Riassunto delle caratteristiche del prodotto - SEREUPIN
1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE SEREUPIN 20 mg compresse rivestite con film SEREUPIN 20 mg/10 ml sospensione orale
2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA
SEREUPIN 20 mg compresse rivestite con film
Ogni compressa rivestita con film contiene paroxetina 20 mg (come paroxetina cloridrato emiidrato)
Ogni 10 ml di sospensione orale contengono 20 mg di paroxetina (come paroxetina cloridrato emiidrato)
Eccipienti con effetti noti – 10 ml di sospensione orale contengono:
– 20 mg di metil paraidrossibenzoato
– 6 mg di propil paraidrossibenzoato
– 0,9 mg del colorante giallo arancio FCF (E110)
– 4 g di sorbitolo (E420)
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. forma farmaceutica
Compressa rivestita con film
Compresse bianche, rivestite con film, di forma ovale biconvessa con impresso “20” su un lato e con una linea di frattura sull’altro lato. La compressa da 20 mg può essere divisa, se necessario, in due dosi uguali.
Sospensione orale
Sospensione di colore arancio brillante leggermente viscosa con odore di arancia, priva di corpi estranei.
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Trattamento di
Episodio di depressione maggiore Disturbo ossessivo compulsivo Disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale Disturbo d’ansia generalizzata Disturbo da stress post-traumatico4.2 posologia e modo di somministrazione
Posologia
La dose raccomandata è di 20 mg, una volta al giorno. In generale, il miglioramento nei pazienti inizia dopo una settimana, ma può divenire evidente solo dalla seconda settimana di terapia.
Come per tutti i farmaci antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato se necessario entro le prime tre – quattro settimane dall'inizio della terapia ed in seguito come ritenuto clinicamente appropriato.
In alcuni pazienti, che hanno una risposta insufficiente alla dose di 20 mg, la dose può essere aumentata gradualmente fino ad un massimo di 50 mg al giorno, con aumenti graduali di 10 mg, in
Documento reso disponibile da AIFA il 29/04/2021
base alla risposta del paziente.
I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo sufficiente di almeno sei mesi per assicurarsi che siano liberi da sintomi.
La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con aumenti di 10 mg sino alla dose raccomandata. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno.
I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo devono essere trattati per un periodo sufficiente per assicurarsi che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).
La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 10 mg al giorno e la dose aumentata gradualmente, con aumenti di 10 mg alla dose raccomandata, in base alla risposta del paziente.
Un basso dosaggio iniziale è raccomandato per ridurre al minimo il potenziale peggioramento della sintomatologia da panico, come si è osservato generalmente nel trattamento iniziale di questo disturbo. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose fino ad un massimo di 60 mg al giorno.
I pazienti con disturbo da attacchi di panico devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno.
L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno.
L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1).
INFORMAZIONI GENERALI
Si deve evitare un’interruzione brusca del trattamento (vedere paragrafo 4.4 e paragrafo 4.8).
Il regime a riduzioni graduali della posologia usato negli studi clinici ha utilizzato un decremento progressivo del dosaggio giornaliero pari a 10 mg ad intervalli settimanali.
Se si dovessero manifestare, a seguito della riduzione della dose o al momento della interruzione del trattamento, sintomi non tollerabili, si può prendere in considerazione il ripristino della dose prescritta in precedenza. Successivamente il medico può continuare a ridurre la dose, ma in modo più graduale.
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Popolazioni speciali
AnzianiNei soggetti anziani è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina, tuttavia il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello osservato in soggetti più giovani.
Il trattamento deve iniziare alle stesse dosi utilizzate nell'adulto. In alcuni pazienti può essere utile l’incremento della dose, ma la dose massima non può superare i 40 mg al giorno.
Bambini e adolescenti (7–17 anni)La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini ed adolescenti in quanto è stato riscontrato in studi clinici controllati come la paroxetina sia associata ad un aumento del rischio di comportamento suicidario e di atteggiamento ostile. Inoltre in tali studi l’efficacia non è stata dimostrata in modo adeguato (vedere paragrafo 4.4 e paragrafo 4.8).
Bambini di età inferiore ai 7 anniL’uso di paroxetina in bambini di età inferiore a 7 anni non è stato studiato. La paroxetina non deve essere usata fino a quando la sicurezza e l’efficacia in questo gruppo di età non siano state determinate.
Compromissione renale/epaticaIn pazienti con compromissione renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) o in pazienti con compromissione epatica è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina. Pertanto il dosaggio deve essere limitato alle dosi più basse dell’intervallo posologico.
Modo di somministrazione
Si raccomanda di somministrare la paroxetina una volta al giorno, al mattino con del cibo.
Le compresse devono essere deglutite piuttosto che masticate.
Agitare il flacone prima dell’uso.
4.3 controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
La paroxetina è controindicata in associazione con farmaci inibitori delle monoamino-ossidasi (MAO-inibitori). In casi eccezionali, linezolid (un antibiotico che è un MAO-inibitore non selettivo reversibile) può essere somministrato in associazione con paroxetina a condizione che sia possibile l’attenta osservazione dei sintomi della sindrome serotoninergica ed il monitoraggio della pressione arteriosa (vedere paragrafo 4.5).
Il trattamento con paroxetina può essere iniziato:
– due settimane dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore irreversibile o
– almeno 24 ore dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile (per esempio moclobemide, linezolid, metiltioninio cloruro (blu di metilene, un agente per visualizzare in fase preoperatoria che è un MAO-inibitore non selettivo reversibile)).
L’inizio della terapia con qualsiasi MAO-inibitore deve avvenire ad almeno una settimana di distanza dall’interruzione del trattamento con paroxetina.
La paroxetina non deve essere usata in associazione a tioridazina poichè, come con altri farmaci inibitori dell’enzima epatico CYP450 2D6, la paroxetina può elevare i livelli plasmatici della tioridazina (vedere paragrafo 4.5).
La somministrazione di tioridazina da sola può indurre prolungamento dell’intervallo QTc associato a gravi aritmie ventricolari quali torsioni di punta e morte improvvisa.
La paroxetina non deve essere usata in associazione con pimozide (vedere paragrafo 4.5).
4.4 avvertenze speciali e precauzioni di impiego
Il trattamento con paroxetina deve essere iniziato con cautela due settimane dopo la cessazione del trattamento con MAO-inibitori irreversibili o 24 ore dopo la cessazione del trattamento con MAO-inibitori reversibili. Il dosaggio di paroxetina deve essere aumentato gradualmente fino a raggiungere una risposta ottimale (vedere paragrafo 4.3 e paragrafo 4.5).
La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini e adolescenti al di sotto dei 18 anni
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di età. Comportamenti suicidari (tentativi di suicidio e ideazione suicidaria) e ostilità (prevalentemente aggressività, comportamento di opposizione e collera) sono stati osservati con maggiore frequenza negli studi clinici effettuati su bambini e adolescenti trattati con antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo. Qualora, in base ad esigenze mediche, dovesse essere presa la decisione di effettuare comunque il trattamento, il paziente deve essere sorvegliato attentamente per quanto concerne la comparsa di sintomi suicidari. Per di più non sono disponibili i dati sulla sicurezza a lungo termine in bambini ed adolescenti relativi alla crescita, alla maturazione e allo sviluppo cognitivo e comportamentale.
La depressione è associata ad aumentato rischio di pensieri suicidari, autolesionismo e suicidio (suicidio/eventi correlati). Tale rischio persiste fino a che si verifichi una remissione significativa. Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento. È esperienza clinica in generale che il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi del miglioramento.
Altre patologie psichiatriche per le quali la paroxetina è prescritta possono anche essere associate ad un aumentato rischio di comportamento suicidario. Inoltre, queste patologie possono essere associate al disturbo depressivo maggiore. Quando si trattano pazienti con disturbi depressivi maggiori si devono, pertanto, osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con altre patologie psichiatriche.
Pazienti con anamnesi positiva per comportamento o pensieri suicidari, o che manifestano un grado significativo di ideazione suicidaria prima dell’inizio del trattamento, sono a rischio maggiore di ideazione suicidaria o di tentativi di suicidio, e devono essere attentamente controllati durante il trattamento.
Una metanalisi degli studi clinici condotti con farmaci antidepressivi in confronto con placebo nella terapia di disturbi psichiatrici, ha mostrato un aumento del rischio di comportamento suicidario nella fascia di età inferiore a 25 anni dei pazienti trattati con antidepressivi rispetto al placebo (vedere anche paragrafo 5.1).
La terapia farmacologica con antidepressivi deve essere sempre associata ad una stretta sorveglianza dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, specialmente nelle fasi iniziali del trattamento e dopo cambiamenti di dose.
I pazienti (o chi si prende cura di essi) devono essere avvertiti della necessità di monitorare e di riportare immediatamente al proprio medico curante qualsiasi peggioramento del quadro clinico, l’insorgenza di comportamento o pensieri suicidari o di cambiamenti comportamentali.
L’uso di paroxetina è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da una sensazione interna di irrequietezza e di agitazione psicomotoria quale l’impossibilità di sedere o stare immobile, generalmente associate ad un malessere soggettivo. Ciò è più probabile che accada entro le prime settimane di trattamento. In pazienti che presentano tali sintomi, l’aumento del dosaggio può essere dannoso.
In rare occasioni, sono stati riportati casi di comparsa della sindrome serotoninergica o della sindrome maligna da neurolettici, in associazione al trattamento con paroxetina, in particolare quando somministrata in concomitanza ad altri farmaci serotoninergici e/o neurolettici. Poiché tali sindromi possono comportare condizioni di potenziale pericolo di vita, si deve interrompere il trattamento con paroxetina in caso di comparsa di tali eventi (caratterizzati da quadri di sintomi, quali ipertermia, rigidità, mioclono, instabilità del sistema autonomo con possibile rapida fluttuazione dei segni vitali, cambiamenti dello stato mentale compresi confusione, irritabilità, agitazione estrema che evolve a delirio e coma) e deve essere iniziato un trattamento sintomatico di supporto. La paroxetina non deve essere usata in associazione a precursori della serotonina (quali L-triptofano, oxitriptano) a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
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Come con tutti gli antidepressivi, la paroxetina deve essere usata con cautela in pazienti con anamnesi positiva per mania.
La paroxetina deve essere sospesa in tutti i pazienti che entrano in una fase maniacale.
Si raccomanda cautela nei pazienti con insufficienza renale grave o nei pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).
Nei pazienti diabetici il trattamento con gli SSRI può alterare il controllo glicemico. Può essere necessario modificare il dosaggio dell’insulina e/o degli ipoglicemizzanti orali.
Inoltre ci sono stati studi che suggeriscono che un aumento nel livello di glucosio ematico può verificarsi quando paroxetina e pravastatina sono co-somministrate (vedere paragrafo 4.5).
Come con altri antidepressivi, la paroxetina deve essere usata con cautela in pazienti con epilessia.
L'incidenza complessiva di convulsioni in pazienti trattati con paroxetina è inferiore allo 0,1%. Il farmaco deve essere sospeso in tutti i pazienti che presentano crisi convulsive.
Esiste un'esperienza clinica limitata nella somministrazione concomitante di paroxetina con terapia elettroconvulsivante (ECT).
Come con altri SSRI, la paroxetina può causare midriasi e deve essere usata con cautela nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o con anamnesi positiva per glaucoma.
In pazienti con patologie cardiovascolari devono essere osservate le precauzioni consuete.
Raramente è stata riportata iponatriemia, prevalentemente negli anziani. Deve essere esercitata cautela anche in quei pazienti a rischio di iponatriemia, per esempio per terapie concomitanti e cirrosi.
L’iponatriemia è in genere reversibile dopo la sospensione della paroxetina.
Con gli SSRI sono stati riportati casi di disturbi emorragici a livello cutaneo, quali ecchimosi e porpora. Sono state riportate altre manifestazioni emorragiche, per esempio emorragie gastrointestinali e ginecologiche.
I pazienti anziani possono essere maggiormente a rischio di sanguinamenti non correlati a mestruazioni.
Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, a farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o ad altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazina, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori) e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie (vedere paragrafo 4.8).
La paroxetina, un potente inibitore di CYP2D6, può portare alla riduzione delle concentrazioni di endoxifene, uno dei più importanti metaboliti attivi di tamoxifene. Pertanto, la paroxetina deve essere evitata ogni qual volta possibile durante il trattamento con tamoxifene (vedere paragrafo 4.5).
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Nei pazienti che assumono la sospensione orale, la concentrazione plasmatica di paroxetina può essere influenzata dal pH gastrico. Dati in vitro hanno mostrato come un ambiente acido sia richiesto per il rilascio del farmaco attivo dalla sospensione, per cui l’assorbimento può essere ridotto nei pazienti con un pH gastrico elevato o con acloridria, come dopo l’utilizzo di alcuni farmaci (antiacidi, antagonisti dei recettori istaminergici H2, inibitori della pompa protonica), in alcune patologie (per esempio gastrite atrofica, anemia perniciosa, infezione cronica da Helicobacter pylori), e dopo interventi chirurgici (vagotomia, gastrectomia). La dipendenza dal pH deve essere tenuta in considerazione in caso di impiego di diversa forma farmaceutica di paroxetina (per esempio la concentrazione plasmatica di paroxetina può diminuire nei pazienti con pH gastrico elevato che passano dalle compresse alla sospensione orale). Pertanto si raccomanda cautela nei pazienti che iniziano o terminano un trattamento con farmaci che aumentano il pH gastrico. In tali situazioni può essere necessario un aggiustamento della dose.
La sospensione orale di paroxetina contiene metil paraidrossibenzoato (E218) e propil paraidrossibenzoato (E216) (parabeni), che possono causare reazioni allergiche (anche ritardate).
Colorante giallo arancio
La sospensione orale di paroxetina contiene il colorante giallo arancio FCF (E110), che può causare reazioni allergiche.
Sorbitolo E420
La sospensione orale di paroxetina contiene sorbitolo (E420). I pazienti affetti da rari problemi ereditari rari di intolleranza al fruttosio non devono assumere questo medicinale.
4.5 interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione
Farmaci serotoninergici
Come con altri SSRI, la somministrazione contemporanea con farmaci serotoninergici può portare alla
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insorgenza di effetti associati alla serotonina (sindrome serotoninergica: vedere paragrafo 4.4). Si deve consigliare cautela ed è richiesto un più attento controllo clinico quando farmaci serotoninergici (quali L-triptofano, triptani, tramadolo, linezolid, metiltioninio cloruro (blu di metilene), SSRI, litio, petidina e preparazioni a base di erba di san Giovanni – Hypericum perforatum ) sono somministrati in concomitanza con paroxetina. Si consiglia cautela anche con il fentanil, utilizzato nell’anestesia generale o nel trattamento del dolore cronico. L’uso concomitante di paroxetina e MAO inibitori è controindicato a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere paragrafo 4.3).
Un incremento medio di 2,5 volte dei livelli di pimozide si è manifestato in uno studio con bassa dose singola di pimozide (2 mg), quando questa è stata somministrata in associazione a paroxetina (alla dose di 60 mg). Questo può essere spiegato sulla base dell’effetto inibitorio che paroxetina possiede sul CYP2D6. A causa del ridotto indice terapeutico di pimozide e della sua nota capacità di prolungare l’intervallo QT, l’uso concomitante di pimozide e paroxetina è controindicato (vedere paragrafo 4.3).
Il metabolismo e la farmacocinetica della paroxetina possono essere influenzati dalla induzione o dalla inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci.
Qualora la paroxetina sia somministrata in concomitanza con un farmaco noto per essere inibitore del metabolismo enzimatico, deve essere preso in considerazione l’uso delle dosi più basse dell’intervallo posologico.
In caso di somministrazione in concomitanza con farmaci noti quali induttori del metabolismo enzimatico (ad esempio carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale, fenitoina), o con fosamprenavir/ritonavir non è richiesto alcun aggiustamento della dose iniziale. Qualsiasi modifica della posologia di paroxetina (sia dopo l’inizio che a seguito di interruzione di un farmaco che induce il metabolismo) deve essere basata sulla risposta clinica (tollerabilità ed efficacia).
Gli SSRI possono ridurre l’attività delle colinesterasi plasmatiche con risultante prolungamento dell’azione bloccante neuromuscolare di mivacurio e succinilcolina.
La sommistrazione contemporanea di fosamprenavir/ritonavir 700/100 mg due volte al giorno con paroxetina 20 mg al giorno in volontari sani per 10 giorni riduce in modo significativo i livelli plasmatici di paroxetina di circa il 55%. I livelli plasmatici di fosamprenavir/ritonavir durante la somministrazione contemporanea con paroxetina sono risultati simili ai valori di riferimento di altri studi, indicando che paroxetina non ha un effetto significativo sul metabolismo di fosamprenavir/ritonavir. Non sono disponibili dati relativi all’effetto a lungo termine della somministrazione contemporanea di paroxetina e fosamprenavir/ritonavir per una durata superiore ai 10 giorni.
La somministrazione giornaliera di paroxetina aumenta in modo significativo i livelli plasmatici di prociclidina. Se si osservano effetti anticolinergici, la dose di prociclidina deve essere ridotta.
Carbamazepina, fenitoina, sodio valproato. La somministrazione concomitante non sembra mostrare alcun effetto sul profilo farmacocinetico e farmacodinamico nei pazienti epilettici.
Come altri antidepressivi, inclusi altri SSRI, la paroxetina inibisce l’enzima CYP2D6 del citocromo epatico P450. L’inibizione del CYP2D6 può portare all’aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci in co-somministrazione, metabolizzati da questo enzima. Sono compresi tra questi farmaci alcuni antidepressivi triciclici (ad esempio clomipramina, nortriptilina e desipramina), neurolettici fenotiazinici (ad esempio perfenazina e tioridazina, vedere paragrafo 4.3), risperidone, atomoxetina, alcuni antiaritmici di Tipo 1 C (ad esempio propafenone e flecainide) e metoprololo.
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Non è raccomandato l’uso di paroxetina in associazione con metoprololo, somministrato nella insufficienza cardiaca, a causa del ridotto indice terapeutico del metoprololo in questa indicazione.
È stata riportata in letteratura l’interazione farmacocinetica tra gli inibitori di CYP2D6 e tamoxifene, che ha evidenziato una riduzione del 65–75% dei livelli plasmatici dell’endoxifene, una delle forme più attive di tamoxifene. In alcuni studi è stata riportata una ridotta efficacia di tamoxifene con l’utilizzo concomitante di alcuni antidepressivi SSRI. Poichè un ridotto effetto di tamoxifene non può essere escluso, la somministrazione concomitante con potenti inibitori del CYP2D6 (inclusa paroxetina) deve essere evitato ogni qual volta possibile (vedere paragrafo 4.4).
Come con altri farmaci psicotropi, i pazienti devono essere avvertiti di evitare l’uso di alcol in corso di trattamento con paroxetina.
Può presentarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e anticoagulanti orali. L’uso concomitante di paroxetina ed anticoagulanti orali può portare ad un aumento della attività anticoagulante ed al rischio di emorragie. Pertanto la paroxetina deve essere usata con cautela nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (vedere paragrafo 4.4).
Può verificarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico. L’uso concomitante di paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico può portare ad un aumento del rischio di emorragie (vedere paragrafo 4.4).
Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o ad altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazina, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori) e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
È stata osservata interazione tra paroxetina e pravastatina in studi che suggeriscono che la co-somministrazione di paroxetina e pravastatina può portare a un aumento nel livello ematico di glucosio. Pazienti con diabete mellito che ricevono sia paroxetina che pravastatina possono richiedere aggiustamenti del dosaggio degli agenti ipoglicemizzanti e/o dell’insulina (vedere paragrafo 4.4).
Dati in vitro hanno mostrato come il rilascio della paroxetina dalla sospensione orale sia pH-dipendente. Pertanto, i farmaci che alterano il pH gastrico (quali i farmaci antiacidi, gli inibitori della pompa protonica o gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina) possono influire sulle concentrazioni plasmatiche di paroxetina nei pazienti che assumono la sospensione orale (vedere paragrafo 4.4).
4.6 fertilità, gravidanza e allattamento
Gravidanza
Alcuni studi epidemiologici hanno indicato un aumento nel rischio di malformazioni congenite, in particolare cardiovascolari (ad esempio difetti del setto ventricolare e atriale) associati all’assunzione di paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza. Il meccanismo non è noto. I dati indicano che il rischio di partorire un neonato con un difetto cardiovascolare a seguito dell’esposizione materna alla paroxetina sia inferiore a 2/100 a fronte del rischio pari a circa 1/100 atteso per tali difetti nella popolazione generale.
La paroxetina deve essere somministrata in gravidanza solo quando strettamente indicato. Il medico, all’atto della prescrizione, dovrà valutare l’opzione di trattamenti alternativi in donne in gravidanza o che stanno pianificando una gravidanza. L’interruzione brusca durante la gravidanza deve essere evitata (vedere “Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con
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paroxetina” al paragrafo 4.2).
I neonati devono essere tenuti sotto osservazione se l’uso materno di paroxetina continua negli stadi più avanzati della gravidanza, in particolare nel terzo trimestre.
I sintomi seguenti si possono presentare nei neonati in seguito all’uso materno di paroxetina negli stadi più avanzati della gravidanza: stress respiratorio, cianosi, apnea, crisi convulsive, temperatura instabile, difficoltà nell’alimentazione, vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, stato di agitazione, irritabilità, letargia, pianto costante, sonnolenza e difficoltà nell’addormentarsi. Tale sintomatologia può essere dovuta o agli effetti serotoninergici o ai sintomi da sospensione. Nella maggior parte dei casi le complicanze iniziano immediatamente al momento del parto o subito dopo (meno di 24 ore).
Dati epidemiologici hanno suggerito che l’utilizzo degli SSRI durante la gravidanza, particolarmente durante la gravidanza avanzata, può causare un aumento del rischio di ipertensione polmonare persistente del neonato (PPHN). Il rischio osservato è stato di circa cinque casi su 1000 gravidanze. Nella popolazione generale si presentano da uno a due casi di PPHN su 1000 gravidanze.
Studi negli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva, ma non hanno indicato effetti dannosi diretti rispetto alla gravidanza, sviluppo embrio-fetale, parto o sviluppo postnatale (vedere paragrafo 5.3).
Piccole quantità di paroxetina sono escrete nel latte materno. In studi pubblicati, le concentrazioni sieriche in neonati allattati al seno non sono state rilevabili (<2 nanogrammi/ml) o molto basse (<4 nanogrammi/ml) e in questi neonati non è stato osservato alcun segno degli effetti del farmaco. Poiché non sono previsti effetti, può essere preso in considerazione l’allattamento al seno.
I dati sugli animali hanno dimostrato che paroxetina può influire sulla qualità dello sperma (vedere paragrafo 5.3). Dati in vitro su materiale umano rilevano qualche effetto sulla qualità dello sperma, tuttavia, nell'uomo, pazienti trattati con SSRI (inclusa paroxetina) hanno dimostrato che l'effetto sulla qualità dello sperma è reversibile. Finora l’impatto sulla fertilità non è stato osservato.
4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
L'esperienza clinica ha dimostrato che la terapia con paroxetina non è associata ad alterazioni delle funzioni cognitive o psicomotorie. Tuttavia, come con tutti i farmaci psicoattivi, i pazienti devono essere avvertiti di usare cautela nella guida di autoveicoli e nell'uso di macchinari.
Sebbene la paroxetina non aumenti gli effetti dannosi psichici e motori indotti dalla assunzione di alcool, non è consigliato l’uso concomitante di paroxetina e alcool.
4.8 effetti indesiderati
Alcune delle reazioni avverse al farmaco sotto riportate possono diminuire in intensità e frequenza con la continuazione del trattamento e non comportano generalmente interruzione della terapia. Le reazioni avverse sono elencate di seguito per sistemi e organi e per frequenza. Le frequenze sono definite come: molto comune (> 1/10), comune (> 1/100, <1/10), non comune (> 1/1000, <1/100), raro (> 1/10000, <1/1000), molto raro (<1/10000), incluse segnalazioni isolate.
Non comune: disturbi emorragici, in particolare a carico della cute e delle mucose (inclusi ecchimosi e sanguinamento ginecologico).
Molto raro: trombocitopenia.
Molto raro: reazioni allergiche gravi e potenzialmente fatali (incluse reazioni anafilattoidi ed angioedema).
Molto raro: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
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Comune: aumento dei livelli di colesterolo, diminuzione dell’appetito.
Non comuni: alterato controllo glicemico è stato riportato in pazienti diabetici (vedere paragrafo 4.4) Raro: iponatriemia.
L’iponatriemia è stata soprattutto riportata in pazienti anziani ed è talvolta dovuta alla sindrome di inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Comune: sonnolenza, insonnia, agitazione, sogni anomali (inclusi incubi).
Non comune: confusione, allucinazioni.
Raro: reazioni maniacali, ansia, depersonalizzazione, attacchi di panico, acatisia (vedere paragrafo 4.4).
Frequenza non nota: ideazione suicidaria, comportamento suicidario, aggressività, bruxismo.
Casi di ideazione suicidaria e comportamento suicidario sono stati segnalati durante la terapia con paroxetina o subito dopo l’interruzione del trattamento (vedere paragrafo 4.4)
Casi di aggressività sono stati osservati nell’esperienza post-immissione in commercio.
Tali sintomi possono anche essere dovuti alla patologia di base.
Comune: capogiri, tremori, cefalea, compromissione della concentrazione.
Non comune: disturbi extrapiramidali
Raro: crisi convulsive, sindrome delle gambe senza riposo (RLS).
Molto raro: sindrome serotoninergica (i sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, iperreflessia, mioclono, brividi, tachicardia e tremore).
Sono stati riportati casi di disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, a volte in pazienti già affetti da disturbi del movimento o in pazienti in trattamento con neurolettici.
Comune: visione annebbiata.
Non comune: midriasi (vedere paragrafo 4.4).
Molto raro: glaucoma acuto.
Frequenza non nota: tinnito
Non comune: tachicardia sinusale.
Raro: bradicardia.
Non comune: aumento o calo transitorio della pressione arteriosa, ipotensione posturale.
Sono stati riportati aumenti o cali transitori della pressione arteriosa in seguito a trattamento con paroxetina, di solito in pazienti con preesistente ipertensione o ansia.
Comune: sbadiglio.
Molto comune: nausea.
Comune: stipsi, diarrea, vomito, bocca secca.
Molto raro: emorragie gastrointestinali.
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Raro: incremento degli enzimi epatici
Molto raro: eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata ad ittero e/o insufficienza epatica).
Sono stati riportati incrementi degli enzimi epatici. Nel periodo successivo all’immissione in commercio sono stati anche riferiti, molto raramente, eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica). Si deve prendere in considerazione la sospensione del trattamento con paroxetina nel caso di prolungato incremento dei valori dei test di funzionalità epatica.
Comune: sudorazione.
Non comune: esantema della cute, prurito.
Molto raro: gravi reazioni avverse cutanee (incluse eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica), orticaria, reazioni di fotosensibilità.
Non comune: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria.
Molto comune: disfunzioni sessuali.
Raro: iperprolattinemia/galattorrea, disturbi mestruali (incluse menorragia, metroraggia, amenorrea, ritardo delle mestruazioni e mestruazioni irregolari).
Molto raro: priapismo.
Raro: artralgia, mialgia.
Studi epidemiologici, condotti principalmente in pazienti di età pari o superiore a 50 anni, mostrano un aumento del rischio di fratture ossee nei pazienti ai quali vengono somministrati gli SSRI e gli antidepressivi triciclici. Il meccanismo che porta a questo rischio non è noto.
Comune: astenia, aumento del peso corporeo.
Molto raro: edema periferico.
SINTOMI DA SOSPENSIONE OSSERVATI IN SEGUITO AD INTERRUZIONE DEL TRATTAMENTO CON PAROXETINA
Comune: capogiri, disturbi sensoriali, disturbi del sonno, ansia, cefalea.
Non comune: agitazione, nausea, tremore, confusione, sudorazione, instabilità emotiva, disturbi della visione, palpitazioni, diarrea, irritabilità.
L’interruzione del trattamento con paroxetina (soprattutto se brusca) porta in genere a sintomi da sospensione.
Sono stati riportati capogiri, disturbi del sensorio (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi della vista.
Generalmente tali eventi sono da lievi a moderati ed auto-limitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere gravi e/o prolungati. Si consiglia pertanto che, se non è più richiesto il trattamento con paroxetina, vi sia una graduale interruzione, condotta tramite un decremento graduale della dose (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 4.4).
EVENTI AVVERSI OSSERVATI IN CORSO DI STUDI CLINICI IN PAZIENTI IN ETÀ PEDIATRICA
Sono stati osservati i seguenti eventi avversi:
aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e ideazioni suicidarie), comportamento autolesionistico e incremento dell’atteggiamento ostile. Ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da Disturbo
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Depressivo Maggiore. L’incremento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, e specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni.
Ulteriori eventi osservati sono stati: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore), eventi avversi correlati a sanguinamento, soprattutto della cute e delle mucose.
Eventi osservati dopo interruzione/riduzione graduale di paroxetina sono: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio), nervosismo, capogiri, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4).
Vedere paragrafo 5.1 per maggiori informazioni sugli studi clinici.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo:.
4.9 sovradosaggio
Sintomi e segni
Sulla base delle informazioni disponibili riguardo al sovradosaggio con paroxetina, appare evidente un ampio margine di sicurezza.
L’esperienza nei casi di sovradosaggio di paroxetina ha indicato che, oltre ai sintomi descritti nel paragrafo 4.8 “Effetti indesiderati”, sono stati riportati febbre e contrazioni muscolari involontarie. I pazienti si sono generalmente ripresi senza gravi sequele anche nei casi in cui la paroxetina è stata assunta, da sola, fino a dosi di 2000 mg. Eventi quali coma o alterazioni dell’ECG sono stati occasionalmente riportati, molto raramente con esito fatale, ma in genere quando paroxetina è stata assunta in associazione ad altri farmaci psicotropi, con o senza alcool.
Non è noto nessun antidoto specifico.
Il trattamento deve basarsi sulle misure generali utilizzate nel trattamento del sovradosaggio con antidepressivi. Per ridurre l’assorbimento di paroxetina, può essere presa in considerazione la somministrazione di 20–30 g di carbone attivo, se possibile entro poche ore dall’assunzione del sovradosaggio. È indicata una terapia di supporto con attenta osservazione e frequente monitoraggio dei segni vitali. La gestione del paziente deve seguire le indicazioni cliniche.
5. proprietà farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Antidepressivi – inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, codice ATC: N06A B05
Meccanismo di azione
Paroxetina è un potente e selettivo inibitore della ricaptazione della 5-idrossitriptamina (5-HT; serotonina); la sua azione antidepressiva e la sua efficacia nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo, disturbo d’ansia sociale/fobia sociale, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da stress post-traumatico e disturbo da attacchi di panico si ritengono correlate a questa specifica inibizione della ricaptazione della 5-HT nei neuroni cerebrali.
Paroxetina non è chimicamente correlabile ai triciclici, tetraciclici ed agli altri antidepressivi disponibili.
Paroxetina ha bassa affinità per i recettori colinergici di tipo muscarinico e studi negli animali hanno evidenziato solo deboli proprietà anticolinergiche.
In accordo con questa selettività d’azione, studi in vitro hanno evidenziato che, a differenza degli antidepressivi triciclici, paroxetina ha bassa affinità per gli alfa 1, alfa 2 e beta-adrenorecettori, per i recettori dopaminergici (D2), per i recettori 5-HT1 like e 5-HT2, e per quelli dell’istamina (H1).
Questa mancanza di interazione con i recettori post-sinaptici in vitro è stata confermata dagli studi in vivo , che hanno dimostrato l’assenza di proprietà depressive sul sistema nervoso centrale e di proprietà
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ipotensive.
Paroxetina non altera le funzioni psicomotorie e non potenzia gli effetti depressivi dell’etanolo. Analogamente ad altri inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, paroxetina causa sintomi correlati all’eccessiva stimolazione del recettore della serotonina in caso di somministrazione ad animali precedentemente trattati con inibitori delle monoamino-ossidasi (MAO) o triptofano.
Studi relativi al comportamento e al EEG indicano come paroxetina sia debolmente attivante a dosi in genere maggiori di quelle richieste per inibire la ricaptazione della serotonina. Le proprietà attivanti non sono per loro natura “anfetamino-simili”. Studi nell’animale indicano che paroxetina è ben tollerata dal sistema cardiovascolare. Paroxetina non causa modifiche significative della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’ECG dopo somministrazione a soggetti sani.
Studi indicano che paroxetina, al contrario degli antidepressivi che inibiscono la ricaptazione della noradrenalina, ha una più ridotta propensione ad inibire gli effetti antiipertensivi della guanetidina. Paroxetina, nel trattamento dei disturbi depressivi, dimostra una efficacia comparabile a quella degli antidepressivi standard.
Esiste anche una certa evidenza che paroxetina possa avere un valore terapeutico nei pazienti che non rispondono alla terapia standard.
La somministrazione della dose al mattino non ha alcun effetto negativo sulla qualità o la durata del sonno. Inoltre i pazienti, quando rispondono alla terapia con paroxetina, possono riportare un miglioramento del sonno.
Una analisi specifica per la paroxetina degli studi clinici condotti in confronto con placebo, in pazienti adulti con disturbi psichiatrici, ha mostrato una frequenza più elevata di comportamento suicidario nei giovani adulti (di età da 18 a 24 anni) trattati con paroxetina rispetto al placebo (2,19% in confronto a 0,92%). Nel gruppo con età maggiore, tale incremento non è stato osservato. Negli adulti (di tutte le età) con disturbi depressivi maggiori, vi è stato un aumento della frequenza di comportamento suicidario nei pazienti trattati con paroxetina in confronto al placebo (0,32% in confronto a 0,05%); tutti gli eventi sono stati tentativi di suicidio. Tuttavia, la maggioranza di tali tentativi per paroxetina (8 su 11) sono avvenuti in giovani adulti (vedere anche paragrafo 4.4).
Negli studi a dose fissa la curva dose risposta si presenta piatta, non indicando un vantaggio in termini di efficacia nell’utilizzo di dosi più alte di quelle raccomandate. Tuttavia esistono alcuni dati clinici che suggeriscono che incrementi successivi della dose possono essere di beneficio per alcuni pazienti.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nella depressione è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 52 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (20–40 mg al giorno) si verificavano nel 12% dei casi, in confronto al 28% dei casi nei pazienti che assumevano placebo.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è stata esaminata in tre studi di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute. In uno dei tre studi è stata raggiunta una differenza significativa nella proporzione dei pazienti con ricadute tra paroxetina (38%) e placebo (59%).
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo da attacchi di panico è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (10–40 mg al giorno) si verificavano nel 5% dei casi, in confronto al 30% dei casi nei pazienti che assumevano placebo. Questo è stato supportato da uno studio di mantenimento di 36 settimane.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento dei disturbi d’ansia sociale e d’ansia generalizzata e del disturbo da stress post-traumatico non è stata sufficientemente dimostrata.
Durante studi clinici a breve termine (fino a 10–12 settimane) in bambini ed adolescenti sono stati
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osservati i seguenti eventi avversi nei pazienti trattati con paroxetina con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti e tali eventi si sono verificati con una incidenza per lo meno due volte superiore rispetto al placebo: aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e ideazioni suicidarie), comportamento autolesionistico e incremento dell’atteggiamento ostile. Ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore. L’incremento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni. Ulteriori eventi che sono stati osservati più frequentemente nel gruppo trattato con paroxetina rispetto a quello trattato con placebo sono stati: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore).
Negli studi dove è stato utilizzato il regime terapeutico con riduzioni graduali della dose, i sintomi riportati durante la fase di riduzione graduale o al momento della interruzione del trattamento con paroxetina, osservati con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti e che si sono verificati con una incidenza per lo meno due volte superiore rispetto al placebo, sono stati: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio), nervosismo, capogiri, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4).
In cinque studi a gruppi paralleli della durata di trattamento da otto settimane fino a otto mesi, sono stati osservati eventi avversi correlati a sanguinamento, soprattutto della cute e delle mucose, ad una frequenza di 1,74% nei pazienti trattati con paroxetina in confronto ad una frequenza di 0,74% osservata nei pazienti trattati con placebo.
5.2 proprietà farmacocinetiche
Assorbimento
Paroxetina è ben assorbita dopo somministrazione orale e va incontro a metabolismo di primo passaggio.
A causa del metabolismo di primo passaggio, la quantità di paroxetina disponibile nella circolazione sistemica è inferiore a quella assorbita dal tratto gastrointestinale. In caso di aumento del carico corporeo a seguito di dosi singole più alte o di dosi multiple si verificano una saturazione parziale dell’effetto di primo passaggio e una riduzione della clearance plasmatica. Ciò comporta un aumento non proporzionato delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina e pertanto i parametri farmacocinetici non sono costanti, con conseguente cinetica non lineare. Tuttavia la non linearità è generalmente modesta ed è limitata a quei soggetti che raggiungono bassi livelli plasmatici a bassi dosaggi.
I livelli sistemici di steady-state sono raggiunti entro 7–14 giorni dall'inizio del trattamento con le formulazioni a rilascio immediato o controllato e la farmacocinetica non sembra variare durante il trattamento a lungo termine.
Paroxetina risulta ampiamente distribuita nei tessuti ed i calcoli farmacocinetici indicano che solo l’1% della paroxetina presente nell’organismo si trova nel plasma. Circa il 95% della paroxetina presente nel plasma è legato alle proteine alle concentrazioni terapeutiche.
Non è stata dimostrata alcuna correlazione tra le concentrazioni plasmatiche di paroxetina e gli effetti clinici (eventi avversi ed efficacia).
I principali metaboliti di paroxetina sono prodotti polari e coniugati di ossidazione e di metilazione, che vengono prontamente eliminati. In considerazione della loro relativa mancanza di attività farmacologica, è estremamente improbabile che possano contribuire agli effetti terapeutici della paroxetina.
Il metabolismo non compromette la selettività di azione di paroxetina sulla ricaptazione neuronale di serotonina.
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L'escrezione urinaria di paroxetina immodificata è generalmente meno del 2%, mentre quella dei metaboliti è circa il 64% della dose. Circa il 36% della dose è escreto nelle feci, probabilmente attraverso la bile, di cui la paroxetina immodificata rappresenta meno dell'1% della dose. Pertanto paroxetina è eliminata quasi completamente per via metabolica.
L’escrezione dei metaboliti è bifasica, essendo all’inizio il risultato del metabolismo di primo passaggio e successivamente controllata dalla eliminazione sistemica di paroxetina.
L'emivita di eliminazione è variabile, ma è generalmente di circa un giorno.
Popolazioni speciali di pazienti
Anziani e insufficienza renale/epatica
Un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina è stato osservato in soggetti anziani e in soggetti con grave insufficienza renale ed in soggetti con insufficienza epatica, ma il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello dei soggetti adulti sani.
5.3 dati preclinici di sicurezza
Studi tossicologici sono stati condotti nella scimmia Rhesus e nel ratto albino; in entrambe le specie il profilo metabolico è simile a quello descritto nell’uomo. Come atteso con amine lipofile, inclusi gli antidepressivi triciclici, è stata rilevata nei ratti una fosfolipidosi. Fosfolipidosi non è stata osservata negli studi sui primati, della durata fino ad un anno, a dosi sei volte più elevate di quelle dell’intervallo raccomandato di dosaggi clinici.
Cancerogenesi: in studi di due anni condotti nel topo e nel ratto, paroxetina non ha mostrato effetti cancerogeni.
Genotossicità: non è stata osservata genotossicità in una serie di test in vitro e in vivo.
Studi sulla tossicità riproduttiva nei ratti hanno mostrato che paroxetina influenza la fertilità maschile e femminile attraverso la riduzione dell'indice di fertilità e il tasso di gravidanza. Nei ratti, sono stati osservati una maggiore mortalità dei piccoli ed un ritardo dell'ossificazione. Questi ultimi effetti sono probabilmente correlati alla tossicità materna e non sono considerati un effetto diretto sul feto/neonato.
6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Compresse
Nucleo della compressa : calcio fosfato dibasico diidrato (E341), carbossimetilamido sodico (Tipo A), magnesio stearato (E470b).
Rivestimento della compressa : ipromellosa (E464), macrogol 400, polisorbato 80 (E433), titanio diossido (E 171).
Sospensione orale
Polacrilin potassico, cellulosa dispersibile (E460), glicole propilenico, glicerolo (E422), sorbitolo (E420), metile paraidrossibenzoato (E218), propile paraidrossibenzoato (E216), sodio citrato diidrato (E331), acido citrico anidro (E330), saccarina sodica (E954), aroma arancia naturale, aroma limone naturale, colorante giallo arancio FCF (E110), simeticone emulsione, acqua depurata.
6.2 incompatibilità
Non pertinente
6.3 periodo di validità
Compresse
3 anni
Sospensione orale
2 anni (1 mese dopo la prima apertura)
6.4 precauzioni particolari per la conservazione
Compresse
Non conservare a temperatura superiore ai 30°C.
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Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce
Sospensione orale
Non conservare a temperatura superiore ai 25°C.
Conservare nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce
6.5 natura e contenuto del contenitore
Compresse
Blister a prova di bambino composto da polivinilcloruro (PVC) opaco, con fondo in alluminio-carta.
Confezione: 28 compresse.
Flacone in vetro ambrato con chiusura in polipropilene a prova di bambino e sigillo di sicurezza in polietilene.
Viene incluso un bicchiere dosatore in polipropilene.
Confezione: 150 ml.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento
Nessuna istruzione particolare per lo smaltimento.
7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
GlaxoSmithKline S.p.A. – Via A. Fleming, 2 – 37135 Verona
8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
Sereupin 20 mg compresse rivestite con film – 28 compresse A.I.C. n. 027965033
Sereupin 20 mg/10 ml sospensione orale – Flacone da 150 ml A.I.C. n. 027965021