumab nella fase in aperto è stata del 62,1% nel braccio con capecitabina + placebo e del 49,9% nel braccio con capecitabina + bevacizumab.

33

Tabella 11 Risultati di efficacia dello studio AVF3694g: capecitabinaa e bevacizumab/placebo (Cap + bevacizumab/PBO)

Sopravvivenza libera da progressioneb

Valutazione dello sperimentatore

Valutazione dell’IRC

Cap + PBO (n = 206)

Cap + bevacizumab (n = 409)

Cap + PBO (n = 206)

Cap + bevacizumab (n = 409)

PFS mediana (mesi)

5,7

8,6

6,2

9,8

Hazard ratio (HR) vs braccio placebo (IC al 95%)

0,69 (0,56; 0,84)

0,68 (0,54; 0,86)

Valore p

0,0002

0,0011

Tasso di risposta (per pazienti con malattia misurabile)b

Cap + PBO (n = 161)

Cap + bevacizumab (n = 325)

% di pazienti con risposta obiettiva

23,6

35,4

valore p

0,0097

Sopravvivenza globaleb

HR

(IC al 95%)

0,88 (0,69; 1,13)

valore p (esplorativo)

0,33

a 1000 mg/m2 per via orale due volte al giorno per 14 giorni somministrati ogni 3 settimane

b Analisi stratificata comprensiva di tutti gli eventi di progressione e morte, esclusi quelli per i quali un trattamento non previsto dal protocollo (NPT) era stato iniziato prima della progressione documentata; i dati di questi pazienti sono stati censurati all’ultima valutazione del tumore prima dell’inizio della NPT.

Un’analisi non stratificata della PFS (valutata dagli sperimentatori) è stata condotta senza censurare i pazienti per cui si era iniziato un trattamento non previsto dal protocollo (NPT) prima di una progressione della malattia. I risultati di queste analisi sono risultati molto simili ai risultati dell’analisi primaria della PFS.

Cancro del polmone non a piccole cellule (NSCLC)

Trattamento in prima linea del NSCLC non squamoso in associazione con chemioterapia a base di platino

La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab in aggiunta a chemioterapia a base di platino nel trattamento in prima linea di pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule (NSCLC) non squamoso sono state esaminate negli studi E4599 e BO17704. Nello studio E4599 è stato dimostrato un beneficio in termini di sopravvivenza globale con una dose di bevacizumab di 15 mg/kg una volta ogni 3 settimane. Lo studio BO17704 ha dimostrato che entrambi i dosaggi di bevacizumab di 7,5 mg/kg e di15 mg/kg una volta ogni 3 settimane aumentano la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta.

34

E4599

Lo studio E4599 era uno studio clinico multicentrico, in aperto, randomizzato, controllato rispetto a un farmaco attivo per la valutazione di bevacizumab come trattamento in prima linea di pazienti con NSCLC localmente avanzato (stadio IIIb con effusione pleurica maligna) metastatico o ricorrente con istologia non a cellule squamose predominanti.

I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con chemioterapia a base di platino (paclitaxel 200 mg/m2) e carboplatino AUC = 6,0, entrambi per infusione e.v. (PC) nel giorno 1 di ogni ciclo da 3 settimane fino a 6 cicli oppure PC in associazione a bevacizumab alla dose di 15 mg/kg per infusione e.v. al giorno 1 di ogni ciclo di 3 settimane. Al completamento dei 6 cicli di chemioterapia con carboplatino-paclitaxel o alla sospensione precoce della chemioterapia, i pazienti nel braccio bevacizumab + carboplatino-paclitaxel hanno continuato a ricevere bevacizumab in monoterapia ogni 3 settimane fino alla progressione della malattia. Sono stati randomizzati 878 pazienti nei due bracci.

Durante lo studio, dei pazienti che hanno ricevuto il trattamento in studio, il 32,2% (136/422) ha ricevuto 7–12 somministrazioni di bevacizumab mentre il 21,1% (89/422) ha ricevuto 13 o più somministrazioni di bevacizumab.

L’endpoint primario era la durata della sopravvivenza. I risultati sono presentati nella tabella 12.

Tabella 12. Risultati di efficacia dello studio E4599

Braccio 1

Carboplatino/pa­clitaxel

Braccio 2

Carboplatino/ paclitaxel + bevacizumab 15 mg/kg ogni 3 settimane

Numero di pazienti

444

434

Sopravvivenza globale

Mediana (mesi)

10,3

12,3

Hazard ratio

0,80 (p = 0,003) IC al 95% (0,69; 0,93)

Sopravvivenza libera da progressione

Mediana (mesi)

4,8

6,4

Hazard ratio

0,65 (p <0,0001) IC al 95% (0,56; 0,76)

Tasso di risposta globale

Tasso (percentuale)

12,9

29,0 (p <0,0001)

In un’analisi esplorativa, il beneficio di bevacizumab sulla sopravvivenza globale è risultato meno rilevante nel sottogruppo di pazienti che non presentava istologia di adenocarcinoma.

BO17704

Lo studio BO17704 era uno studio randomizzato, in doppio cieco, di fase III su bevacizumab in aggiunta a cisplatino e gemcitabina rispetto a placebo, cisplatino e gemcitabina in pazienti con NSCLC non squamoso localmente avanzato (stadio III b con metastasi nei linfonodi sopraclavicolari o effusione maligna pleurica o pericardica), metastatico o ricorrente, che non avevano ricevuto precedente chemioterapia.

L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione; fra gli endpoint secondari dello studio era inclusa la durata della sopravvivenza globale.

I pazienti sono stati randomizzati alla chemioterapia a base di platino, cisplatino 80 mg/m2 per infusione endovenosa al giorno 1 e gemcitabina 1250 mg/m2 per infusione endovenosa ai giorni 1 e 8

35

di ogni ciclo di 3 settimane fino a 6 cicli (CG) con placebo oppure a CG con bevacizumab alla dose di 7,5 o 15 mg/kg per infusione e.v. al giorno 1 di ogni ciclo di 3 settimane. Nei bracci con bevacizumab, i pazienti potevano ricevere bevacizumab in monoterapia ogni 3 settimane fino alla progressione della malattia o fino alla comparsa di tossicità intollerabile. I risultati dello studio hanno mostrato che il 94% (277/296) dei pazienti eleggibili continuavano a ricevere bevacizumab come monoterapia al ciclo 7. Una elevata percentuale di pazienti (circa il 62%) è stata sottoposta a numerose terapie antitumorali, non specificate da protocollo, che potrebbero aver avuto un impatto sull’analisi della sopravvivenza globale.

I risultati di efficacia sono presentati nella Tabella 13.

Tabella 13. Risultati di efficacia dello studio BO17704

Cisplatino/gem­citabina + placebo

Cisplatino/gem­citabina + bevacizumab 7,5 mg/kg ogni 3 settimane

Cisplatino/gem­citabina + bevacizumab 15 mg/kg ogni 3 settimane

Numero di pazienti

347

345

351

Sopravvivenza libera da progressione

Mediana (mesi)

6,1

6,7 (p = 0,0026)

6,5

(p = 0,0301)

Hazard ratio

0,75 [0,62; 0,91]

0,82 [0,68; 0,98]

Tasso della migliore risposta globalea

20,1%

34,1% (p <0,0001)

30,4% (p = 0,0023)

Pazienti con malattia misurabile al basale

Sopravvivenza globale

Mediana (mesi)

13,1

13,6 (p = 0,4203)

13,4 (p = 0,7613)

Hazard ratio

0,93 [0,78; 1,11]

1,03 [0,86; 1,23]

Trattamento in prima linea del NSCLC non squamoso con mutazioni attivanti dell’EGFR in associazione a erlotinib

JO25567

Lo studio JO25567 è uno studio di fase II, randomizzato, in aperto e multicentrico che è stato condotto in Giappone al fine di valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a erlotinib in pazienti affetti da NSCLC non squamoso con mutazioni attivanti dell’EGFR (delezione dell’esone 19 o mutazione dell’esone 21 L858R) non precedentemente sottoposti a terapia sistemica per malattia in stadio IIIB/IV o ricorrente.

L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) basata su una valutazione indipendente. Tra gli endpoint secondari figuravano sopravvivenza globale, tasso di risposta, tasso di controllo della malattia, durata della risposta e sicurezza.

Lo stato mutazionale di EGFR è stato determinato per ciascun paziente prima della fase di screening e 154 soggetti sono stati randomizzati al trattamento con erlotinib + bevacizumab (erlotinib 150 mg tutti i giorni per via orale + bevacizumab [15 mg/kg e.v. ogni 3 settimane]) o erlotinib in monoterapia (150 mg tutti i giorni per via orale) fino a progressione della malattia (PD) o insorgenza di tossicità inaccettabile. In assenza di PD, come specificato nel protocollo dello studio, l’interruzione de­lla

36

somministrazione di un componente del trattamento in studio del braccio erlotinib + bevacizumab non ha determinato la sospensione dell’altro componente di tale terapia.

I risultati di efficacia dello studio sono illustrati nella tabella 14.

Tabella 14. Risultati di efficacia dello studio JO25567

Erlotinib N = 77#

Erlotinib + bevacizumab N = 75#

PFS^ (mesi)

Mediana

9,7

16,0

HR (IC al 95%)

0,54 (0,36; 0,79)

Valore p

0,0015

Tasso di risposta globale

Tasso (n)

63,6% (49)

69,3% (52)

Valore p

0,4951

Sopravvivenza globale* (mesi)

Mediana

47,4

47,0

HR (IC al 95%)

0,81 (0,53; 1,23)

Valore di p

0,3267

# Complessivamente sono stati randomizzati 154 pazienti (ECOG PS 0 o 1). Due dei soggetti randomizzati hanno tuttavia interrotto la sperimentazione prima che venisse somministrato il trattamento in studio.

^ Revisione indipendente in cieco (analisi primaria definita dal protocollo).

* Analisi esplorativa: analisi finale della OS al cut-off clinico del 31 ottobre 2017; è stato osservato il decesso di circa il 59% dei pazienti.

IC, intervallo di confidenza; HR, hazard ratio dell’analisi di regressione di Cox non stratificata; NR, non raggiunta.

Cancro a cellule renali avanzato e/o metastati­co (mRCC)

Bevacizumab in associazione a interferone alfa-2a per il trattamento in prima linea del cancro a cellule renali avanzato e/o metastatico (BO17705)

Si è trattato di uno studio di fase III randomizzato in doppio cieco effettuato per valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a interferone (IFN) alfa-2a rispetto a interferone (IFN) alfa-2a da solo nel trattamento in prima linea del mRCC. I 649 pazienti randomizzati (641 trattati) avevano un Karnofsky Performance Status (KPS) ≥70%, nessuna metastasi a livello del SNC e un’adeguata funzione d’organo. I pazienti erano nefrectomizzati per cancro a cellule renali primitivo. Bevacizumab è stato somministrato alla dose di 10 mg/kg ogni 2 settimane fino a progressione di malattia. IFN alfa-2a è stato somministrato per un massimo di 52 settimane o fino a progressione di malattia alla dose iniziale raccomandata di 9 MUI tre volte alla settimana, consentendo una riduzione di dose fino a 3 MUI tre volte alla settimana in 2 fasi. I pazienti sono stati stratificati per paese e criteri di Motzer e i bracci di trattamento sono risultati ben bilanciati relativamente ai fattori prognostici.

L’endpoint primario dello studio è stato la sopravvivenza globale, con endpoint secondari comprendenti la sopravvivenza libera da progressione. L’aggiunta di bevacizumab a IFN alfa-2a ha aumentato significativamente la PFS ed il tasso di risposta obiettiva al tumore. Questi risultati sono stati confermati da una revisione radiologica indipendente. Tuttavia, l’aumento di due mesi dell’endpoint primario della sopravvivenza globale non è stato significativo (HR = 0,91). Un’elevata quota di pazienti (circa 63% IFN/placebo; 55% bevacizumab/IFN) ha ricevuto successivamente all’uscita dallo studio una serie di terapie antitumorali non-specificate, comprendenti agenti antineoplastici che potrebbero avere impattato sulla valutazione della sopravvivenza globale.

I risultati di efficacia sono illustrati nella tabella 15.

37

Tabella 15. Risultati di efficacia dello studio BO17705

BO17705

Placebo + IFNa

BVb + FNa

Numero di pazienti

322

327

Sopravvivenza libera da progressione

Mediana (mesi)

5,4

10,2

Hazard ratio IC al 95%

0,63

0,52; 0,75 (valore dip <0,0001)

Tasso di risposta obiettiva (%) nei pazienti con malattia misurabile

N

289

306

Placebo + IFNa

BVb + IFNa

Tasso di risposta

12,8%

31,4%

(valore p <0,0001)

a Interferone alfa-2° 9 MUI 3 volte alla settimana.

b Bevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane.

Sopravvivenza globale

Mediana (mesi)

21,3

23,3

Hazard ratio IC al 95%

0,91

0,76; 1,10 (valore p 0,3360)

Un’analisi esplorativa multivariata secondo il modello di regressione di Cox che usa parametri predefiniti ha indicato che i seguenti fattori prognostici valutati al basale erano strettamente correlati con la sopravvivenza, indipendentemente dal trattamento: sesso, conta leucocitaria, conta delle piastrine, calo del peso corporeo nei 6 mesi precedenti l’ingresso nello studio, numero di sedi metastatiche, somma dei diametri maggiori delle lesioni target, criteri di Motzer. L’aggiustamento per questi fattori ha determinato un hazard ratio di 0,78 (IC al 95% [0,63; 0,96], p = 0,0219), che indica una riduzione del rischio di morte del 22% per i pazienti nel braccio di trattamento bevacizumab + IFN alfa-2a rispetto a quelli nel braccio IFN alfa-2a.

Novantasette (97) pazienti nel braccio IFN alfa-2a e 131 pazienti nel braccio bevacizumab hanno ridotto la dose di IFN alfa 2a da 9 MUI a 6 o 3 MUI tre volte la settimana come prespecificato nel protocollo. La riduzione della dose di IFN alfa-2a non sembra avere avuto conseguenze sull’efficacia dell’associazione di bevacizumab e IFN alfa-2a in termini di PFS, come evidenziato da un’analisi per sottogruppi. I 131 pazienti nel braccio di trattamento bevacizumab + IFN alfa-2a che hanno ridotto e mantenuto la dose di IFN alfa-2a a 6 o 3 MUI durante lo studio, hanno avuto un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 6, 12 e 18 mesi del 73, 52 e 21% rispettivamente, confrontato con il 61, 43 e 17% nella popolazione globale dei pazienti trattati con bevacizumab e IFN alfa-2a.

AVF2938

Si è trattato di uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, di fase II finalizzato a studiare bevacizumab 10 mg/kg in uno schema di 2 settimane rispetto a bevacizumab alla stessa dose in associazione a erlotinib 150 mg al giorno, in pazienti con cancro a cellule renali metastatico a cellule chiare. In questo studio un totale di 104 pazienti è stato randomizzato al trattamento, 53 con bevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane più placebo e 51 con bevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane più erlotinib 150 mg al giorno. L’analisi dell’endpoint primario non ha mostrato differenze tra il

38

braccio bevacizumab + placebo e il braccio bevacizumab + erlotinib (PFS mediana 8,5 rispetto a 9,9 mesi). Sette pazienti in ciascun braccio hanno avuto una risposta obiettiva. L’aggiunta di erlotinib a bevacizumab non si è tradotta in un miglioramento della OS (HR = 1,764; p = 0,1789), della durata della risposta obiettiva (6,7 verso 9,1 mesi) o del tempo alla progressione dei sintomi (HR = 1,172; p = 0,5076).

AVF0890

Si è trattato di uno studio randomizzato di fase II effettuato per confrontare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab rispetto al placebo. Un totale di 116 pazienti è stato randomizzato a ricevere bevacizumab alla dose di 3 mg/kg ogni 2 settimane (n = 39), 10 mg/kg ogni 2 settimane (n = 37) o placebo (n = 40). L’analisi ad interim ha mostrato che vi è stato un prolungamento significativo del tempo alla progressione della malattia nel gruppo trattato con 10 mg/kg rispetto al gruppo placebo (hazard ratio 2,55; p <0,001). Si è verificata una piccola differenza, al limite della significatività, tra il tempo alla progressione della malattia nel gruppo alla dose di 3 mg/kg e quello nel gruppo placebo (hazard ratio 1,26; p = 0,053). Quattro pazienti hanno avuto una risposta obiettiva (parziale), e tutti avevano assunto bevacizumab alla dose di 10 mg/kg; il tasso di risposta obiettiva per la dose di 10 mg/kg è stato del 10%.

Cancro epiteliale dell’ ovaio, delle tube di Falloppio e peritoneale primario

Trattamento in prima linea del cancro epiteliale dell’ovaio

La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento in prima linea delle pazienti con cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio o peritoneale primario sono state valutate in due studi clinici di fase III (GOG-0218 e BO17707) che hanno valutato gli effetti dell’aggiunta di bevacizumab a un regime con carboplatino e paclitaxel rispetto alla sola chemioterapia.

GOG-0218

Lo studio GOG-0218 era uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a tre bracci, che ha valutato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab a uno schema chemioterapico approvato (carboplatino e paclitaxel) in pazienti affette da cancro epiteliale dell’ovaio, carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato (stadio IIIB, IIIC e IV secondo la classificazione FIGO del 1988).

Dallo studio sono state escluse le pazienti precedentemente trattate per cancro epiteliale dell’ovaio con bevacizumab o terapia antineoplastica sistemica (ad es. chemioterapia, terapia con anticorpi monoclonali, terapia con inibitori delle tirosinchinasi o terapia ormonale) o pazienti che avevano precedentemente ricevuto un trattamento radioterapico dell’addome o della pelvi.

Un totale di 1873 pazienti è stato randomizzato, in rapporti uguali, nei seguenti tre bracci:

braccio CPP: cinque cicli di placebo (iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione di solo placebo fino a 15 mesi di terapia braccio CPB15: cinque cicli di bevacizumab (15 mg/kg q3w iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione di solo placebo fino a 15 mesi di terapia braccio CPB15+: cinque cicli di bevacizumab (15 mg/kg q3w iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione continua di bevacizumab in monoterapia (15 mg/kg q3w) fino a 15 mesi di terapia.

La maggior parte delle pazienti incluse nello studio era di razza bianca caucasica (87% nei tre bracci); l’età mediana era di 60 anni nel braccio CPP e CPB15 e 59 anni nel braccio CPB15+; il 29% dei pazienti nel CPP e nel CPB15 e il 26% nel braccio CPB15+ avevano un’età maggiore di 65 anni. Circa il 50% di tutte le pazienti presentava al basale un GOG PS pari a 0, circa il 43% un GOG PS pari a 1 e circa il 7% un GOG PS pari a 2. La maggior parte delle pazienti aveva una diagnosi di EOC (82% nel CPP e nel CPB15, 85% nel CPB15+), PPC (16% nel CPP, 15% nel CPB15, 13% nel CPB15+) e FTC

39

(1% nel CPP, 3% nel CPB15, 2% nel CPB15+). La maggior parte delle pazienti aveva un adenocarcinoma di tipo sieroso (85% nel CPP e nel CPB15, 86% nel CPB15+). Circa il 34% di tutte le pazienti arruolate era in stadio FIGO III ottimamente resecato con residuo di malattia valutabile, il 40% in stadio FIGO III con radicalizzazione sub-ottimale ed il 26% era in stadio FIGO IV.

L’endpoint primario era la PFS valutata dagli sperimentatori considerando la progressione della malattia in base alle immagini radiologiche, ai livelli del CA 125 o al peggioramento dei sintomi così come definito dal protocollo. Inoltre, è stata condotta un’analisi prespecificata dei dati censurando per gli eventi di progressione definita in base ai valori del CA 125, nonché una valutazione indipendente della PFS in funzione delle sole valutazioni radiologiche.

Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della PFS. Rispetto ai pazienti trattati con la sola chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) nel trattamento in prima linea, le pazienti a cui è stato somministrato bevacizumab alla dose di 15 mg/kg q3w in associazione alla chemioterapia e che hanno continuato a ricevere bevacizumab in monoterapia (CPB15+), hanno dimostrato un miglioramento clinicamente e statisticamente significativo in termini di PFS.

Nelle pazienti trattate con solo bevacizumab in associazione a chemioterapia e che non hanno proseguito la terapia con bevacizumab in monoterapia (CPB15), non è stato osservato alcun miglioramento clinicamente significativo in termini di PFS.

I risultati di questo studio sono riassunti nella tabella 16.

Tabella 16. Risultati di efficacia dello studio GOG

Sopravvivenza libera da progressione1

CPP (n = 625)

CPB15 (n = 625)

CPB15+ (n = 623)

PFS mediana (mesi)

10,6

11,6

14,7

Hazard ratio (IC al 95%)2

0,89 (0,78; 1,02)

0,70 (0,61; 0,81)

Valore p3,4

0,0437

<0,0001

Tasso di risposta obiettiva5

CPP (n = 396)

CPB15 (n = 393)

CPB15+ (n = 403)

% pazienti con risposta obiettiva

63,4

66,2

66,0

Valore p

0,2341

0,2041

Sopravvivenza globale6

CPP (n = 625)

CPB15 (n = 625)

CPB15+ (n = 623)

OS mediana (mesi)

40,6

38,8

43,8

Hazard ratio (IC al 95%)2

1,07 (0,91; 1,25)

0,88 (0,75; 1,04)

Valore p3

0,2197

0,0641

1 Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore in base ai parametri GOG specificati dal protocollo

(pazienti non censurate né per progressione definita in base a CA-125, né per NPT prima della progressione della malattia) con cut-off dei dati al 25 febbraio 2010.

2 Rispetto al braccio di controllo; hazard ratio stratificato.

3 Test log-rank a una coda, valore di p.

4 Valore p boundary pari a 0,0116.

5 Pazienti con malattia misurabile al basale.

6 Analisi finale della sopravvivenza globale effettuata quando il 46,9% delle pazienti era deceduto.

Sono state condotte analisi prespecificate della PFS, aventi tutte come data di cut-off il 29 settembre 2009. I risultati di queste analisi sono i seguenti:

l’analisi della PFS valutata dagli sperimentatori specificata nel protocollo (non censurando per la progressione definita in base dei valori del marcatore tumorale CA 125 e per la NPT) ha mostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,71 (IC al 95%: 0,61–0,83; test log rank a 1 coda,

40

valore p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 10,4 mesi nel braccio CPP e di 14,1 mesi nel braccio CPB15+;

l’analisi primaria della PFS valutata dagli sperimentatori (censurando per secondo la progressione definita in base ai valori del CA-125 e per la NPT) ha dimostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,62 (IC al 95%: 0,52–0,75, test log rank a 1 coda, valore p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 12,0 mesi nel braccio CPP e di 18,2 mesi nel braccio CPB15+;

l’analisi della PFS come determinato dal comitato di revisione indipendente (censurando per la NPT) ha dimostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,62 (IC al 95%: 0,50–0,77, test log rank a 1 coda, valore p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 13,1 nel braccio CPP e 19,1 mesi nel braccio CPB15+.

Le analisi della PFS per sottogruppi relative allo stadio di malattia ed alla chirurgia primaria sono riportate nella tabella 17. Questi risultati confermano la robustezza dell’analisi della PFS come mostrato nella tabella 16.

Tabella 17 - Risultati della PFS

Pazienti randomizzate in stad

io III con citoriduzione ottimale di malattia2,3

CPP (n = 219)

CPB15 (n = 204)

CPB15+ (n = 216)

PFS mediana (mesi)

12,4

14,3

17,5

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,81 (0,62; 1,05)

0,66 (0,50; 0,86)

Pazienti randomizzate in stad

io III con citoriduzione subottimale di malattia3

CPP (n = 253)

CPB15 (n = 256)

CPB15+ (n = 242)

PFS mediana (mesi)

10,1

10,9

13,9

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,93 (0,77; 1,14)

0,78 (0,63; 0,96)

Pazienti randomizzate in stad

io IV di malattia

CPP (n = 153)

CPB15 (n = 165)

CPB15+ (n = 165)

PFS mediana (mesi)

9,5

10,4

12,8

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,90 (0,70; 1,16)

0,64 (0,49; 0,82)

1

Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore in base ai parametri GOG specificati dal protocollo (pazienti non censurate né per progressione in base a CA-125, né per NPT prima della progressione della malattia) con cut-off dei dati al 25 febbraio 2010.

Con residuo di malattia macroscopico.

Il 3,7% di tutti i pazienti randomizzati era in stadio IIIB di malattia.

Relativamente al braccio di controllo.

BO17707 (ICON7)

BO17707 è uno studio di fase III, a due bracci, multicentrico, randomizzato, controllato, in aperto che ha lo scopo di valutare l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab a carboplatino e paclitaxel, dopo intervento chirurgico, in pazienti con cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in stadio I o IIA secondo la classificazione FIGO (Grado 3 o sottotipo istologico a cellule chiare; n = 142), o stadio IIB – IV secondo la classificazione FIGO (tutti i Gradi e tutti i tipi istologici, n = 1386) (NCI-CTCAE v.3). In questa sperimentazione è stata usata la classificazione FIGO del 1988.

Dallo studio sono state escluse le pazienti che erano state precedentemente trattate con bevacizumab o terapia antineoplastica per cancro dell’ovaio (ad esempio, chemioterapia, terapia con anticorpi

41

Documento reso disponibile da AIFA il 12/11/2021

Esula dalla competenza dell’AIFA ogni eventuale disputa concernente i diritti di proprietà industriale e la tutela brevettuale dei dati relativi all’AIC dei medicinali e, pertanto, l’Agenzia non può essere ritenuta responsabile in alcun modo di eventuali violazioni da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (o titolare AIC).

monoclonali, terapia con inibitori delle tirosinchinasi o terapia ormonale) o pazienti che avevano precedentemente ricevuto un trattamento radioterapico dell’addome o della pelvi.

Un totale di 1528 pazienti è stato randomizzato, in rapporti uguali, nei seguenti due bracci:

braccio CP: carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli della durata di 3 settimane braccio CPB7.5+ : carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli ogni 3 settimane in

associazione con bevacizumab (7,5 mg/kg q3w) fino a 12 mesi (la somministrazione di bevacizumab è iniziata dal 2° ciclo di chemioterapia se il trattamento è stato iniziato entro 4 settimane dall’intervento chirurgico o dal 1° ciclo se il trattamento è stato iniziato oltre 4 settimane dopo l’intervento chirurgico).

La maggior parte delle pazienti incluse nello studio era di razza bianca caucasica (96%), l’età mediana era di 57 anni in entrambi i bracci di trattamento, il 25% delle pazienti aveva un’età uguale o superiore a 65 anni e circa il 50% delle pazienti presentava, secondo la scala ECOG, un PS pari a 1, mentre il 7% delle pazienti, in ciascun braccio di trattamento, presentava un valore di ECOG PS pari a 2. La maggior parte delle pazienti aveva una diagnosi di EOC (87,7%) seguito da PPC (6,9%) e FTC (3,7%) o un’istologia mista (1,7%). La maggior parte delle pazienti era in stadio III secondo la classificazione FIGO (68% in entrambi) seguito dallo stadio IV secondo la classificazione FIGO (13% e 14%), Stadio II secondo la classificazione FIGO (10% e 11%) e Stadio I secondo la classificazione di FIGO (9% e 7%). La maggior parte delle pazienti in ciascun braccio di trattamento (74% e 71%) aveva una diagnosi iniziale di neoplasia scarsamente differenziata (Grado 3).

L’incidenza dei sottotipi istologici di EOC era simile nei diversi bracci di trattamento; il 69% delle pazienti di ciascun braccio era affetta da adenocarcinoma di tipo sieroso.

L’endpoint primario era la PFS, valutata dallo sperimentatore utilizzando RECIST.

Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario in termini di miglioramento della PFS. Rispetto alle pazienti trattate con la sola chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) in prima linea, le pazienti a cui è stato somministrato bevacizumab alla dose di 7,5 mg/kg q3w in associazione a chemioterapia e che hanno continuato ad assumere bevacizumab fino a 18 cicli hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo della PFS.

I risultati di questo studio sono riassunti nella tabella 18.

42

Tabella 18. Risultati di efficacia dello studio BO17707 (ICON7)

Sopravvivenza libera da progressione

CP (n = 764)

CPB7.5+ (n = 764)

PFS mediana (mesi)2

16,9

19,3

Hazard ratio (IC al 95%)2

0,86 [0,75; 0,98] (valore p = 0,0185)

Tasso di risposta obiettiva1

CP (n = 277)

CPB7.5+ (n = 272)

Tasso di risposta

54,9%

64,7%

(valore p = 0,0188)

Sopravvivenza globale3

CP (n = 764)

CPB7.5+ (n = 764)

Mediana (mesi)

58,0

57,4

Hazard ratio [IC al 95%]

0,99 [0,85; 1,15] (valore p = 0,8910)

1

2

3

In pazienti con patologia misurabile al basale.

Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei dati al 30 novembre 2010.

L’analisi finale della sopravvivenza globale è stata effettuata con il cut-off dei dati al 31 marzo 2013, quando il 46,7% dei pazienti era deceduto.

L’analisi primaria della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei dati risalente al 28 febbraio 2010 ha mostrato un hazard ratio non stratificato pari a 0,79 (IC al 95%: 0,68–0,91, test log-rank a 2 code, valore p= 0,0010) con una PFS mediana di 16,0 mesi nel braccio CP e di 18,3 mesi nel braccio CPB7.5+.

Le analisi della PFS per sottogruppi relativi allo stadio di malattia ed alla chirurgia primaria è riportata nella tabella 19. Questi risultati confermano la robustezza dell’analisi della PFS come riportato nella tabella 18.

Tabella 19. Risultati della PFS1 in base allo stadio di malattia e allo stato di citoriduzione chirurgica ottenuti dallo studio BO17707 (ICON7)

Pazienti randomizzate in stadio II

I con citoriduzione ottimale di malattia2,3

CP (n = 368)

CPB7.5+ (n = 383)

PFS mediana (mesi)

17,7

19,3

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,89 (0,74; 1,07)

Pazienti randomizzate in stadio II

I con citoriduzione subottimale d

i malattia3

CP (n = 154)

CPB7.5+ (n = 140)

PFS mediana (mesi)

10,1

16,9

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,67 (0,52, 0,87)

Pazienti randomizzate in stadio IV di malattia

CP (n = 97)

CPB7.5+ (n = 104)

43

PFS mediana (mesi)

10,1

13,5

Hazard ratio (IC al 95%)4

0,74 (0,55; 1,01)

Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei dati al 30 novembre 2010.

2

3

4

Con o senza residuo di malattia macroscopico.

Il 5,8% di tutte le pazienti randomizzate era in stadio IIIB di malattia. Relativamente al braccio di controllo.

Cancro dell’ovaio in recidiva

La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento della recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio o carcinoma peritoneale primario sono state studiate in studi di fase III (AVF4095g e GOG-0213) con diversi regimi chemioterapici e popolazioni di pazienti.

Lo studio AVF4095g ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a carboplatino e gemcitabina seguiti da bevacizumab in monoterapia nelle pazienti con recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio, alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platinosensibili. Lo studio GOG-0213 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a carboplatino e paclitaxel seguiti da bevacizumab in monoterapia nelle pazienti con recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio, alle tube di Falloppio o peritoneale primario platino-sensibili.

AVF4095g

Lo studio randomizzato di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo (AVF4095g) ha valutato la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento di pazienti con recidiva di malattia platinosensibile di cancro epiteliale dell’ovaio, cancro della tuba di Falloppio o nel carcinoma peritoneale primario, che non avevano ricevuto una precedente chemioterapia per la recidiva o un precedente trattamento con bevacizumab. Lo studio ha confrontato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia con carboplatino e gemcitabina seguito da uso continuativo di bevacizumab in monoterapia fino alla progressione della malattia, rispetto alla sola chemioterapia con carboplatino e gemcitabina.

Sono state incluse nello studio esclusivamente pazienti con cancro dell’ ovaio, carcinoma primario peritoneale o cancro della tuba di Falloppio istologicamente documentato in recidiva dopo almeno 6 mesi dal termine di una chemioterapia a base di platino e che non avevano ricevuto chemioterapia per la recidiva né una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori di VEGF o altri agenti mirati al recettore VEGF.

Un totale di 484 pazienti con malattia misurabile sono state randomizzate 1:1 a:

carboplatino (AUC 4, giorno 1) e gemcitabina (1000 mg/m2nei giorni 1 e 8) e placebo concomitante ogni 3 settimane per 6 cicli e fino a 10 cicli, seguiti da solo placebo (ogni 3 settimane) fino alla progressione della malattia o tossicità inaccettabile; carboplatino (AUC 4, giorno 1) e gemcitabina (1000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) ebevacizumab concomitante (15 mg/kg al giorno 1) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino a 10 cicli seguiti da bevacizumab (15 mg/kg ogni 3 settimane) in monoterapia fino alla progressione della malattia o tossicità inaccettabile.

L’endpoint primario era la sopravvivenza libera da progressione basata sulla valutazione dello sperimentatore con RECIST 1.0 modificato. Ulteriori endpoint comprendevano la risposta oggettiva, la durata della risposta, la sopravvivenza globale e la sicurezza. È stata condotta anche una revisione indipendente dell’endpoint primario.

I risultati di questo studio sono riassunti nella Tabella 20.

Tabella 20. Risultati di efficacia dello studio AVF4095

44

Sopravvivenza libera da progressione

Valutazione dello sperimentatore

Valutazione dell’IRC

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

Non censurati per NPT

PFS mediana (mesi)

8,4

12,4

8,6

12,3

Hazard ratio (IC al 95%)

0,524 [0,425; 0.645]

0,480 [0,377; 0,613]

valore p

<0,0001

<0,0001

Censurati per NPT

PFS mediana (mesi)

8,4

12,4

8,6

12,3

Hazard ratio (IC al 95%)

0,484 [0,388; 0,605]

0,451 [0,351; 0,580]

Valore p

<0,0001

<0,0001

Tasso di risposta obiettiva

Valutazione dello sperimentatore

Valutazione dell’IRC

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

% pazienti con risposta obiettiva

57,4%

78,5%

53,7%

74,8%

Valore di p

<0,0001

<0,0001

Sopravvivenza globale

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

OS mediana (mesi)

32,9

33,6

Hazard ratio (IC al 95%)

0,952 [0,771; 1,176]

Valore p

0,6479

Le analisi della PFS per sottogruppi definiti in base al tempo alla recidiva dall’ultima terapia con platino sono riassunte nella tabella 21.

Tabella 21. Sopravvivenza libera da progressione nel tempo dall’ultima terapia con platino alla recidiva

45

Valutazione d

ello sperimentatore

Intervallo tra ultima terapia con platino e recidiva

Placebo + C/G (n = 242)

Bevacizumab + C/G (n = 242)

6–12 mesi (n = 202)

Mediana

8,0

11,9

Hazard ratio (IC al 95%)

0,41 (0,29–0,58)

>12 mesi (n = 282)

Mediana

9,7

12,4

Hazard ratio (IC al 95%)

0,55 (0,41–0,73)

GOG-0213

Lo studio GOG-0213, una sperimentazione di fase III randomizzata, controllata e in aperto, ha esaminato la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento di pazienti con recidiva di cancro epiteliale dell’ovaio, alle tube di Falloppio o peritoneale primario platino-sensibili non precedentemente sottoposte a chemioterapia nel contesto recidivante. Non era previsto alcun criterio di esclusione rispetto a pregresse terapie anti-angiogeniche. Lo studio ha valutato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab a carboplatino + paclitaxel e dal prosieguo del trattamento con bevacizumab in monoterapia fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile rispetto all’uso dei soli carboplatino + paclitaxel. Nel complesso sono state randomizzate 673 pazienti in misura uguale nei due bracci di trattamento riportati di seguito:

braccio CP: carboplatino (AUC5) e paclitaxel (175 mg/m2 e.v.) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli braccio CPB: carboplatino (AUC5) e paclitaxel (175 mg/m2 e.v.) e bevacizumab concomitante (15 mg/kg) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti da bevacizumab (15 mg/kg ogni 3 settimane) in monoterapia fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile.

La maggior parte delle pazienti di entrambi i bracci CP (80,4%) e CPB (78,9%) era di etnia caucasica. L’età mediana era di 60,0 anni nel braccio CP e di 59,0 anni nel braccio CPB. La maggior parte delle pazienti rientrava (CP: 64,6%; CPB: 68,8%) nella fascia d’età <65 anni. Al basale, la maggior parte delle pazienti in entrambi i bracci di trattamento presentava un PS secondo il Gynecologic Oncology Group (GOG) pari a 0 (CP: 82,4%; CPB: 80,7%) o 1 (CP: 16,7%; CPB: 18,1%). Lo 0,9% delle pazienti nel braccio CP e l’ 1,2% di quelle nel braccio CPB hanno evidenziato un PS GOG pari a 2 al basale.

L’endpoint primario di efficacia era la sopravvivenza globale (OS), mentre il principale endpoint secondario di efficacia era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). I risultati sono riportati nella tabella 22.

46

Tabella 22. Risultati di efficacia1,2 re­lativi allo studio GOG-0213

Endpoint primario

Sopravvivenza globale (OS)

CP (n = 336)

CPB (n = 337)

OS mediana (mesi)

37,3

42,6

Hazard ratio (IC al 95%) (eCRF)a

0,823 [IC: 0,680; 0,996]

Valore p

0,0447

Hazard ratio (IC al 95%) (scheda di registrazione)b

0,838 [IC: 0,693; 1,014]

Valore p

0,0683

Endpoint secondario

Sopravvivenza libera da progressione (PFS)

CP (n = 336)

CPB (n = 337)

PFS mediana (mesi)

10,2

13,8

Hazard ratio (IC al 95%)

0,613 [IC: 0,521; 0,721]

Valore p

<0,0001

Analisi finale

Le valutazioni tumorali e della risposta sono state determinate dagli sperimentatori mediante i criteri RECIST GOG (Revised RECIST guideline [version 1.1]. Eur J Cancer. 2009;45:228Y247).

L’hazard ratio è stato stimato mediante modelli a rischi proporzionali di Cox stratificati in funzione della durata dell’intervallo libero da platino prima dell’arruolamento nello studio in base alla eCRF (scheda raccolta dati elettronica) e in funzione dello stato di citoriduzione chirurgica secondaria Sì/No (Sì = paziente randomizzata a essere sottoposta a citoriduzione o randomizzata a non essere sottoposta a citoriduzione; No = paziente non candidata o che non ha acconsentito alla citoriduzione).

Stratificato in funzione della durata dell’intervallo libero da trattamento prima dell’arruolamento nello studio in base alla scheda di registrazione e in funzione dello stato di citoriduzione chirurgica secondaria Sì/No.

Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della OS. Il trattamento con bevacizumab a 15 mg/kg ogni 3 settimane in associazione a chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti da bevacizumab fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile ha determinato, quando i dati sono stati ricavati dalla eCRF, un miglioramento clinicamente e statisticamente significativo della OS rispetto al trattamento con i soli carboplatino e paclitaxel.

Carcinoma della cervice

GOG-0240

L’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione a chemioterapia (paclitaxel e cisplatino o paclitaxel e topotecan) nel trattamento di pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico sono state analizzate nella sperimentazione GOG-0240, uno studio di fase III, randomizzato, a quattro bracci, in aperto e multicentrico.

Complessivamente 452 pazienti sono state randomizzate al trattamento con:

paclitaxel 135 mg/m2 e.v. nell’arco di 24 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 2, ogni 3 settimane (q3w); o

paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 2

(q3w); o

paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 1

(q3w)

47

paclitaxel 135 mg/m2 e.v. nell’arco di 24 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 2 + bevacizumab 15 mg/kg e.v. al Giorno 2 (q3w); o paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 2 + bevacizumab 15 mg/kg e.v. al Giorno 2 (q3w); o paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 e.v. al Giorno 1 + bevacizumab 15 mg/kg e.v. al Giorno 1 (q3w) paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e topotecan 0,75 mg/m2 e.v. nell’arco di 30 minuti nei Giorni 1–3 (q3w) paclitaxel 175 mg/m2 e.v. nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e topotecan 0,75 mg/m2 e.v. nell’arco di 30 minuti nei Giorni 1–3 + bevacizumab 15 mg/kg e.v. al Giorno 1 (q3w)

Le pazienti eleggibili presentavano carcinoma squamoso, carcinoma adenosquamoso o adenocarcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico non suscettibile di trattamento con intento curativo mediante intervento chirurgico e/o radioterapia e non erano state pretrattate con bevacizumab o altri inibitori del VEGF oppure con agenti mirati ai recettori VEGF.

L’età mediana era di 46,0 anni (range: 20–83) nel gruppo trattato con sola chemioterapia e di 48,0 anni (range: 22–85) nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab, con una percentuale di pazienti di età superiore ai 65 anni rispettivamente del 9,3% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e del 7,5% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab.

La maggior parte delle 452 pazienti randomizzate al basale era caucasica (80,0% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 75,3% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), presentava carcinoma squamoso (67,1% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 69,6% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), persistenza/re­cidiva di malattia (83,6% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 82,8% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), 1–2 sedi metastatiche (72,0% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 76,2% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), coinvolgimento linfonodale (50,2% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 56,4% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab) e intervallo libero da platino ≥6 mesi (72,5% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 64,4% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab).

L’endpoint primario di efficacia era la sopravvivenza globale. Gli endpoint secondari di efficacia comprendevano la sopravvivenza libera da progressione e il tasso di risposta obiettiva. I risultati della analisi primaria e dell’analisi di follow-up sono illustrati in funzione del trattamento con bevacizumab e del trattamento sperimentale rispettivamente nella Tabella 23 e 24.

Tabella 23. Risultati di efficacia dello studio GOG-0240 con il trattamento a base di bevacizumab

Chemioterapia (n = 225)

Chemioterapia + bevacizumab (n = 227)

Endpoint primario

Sopravvivenza globale – Analisi primaria6

Mediana (mesi)1

12,9

16,8

Hazard ratio [IC al 95%]

0,74 [0,58; 0,94] (valore p5 = 0,0132)

Sopravvivenza globale – Analisi di follow-up7

Mediana (mesi)1

13,3

16,8

Hazard ratio [IC al 95%]

0,76 [0,62; 0,94] (valore p5,8 = 0,0126)

Endpoint secondari

Sopravvivenza libera da progressione – Analisi primaria6

PFS mediana (mesi)1

6,0

8,3

48

Hazard ratio [IC al 95%]

0,66 [0,54; 0,81] (valore p5 <0,0001)

Migliore risposta globale – Analisi primaria6

Responder (tasso di risposta2)

76 (33,8%)

103 (45,4%)

IC al 95% per i tassi di risposta3

[27,6%;

40,4%]

[38,8%, 52,1%]

Differenza tra i tassi di risposta

11,60%

IC al 95% per la differenza tra i tassi di risposta4

[2,4%; 20,8%]

Valore p (test chi-quadro)

0,0117

Stime secondo Kaplan-Meier.

2

Pazienti e percentuale di pazienti con risposta parziale (PR) o risposta completa (CR) confermata come migliore risposta globale; percentuale calcolata su pazienti con malattia misurabile al basale.

3

4

5

6

7

8

IC al 95% per un campione binomiale secondo il metodo di Pearson-Clopper.

IC al 95% approssimato per la differenza tra i due tassi secondo il metodo di Hauck-Anderson.

Test log-rank (stratificato).

L’analisi primaria è stata effettuata con una data di cut-off dei dati al 12 dicembre 2012 ed è considerata come l’analisi finale.

L’analisi di follow-up è stata effettuata con una data di cut-off dei dati al 7 marzo 2014.

Il valore p è mostrato solo a scopo descrittivo.

Tabella 24. Risultati relativi alla sopravvivenza globale dello studio GOG

Confronto tra trattamenti

Altro fattore

Sopravvivenza globale -Analisi primaria1 Hazard ratio (IC al 95%)

Sopravvivenza globale -Analisi primaria2 Hazard ratio (IC al 95%)

Bevacizumab versus trattamento senza bevacizumab

Cisplatino + paclitaxel

0,72 (0,51; 1,02) (17,5 versus 14,3 mesi; p = 0,0609)

0,75 (0,55; 1,01) (17,5 versus 15,0 mesi;

p = 0,0584)

Topotecan + paclitaxel

0,76 (0,55; 1,06) (14,9 versus 11,9 mesi; p = 0,1061)

0,79 (0,59; 1,07) (16,2 versus 12,0 mesi: p = 0,1342)

Topotecan + paclitaxel versus cisplatino + paclitaxel

Bevacizumab

1,15 (0,82; 1,61) (14,9 versus 17,5 mesi; p = 0,4146)

1,15 (0,85; 1,56) (16,2 versus 17,5 mesi; p = 0,3769)

Trattamento senza bevacizumab

1,13 (0,81; 1,57) (11,9 versus 14,3 mesi; p = 0,4825)

1,08 (0,80; 1,45) (12,0 versus 15,0 mesi; p = 0,6267)

L’analisi primaria è stata effettuata con un cut-off dei dati al 12 dicembre 2012 ed è considerata come l’analisi finale.

L’analisi di follow-up è stata effettuata con un cut-off dei dati al 7 marzo 2014.; tutti i valori p sono mostrati solo a scopo descrittivo.

Popolazione pediatrica

L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per carcinoma della mammella, adenocarcinoma del colon e del retto, carcinoma del polmone (carcinoma a piccole cellule e carcinoma non a piccole cellule), carcinoma del rene e della pelvi renale (esclusi nefroblastoma, nefroblastomatosi, sarcoma a cellule chiare, nefroma meroblastico, cancro a cellule renali midollare e tumore rabdoide del rene), cancro dell’ovaio (escluso il rabdomiosarcoma e i tumori a cellule germinali), cancro della tuba di Falloppio (escluso il rabdomiosarcoma e i tumori a cellule germinali), carcinoma peritoneale (esclusi i blastomi e i sarcomi) e carcinoma della cervice e del corpo dell’utero.

Glioma di alto grado

49

Non è stata osservata attività antitumorale in due studi precedenti su un totale di 30 bambini di età

>3 anni con glioma di alto grado recidivante o progressivo quando trattati con bevacizumab e irinotecan (CPT 11). Non ci sono informazioni sufficienti per determinare la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini con nuova diagnosi di glioma di alto grado.

 In uno studio a braccio singolo (PBTC-022), 18 bambini con glioma di alto grado non pontino recidivante o progressivo (di cui 8 con glioblastoma [Grado IV OMS], 9 con astrocitoma anaplastico [Grado III] e 1 con oligodendroglioma anaplastico [Grado III]) sono stati trattati con bevacizumab (10 mg/kg) a due settimane di distanza e poi con bevacizumab in associazione a CPT-11 (125350 mg/m2) una volta ogni due settimane fino alla progressione. Non ci sono state risposte radiologiche (criteri di MacDonald) obiettive (parziali o complete). La tossicità e le reazioni avverse hanno compreso ipertensione arteriosa e fatica così come ischemia del SNC con deficit neurologico acuto.

 In una serie retrospettiva effettuata presso una singola istituzione, 12 bambini con glioma di alto grado recidivante o progressivo (3 con Grado IV OMS, 9 con Grado III) sono stati trattati consecutivamente (dal 2005 al 2008) con bevacizumab (10 mg/kg) e irinotecan (125 mg/m2) ogni 2 settimane. Sono state registrate 2 risposte parziali e nessuna risposta completa (criteri di MacDonald).

In uno studio randomizzato di fase II (BO25041), 121 pazienti totali di età compresa tra ≥3 anni e <18 anni affetti da glioma di alto grado (HGG) di nuova diagnosi sovratentoriale o infratentoriale cerebellare o peduncolare sono stati trattati con radioterapia (RT) post-operatoria e temozolomide (T) adiuvante in associazione o meno a bevacizumab: 10 mg/kg ogni 2 settimane e.v.

Lo studio non ha raggiunto l’endpoint primario che prevedeva di dimostrare un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da eventi (EFS; valutata dal comitato di revisione radiologico centrale [Central Radiology Review Committee, CRRC]) con l’aggiunta di bevacizumab al braccio RT/T rispetto al solo trattamento con RT/T (HR = 1,44; IC al 95%: 0,90; 2,30). Questi risultati si sono rivelati coerenti con quelli ottenuti in varie analisi di sensibilità ed in sottogruppi clinicamente rilevanti. Gli esiti di tutti gli endpoint secondari (EFS valutata dallo sperimentatore, ORR e OS) hanno confermato l’assenza di miglioramenti associati all’aggiunta di bevacizumab al braccio RT/T rispetto al braccio trattato con solo RT/T.

L’aggiunta di bevacizumab al trattamento con RT/T non ha dimostrato alcun beneficio clinico nello studio BO25041 in 60 bambini valutabili affetti da glioma di alto grado (HGG) di nuova diagnosi sovratentoriale o infratentoriale cerebellare o peduncolare (per informazioni sull’uso pediatrico, vedere paragrafo 4.2).

Sarcoma dei tessuti molli

In uno studio randomizzato di fase II (BO20924), 154 pazienti di età compresa tra ≥6 mesi e <18 anni affetti da sarcoma dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma metastatico di nuova diagnosi sono stati trattati con la terapia standard (induzione con IVADO/IVA +/- terapia locale seguita da vinorelbina e ciclofosfamide di mantenimento) associata o meno a bevacizumab (2,5 mg/kg/set­timana) per un trattamento della durata complessiva di circa 18 mesi. Al momento dell’analisi primaria finale, l’endpoint primario di sopravvivenza libera da eventi (EFS) valutato dalla commissione di revisione centrale indipendente non ha evidenziato alcuna differenza statisticamente significativa tra i due bracci di trattamento, con un HR pari a 0,93 (IC al 95%: 0,61–1,41; valore p = 0,72). La differenza in ORR valutata dalla commissione di revisione centrale indipendente è stata del 18% (IC: 0,6%-35,3%) fra i due bracci di trattamento nei pochi pazienti che avevano un tumore valutabile al basale e che avevano ricevuto una risposta prima di ricevere qualsiasi terapia locale: 27/75 pazienti (36,0%; IC al 95%: 25,2%, 47,9%) nel braccio della chemioterapia e 34/63 pazienti (54,0%, IC al 95%: 40,9%, 66,6%) nel braccio con bevacizumab e chemioterapia. Le analisi finali della sopravvivenza globale (OS) non hanno evidenziato alcun beneficio clinico significativo derivante dall’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia in questa popolazione di pazienti.

50

L’aggiunta di bevacizumab alla terapia standard non ha dimostrato un beneficio clinico nello studio clinico BO20924 su 71 bambini valutabili (dall’età di 6 mesi a meno di 18 anni) affetti da sarcoma dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma metastatico (vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).

L’incidenza degli eventi avversi (EA), ivi inclusi gli EA di grado > 3 e gli eventi avversi gravi (SAE), è risultata simile tra i due bracci di trattamento. In essi non sono stati osservati EA fatali; tutti i decessi sono stati attribuiti alla progressione della malattia. L’aggiunta di bevacizumab alla terapia standard multimodale è sembrata essere tollerata in questa popolazione pediatrica.

5.2 proprietà farmacocinetiche

Sono disponibili i dati farmacocinetici relativi a bevacizumab raccolti in dieci studi clinici effettuati su pazienti con neoplasie solide. In tutti gli studi clinici bevacizumab è stato somministrato in infusione e.v. La velocità di infusione è dipesa dalla tollerabilità, con una durata iniziale di infusione pari a 90 minuti. Il profilo farmacocinetico di bevacizumab è risultato lineare a dosaggi da 1 a 10 mg/kg.

Distribuzione

Il tipico valore del volume del compartimento centrale (Vc) è stato di 2,73 L e 3,28 L rispettivamente per i pazienti di sesso femminile e maschile, valori nell’intervallo che è stato descritto per le IgG e gli altri anticorpi monoclonali. Il tipico valore del volume del compartimento periferico (Vp) è stato di 1,69 L e 2,35 L rispettivamente per i pazienti di sesso femminile e maschile, quando bevacizumab è somministrato con agenti antineoplastici. Dopo correzione per il peso corporeo, i pazienti di sesso maschile avevano un Vc più ampio (+20%) rispetto alle pazienti di sesso femminile.

Biotrasformazione

Dall’analisi del metabolismo di bevacizumab in conigli trattati con una singola dose e.v. di 125I-bevacizumab, è emerso un profilo metabolico simile a quello atteso per una molecola di IgG nativa che non si lega al VEGF. Il metabolismo e l’eliminazione di bevacizumab è simile a quello delle IgG endogene, quindi primariamente attraverso il catabolismo proteolitico in ogni parte del corpo, incluse le cellule endoteliali e non si basa primariamente sull’eliminazione attraverso i reni e il fegato. Il legame delle IgG al recettore FcRn determina una protezione dal metabolismo cellulare e una lunga emivita terminale.

Eliminazione

Il valore della clearance è in media uguale a 0,188 e a 0,220 L/die rispettivamente per i pazienti di sesso femminile e maschile. Dopo correzione per il peso corporeo, i pazienti di sesso maschile avevano una clearance di bevacizumab più alta (+17%) delle pazienti di sesso femminile. In relazione al modello bicompartimentale, l’emivita di eliminazione è di 18 giorni per una tipica paziente di sesso femminile e 20 giorni per un tipico paziente di sesso maschile.

Bassi valori di albumina e un grosso carico (burden) tumorale sono generalmente indicatori di severità di malattia. La clearance di bevacizumab è stata approssimativamente il 30% più rapida nei pazienti con bassi livelli sierici di albumina ed il 7% più rapida in soggetti con grosso burden tumorale quando confrontati con un tipico paziente con valori di albumina e con un burden tumorale nella media.

Farmacocinetica in particolari popolazioni di pazienti

La farmacocinetica di popolazione è stata analizzata in pazienti adulti e pediatrici per valutare gli effetti delle caratteristiche demografiche. Dai risultati di tale analisi sugli adulti non è emersa una differenza significativa nella farmacocinetica di bevacizumab in base all’età.

Compromissione renale

51

Non sono stati effettuati studi per analizzare la farmacocinetica di bevacizumab in pazienti con compromissione renale dal momento che i reni non sono un organo fondamentale per il metabolismo o l’escrezione di bevacizumab.

Compromissione epatica

Non sono stati effettuati studi per analizzare la farmacocinetica di bevacizumab in pazienti con compromissione epatica dal momento che il fegato non è un organo fondamentale per il metabolismo o l’escrezione di bevacizumab.

Popolazione pediatrica

La farmacocinetica di bevacizumab è stata valutata mediante un modello farmacocinetico di popolazione in 152 bambini, adolescenti e giovani adulti (di età compresa tra 7 mesi e 21 anni e di peso corporeo tra 5,9–125 kg) afferenti a 4 studi clinici. I risultati di farmacocinetica dimostrano che la clearance e il volume di distribuzione di bevacizumab erano comparabili tra pazienti pediatrici e giovani adulti quando normalizzati in funzione del peso corporeo, con un’esposizione caratterizzata dalla tendenza a diminuire con la riduzione del peso corporeo. Quando è stato preso in considerazione il peso corporeo, l’età non era associata alla farmacocinetica di bevacizumab.

In 70 pazienti pediatrici dello studio BO20924 (1,4–17,6 anni; 11,6–77,5 kg) e 59 pazienti dello studio BO25041 (1–17 anni; 11,2–82,3 kg), la farmacocinetica di bevacizumab è stata ben caratterizzata mediante il modello farmacocinetico di popolazione pediatrica. Nello studio BO20924, l’esposizione a bevacizumab è risultata generalmente inferiore a quella osservata in un tipico paziente adulto trattato alla medesima dose, mentre nello studio BO25041 l’esposizione a bevacizumab si è rivelata simile a quella riscontrata in un tipico adulto trattato alla stessa dose. In entrambi gli studi, l’esposizione a bevacizumab ha registrato una tendenza alla diminuzione con la riduzione del peso corporeo.

5.3 dati preclinici di sicurezza

In studi della durata massima di 26 settimane effettuati su scimmie cynomolgus, è stata osservata una displasia epifisaria in animali giovani con cartilagini di accrescimento aperte, a concentrazioni sieriche medie di bevacizumab inferiori alle concentrazioni terapeutiche sieriche medie attese nell’uomo. Nel coniglio, bevacizumab ha inibito il processo di cicatrizzazione di ferite a dosi inferiori alla dose clinica proposta. Gli effetti sul processo di cicatrizzazione di ferite sono risultati però del tutto reversibili.

Non sono stati effettuati studi per valutare il potenziale mutagenico e carcinogenico di bevacizumab.

Non sono stati effettuati studi specifici sugli animali per valutare l’effetto sulla fertilità. È comunque lecito attendersi un effetto avverso sulla fertilità della donna, in quanto gli studi effettuati sugli animali circa la tossicità legata alla somministrazione di dosi multiple hanno fatto rilevare un’inibizione della maturazione dei follicoli ovarici e una riduzione/assenza di corpi lutei, con la conseguente riduzione del peso di ovaie e utero, nonché del numero di cicli mestruali.

Bevacizumab è risultato embriotossico e teratogeno nel coniglio. Gli effetti osservati hanno incluso riduzione del peso materno e fetale, aumento del numero di riassorbimenti fetali e maggior incidenza di specifiche malformazioni gravi e di malformazioni dello scheletro fetale. Esiti fatali a carico del feto sono stati osservati a tutti i dosaggi testati; la dose più bassa somministrata ha determinato concentrazioni sieriche medie di circa 3 volte maggiori rispetto a quelle rilevabili nell’uomo in seguito alla somministrazione di 5 mg/kg ogni 2 settimane. Informazioni relative a malformazioni fetali osservate dopo la commercializzazione sono fornite nei paragrafi 4.6 e 4.8.

6. informazioni farmaceutiche

6.1 elenco degli eccipienti

52

Sodio L-glutammato

Sorbitolo (E420)

Polisorbato 80

Acido cloridrico (per aggiustamento del pH)

Acqua per preparazioni iniettabili

6.2 incompatibilità

Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.

Quando bevacizumab viene diluito con soluzioni di glucosio (5%), si osserva un profilo di degradazione dipendente dalla concentrazione.

6.3 periodo di validità

Flaconcino non aperto

3 anni

Medicinale diluito

La stabilità chimica e fisica durante l’uso è stata dimostrata per 32 giorni a temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C più altre 48 ore a temperatura compresa tra 2 °C e 30 °C in una soluzione per iniezioni di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%). Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere utilizzato immediatamente. Nel caso in cui l’utilizzo non fosse immediato, l’utilizzatore è da ritenersi responsabile dei tempi e delle condizioni di conservazione, che normalmente non dovrebbero superare le 24 ore a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.

6.4 precauzioni particolari per la conservazione

Conservare in frigorifero (2 °C – 8 °C).

Non congelare.

Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.

Per le condizioni di conservazione dopo diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.

6.5 natura e contenuto del contenitore

4 mL di soluzione in un flaconcino (vetro di Tipo I) con tappo (gomma butilica) contenente 100 mg di bevacizumab.

16 mL di soluzione in un flaconcino (vetro di Tipo I) con tappo (gomma butilica) contenente 400 mg di bevacizumab.

Confezione da 1 flaconcino.

6.6 precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione

Equidacent deve essere preparato da un operatore sanitario con tecnica asettica per assicurare la sterilità della soluzione finale preparata. Per preparare Equidacent devono essere usati un ago e una siringa sterili.

La quantità di bevacizumab necessaria deve essere prelevata e diluita fino al volume di somministrazione opportuno con soluzione iniettabile di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%). La concentrazione della soluzione finale di bevacizumab deve essere mantenuta in un intervallo

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compreso tra 1,4 mg/mL e 16,5 mg/mL. Nella maggior parte dei casi la quantità necessaria di Equidacent può essere diluita con soluzione di cloruro di sodio allo 0,9% per soluzione iniettabile fino a un volume totale di 100 mL.

Le specialità medicinali destinate alla somministrazione per via parenterale devono essere sottoposte a un esame visivo prima di essere somministrate, onde escludere la presenza di particolato e segni di variazione di colore.

Non sono state osservate incompatibilità tra Equidacent e le sacche o i set per infusione in polivinilcloruro o poliolefine.

Equidacent è esclusivamente monouso, poiché il prodotto non contiene conservanti. Il medicinale non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Centus Biotherapeutics Europe Limited

South Bank House, Barrow Street

Dublin 4

Irlanda

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

EU/1/20/1472/001

EU/1/20/1472/002

9. data della prima autorizzazione/rinnovo dell’autorizzazione

Data della prima autorizzazione: 24 settembre 2020

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO

Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali,.

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Documento reso disponibile da AIFA il 12/11/2021

Esula dalla competenza dell’AIFA ogni eventuale disputa concernente i diritti di proprietà industriale e la tutela brevettuale dei dati relativi all’AIC dei medicinali e, pertanto, l’Agenzia non può essere ritenuta responsabile in alcun modo di eventuali violazioni da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (o titolare AIC).

ALLEGATO II

A. PRODUTTORE DEL PRINCIPIO ATTIVO BIOLOGICO E PRODUTTORE RESPONSABILE DEL RILASCIO DEI LOTTI

B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E UTILIZZO

C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

D. CONDIZIONI O LIMITAZIONI PER QUANTO RIGUARDA L’USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE

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A. PRODUTTORE DEL PRINCIPIO ATTIVO BIOLOGICO E PRODUTTORE RESPONSABILE DEL RILASCIO DEI LOTTI

Nome e indirizzo del produttore del principio attivo biologico

Kyowa Kirin Co., Ltd.

Takasaki Plant, 100–1 Hagiwara-machi,

Takasaki, Gunma, 370–0013,

Giappone

Nome e indirizzo del produttore responsabile del rilascio dei lotti

PNR Pharma Services Limited

Skybridge House, Corballis Road North, Dublin Airport,

Swords, Co. Dublin, K67 P6K2,

Irlanda

B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E DI UTILIZZO

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