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SEBIVO - riassunto delle caratteristiche del prodotto

Contiene principio attivo :

Dostupné balení:

Riassunto delle caratteristiche del prodotto - SEBIVO

ALLEGATO I

1

1. denominazione del medicinale

Sebivo 600 mg compresse rivestite con film

2. composizione qualitativa e quantitativa

Ogni compressa rivestita con film contiene 600 mg di telbivudina.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. forma farmaceutica

Compressa rivestita con film

Compressa rivestita con film di forma ovale, di colore da bianco a leggermente giallastro, con “LDT” impresso su un lato.

4. informazioni cliniche

4.1 indicazioni terapeutiche

Sebivo è indicato per il trattamento dell’epatite cronica B in pazienti adulti con malattia epatica compensata ed evidenza di replicazione virale, con livelli persistentemente elevati dell’alanina aminotransferasi sierica (ALT) ed evidenza istologica di infiammazione attiva e/o fibrosi.

L’inizio del trattamento con Sebivo deve essere preso in considerazione solo quando non è disponibile o appropriato l’uso di un agente antivirale alternativo, con una barriera genetica alla resistenza più elevata.

Vedere paragrafo 5.1 per i dettagli dello studio e le caratteristiche specifiche dei pazienti su cui si basa questa indicazione.

4.2 posologia e modo di somministrazione

La terapia deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’infezione cronica da virus B dell’epatite.

Posologia

Adulti

La dose raccomandata di Sebivo è 600 mg (una compressa) una volta al giorno.

Per i pazienti che hanno difficoltà a deglutire le compresse può essere presa in considerazione la soluzione orale di Sebivo.

Controllo durante il trattamento

La risposta alla settimana 24 di trattamento si è dimostrata predittiva della risposta a più lungo termine (vedere Tabella 7 al paragrafo 5.1). I livelli di HBV DNA devono essere controllati alla settimana 24 di trattamento per verificare la completa soppressione virale (HBV DNA inferiore a 300 copie/ml). Per pazienti nei quali è rilevabile HBV DNA dopo 24 settimane di terapia, si deve considerare la modifica del trattamento.

Documento reso disponibile da AIFA il 03/07/2018

Esula dalla competenza dell’AIFA ogni eventuale disputa concernente i diritti di proprietà industriale e la tutela brevettuale dei dati relativi all’AIC dei medicinali e, pertanto, l’Agenzia non può essere ritenuta responsabile in alcun modo di eventuali violazioni da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (o titolare AIC).

L’HBV DNA deve essere controllato ogni 6 mesi, per verificare la continuità della risposta. Se in qualsiasi momento dopo la risposta iniziale, i pazienti sono positivi ai test per l’HBV DNA, si deve considerare la modifica del trattamento. Una terapia ottimale deve essere guidata dalla valutazione delle resistenze.

Durata della terapia

Non è nota la durata ottimale del trattamento. L’interruzione del trattamento deve essere considerata nei casi seguenti:

 In pazienti HBeAg-positivi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato per almeno

6–12 mesi dopo sieroconversione confermata dell’HBeAg (perdita dell’HBeAg e perdita dell’HBV DNA con rilevazione di anti-HBe) o fino a sieroconversione dell’HBsAg o evidenza di perdita di efficacia. Dopo la sospensione del trattamento, i livelli serici di ALT e HBV DNA devono essere controllati regolarmente per individuare possibili ricadute virologiche tardive.

 In pazienti HBeAg-negativi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato almeno fino

alla sieroconversione dell’HBsAg o se c’è evidenza di perdita di efficacia. Se il trattamento si prolunga per oltre due anni, si raccomanda una rivalutazione regolare della terapia prescelta per confermare che sia rimasta adeguata per il paziente.

Dose dimenticata

Nel caso in cui venga dimenticata una dose, il paziente può assumere la dose dimenticata solo fino a 4 ore prima della dose successiva programmata. La dose successiva deve essere assunta alla solita ora.

Anziani (età superiore a 65 anni)

Non sono disponibili dati che sostengano una raccomandazione di dosaggio specifica per i pazienti di età superiore a 65 anni (vedere paragrafo 4.4).

Compromissione renale

Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di telbivudina nei pazienti con clearance della creatinina ≥50 ml/min. L’aggiustamento della dose è richiesto nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min, compresi i pazienti con patologia renale allo stadio terminale (ESRD) in emodialisi. Si raccomanda la riduzione della dose giornaliera di Sebivo, come descritto di seguito in Tabella 1. Se l’uso della soluzione orale non è possibile, in alternativa si possono utilizzare le compresse rivestite con film di Sebivo e la dose deve essere aggiustata aumentando l’intervallo di tempo tra le dosi, come descritto in Tabella 1.

Tabella 1 Aggiustamento del regime di dosaggio di Sebivo in pazienti con insufficienza re­nale

Clearance della creatinina (ml/min)

Telbivudina 20 mg/ml soluzione orale

Aggiustamento della dose giornaliera

Telbivudina 600 mg compresse rivestite con film

In alternativa, aggiustamento della dose giornaliera mediante aumento dell’intervallo tra le dosi

≥50

600 mg (30 ml) una volta al giorno

600 mg una volta al giorno

30–49

400 mg (20 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 48 ore

<30 (in pazienti che

200 mg (10 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 72 ore

non richiedono

dialisi)

ESRD*

120 mg (6 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 96 ore

* patologia renale allo stadio terminale

quando non è possibile l’uso della soluzione orale

Le modifiche della dose proposte si basano su estrapolazioni e potrebbero non essere ottimali. La sicurezza e l’efficacia di queste linee guida per l’aggiustamento della dose non sono state valutate clinicamente. Pertanto, si raccomanda di mantenere questi pazienti sotto stretto controllo clinico.

3

Pazienti con patologia renale allo stadio terminale (End-stage renal disease patients, ESRD)

Nei pazienti con ESRD, Sebivo deve essere somministrato dopo l’emodialisi (vedere paragrafo 5.2).

Insufficienza epatica

Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di Sebivo nei pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Sebivo nella popolazione pediatrica non sono ancora state stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

Sebivo deve essere assunto per via orale, con o senza cibo. La compressa non deve essere masticata, suddivisa o frantumata.

4.3 controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Associazione di telbivudina a interferone alfa pegilato o standard (vedere paragrafi 4.4 e 4.5)

4.4 avvertenze speciali e precauzioni di impiego

Gravi esacerbazioni acute dell’epatite cronica B sono relativamente frequenti e sono caratterizzate da un innalzamento transitorio delle ALT sieriche. Dopo l’inizio del trattamento antivirale, in alcuni pazienti possono aumentare le ALT sieriche mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono (vedere paragrafo 4.8). In media, trascorrono 4–5 settimane prima dell’insorgenza di una esacerbazione nei pazienti trattati con telbivudina. Nel complesso, gli aumenti delle ALT si sono verificati più frequentemente nei pazienti HBeAg-positivi rispetto ai pazienti HBeAg-negativi. Nei pazienti con patologia epatica compensata, questo innalzamento delle ALT sieriche non è in genere accompagnato da livelli elevati di bilirubina sierica o da altri segni di scompenso epatico. Il rischio di scompenso epatico – e di una successiva riacutizzazione dell’epatite – può essere maggiore nei pazienti con cirrosi. Tali pazienti devono essere pertanto tenuti sotto attenta osservazione.

Sono state inoltre riportate esacerbazioni dell’epatite nei pazienti che hanno terminato il trattamento per l’epatite B. I picchi di incremento delle ALT dopo il trattamento sono di solito associati ad innalzamenti dei livelli sierici di HBV DNA e la maggior parte di questi casi è risultata auto-limitante. Nonostante ciò, sono state anche segnalate esacerbazioni gravi, e talvolta fatali della patologia dopo il trattamento. Pertanto, la funzione epatica deve essere controllata a intervalli regolari, con un follow-up sia clinico che di laboratorio, per almeno 6 mesi dopo l’interruzione della terapia per l’epatite B.

Acidosi lattica

Rari casi di acidosi lattica sono stati riportati con telbivudina dopo la commercializza­zione. I casi erano più frequentemente secondari ad altre gravi condizioni (ad esempio rabdomiolisi) e/o associati a eventi muscolari (ad es. miopatia, miosite). Quando secondari ad altre condizioni, alcuni casi erano associati anche a pancreatite, insufficienza epatica/steatosi epatica e insufficienza renale. In alcuni casi, sono stati riportati esiti fatali quando l’acidosi lattica era secondaria a rabdomiolisi. I pazienti devono essere seguiti attentamente.

Il trattamento con telbivudina deve essere interrotto in caso si manifesti acidosi metabolica/lattica di eziologia sconosciuta. Sintomi digestivi di natura benigna, quali nausea, vomito e dolore addominale, potrebbero indicare lo sviluppo di acidosi lattica.

4

Effetti muscolari

Sono stati riportati casi di miopatia e di mialgia con l’uso di telbivudina dopo diverse settimane-mesi dall’inizio della terapia (vedere paragrafo 4.8). Nel corso dell’uso post-marketing di telbivudina sono stati riportati casi di rabdomiolisi (vedere paragrafo 4.8).

La miopatia, definita come persistente dolore muscolare senza causa e/o persistente debolezza muscolare indipendentemente dal grado di aumento dei livelli di creatinchinasi (CK), deve essere presa in considerazione nei pazienti che presentano mialgia diffusa, dolorabilità muscolare, debolezza muscolare o miosite (definita come miopatia con evidenza istologica di danno muscolare) senza causa. I pazienti devono essere avvertiti di segnalare immediatamente la comparsa di persistenti e inspiegabili mialgie, dolore, dolorabilità o debolezza muscolare. Se viene segnalato uno qualsiasi di questi sintomi, deve essere effettuato un esame muscolare dettagliato per valutare la funzionalità muscolare. La terapia con telbivudina deve essere interrotta se viene diagnosticata una miopatia.

Non è noto se con la somministrazione concomitante di altri medicinali associati a miopatia (es. statine, fibrati o ciclosporina) il rischio di miopatia durante il trattamento con telbivudina sia aumentato. I medici che prendono in considerazione il trattamento concomitante con altri agenti associati a miopatia devono valutare attentamente i benefici e i rischi potenziali e devono tenere sotto osservazione i pazienti per qualsiasi segno o sintomo predittivo di miopatia.

Neuropatia periferica

La neuropatia periferica è stata riportata con frequenza non comune in pazienti trattati con telbivudina. Se si sospetta una neuropatia periferica, deve essere riconsiderata l’opportunità del trattamento con telbivudina (vedere paragrafo 4.8).

In uno studio è stato osservato un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica quando telbivudina e interferone alfa-2a pegilato sono stati somministrati in combinazione (vedere paragrafo 4.5). Non si può escludere un aumento di tale rischio per altri interferoni alfa (pegilato o standard). Ad oggi inoltre non è stato dimostrato il beneficio della combinazione di telbivudina con interferone alfa (pegilato o standard). L’associazione di telbivudina con interferone alfa pegilato o standard è pertanto controindicata (vedere paragrafo 4.3).

Funzione renale

La telbivudina è eliminata principalmente per escrezione renale, pertanto si raccomanda un aggiustamento dell’intervallo di dose nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min, compresi i pazienti emodializzati. L’efficacia dell’aggiustamento dell’intervallo di dose non è stata valutata clinicamente. Pertanto, la risposta virologica deve essere tenuta sotto stretta osservazione nei pazienti a cui viene aumentato l’intervallo di dose (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Pazienti con cirrosi non scompensata

A causa della disponibilità di dati limitati (circa il 3% dei pazienti arruolati era cirrotico), la telbivudina deve essere utilizzata con particolare cautela in pazienti cirrotici. Questi pazienti devono essere attentamente monitorati per i parametri clinici, biochimici e virologici associati all’epatite B durante il trattamento e dopo l’interruzione del trattamento.

Pazienti con cirrosi scompensata

Non esistono dati di efficacia e di sicurezza adeguati in pazienti con cirrosi scompensata.

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Pazienti con precedente esposizione ad analoghi nucleosidici/nu­cleotidici

In vitro , la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dei ceppi di HBV portatori delle mutazioni rtM204V/rtL180M o rtM204I (vedere paragrafo 5.1). La monoterapia con telbivudina non è idonea nei pazienti con infezione da virus B dell’epatite con accertata resistenza alla lamivudina. È improbabile che i pazienti con fallimento virologico dopo oltre 24 settimane di trattamento con lamivudina traggano beneficio dalla monoterapia con telbivudina. Non sono al momento disponibili dati clinici per valutare adeguatamente il beneficio e il rischio del passaggio al trattamento con telbivudina di pazienti trattati con lamivudina che hanno raggiunto una completa soppressione virale.

Non ci sono dati sul trattamento con telbivudina in pazienti con accertata infezione da ceppi del virus B dell’epatite resistenti ad adefovir e portatori delle singole mutazioni rtN236T o A181V. I risultati dei saggi cellulari hanno dimostrato che la sostituzione A181V associata alla resistenza ad adefovir ha una sensibilità alla telbivudina da 1,5 a circa 4 volte inferiore.

Pazienti sottoposti a trapianto di fegato

La sicurezza e l’efficacia di telbivudina in pazienti sottoposti a trapianto di fegato non sono note.

Anziani

Gli studi clinici sulla telbivudina non comprendevano un numero di pazienti di età ≥65 anni sufficiente per stabilire se rispondessero in modo diverso dai soggetti più giovani. In generale, deve essere usata cautela nella prescrizione di Sebivo a pazienti anziani, in considerazione della maggiore frequenza di riduzione della funzionalità renale per patologia concomitante o per l’uso concomitante di altri medicinali.

Altre popolazioni speciali

Sebivo non è stato studiato in pazienti con epatite B coinfetti (ad es. pazienti coinfetti con il virus dell'immunode­ficienza umana [HIV], il virus dell’epatite C [HCV] o il virus dell’epatite D [HDV]).

Generali

I pazienti devono essere avvertiti che il trattamento con Sebivo non ha mostrato di ridurre il rischio di trasmissione dell’HBV attraverso il contatto sessuale o la contaminazione con il sangue.

Non si raccomanda l’uso di telbivudina con lamivudina perché in uno studio di fase II, la risposta al trattamento osservata con la terapia combinata di telbivudina e lamivudina è stata inferiore rispetto alla risposta con la sola telbivudina.

Non ci sono attualmente dati di efficacia e di sicurezza per altre combinazioni antivirali con telbivudina.

4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Poiché la telbivudina viene eliminata principalmente per escrezione renale, la co-somministrazione di Sebivo con sostanze che influiscono sulla funzione renale (come aminoglicosidi, diuretici dell’ansa, composti del platino, vancomicina, amfotericina B) può alterare le concentrazioni plasmatiche della telbivudina e/o della sostanza somministrata congiuntamente. L’associazione della telbivudina con questi medicinali deve essere usata con cautela. La farmacocinetica della telbivudina allo steady-state è rimasta inalterata dopo somministrazione ripetuta in associazione con lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato, ciclosporina o interferone alfa-2a pegilato. Inoltre la telbivudina non altera la farmacocinetica di lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato o ciclosporina. Non è stato possibile trarre alcuna conclusione definitiva riguardo agli effetti della telbivudina sulla farmacocinetica dell’interferone pegilato a causa dell’elevata variabilità

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interindividuale delle concentrazioni di interferone alfa-2a pegilato. Uno studio clinico che valutava la combinazione di telbivudina, 600 mg al giorno, e interferone alfa-2a pegilato, 180 microgrammi una volta alla settimana somministrato per via sottocutanea, ha mostrato che questa combinazione è associata ad un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica. Non è noto il meccanismo alla base di questi eventi (vedere paragrafo 4.4). L’associazione di telbivudina con qualsiasi medicinale contenente interferone pegilato alfa è controindicata (vedere paragrafo 4.3).

Telbivudina non è un substrato, un inibitore o un induttore del sistema enzimatico del citocromo P450 (CYP450) (vedere paragrafo 5.2). Pertanto, per Sebivo il potenziale di interazioni farmacologiche mediate dal CYP450 è basso.

4.6 fertilità, gravidanza e allattamento

Gravidanza

Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto o sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3). Gli studi su femmine gravide di ratti e conigli hanno mostrato che la telbivudina attraversa la placenta. Gli studi su coniglie gravide hanno evidenziato parto prematuro e/o aborto secondari a tossicità nella madre.

Limitati dati clinici (meno di 300 esiti di gravidanza) dopo esposizione a telbivudina durante il primo trimestre di gravidanza non indicano alcuna tossicità malformativa e una grande quantità di dati (più di 1000 esiti di gravidanza) dopo esposizione durante il secondo e terzo trimestre non indica alcuna tossicità fetale/neonatale.

Sebivo deve essere usato in gravidanza solo se il beneficio per la madre supera il potenziale rischio per il feto.

La letteratura mostra che l’esposizione alla telbivudina nel secondo e/o terzo trimestre di gravidanza ha mostrato una riduzione del rischio di trasmissione dell’HBV dalla madre al neonato se la telbivudina è somministrata in aggiunta a immunoglobuline per l’epatite B e vaccino per l’epatite B.

Allattamento

La telbivudina è escreta nel latte del ratto. Non è noto se la telbivudina sia escreta nel latte umano. Le donne che assumono Sebivo non devono allattare al seno.

Fertilità

Non ci sono dati clinici sugli effetti della telbivudina sulla fertilità maschile o femminile. Negli studi di tossicologia riproduttiva in animali adulti, la fertilità è risultata leggermente ridotta quando sia le femmine che i maschi di ratto hanno ricevuto telbivudina. Gli effetti avversi sulla fertilità sono risultati maggiori in uno studio separato condotto su animali giovani quando entrambi i sessi hanno ricevuto telbivudina (vedere paragrafo 5.3).

4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Sebivo altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

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4.8 effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza

La valutazione delle reazioni avverse si basa principalmente su due studi, NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015, nei quali 1.699 pazienti con epatite cronica B sono stati trattati in doppio cieco con telbivudina 600 mg/die (n = 847) o lamivudina (n = 852) per 104 settimane.

Negli studi clinici di 104 settimane, le reazioni avverse segnalate sono state di solito classificate di gravità lieve o moderata. Le reazioni avverse più comuni sono state gli innalzamenti della creatinchinasi di grado 3 o 4 (6,8%), l’affaticamento (4,4%), il mal di testa (3,0%) e la nausea (2,6%).

Tabella delle reazioni avverse

La Tabella 2 elenca le reazioni avverse secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi, utilizzando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Tabella 2 Reazioni avverse

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Raro*

Acidosi lattica

Patologie del sistema nervoso

Comune

Capogiri, cefalea

Non comune

Neuropatia periferica, disgeusia, ipoestesia, parestesia, sciatica

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Comune

Tosse

Patologie gastrointestinali

Comune

Diarrea, aumento di lipasi ematica, nausea, dolore addominale

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Comune

Rash

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Non comune

Miopatia/miosite, artralgia, mialgia, dolore alle estremità, mal di schiena, spasmo muscolare, dolore al collo, dolore al fianco

Raro*

Rabdomiolisi

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Comune

Affaticamento

Non comune

Malessere

Esami diagnostici

Comune

Aumento della creatinfosfochinasi ematica, aumento dell’alaninami­notransferasi ematica, aumento dell’amilasi ematica

Non comune

Aumento dell’aspartatoamino transferasi

* Queste reazioni avverse sono state identificate attraverso le segnalazioni post-marketing ma non

sono state osservate negli studi clinici controllati. La frequenza è stata stimata con un calcolo statistico basato sul numero totale di pazienti esposti alla telbivudina negli studi clinici (n = 8.914).

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Descrizione di reazioni avverse selezionate

Aumento della creatinchinasi

Nell’analisi aggregata degli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015, entro 104 settimane di trattamento si sono verificati innalzamenti di CK di grado 3 o 4 (>7× ULN) nel 12,6% dei pazienti trattati con telbivudina (n = 847) e nel 4,0% dei pazienti trattati con lamivudina (n = 846). L’aumento della CK è stato, per la maggior parte, asintomatico e i valori della CK sono solitamente diminuiti entro la visita successiva con la continuazione del trattamento.

Picchi di incremento di ALT

L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) durante il trattamento, nei due bracci di trattamento, viene descritta ulteriormente nella Tabella 3 qui di seguito secondo la definizione dell’AASLD (American Association for the Study of Liver Disease) (incremento ALT >2× basale e >10× ULN).

Tabella 3 Sommario dei picchi di incremento di ALT durante il trattamento – Analisi aggregata degli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015

Picchi di ALT:

Incremento di ALT >2× basale e

>10× ULN

Lamivudina n/N (%)

Telbivudina n/N (%)

Totale

67/852 (7,9)

41/847 (4,8)

Dal basale sino alla settimana 24

25/852 (2,9)

25/847 (3,0)

Dalla settimana 24 a fine studio

44/837 (5,3)

17/834 (2,0)

Durante il trattamento, si raccomanda il monitoraggio periodico della funzione epatica (vedere paragrafo 4.4).

Esacerbazioni dell’epatite B dopo l’interruzione del trattamento

Esacerbazioni acute gravi dell’epatite B sono state riportate in pazienti che avevano interrotto la terapia contro l’epatite B compresa quella con telbivudina (vedere paragrafo 4.4).

L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) nei due bracci di trattamento dopo l’interruzione del trattamento viene ulteriormente descritta nella Tabella 4 qui di seguito.

Tabella 4  Sommario dei picchi di incremento di ALT – Analisi aggregata degli studi NV-02B-

Lamivudina

Telbivudina

Picchi di ALT

n/N (%)

n/N (%)

Incremento di ALT >2× basale e >10× ULN

10/180 (5,6)

9/154 (5,8)

Risultati alla settimana 208

Dopo 104 settimane di terapia con telbivudina, il 78% dei pazienti (530/680) dello studio NV-02B-007 (GLOBE) e l’82% (137/167) dei pazienti dello studio NV-02B-015 sono stati arruolati nello studio di estensione CLDT600A2303 (vedere paragrafo 5.1) per continuare il trattamento fino a 208 settimane. La sicurezza a lungo termine è stata valutata in 655 pazienti, compresi 518 pazienti dello studio NV-02B-007 (GLOBE) e 137 pazienti dello studio NV-02B-015. Il profilo di sicurezza complessivo nell’analisi raggruppata fino a 104 e 208 settimane è risultato simile. Un aumento di CK di grado 3 o 4 è comparso nel 15,9% nei pazienti trattati con telbivudina per 208 settimane. La maggior parte degli aumenti di CK di grado 3 o 4 sono stati asintomatici e transitori.

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Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell

4.9 sovradosaggio

Non ci sono informazioni sul sovradosaggio intenzionale della telbivudina, ma a un soggetto è stato somministrato inavvertitamente un dosaggio eccessivo che è risultato asintomatico. Dosi testate fino a 1.800 mg/die, tre volte superiori alla dose giornaliera raccomandata, sono state ben tollerate. Non è stata determinata una dose massima tollerata di telbivudina. In caso di sovradosaggio, Sebivo deve essere sospeso e deve essere istituito un trattamento di supporto generale appropriato secondo necessità.

5. proprietà farmacologiche

5.1 proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: antivirali per uso sistemico, nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF11

Meccanismo d’azione

La telbivudina è un analogo nucleosidico sintetico della timidina attivo contro l’HBV DNA polimerasi. È efficientemente fosforilata dalle chinasi cellulari nella forma attiva trifosfata, che ha un’emivita intracellulare di 14 ore. Telbivudina-5'-trifosfato inibisce la HBV DNA polimerasi (trascrittasi inversa) competendo con il substrato naturale, timidina 5'-trifosfato. L’incorporazione della telbivudina-5'-trifosfato nel DNA virale causa l’interruzione della catena del DNA, con conseguente inibizione della replicazione dell’HBV.

Effetti farmacodinamici

La telbivudina è un inibitore della sintesi sia del primo filamento (EC50 = 0,4–1,3 M) che del secondo filamento (EC50 = 0,12–0,24 M) di HBV, e mostra una netta preferenza per l’inibizione della produzione del secondo filamento. Viceversa, la telbivudina-5'-trifosfato, a concentrazioni fino a 100 M, non ha inibito la DNA polimerasi cellulare , , o . Nei saggi sulla struttura mitocondriale, sulla funzione e sul contenuto di DNA, la telbivudina non ha avuto effetto tossico apprezzabile a concentrazioni fino a 10 M e non ha aumentato la produzione di acido lattico in vitro.

L’attività antivirale in vitro della telbivudina è stata valutata nella linea cellulare 2.2.15 di epatoma umano che esprime l’HBV. La concentrazione di telbivudina che ha efficacemente inibito il 50% della sintesi virale (EC50) è stata di circa 0,2 M. L’attività antivirale della telbivudina è specifica per il virus B dell’epatite ed hepadnavirus correlati. In vitro la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dell’HIV. L’assenza di attività della telbivudina nei confronti dell’HIV non è stata valutata in studi clinici. Sono state riportate riduzioni transitorie dell’ RNA di HIV-1 in un numero esiguo di pazienti dopo somministrazione di telbivudina in assenza di terapia antiretrovirale. Il significato clinico di queste riduzioni non è stato determinato.

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Esperienza clinica

La sicurezza e l’efficacia del trattamento a lungo termine (104 settimane) con Sebivo sono state valutate in due studi clinici controllati condotti in 1.699 pazienti con epatite B cronica (NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015).

Studio NV-02B-007 (GLOBE)

Lo studio NV-02B-007 (GLOBE) è uno studio di fase III multinazionale, in doppio cieco, randomizzato, su telbivudina in confronto a lamivudina, per un periodo di trattamento di 104 settimane in 1.367 pazienti affetti da epatite cronica B HBeAg-positivi e HBeAg-negativi mai trattati con nucleosidi. La maggioranza della popolazione arruolata era di origine Asiatica. I genotipi HBV più frequenti erano B (26%) e C (51%). Un numero esiguo (totale pari a 98) di pazienti Caucasici sono stati trattati con la telbivudina. L’analisi primaria dei dati è stata condotta dopo che tutti i pazienti avevano raggiunto la settimana 52.

Pazienti HBeAg-positivi: L’età media dei pazienti era di 32 anni, il 74% era di sesso maschile, l’82% era asiatico, il 12% caucasico e il 6% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

Pazienti HBeAg-negativi: L’età media dei pazienti era di 43 anni, il 79% era di sesso maschile, il 65% era asiatico, il 23% caucasico e l’11% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

Risultati clinici alla settimana 52

Gli endpoint di efficacia clinica e virologica sono stati valutati separatamente nelle popolazioni di pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi. L’endpoint primario di risposta terapeutica era un endpoint sierologico composito che richiede la soppressione dell’HBV DNA a <5 log10 copie/ml, congiuntamente alla perdita di HBeAg sierico o alla normalizzazione delle ALT. Gli endpoint secondari comprendevano la risposta istologica, la normalizzazione delle ALT e diversi criteri di misura dell’efficacia antivirale.

Indipendentemente dalle caratteristiche basali, la maggior parte dei pazienti che assumeva Sebivo ha evidenziato una risposta istologica, virologica, biochimica e sierologica al trattamento. Livelli di ALT al basale >2 x ULN e HBV DNA al basale <9 log10 copie/ml sono stati associati a tassi più elevati di sieroconversione HBeAg in pazienti HBeAg-positivi. Pazienti che avevano raggiunto livelli di HBV DNA <3 log10 copie/ml entro la settimana 24 hanno avuto una risposta ottimale al trattamento; viceversa i pazienti con livelli di HBV DNA>4 log10 copie/ml a 24 settimane hanno avuto esiti meno favorevoli alla settimana 52.

Nei pazienti HBeAg-positivi, la telbivudina è stata superiore alla lamivudina nella risposta terapeutica (75,3% vs. 67,0% di responder; p = 0,0047). Nei pazienti HBeAg-negativi, la telbivudina è stata non inferiore alla lamivudina (75,2% e 77,2% di responder; p = 0,6187). L’etnia caucasica è stata associata ad una minore risposta al trattamento ad entrambi gli agenti antivirali utilizzati nello studio NV-02B-007 (GLOBE); tuttavia la popolazione di pazienti Caucasici è stata molto limitata (n = 98).

Alla settimana 24, 203 soggetti HBeAg-positivi e 177 soggetti HBeAg-negativi hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili. Di questi soggetti HBeAg-positivi, il 95% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 39% ha raggiunto la sieroconversione HBeAg, il 90% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0,5% ha manifestato resistenza alla settimana 48. Analogamente, fra i soggetti HBeAg-negativi, il 96% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 79% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0% ha manifestato resistenza alla settimana 48.

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I criteri selezionati di misurazione degli esiti virologici, biochimici e sierologici sono indicati nella Tabella 5 e la risposta istologica nella Tabella 6.

Tabella 5 Endpoint virologici, biochimici e sierologici alla settimana 52 nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

Parametro di risposta

HBeAg-positivi (n = 921)

HBeAg-negativi (n = 446)

Telbivudina 600 mg (n = 458)

Lamivudina 100 mg (n = 463)

Telbivudina 600 mg (n = 222)

Lamivudina 100 mg (n = 224)

Riduzione media di HBV DNA rispetto al basale (log10 copie/ml) ± SEM1,2,3

–6,45 (0,11)

–5,54 (0,11)

–5,23 (0,13)

–4,40 (0,13)

% di pazienti con HBV DNA non rilevabile mediante PCR

60%

40%

88%

71%

Normalizzazione

ALT4

77%

75%

74%

79%

Sieroconversione di

HBeAg4

23%

22%

Perdita di HBeAg5

26%

23%

1 SEM: Errore standard

della media

2 Test PCR COBAS Amplicor® Roche (limite inferiore di quantificazione ≤300 copie/ml).

3 HBeAg-positivi n = 443 e 444, HBeAg-negativi n = 219 e 219, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. La differenza nelle popolazioni è causata dall’uscita dei pazienti dallo studio e dalla mancata valutazione dell’HBV DNA alla settimana 52.

4 HBeAg-positivi n = 440 e 446, HBeAg-negativi n = 203 e 207, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Normalizzazione delle ALT valutata solo nei pazienti con ALT > ULN al basale.

5 n = 432 e 442, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Sieroconversione e perdita di HBeAg valutate solo nei pazienti con HBeAg rilevabile al basale.

*p < 0,0001

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Tabella 6 Miglioramento istologico e variazione del punteggio di fibrosi secondo Ishak alla settimana 52 nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

HBeAg-positivi (n = 921)

HBeAg-negativi (n = 446)

Telbivudina 600 mg (n = 384)1

Lamivudina 100 mg (n = 386)1

Telbivudina 600 mg (n = 199)1

Lamivudina 100 mg (n = 207)1

Risposta istologica2

Miglioramento

71%*

61%

71%

70%

Assenza di miglioramento

17%

24%

21%

24%

Punteggio di fibrosi secondo Ishak3

Miglioramento

42%

47%

49%

45%

Nessun cambiamento

39%

32%

34%

43%

Peggioramento

8%

7%

9%

5%

Biopsia mancante alla settimana 52

12%

15%

9%

7%

1 Pazienti con ≥una dose del farmaco in studio con biopsia epatica al basale valutabile e punteggio dell’indice di attività istologica (HAI) di Knodell >3 al basale.

2 Risposta istologica definita come riduzione ≥2 punti del punteggio di attività necroinfiammatoria di Knodell rispetto al basale, senza peggioramento del punteggio di fibrosi di Knodell.

3 Per il punteggio di fibrosi di Ishak, miglioramento misurato come riduzione ≥1 punto del punteggio di fibrosi di Ishak rispetto al basale alla settimana 52.

p = 0,0024

Risultati clinici alla settimana 104

Complessivamente, alla settimana 104 i risultati clinici nei pazienti trattati con telbivudina sono stati consistenti con quelli ottenuti alla settimana 52, dimostrando la permanenza di risposte efficaci nei pazienti trattati con telbivudina durante la continuazione del trattamento.

Tra i pazienti HBeAg-positivi, la risposta terapeutica (63% verso 48%; p < 0,0001) e i principali endpoint secondari (riduzione media log10 dell’HBV DNA: –5,74 verso –4,42; p < 0,0001, HBV DNA non rilevabile: 56% verso 39%; p < 0,0001 e normalizzazione delle ALT del 70% verso 62%) hanno evidenziato alla settimana 104 un aumento delle differenze tra telbivudina e lamivudina rispettivamente. Per la telbivudina è inoltre stata osservata una tendenza verso valori più elevati di perdita di HBeAg (35% verso 29%) e di sieroconversione (30% verso 25%). Inoltre, nel sottogruppo di pazienti con ALT basali ≥2× ULN (320), una percentuale significativamente superiore di pazienti trattati con telbivudina (36%) ha raggiunto sieroconversione HBeAg alla settimana 104 rispetto a lamivudina (28%).

Tra i pazienti HBeAg-negativi, le differenze di risposta terapeutica (78% verso 66%) e dei principali obiettivi secondari (riduzione media dell’HBV DNA: –5,00 log10 verso –4,17 log10, e HBV DNA non rilevabile: 82% verso 57%; p < 0,0001) sono risultate più elevate per la telbivudina sino alla settimana 104. I tassi di normalizzazione delle ALT (78% verso 70%) hanno continuato ad essere superiori sino alla settimana 104.

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Predittività alla settimana 24

Alla settimana 24, 203 pazienti HBeAg-positivi (44%) e 177 pazienti HBeAg-negativi (80%) trattati con telbivudina hanno raggiunto livelli non rilevabili di HBV DNA.

Sia nei pazienti HBeAg-positivi che nei pazienti HBeAg-negativi, i risultati di HBV DNA alla settimana 24 sono stati predittivi di un esito a lungo termine favorevole. I pazienti trattati con telbivudina che hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili mediante PCR entro la settimana 24 hanno dimostrato alla settimana 104 il tasso più elevato di HBV DNA non rilevabile e di sieroconversione (nei pazienti HBeAg-positivi) e, complessivamente, i livelli più bassi di ripresa della replicazione virale (breakthrough virologico).

I risultati alla settimana 104, basati sui livelli di HBV DNA alla settimana 24, sia per i pazienti HBeAg-positivi che per quelli HBeAg-negativi sono presentati nella Tabella 7.

Tabella 7 Principali endpoint di efficacia alla settimana 104 in base ai livelli serici di HBV DNA alla settimana 24, in pazienti trattati con telbivudina nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

Livelli di HBV DNA alla settimana 24

Risultati per i principali endpoint di efficacia alla settimana 104 , sulla base dei risultati alla settimana 24

Risposta terapeutica n/N (%)

HBV DNA non rilevabile mediante PCR n/N (%)

Sieroconversion e dell’HBeAg n/N (%)

Normalizzazion e delle ALT n/N (%)

Breakthrough virologico n/N (%)

HBeAg-positivi

<300 copie/ml

172/203 (85)

166/203 (82)

84/183 (46)

160/194 (82)

22/203 (11)

Compresi tra 300 copie/ml e <3 log10 copie/ml

36/57 (63)

35/57 (61)

21/54 (39)

40/54 (74)

18/57 (32)

≥3 log10 copie/ml

82/190 (43)

54/190 (28)

23/188 (12)

106/184 (58)

90/190 (47)

HBeAg-negativi

<300 copie/ml

146/177 (82)

156/177 (88)

N/A

131/159 (82)

11/177 (6)

Compresi tra 300 copie/ml e <3 log10 copie/ml

13/18 (72)

14/18 (78)

N/A

13/17 (76)

4/18 (22)

≥3 log10 copie/ml

13/26 (50)

12/26 (46)

N/A

14/26 (54)

12/26 (46)

N/A = non pertinente

* Breakthrough virologico: definito come “incremento di almeno un 1 log rispetto al valore di nadir” valutato alla settimana 104

Studio NV-02B-015

I risultati di efficacia e sicurezza dello studio NV-02B-007 (GLOBE) sono stati confermati dallo studio NV-02B-015. E’ questo uno studio di fase III, in doppio cieco, randomizzato su telbivudina 600 mg somministrata una volta al giorno a confronto con lamivudina 100 mg somministrata una volta al giorno per un periodo di trattamento di 104 settimane in 332 pazienti cinesi HBeAg-positivi e HBeAg-negativi con epatite B cronica mai trattati con nucleosidi.

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Studio CLDT600A2303 – Risultati clinici dopo 208 settimane

Lo studio CLDT600A2303 è stato uno studio di estensione, in aperto, di 104 settimane, in pazienti con epatite cronica B compensata precedentemente trattati con telbivudina per 2 anni, che includeva pazienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015. Lo studio ha fornito dati di efficacia e sicurezza dopo 156 e 208 settimane di terapia continua con telbivudina. I pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 sono quelli che hanno avuto un outcome più favorevole alle settimane 156 e 208 (Tabella 8).

Tabella 8  Analisi di efficacia nel pool di dati derivanti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE), NV-

Settimana 52

Settimana 104

Settimana 156

Settimana 208

Pazienti HBeAg-positivi (n = 293*)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml)

70,3% (206/293)

77,3% (218/282)

75,0% (198/264)

76,2% (163/214)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24

99,4% (161/162)

94,9% (150/158)

86,7% (130/150)

87,9% (109/124)

Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg (%)

27,6% (81/293)

41,6% (122/293)

48,5% (142/293)

53,2% (156/293)

Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg in pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 (%)

40,1% (65/162)

52,5% (85/162)

59,3% (96/162)

65,4% (106/162)

Persistenza della normalizzazzione di ALT

81,4% (228/280)

87,5% (237/271)

82,9% (209/252)

86,4% (178/106)

Pazienti HBeAg-negativi (n = 209*)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml)

95,2% (199/209)

96,5% (195/202)

84,7% (160/189)

86,0% (141/164)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24

97,8% (175/179)

96,5% (166/172)

86,7% (143/165)

87,5% (126/144)

Persistenza della normalizzazzione di ALT

80,3% (151/188)

89,0% (161/181)

83,5% (142/170)

89,6% (129/144)

* All’ingresso nello studio CLDT600A2303502, 502 pazienti (293 HBeAg-positivi and 209 HBeAg-negativi) non presentavano resistenza virale.

Studio CLDT600ACN04E1 – Conseguenze del trattamento sull’istologia epatica

Nello studio CLDT600ACN04E1, 57 pazienti con disponibili biopsie epatiche normali sia al basale sia dopo un periodo di trattamento medio di 260,8 settimane sono stati valutati per valutare eventuali modifiche dell’istologia epatica (38 pazienti HBeAg-positivi and 19 pazienti HBeAg-negativi).

 L’indice medio necroinfiammatorio di Knodell di 7,6 (DS 2,9) al basale è migliorato fino a 1,4

(DS 0,9) (p < 0,0001), con una variazione media di –6,3 (DS 2,8). Nel 98,2% (56/57) dei pazienti è stato osservato un indice necroinfiammatorio di Knodell ≤3 (nessuna o minima microinfiamma­zione).

 L’indice medio di fibrosi di Ishak di 2,2 (DS 1,1) al basale è migliorato fino a 0,9 (DS 1,0)

(p < 0,0001), con una variazione media di –1,3 (DS 1,3). Un indice di fibrosi di Ishak ≤1 (nessuna o minima fibrosi) è stato osservato nell’84,2% (48/57) dei pazienti.

Le variazioni dell’indice necroinfiammatorio di Knodell e dell’indice di Ishak sono risultate simili nei pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi.

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Studio CLDT600A2303 – Persistenza delle risposte HBeAg in assenza di trattamento

Lo studio CLDT600A2303 ha incluso pazienti HBeAg-positivi provenienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) o NV-02B-015 per una valutazione di follow-up in assenza di trattamento. Questi pazienti avevano completato ≥52 settimane di trattamento con telbivudina e avevano mostrato una perdita di HBeAg per ≥24 settimane, con HBV DNA <5 log10 copie/ml nell’ultima visita in corso di trattamento. La durata media del trattamento è stata di 104 settimane. Dopo un periodo medio di follow-up di 120 settimane in assenza di trattamento, la maggioranza dei pazienti HBeAg-positivi trattati con telbivudina ha mostrato una persistente perdita di HBeAg (83,3%, 25/30) e persistente seroconversione HBeAg (79,2%, 19/24). I pazienti con seroconversione HBeAg persistente hanno avuto un HBV DNA medio di 3,3 log10 copie/ml e il 73,7% ha avuto un HBV DNA <4 log10 copie/ml.

Resistenza clinica

Il test di resistenza genotipica è stato effettuato nello studio NV-02B-007 (GLOBE; n = 680) nei pazienti con rebound virologico (aumento confermato di HBV DNA ≥1 log10 copie/ml HBV DNA rispetto al nadir).

Alla settimana 48 tra i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, rispettivamente il 5% (23/458) e il 2% (5/222) ha avuto rebound virologico con mutazioni HBV determinabili e correlate alla resistenza.

Studi NV-02B-007 (GLOBE) e CLDT600A2303 – tassi cumulativi di resistenza genotipica L’analisi originale sui tassi cumulativi di resistenza genotipica alle settimane 104 e 208 erano basati sulla popolazione ITT e comprendeva tutti i pazienti che avevano continuato il tarttamento fino a 4 anni, indipendentemente dai livelli di HBV DNA. Su 680 pazienti trattati con telbivudina inizialmente inseriti nello studio principale NV-02B-007 (GLOBE), 517 (76%) erano stati arruolati nello studio CLDT600A2303 per un trattamento continuativo con telbivudina sino a 208 settimane. All’interno della popolazione di 517 pazienti, 159 pazienti (HBeAg-positivi=135, HBeAg-negativi=24) hanno avuto HBV DNA misurabile.

I tassi di resistenza genotipica alla settimana 104 sono stati 25,1% (115/458) nei pazienti HBeAg-positivi e del 10,8% (24/222) nei pazienti HBeAg-negativi.

Nella popolazione ITT totale, i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 per i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, sono stati rispettivamente 40,8% (131/321) e18,9% (37/196).

I tassi cumulativi di resistenza genotipica sono stati anche determinati applicando un modello matematico nel quale sono considerati solo i pazienti con HBV DNA non rilevabile all’inizio del corrispondente anno. In questa analisi i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 sono stati 22,3% per i pazienti HBeAg-positivi e 16,0% per i pazienti HBeAg-negativi.

Considerando i pazienti con breakthrough virologico entro la settimana 104 nello studio NV-02B-007 (GLOBE), il tasso di resistenza è risultato inferiore nei pazienti con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24 rispetto ai pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml alla settimana 24. Nei pazienti HBeAg-positivi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dell’1% (3/203) alla settimana 48 e del 9% (18/203) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml la resistenza è stata dell’8% (20/247) alla settimana 48 e del 39% (97/247) alla settimana 104. Nei pazienti HBeAg-negativi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dello 0% (0/177) alla settimana 48 e del 5% (9/177) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml la resistenza è stata dell’11% (5/44) alla settimana 48 e del 34% (15/44) alla settimana 104.

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Modello di mutazione genotipica e resistenza crociata

L’analisi genotipica effettuata in 203 coppie di campioni valutabili ottenuti da pazienti con HBV DNA ≥1.000 copie/ml alla settimana 104 (NV-02B-007 (GLOBE)) ha dimostrato che la mutazione primaria associata a resistenza alla telbivudina era la sostituzione rtM204I, spesso associata alle mutazioni rtL180M e rtL80I/V e meno frequentemente alle rtV27A, rtL82M, rtV173L, rtT184I e rtA200V. I fattori basali correlati allo sviluppo di farmaco-resistenza genotipica comprendevano: il trattamento con lamivudina, valori basali di HBV DNA elevati, valori basali di ALT sieriche più bassi e aumento di peso corporeo o dell’indice di massa corporea (BMI). In corso di trattamento i parametri di risposta che alla settimana 24 si mostravano predittivi dell’insorgenza di virus farmaco-resistenti entro la settimana 104 erano i livelli di HBV DNA >300 copie/ml e l’innalzamento delle ALT sieriche.

L’analisi genotipica di 50 isolati di HBV ottenuti alla settimana 208 da pazienti trattati con telbivudina (CLDT600A2303) ha rivelato un profilo di resistenza simile a quello riscontrato alla settimana 104. In tutte le sequenze genotipiche alberganti la sostituzione M204I sono state individuate sostituzioni in posizione 80 e 180 e polimorfismi in posizione 91 e 229. Queste mutazioni sono di probabile natura compensatoria. In pazienti trattati con telbivudina che avevano sviluppato un breakthrough virologico entro la settimana 208 sono state segnalate una mutazione isolata rtM204V e due mutazioni rtM204I/V/M. Non sono state riportate nuove mutazioni.

E’ stata osservata resistenza crociata tra gli analoghi nucleosidici HBV (vedere paragrafo 4.4). Nei saggi cellulari, ceppi di HBV lamivudina resistenti contenenti la mutazione rtM204I o la doppia mutazione rtL180M/rtM204V avevano una sensibilità alla telbivudina ridotta di ≥1.000 volte. Nelle colture cellulari, i ceppi di HBV codificanti per le sostituzioni rtN236T o rtA181V associate a resistenza ad adefovir hanno mostrato una sensibilità a telbivudina ridotta rispettivamente di circa 0,3 e 4 volte (vedere paragrafo 4.4).

5.2 proprietà farmacocinetiche

Tabella 9 Parametri di farmacocinetica (media

Funzionalità renale (clearance della creatinina in ml/min.)

Normale (>80) (n = 8) 600 mg

Lieve (50–80) (n = 8) 600 mg

Moderata (30–49) (n = 8) 400 mg

Grave (<30) (n = 6) 200 mg

ESRD/ Emodialisi (n = 6) 200 mg

Cmax (g/ml)

3,4 ± 0,9

3,2 ± 0,9

2,8 ± 1,3

1,6 ± 0,8

2,1 ± 0,9

AUC0-∞(gh/ml)

28,5 ± 9,6

32,5 ± 10,1

36,0 ± 13,2

32,5 ± 13,2

67,4 ± 36,9

CLRENALE (ml/min)

126,7 ± 48,3

83,3 ± 20,0

43,3 ± 20,0

11,7 ± 6,7

Pazienti con insufficienza renale in emodialisi

L’emodialisi (fino a 4 ore) riduce l’esposizione sistemica alla telbivudina di circa il 23%. Dopo un aggiustamento dell’intervallo di dose per la clearance della creatinina, non è necessaria un’ulteriore modifica della dose durante l’emodialisi di routine (vedere paragrafo 4.2). La telbivudina deve essere somministrata dopo l’emodialisi.

Insufficienza epatica

La farmacocinetica della telbivudina è stata studiata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza epatica e in alcuni pazienti affetti da scompenso epatico. Non ci sono stati cambiamenti significativi nella farmacocinetica della telbivudina in soggetti con alterata funzionalità epatica rispetto a soggetti senza alterazione della funzione epatica. I risultati di questi studi indicano che non è necessario un aggiustamento del dosaggio per i pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).

5.3 dati preclinici di sicurezza

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute e genotossicità. La telbivudina non ha evidenziato potenziale carcinogenico. Nei test standard di tossicologia riproduttiva, non è stata osservata evidenza di un effetto tossico diretto della telbivudina. Nel coniglio, dosi di telbivudina tali da fornire livelli di esposizione pari a 37 volte a quelli osservati nell’uomo alla dose terapeutica (600 mg) sono stati associati a un aumento dell’incidenza di aborto e di parto prematuro. Questo effetto è stato ritenuto secondario alla tossicità materna.

La fertilità è stata esaminata in studi convenzionali condotti su ratti adulti e come parte di uno studio di tossicologia giovanile.

Nei ratti adulti, la fertilità è risultata diminuita quando i ratti sia maschi che femmine sono stati trattati con telbivudina a dosi di 500 o 1000 mg­/kg/die (indice di fertilità inferiore in confronto ai rispettivi controlli). Non sono state osservate anomalie nella morfologia e nella funzionalità degli spermatozoi; testicoli e ovaie non hanno mostrato un profilo istologico peculiare.

Nessun effetto sulla fertilità è stato rilevato in altri studi, nei quali sia maschi che femmine di ratto trattati con dosi fino a 2000 mg/kg/die sono stati accoppiati con ratti non trattati (livelli di esposizione sistemica superiori di circa 6–14 volte a quelli raggiunti nell’uomo).

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Negli studi di tossicità giovanile, i ratti sono stati trattati dal giorno 14 al giorno 70 post-partum e accoppiati con altri ratti che avevano ricevuto lo stesso trattamento (nessun accoppiamento tra ratti della stessa cucciolata). La fertilità è risultata diminuita nelle coppie che hanno ricevuto

≥1000 mg/kg/die, come dimostrato dalla riduzione degli indici di fertilità e di accoppiamento e dalla riduzione del tasso di concepimento. I parametri ovarici e uterini delle femmine che si sono accoppiate con successo non sono tuttavia risultati modificati.

Il livello senza effetti avversi osservabili (no observed adverse effect level , NOAEL) sulla fertilità o i parametri di accoppiamento è risultato essere di 250 mg/kg/die, corrispondente a livelli di esposizione superiori da 2,5 a 2,8 volte quelli raggiunti nell’uomo con normale funzionalità renale alla dose terapeutica.

6.

INFORMAZIONI FARMACEUTICHE

6.1

Elenco degli eccipienti

Nucleo della compressa

Cellulosa microcristallina Povidone

Sodio amido glicolato Silice colloidale anidra Magnesio stearato

6.2 Incompatibilità

6.3 Periodo di validità

3 anni

Film di rivestimento della compressa

Non pertinente.

Titanio diossido (E 171)

Macrogol

Talco

Ipromellosa

6.4 Precauzioni particolari per la conservazione

Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

6.5 Natura e contenuto del contenitore

Blister in PVC/alluminio.

Confezioni: 28 o 98 compresse rivestite con film

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

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6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento

Nessuna istruzione particolare per lo smaltimento.

7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Novartis Europharm Limited

Vista Building

Elm Park, Merrion Road

Dublin 4

Irlanda

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

EU/1/07/388/001

EU/1/07/388/002

9. data della prima autorizzazione/rinnovo dell’autorizzazione

Data della prima autorizzazione: 24 aprile 2007

Data del rinnovo più recente: 16 dicembre 2016

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO

Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali:

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1. denominazione del medicinale

Sebivo 20 mg/ml soluzione orale

2. composizione qualitativa e quantitativa

Un ml contiene 20 mg di telbivudina.

Eccipiente con effetti noti : una dose da 600 mg (30 ml) di soluzione orale contiene circa 47 mg di sodio.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. forma farmaceutica

Soluzione orale

Soluzione limpida, incolore o leggermente gialla.

4. informazioni cliniche

4.1 indicazioni terapeutiche

Sebivo è indicato per il trattamento dell’epatite cronica B in pazienti adulti con malattia epatica compensata ed evidenza di replicazione virale, con livelli persistentemente elevati dell’alanina aminotransferasi sierica (ALT) ed evidenza istologica di infiammazione attiva e/o fibrosi.

L’inizio del trattamento con Sebivo deve essere preso in considerazione solo quando non è disponibile o appropriato l’uso di un agente antivirale alternativo, con una barriera genetica alla resistenza più elevata.

Vedere paragrafo 5.1 per i dettagli dello studio e le caratteristiche specifiche dei pazienti su cui si basa questa indicazione.

4.2 posologia e modo di somministrazione

La terapia deve essere iniziata da un medico esperto nel trattamento dell’infezione cronica da virus B dell’epatite.

Posologia

Adulti

La dose raccomandata di Sebivo è 30 ml, equivalenti ad una dose da 600 mg, una volta al giorno.

Controllo durante il trattamento

La risposta alla settimana 24 di trattamento si è dimostrata predittiva della risposta a più lungo termine (vedere Tabella 7 al paragrafo 5.1). I livelli di HBV DNA devono essere controllati alla settimana 24 di trattamento per verificare la completa soppressione virale (HBV DNA inferiore a 300 copie/ml). Per pazienti nei quali è rilevabile HBV DNA dopo 24 settimane di terapia, si deve considerare la modifica del trattamento.

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L’HBV DNA deve essere controllato ogni 6 mesi, per verificare la continuità della risposta. Se in qualsiasi momento dopo la risposta iniziale, i pazienti sono positivi ai test per l’HBV DNA, si deve considerare la modifica del trattamento. Una terapia ottimale deve essere guidata dalla valutazione delle resistenze.

Durata della terapia

Non è nota la durata ottimale del trattamento. L’interruzione del trattamento deve essere considerata nei casi seguenti:

 In pazienti HBeAg-positivi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato per almeno

6–12 mesi dopo sieroconversione confermata dell’HBeAg (perdita dell’HBeAg e perdita dell’HBV DNA con rilevazione di anti-HBe) o fino a sieroconversione dell’HBsAg o evidenza di perdita di efficacia. Dopo la sospensione del trattamento, i livelli serici di ALT e HBV DNA devono essere controllati regolarmente per individuare possibili ricadute virologiche tardive.

 In pazienti HBeAg-negativi non cirrotici, il trattamento deve essere somministrato almeno fino

alla sieroconversione dell’HBsAg o se c’è evidenza di perdita di efficacia. Se il trattamento si prolunga per oltre due anni, si raccomanda una rivalutazione regolare della terapia prescelta per confermare che sia rimasta adeguata per il paziente.

Dose dimenticata

Nel caso in cui venga dimenticata una dose, il paziente può assumere la dose dimenticata solo fino a 4 ore prima della dose successiva programmata. La dose successiva deve essere assunta alla solita ora.

Anziani (età superiore a 65 anni)

Non sono disponibili dati che sostengano una raccomandazione di dosaggio specifica per i pazienti di età superiore a 65 anni (vedere paragrafo 4.4).

Compromissione renale

Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di telbivudina nei pazienti con clearance della creatinina 50 ml/min. L’aggiustamento della dose è richiesto nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min, compresi i pazienti con patologia renale allo stadio terminale (ESRD) in emodialisi. Si raccomanda la riduzione della dose giornaliera di Sebivo, come descritto di seguito in Tabella 1. Se l’uso della soluzione orale non è possibile, in alternativa si possono utilizzare le compresse rivestite con film di Sebivo e la dose deve essere aggiustata aumentando l’intervallo di tempo tra le dosi, come descritto in Tabella 1.

Tabella 1 Aggiustamento del regime di dosaggio di Sebivo in pazienti con insufficienza re­nale

Clearance della creatinina (ml/min)

Telbivudina 20 mg/ml soluzione orale

Aggiustamento della dose giornaliera

Telbivudina 600 mg compresse rivestite con film

In alternativa, aggiustamento della dose giornaliera mediante aumento dell’intervallo tra le dosi

50

600 mg (30 ml) una volta al giorno

600 mg una volta al giorno

30–49

400 mg (20 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 48 ore

<30 (in pazienti che

200 mg (10 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 72 ore

non richiedono

dialisi)

ESRD*

120 mg (6 ml) una volta al giorno

600 mg una volta ogni 96 ore

* patologia renale allo stadio terminale

quando non è possibile l’uso della soluzione orale

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Le modifiche della dose proposte si basano su estrapolazioni e potrebbero non essere ottimali. La sicurezza e l’efficacia di queste linee guida per l’aggiustamento della dose non sono state valutate clinicamente. Pertanto, si raccomanda di mantenere questi pazienti sotto stretto controllo clinico.

Pazienti con patologia renale allo stadio terminale (End-stage renal disease patients, ESRD) Nei pazienti con ESRD, Sebivo deve essere somministrato dopo l’emodialisi (vedere paragrafo 5.2).

Insufficienza epatica

Non è necessario un aggiustamento della dose raccomandata di Sebivo nei pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

La sicurezza e l’efficacia di Sebivo nella popolazione pediatrica non sono ancora state stabilite. Non ci sono dati disponibili.

Modo di somministrazione

Sebivo deve essere assunto per via orale, con o senza cibo.

4.3 controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

Associazione di telbivudina a interferone alfa pegilato o standard (vedere paragrafi 4.4 e 4.5)

4.4 avvertenze speciali e precauzioni di impiego

Gravi esacerbazioni acute dell’epatite cronica B sono relativamente frequenti e sono caratterizzate da un innalzamento transitorio delle ALT sieriche. Dopo l’inizio del trattamento antivirale, in alcuni pazienti possono aumentare le ALT sieriche mentre i livelli sierici di HBV DNA diminuiscono (vedere paragrafo 4.8). In media, trascorrono 4–5 settimane prima dell’insorgenza di una esacerbazione nei pazienti trattati con telbivudina. Nel complesso, gli aumenti delle ALT si sono verificati più frequentemente nei pazienti HBeAg-positivi rispetto ai pazienti HBeAg-negativi. Nei pazienti con patologia epatica compensata, questo innalzamento delle ALT sieriche non è in genere accompagnato da livelli elevati di bilirubina sierica o da altri segni di scompenso epatico. Il rischio di scompenso epatico – e di una successiva riacutizzazione dell’epatite – può essere maggiore nei pazienti con cirrosi. Tali pazienti devono essere pertanto tenuti sotto attenta osservazione.

Sono state inoltre riportate esacerbazioni dell’epatite nei pazienti che hanno terminato il trattamento per l’epatite B. I picchi di incremento delle ALT dopo il trattamento sono di solito associati ad innalzamenti dei livelli sierici di HBV DNA e la maggior parte di questi casi è risultata auto-limitante. Nonostante ciò, sono state anche segnalate esacerbazioni gravi, e talvolta fatali della patologia dopo il trattamento. Pertanto, la funzione epatica deve essere controllata a intervalli regolari, con un follow-up sia clinico che di laboratorio, per almeno 6 mesi dopo l’interruzione della terapia per l’epatite B.

Acidosi lattica

Rari casi di acidosi lattica sono stati riportati con telbivudina dopo la commercializza­zione. I casi erano più frequentemente secondari ad altre gravi condizioni (ad esempio rabdomiolisi) e/o associati a eventi muscolari (ad es. miopatia, miosite). Quando secondari ad altre condizioni, alcuni casi erano associati anche a pancreatite, insufficienza epatica/steatosi epatica e insufficienza renale. In alcuni casi, sono stati riportati esiti fatali quando l’acidosi lattica era secondaria a rabdomiolisi. I pazienti devono essere seguiti attentamente.

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Il trattamento con telbivudina deve essere interrotto in caso si manifesti acidosi metabolica/lattica di eziologia sconosciuta. Sintomi digestivi di natura benigna, quali nausea, vomito e dolore addominale, potrebbero indicare lo sviluppo di acidosi lattica.

Effetti muscolari

Sono stati riportati casi di miopatia e di mialgia con l’uso di telbivudina dopo diverse settimane-mesi dall’inizio della terapia (vedere paragrafo 4.8). Nel corso dell’uso post-marketing di telbivudina sono stati riportati casi di rabdomiolisi (vedere paragrafo 4.8).

La miopatia, definita come persistente dolore muscolare senza causa e/o persistente debolezza muscolare indipendentemente dal grado di aumento dei livelli di creatinchinasi (CK), deve essere presa in considerazione nei pazienti che presentano mialgia diffusa, dolorabilità muscolare, debolezza muscolare o miosite (definita come miopatia con evidenza istologica di danno muscolare) senza causa. I pazienti devono essere avvertiti di segnalare immediatamente la comparsa di persistenti e inspiegabili mialgie, dolore, dolorabilità o debolezza muscolare. Se viene segnalato uno qualsiasi di questi sintomi, deve essere effettuato un esame muscolare dettagliato per valutare la funzionalità muscolare. La terapia con telbivudina deve essere interrotta se viene diagnosticata una miopatia.

Non è noto se con la somministrazione concomitante di altri medicinali associati a miopatia (es. statine, fibrati o ciclosporina) il rischio di miopatia durante il trattamento con telbivudina sia aumentato. I medici che prendono in considerazione il trattamento concomitante con altri agenti associati a miopatia devono valutare attentamente i benefici e i rischi potenziali e devono tenere sotto osservazione i pazienti per qualsiasi segno o sintomo predittivo di miopatia.

Neuropatia periferica

La neuropatia periferica è stata riportata con frequenza non comune in pazienti trattati con telbivudina. Se si sospetta una neuropatia periferica, deve essere riconsiderata l’opportunità del trattamento con telbivudina (vedere paragrafo 4.8).

In uno studio è stato osservato un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica quando telbivudina e interferone alfa-2a pegilato sono stati somministrati in combinazione (vedere paragrafo 4.5). Non si può escludere un aumento di tale rischio per altri interferoni alfa (pegilato o standard). Ad oggi inoltre non è stato dimostrato il beneficio della combinazione di telbivudina con interferone alfa (pegilato o standard). L’associazione di telbivudina con interferone alfa pegilato o standard è pertanto controindicata (vedere paragrafo 4.3).

Funzione renale

La telbivudina è eliminata principalmente per escrezione renale, pertanto si raccomanda un aggiustamento dell’intervallo di dose nei pazienti con clearance della creatinina <50 ml/min, compresi i pazienti emodializzati. L’efficacia dell’aggiustamento dell’intervallo di dose non è stata valutata clinicamente. Pertanto, la risposta virologica deve essere tenuta sotto stretta osservazione nei pazienti a cui viene aumentato l’intervallo di dose (vedere paragrafi 4.2 e 5.2).

Pazienti con cirrosi non scompensata

A causa della disponibilità di dati limitati (circa il 3% dei pazienti arruolati era cirrotico), la telbivudina deve essere utilizzata con particolare cautela in pazienti cirrotici. Questi pazienti devono essere attentamente monitorati per i parametri clinici, biochimici e virologici associati all’epatite B durante il trattamento e dopo l’interruzione del trattamento.

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Pazienti con cirrosi scompensata

Non esistono dati di efficacia e di sicurezza adeguati in pazienti con cirrosi scompensata.

Pazienti con precedente esposizione ad analoghi nucleosidici/nu­cleotidici

In vitro , la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dei ceppi di HBV portatori delle mutazioni rtM204V/rtL180M o rtM204I (vedere paragrafo 5.1). La monoterapia con telbivudina non è idonea nei pazienti con infezione da virus B dell’epatite con accertata resistenza alla lamivudina. È improbabile che i pazienti con fallimento virologico dopo oltre 24 settimane di trattamento con lamivudina traggano beneficio dalla monoterapia con telbivudina. Non sono al momento disponibili dati clinici per valutare adeguatamente il beneficio e il rischio del passaggio al trattamento con telbivudina di pazienti trattati con lamivudina che hanno raggiunto una completa soppressione virale.

Non ci sono dati sul trattamento con telbivudina in pazienti con accertata infezione da ceppi del virus B dell’epatite resistenti ad adefovir e portatori delle singole mutazioni rtN236T o A181V. I risultati dei saggi cellulari hanno dimostrato che la sostituzione A181V associata alla resistenza ad adefovir ha una sensibilità alla telbivudina da 1,5 a circa 4 volte inferiore.

Pazienti sottoposti a trapianto di fegato

La sicurezza e l’efficacia di telbivudina in pazienti sottoposti a trapianto di fegato non sono note.

Anziani

Gli studi clinici sulla telbivudina non comprendevano un numero di pazienti di età ≥65 anni sufficiente per stabilire se rispondessero in modo diverso dai soggetti più giovani. In generale, deve essere usata cautela nella prescrizione di Sebivo a pazienti anziani, in considerazione della maggiore frequenza di riduzione della funzionalità renale per patologia concomitante o per l’uso concomitante di altri medicinali.

Altre popolazioni speciali

Sebivo non è stato studiato in pazienti con epatite B coinfetti (ad es. pazienti coinfetti con il virus dell'immunode­ficienza umana [HIV], il virus dell’epatite C [HCV] o il virus dell’epatite D [HDV]).

Generali

I pazienti devono essere avvertiti che il trattamento con Sebivo non ha mostrato di ridurre il rischio di trasmissione dell’HBV attraverso il contatto sessuale o la contaminazione con il sangue.

Non si raccomanda l’uso di telbivudina con lamivudina perché in uno studio di fase II, la risposta al trattamento osservata con la terapia combinata di telbivudina e lamivudina è stata inferiore rispetto alla risposta con la sola telbivudina.

Non ci sono attualmente dati di efficacia e di sicurezza per altre combinazioni antivirali con telbivudina.

Eccipienti

Una dose da 600 mg di Sebivo soluzione orale (30 ml) contiene circa 47 mg di sodio; ciò deve essere tenuto in considerazione dai pazienti che seguono una dieta povera di sodio.

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4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Poiché la telbivudina viene eliminata principalmente per escrezione renale, la co-somministrazione di Sebivo con sostanze che influiscono sulla funzione renale (come aminoglicosidi, diuretici dell’ansa, composti del platino, vancomicina, amfotericina B) può alterare le concentrazioni plasmatiche della telbivudina e/o della sostanza somministrata congiuntamente. L’associazione della telbivudina con questi medicinali deve essere usata con cautela. La farmacocinetica della telbivudina allo steady-state è rimasta inalterata dopo somministrazione ripetuta in associazione con lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato, ciclosporina o interferone alfa-2a pegilato. Inoltre la telbivudina non altera la farmacocinetica di lamivudina, adefovir dipivoxil, tenofovir disoproxil fumarato o ciclosporina. Non è stato possibile trarre alcuna conclusione definitiva riguardo agli effetti della telbivudina sulla farmacocinetica dell’interferone pegilato a causa dell’elevata variabilità interindividuale delle concentrazioni di interferone alfa-2a pegilato. Uno studio clinico che valutava la combinazione di telbivudina, 600 mg al giorno, e interferone alfa-2a pegilato, 180 microgrammi una volta alla settimana somministrato per via sottocutanea, ha mostrato che questa combinazione è associata ad un aumento del rischio di sviluppare neuropatia periferica. Non è noto il meccanismo alla base di questi eventi (vedere paragrafo 4.4). L’associazione di telbivudina con qualsiasi medicinale contenente interferone pegilato alfa è controindicata (vedere paragrafo 4.3).

Telbivudina non è un substrato, un inibitore o un induttore del sistema enzimatico del citocromo P450 (CYP450) (vedere paragrafo 5.2). Pertanto, per Sebivo il potenziale di interazioni farmacologiche mediate dal CYP450 è basso.

4.6 fertilità, gravidanza e allattamento

Gravidanza

Gli studi su animali non indicano effetti dannosi diretti su gravidanza, sviluppo embrionale/fetale, parto o sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3). Gli studi su femmine gravide di ratti e conigli hanno mostrato che la telbivudina attraversa la placenta. Gli studi su coniglie gravide hanno evidenziato parto prematuro e/o aborto secondari a tossicità nella madre.

Limitati dati clinici (meno di 300 esiti di gravidanza) dopo esposizione a telbivudina durante il primo trimestre di gravidanza non indicano alcuna tossicità malformativa e una grande quantità di dati (più di 1000 esiti di gravidanza) dopo esposizione durante il secondo e terzo trimestre non indica alcuna tossicità fetale/neonatale.

Sebivo deve essere usato in gravidanza solo se il beneficio per la madre supera il potenziale rischio per il feto.

La letteratura mostra che l’esposizione alla telbivudina nel secondo e/o terzo trimestre di gravidanza ha mostrato una riduzione del rischio di trasmissione dell’HBV dalla madre al neonato se la telbivudina è somministrata in aggiunta a immunoglobuline per l’epatite B e vaccino per l’epatite B.

Allattamento

La telbivudina è escreta nel latte del ratto. Non è noto se la telbivudina sia escreta nel latte umano. Le donne che assumono Sebivo non devono allattare al seno.

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Fertilità

Non ci sono dati clinici sugli effetti della telbivudina sulla fertilità maschile o femminile. Negli studi di tossicologia riproduttiva in animali adulti, la fertilità è risultata leggermente ridotta quando sia le femmine che i maschi di ratto hanno ricevuto telbivudina. Gli effetti avversi sulla fertilità sono risultati maggiori in uno studio separato condotto su animali giovani quando entrambi i sessi hanno ricevuto telbivudina (vedere paragrafo 5.3).

4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Sebivo altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari.

4.8 effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza

La valutazione delle reazioni avverse si basa principalmente su due studi, NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015, nei quali 1.699 pazienti con epatite cronica B sono stati trattati in doppio cieco con telbivudina 600 mg/die (n = 847) o lamivudina (n = 852) per 104 settimane.

Negli studi clinici di 104 settimane, le reazioni avverse segnalate sono state di solito classificate di gravità lieve o moderata. Le reazioni avverse più comuni sono state gli innalzamenti della creatinchinasi di grado 3 o 4 (6,8%), l’affaticamento (4,4%), il mal di testa (3,0%) e la nausea (2,6%).

Tabella delle reazioni avverse

La Tabella 2 elenca le reazioni avverse secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi, utilizzando la seguente convenzione: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti indesiderati sono riportati in ordine decrescente di gravità.

Tabella 2 Reazioni avverse

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Raro*

Acidosi lattica

Patologie del sistema nervoso

Comune

Capogiri, cefalea

Non comune

Neuropatia periferica, disgeusia, ipoestesia, parestesia, sciatica

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Comune

Tosse

Patologie gastrointestinali

Comune

Diarrea, aumento di lipasi ematica, nausea, dolore addominale

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Comune

Rash

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Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Non comune

Miopatia/miosite, artralgia, mialgia, dolore alle estremità, mal di schiena, spasmo muscolare, dolore al collo, dolore al fianco

Raro*

Rabdomiolisi

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Comune

Affaticamento

Non comune

Malessere

Esami diagnostici

Comune

Aumento della creatinfosfochinasi ematica, aumento dell’alaninami­notransferasi ematica, aumento dell’amilasi ematica

Non comune

Aumento dell’aspartatoamino transferasi

* Queste reazioni avverse sono state identificate attraverso le segnalazioni post-marketing ma non

sono state osservate negli studi clinici controllati. La frequenza è stata stimata con un calcolo statistico basato sul numero totale di pazienti esposti alla telbivudina negli studi clinici (n = 8.914).

Descrizione di reazioni avverse selezionate

Aumento della creatinchinasi

Nell’analisi aggregata degli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015, entro 104 settimane di trattamento si sono verificati innalzamenti di CK di grado 3 o 4 (>7× ULN) nel 12,6% dei pazienti trattati con telbivudina (n = 847) e nel 4,0% dei pazienti trattati con lamivudina (n = 846). L’aumento della CK è stato, per la maggior parte, asintomatico e i valori della CK sono solitamente diminuiti entro la visita successiva con la continuazione del trattamento.

Picchi di incremento di ALT

L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) durante il trattamento, nei due bracci di trattamento, viene descritta ulteriormente nella Tabella 3 qui di seguito secondo la definizione dell’AASLD (American Association for the Study of Liver Disease) (incremento ALT >2× basale e >10× ULN).

Tabella 3 Sommario dei picchi di incremento di ALT durante il trattamento – Analisi aggregata degli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015

Picchi di ALT:

Incremento di ALT >2× basale e

>10× ULN

Lamivudina n/N (%)

Telbivudina n/N (%)

Totale

67/852 (7,9)

41/847 (4,8)

Dal basale sino alla settimana 24

25/852 (2,9)

25/847 (3,0)

Dalla settimana 24 a fine studio

44/837 (5,3)

17/834 (2,0)

Durante il trattamento, si raccomanda il monitoraggio periodico della funzione epatica (vedere paragrafo 4.4).

29

Esacerbazioni dell’epatite B dopo l’interruzione del trattamento

Esacerbazioni acute gravi dell’epatite B sono state riportate in pazienti che avevano interrotto la terapia contro l’epatite B compresa quella con telbivudina (vedere paragrafo 4.4).

L’incidenza dei picchi di incremento di alanina aminotransferasi (ALT) nei due bracci di trattamento dopo l’interruzione del trattamento viene ulteriormente descritta nella Tabella 4 qui di seguito.

Tabella 4 Sommario dei picchi di incremento di ALT – Analisi aggregata degli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015

Lamivudina

Telbivudina

Picchi di ALT

n/N (%)

n/N (%)

Incremento di ALT >2× basale e >10× ULN

10/180 (5,6)

9/154 (5,8)

Risultati alla settimana 208

Dopo 104 settimane di terapia con telbivudina, il 78% dei pazienti (530/680) dello studio NV-02B-007 (GLOBE) e l’82% (137/167) dei pazienti dello studio NV-02B-015 sono stati arruolati nello studio di estensione CLDT600A2303 (vedere paragrafo 5.1) per continuare il trattamento fino a 208 settimane. La sicurezza a lungo termine è stata valutata in 655 pazienti, compresi 518 pazienti dello studio NV-02B-007 (GLOBE) e 137 pazienti dello studio NV-02B-015. Il profilo di sicurezza complessivo nell’analisi raggruppata fino a 104 e 208 settimane è risultato simile. Un aumento di CK di grado 3 o 4 è comparso nel 15,9% nei pazienti trattati con telbivudina per 208 settimane. La maggior parte degli aumenti di CK di grado 3 o 4 sono stati asintomatici e transitori.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell

4.9 sovradosaggio

Non ci sono informazioni sul sovradosaggio intenzionale della telbivudina, ma a un soggetto è stato somministrato inavvertitamente un dosaggio eccessivo che è risultato asintomatico. Dosi testate fino a 1.800 mg/die, tre volte superiori alla dose giornaliera raccomandata, sono state ben tollerate. Non è stata determinata una dose massima tollerata di telbivudina. In caso di sovradosaggio, Sebivo deve essere sospeso e deve essere istituito un trattamento di supporto generale appropriato secondo necessità.

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5. proprietà farmacologiche

5.1 proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: antivirali per uso sistemico, nucleosidi e nucleotidi inibitori della trascrittasi inversa, codice ATC: J05AF11

Meccanismo d’azione

La telbivudina è un analogo nucleosidico sintetico della timidina attivo contro l’HBV DNA polimerasi. È efficientemente fosforilata dalle chinasi cellulari nella forma attiva trifosfata, che ha un’emivita intracellulare di 14 ore. Telbivudina-5'-trifosfato inibisce la HBV DNA polimerasi (trascrittasi inversa) competendo con il substrato naturale, timidina 5'-trifosfato. L’incorporazione della telbivudina-5'-trifosfato nel DNA virale causa l’interruzione della catena del DNA, con conseguente inibizione della replicazione dell’HBV.

Effetti farmacodinamici

La telbivudina è un inibitore della sintesi sia del primo filamento (EC50 = 0,4–1,3 M) che del secondo filamento (EC50 = 0,12–0,24 M) di HBV, e mostra una netta preferenza per l’inibizione della produzione del secondo filamento. Viceversa, la telbivudina-5'-trifosfato, a concentrazioni fino a 100 M, non ha inibito la DNA polimerasi cellulare , , o . Nei saggi sulla struttura mitocondriale, sulla funzione e sul contenuto di DNA, la telbivudina non ha avuto effetto tossico apprezzabile a concentrazioni fino a 10 M e non ha aumentato la produzione di acido lattico in vitro.

L’attività antivirale in vitro della telbivudina è stata valutata nella linea cellulare 2.2.15 di epatoma umano che esprime l’HBV. La concentrazione di telbivudina che ha efficacemente inibito il 50% della sintesi virale (EC50) è stata di circa 0,2 M. L’attività antivirale della telbivudina è specifica per il virus B dell’epatite ed hepadnavirus correlati. In vitro la telbivudina non è risultata attiva nei confronti dell’HIV. L’assenza di attività della telbivudina nei confronti dell’HIV non è stata valutata in studi clinici. Sono state riportate riduzioni transitorie dell’RNA di HIV-1 in un numero esiguo di pazienti dopo somministrazione di telbivudina in assenza di terapia antiretrovirale. Il significato clinico di queste riduzioni non è stato determinato.

Esperienza clinica

La sicurezza e l’efficacia del trattamento a lungo termine (104 settimane) con Sebivo sono state valutate in due studi clinici controllati condotti in 1.699 pazienti con epatite B cronica (NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015).

Studio NV-02B-007 (GLOBE)

Lo studio NV-02B-007 (GLOBE) è uno studio di fase III multinazionale, in doppio cieco, randomizzato, su telbivudina in confronto a lamivudina, per un periodo di trattamento di 104 settimane in 1.367 pazienti affetti da epatite cronica B HBeAg-positivi e HBeAg-negativi mai trattati con nucleosidi. La maggioranza della popolazione arruolata era di origine Asiatica. I genotipi HBV più frequenti erano B (26%) e C (51%). Un numero esiguo (totale pari a 98) di pazienti Caucasici sono stati trattati con la telbivudina. L’analisi primaria dei dati è stata condotta dopo che tutti i pazienti avevano raggiunto la settimana 52.

Pazienti HBeAg-positivi: L’età media dei pazienti era di 32 anni, il 74% era di sesso maschile, l’82% era asiatico, il 12% caucasico e il 6% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

Pazienti HBeAg-negativi: L’età media dei pazienti era di 43 anni, il 79% era di sesso maschile, il 65% era asiatico, il 23% caucasico e l’11% era stato sottoposto in precedenza a terapia con interferone alfa.

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Risultati clinici alla settimana 52

Gli endpoint di efficacia clinica e virologica sono stati valutati separatamente nelle popolazioni di pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi. L’endpoint primario di risposta terapeutica era un endpoint sierologico composito che richiede la soppressione dell’HBV DNA a <5 log10 copie/ml, congiuntamente alla perdita di HBeAg sierico o alla normalizzazione delle ALT. Gli endpoint secondari comprendevano la risposta istologica, la normalizzazione delle ALT e diversi criteri di misura dell’efficacia antivirale.

Indipendentemente dalle caratteristiche basali, la maggior parte dei pazienti che assumeva Sebivo ha evidenziato una risposta istologica, virologica, biochimica e sierologica al trattamento. Livelli di ALT al basale >2 x ULN e HBV DNA al basale <9 log10 copie/ml sono stati associati a tassi più elevati di sieroconversione HBeAg in pazienti HBeAg-positivi. Pazienti che avevano raggiunto livelli di HBV DNA <3 log10 copie/ml entro la settimana 24 hanno avuto una risposta ottimale al trattamento; viceversa i pazienti con livelli di HBV DNA>4 log10 copie/ml a 24 settimane hanno avuto esiti meno favorevoli alla settimana 52.

Nei pazienti HBeAg-positivi, la telbivudina è stata superiore alla lamivudina nella risposta terapeutica (75,3% vs. 67,0% di responder; p = 0,0047). Nei pazienti HBeAg-negativi, la telbivudina è stata non inferiore alla lamivudina (75,2% e 77,2% di responder; p = 0,6187). L’etnia caucasica è stata associata ad una minore risposta al trattamento ad entrambi gli agenti antivirali utilizzati nello studio NV-02B-007 (GLOBE); tuttavia la popolazione di pazienti Caucasici è stata molto limitata (n = 98).

Alla settimana 24, 203 soggetti HBeAg-positivi e 177 soggetti HBeAg-negativi hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili. Di questi soggetti HBeAg-positivi, il 95% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 39% ha raggiunto la sieroconversione HBeAg, il 90% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0,5% ha manifestato resistenza alla settimana 48. Analogamente, fra i soggetti HBeAg-negativi, il 96% ha raggiunto HBV DNA non rilevabile, il 79% ha raggiunto la normalizzazione delle ALT alla settimana 52 e lo 0% ha manifestato resistenza alla settimana 48.

32

I criteri selezionati di misurazione degli esiti virologici, biochimici e sierologici sono indicati nella Tabella 5 e la risposta istologica nella Tabella 6.

Tabella 5 Endpoint virologici, biochimici e sierologici alla settimana 52 nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

Parametro di risposta

HBeAg-positivi (n = 921)

HBeAg-negativi (n = 446)

Telbivudina 600 mg (n = 458)

Lamivudina 100 mg (n = 463)

Telbivudina 600 mg (n = 222)

Lamivudina 100 mg (n = 224)

Riduzione media di HBV DNA rispetto al basale (log10 copie/ml) ± SEM1,2,3

–6,45 (0,11)

–5,54 (0,11)

–5,23 (0,13)

–4,40 (0,13)

% di pazienti con HBV DNA non rilevabile mediante PCR

60%

40%

88%

71%

Normalizzazione

ALT4

77%

75%

74%

79%

Sieroconversione di

HBeAg4

23%

22%

Perdita di HBeAg5

26%

23%

1 SEM: Errore standard

della media

2 Test PCR COBAS Amplicor® Roche (limite inferiore di quantificazione ≤300 copie/ml).

3 HBeAg-positivi n = 443 e 444, HBeAg-negativi n = 219 e 219, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. La differenza nelle popolazioni è causata dall’uscita dei pazienti dallo studio e dalla mancata valutazione dell’HBV DNA alla settimana 52.

4 HBeAg-positivi n = 440 e 446, HBeAg-negativi n = 203 e 207, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Normalizzazione delle ALT valutata solo nei pazienti con ALT > ULN al basale.

5 n = 432 e 442, per i gruppi telbivudina e lamivudina, rispettivamente. Sieroconversione e perdita di HBeAg valutate solo nei pazienti con HBeAg rilevabile al basale.

*p < 0,0001

33

Tabella 6 Miglioramento istologico e variazione del punteggio di fibrosi secondo Ishak alla settimana 52 nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

HBeAg-positivi (n = 921)

HBeAg-negativi (n = 446)

Telbivudina 600 mg (n = 384)1

Lamivudina 100 mg (n = 386)1

Telbivudina 600 mg (n = 199)1

Lamivudina 100 mg (n = 207)1

Risposta istologica2

Miglioramento

71%*

61%

71%

70%

Assenza di miglioramento

17%

24%

21%

24%

Punteggio di fibrosi secondo Ishak3

Miglioramento

42%

47%

49%

45%

Nessun cambiamento

39%

32%

34%

43%

Peggioramento

8%

7%

9%

5%

Biopsia mancante alla settimana 52

12%

15%

9%

7%

1 Pazienti con ≥una dose del farmaco in studio con biopsia epatica al basale valutabile e punteggio dell’indice di attività istologica (HAI) di Knodell >3 al basale.

2 Risposta istologica definita come riduzione ≥2 punti del punteggio di attività necroinfiammatoria di Knodell rispetto al basale, senza peggioramento del punteggio di fibrosi di Knodell.

3 Per il punteggio di fibrosi di Ishak, miglioramento misurato come riduzione ≥1 punto del punteggio di fibrosi di Ishak rispetto al basale alla settimana 52.

p = 0,0024

Risultati clinici alla settimana 104

Complessivamente, alla settimana 104 i risultati clinici nei pazienti trattati con telbivudina sono stati consistenti con quelli ottenuti alla settimana 52, dimostrando la permanenza di risposte efficaci nei pazienti trattati con telbivudina durante la continuazione del trattamento.

Tra i pazienti HBeAg-positivi, la risposta terapeutica (63% verso 48%; p < 0,0001) e i principali endpoint secondari (riduzione media log10 dell’HBV DNA: –5,74 verso –4,42; p < 0,0001, HBV DNA non rilevabile: 56% verso 39%; p < 0,0001 e normalizzazione delle ALT del 70% verso 62%) hanno evidenziato alla settimana 104 un aumento delle differenze tra telbivudina e lamivudina rispettivamente. Per la telbivudina è inoltre stata osservata una tendenza verso valori più elevati di perdita di HBeAg (35% verso 29%) e di sieroconversione (30% verso 25%). Inoltre, nel sottogruppo di pazienti con ALT basali ≥2× ULN (320), una percentuale significativamente superiore di pazienti trattati con telbivudina (36%) ha raggiunto sieroconversione HBeAg alla settimana 104 rispetto a lamivudina (28%).

Tra i pazienti HBeAg-negativi, le differenze di risposta terapeutica (78% verso 66%) e dei principali obiettivi secondari (riduzione media dell’HBV DNA: –5,00 log10 verso –4,17 log10, e HBV DNA non rilevabile: 82% verso 57%; p < 0,0001) sono risultate più elevate per la telbivudina sino alla settimana 104. I tassi di normalizzazione delle ALT (78% verso 70%) hanno continuato ad essere superiori sino alla settimana 104.

34

Predittività alla settimana 24

Alla settimana 24, 203 pazienti HBeAg-positivi (44%) e 177 pazienti HBeAg-negativi (80%) trattati con telbivudina hanno raggiunto livelli non rilevabili di HBV DNA.

Sia nei pazienti HBeAg-positivi che nei pazienti HBeAg-negativi, i risultati di HBV DNA alla settimana 24 sono stati predittivi di un esito a lungo termine favorevole. I pazienti trattati con telbivudina che hanno raggiunto livelli di HBV DNA non rilevabili mediante PCR entro la settimana 24 hanno dimostrato alla settimana 104 il tasso più elevato di HBV DNA non rilevabile e di sieroconversione (nei pazienti HBeAg-positivi) e, complessivamente, i livelli più bassi di ripresa della replicazione virale (breakthrough virologico).

I risultati alla settimana 104, basati sui livelli di HBV DNA alla settimana 24, sia per i pazienti HBeAg-positivi che per quelli HBeAg-negativi sono presentati nella Tabella 7.

Tabella 7 Principali endpoint di efficacia alla settimana 104 in base ai livelli serici di HBV DNA alla settimana 24, in pazienti trattati con telbivudina nello studio NV-02B-007 (GLOBE)

Livelli di HBV DNA alla settimana 24

Risultati per i principali endpoint di efficacia alla settimana 104 , sulla base dei risultati alla settimana 24

Risposta terapeutica n/N (%)

HBV DNA non rilevabile mediante PCR n/N (%)

Sieroconversion e dell’HBeAg n/N (%)

Normalizzazion e delle ALT n/N (%)

Breakthrough virologico n/N (%)

HBeAg-positivi

<300 copie/ml

172/203 (85)

166/203 (82)

84/183 (46)

160/194 (82)

22/203 (11)

Compresi tra 300 copie/ml e <3 log10 copie/ml

36/57 (63)

35/57 (61)

21/54 (39)

40/54 (74)

18/57 (32)

≥3 log10 copie/ml

82/190 (43)

54/190 (28)

23/188 (12)

106/184 (58)

90/190 (47)

HBeAg-negativi

<300 copie/ml

146/177 (82)

156/177 (88)

N/A

131/159 (82)

11/177 (6)

Compresi tra 300 copie/ml e <3 log10 copie/ml

13/18 (72)

14/18 (78)

N/A

13/17 (76)

4/18 (22)

≥3 log10 copie/ml

13/26 (50)

12/26 (46)

N/A

14/26 (54)

12/26 (46)

N/A = non pertinente

* Breakthrough virologico: definito come “incremento di almeno un 1 log rispetto al valore di nadir” valutato alla settimana 104

Studio NV-02B-015

I risultati di efficacia e sicurezza dello studio NV-02B-007 (GLOBE) sono stati confermati dallo studio NV-02B-015. E’ questo uno studio di fase III, in doppio cieco, randomizzato su telbivudina 600 mg somministrata una volta al giorno a confronto con lamivudina 100 mg somministrata una volta al giorno per un periodo di trattamento di 104 settimane in 332 pazienti cinesi HBeAg-positivi e HBeAg-negativi con epatite B cronica mai trattati con nucleosidi.

35

Studio CLDT600A2303 – Risultati clinici dopo 208 settimane

Lo studio CLDT600A2303 è stato uno studio di estensione, in aperto, di 104 settimane, in pazienti con epatite cronica B compensata precedentemente trattati con telbivudina per 2 anni, che includeva pazienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) e NV-02B-015. Lo studio ha fornito dati di efficacia e sicurezza dopo 156 e 208 settimane di terapia continua con telbivudina. I pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 sono quelli che hanno avuto un outcome più favorevole alle settimane 156 e 208 (Tabella 8).

Tabella 8  Analisi di efficacia nel pool di dati derivanti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE), NV-

Settimana 52

Settimana 104

Settimana 156

Settimana 208

Pazienti HBeAg-positivi (n = 293*)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml)

70,3% (206/293)

77,3% (218/282)

75,0% (198/264)

76,2% (163/214)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24

99,4% (161/162)

94,9% (150/158)

86,7% (130/150)

87,9% (109/124)

Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg (%)

27,6% (81/293)

41,6% (122/293)

48,5% (142/293)

53,2% (156/293)

Tassi cumulativi di seroconversione HBeAg in pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24 (%)

40,1% (65/162)

52,5% (85/162)

59,3% (96/162)

65,4% (106/162)

Persistenza della normalizzazzione di ALT

81,4% (228/280)

87,5% (237/271)

82,9% (209/252)

86,4% (178/106)

Pazienti HBeAg-negativi (n = 209*)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml)

95,2% (199/209)

96,5% (195/202)

84,7% (160/189)

86,0% (141/164)

Persistenza di HBV DNA non rilevabile (<300 copie/ml) nei pazienti con HBV DNA non rilevabile alla settimana 24

97,8% (175/179)

96,5% (166/172)

86,7% (143/165)

87,5% (126/144)

Persistenza della normalizzazzione di ALT

80,3% (151/188)

89,0% (161/181)

83,5% (142/170)

89,6% (129/144)

* All’ingresso nello studio CLDT600A2303502, 502 pazienti (293 HBeAg-positivi and 209 HBeAg-negativi) non presentavano resistenza virale.

36

Studio CLDT600ACN04E1 – Conseguenze del trattamento sull’istologia epatica

Nello studio CLDT600ACN04E1, 57 pazienti con disponibili biopsie epatiche normali sia al basale sia dopo un periodo di trattamento medio di 260,8 settimane sono stati valutati per valutare eventuali modifiche dell’istologia epatica (38 pazienti HBeAg-positivi and 19 pazienti HBeAg-negativi).

 L’indice medio necroinfiammatorio di Knodell di 7,6 (DS 2,9) al basale è migliorato fino a 1,4

(DS 0,9) (p < 0,0001), con una variazione media di –6,3 (DS 2,8). Nel 98,2% (56/57) dei pazienti è stato osservato un indice necroinfiammatorio di Knodell ≤3 (nessuna o minima microinfiamma­zione).

 L’indice medio di fibrosi di Ishak di 2,2 (DS 1,1) al basale è migliorato fino a 0,9 (DS 1,0)

(p < 0,0001), con una variazione media di –1,3 (DS 1,3). Un indice di fibrosi di Ishak ≤1 (nessuna o minima fibrosi) è stato osservato nell’84,2% (48/57) dei pazienti.

Le variazioni dell’indice necroinfiammatorio di Knodell e dell’indice di Ishak sono risultate simili nei pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi.

Studio CLDT600A2303 – Persistenza delle risposte HBeAg in assenza di trattamento

Lo studio CLDT600A2303 ha incluso pazienti HBeAg-positivi provenienti dagli studi NV-02B-007 (GLOBE) o NV-02B-015 per una valutazione di follow-up in assenza di trattamento. Questi pazienti avevano completato ≥52 settimane di trattamento con telbivudina e avevano mostrato una perdita di HBeAg per ≥24 settimane, con HBV DNA <5 log10 copie/ml nell’ultima visita in corso di trattamento. La durata media del trattamento è stata di 104 settimane. Dopo un periodo medio di follow-up di 120 settimane in assenza di trattamento, la maggioranza dei pazienti HBeAg-positivi trattati con telbivudina ha mostrato una persistente perdita di HBeAg (83,3%, 25/30) e persistente seroconversione HBeAg (79,2%, 19/24). I pazienti con seroconversione HBeAg persistente hanno avuto un HBV DNA medio di 3,3 log10 copie/ml e il 73,7% ha avuto un HBV DNA <4 log10 copie/ml.

Resistenza clinica

Il test di resistenza genotipica è stato effettuato nello studio NV-02B-007 (GLOBE; n = 680) nei pazienti con rebound virologico (aumento confermato di HBV DNA ≥1 log10 copie/ml HBV DNA rispetto al nadir).

Alla settimana 48 tra i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, rispettivamente il 5% (23/458) e il 2% (5/222) ha avuto rebound virologico con mutazioni HBV determinabili e correlate alla resistenza.

Studi NV-02B-007 (GLOBE) e CLDT600A2303 – tassi cumulativi di resistenza genotipica L’analisi originale sui tassi cumulativi di resistenza genotipica alle settimane 104 e 208 erano basati sulla popolazione ITT e comprendeva tutti i pazienti che avevano continuato il tarttamento fino a 4 anni, indipendentemente dai livelli di HBV DNA. Su 680 pazienti trattati con telbivudina inizialmente inseriti nello studio principale NV-02B-007 (GLOBE), 517 (76%) erano stati arruolati nello studio CLDT600A2303 per un trattamento continuativo con telbivudina sino a 208 settimane. All’interno della popolazione di 517 pazienti, 159 pazienti (HBeAg-positivi=135, HBeAg-negativi=24) hanno avuto HBV DNA misurabile.

I tassi di resistenza genotipica alla settimana 104 sono stati 25,1% (115/458) nei pazienti HBeAg-positivi e del 10,8% (24/222) nei pazienti HBeAg-negativi.

Nella popolazione ITT totale, i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 per i pazienti HBeAg-positivi e HBeAg-negativi, sono stati rispettivamente 40,8% (131/321) e18,9% (37/196).

I tassi cumulativi di resistenza genotipica sono stati anche determinati applicando un modello matematico nel quale sono considerati solo i pazienti con HBV DNA non rilevabile all’inizio del corrispondente anno. In questa analisi i tassi cumulativi di resistenza all’anno 4 sono stati 22,3% per i pazienti HBeAg-positivi e 16,0% per i pazienti HBeAg-negativi.

37

Considerando i pazienti con breakthrough virologico entro la settimana 104 nello studio NV-02B-007 (GLOBE), il tasso di resistenza è risultato inferiore nei pazienti con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24 rispetto ai pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml alla settimana 24. Nei pazienti HBeAg-positivi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dell’1% (3/203) alla settimana 48 e del 9% (18/203) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml la resistenza è stata dell’8% (20/247) alla settimana 48 e del 39% (97/247) alla settimana 104. Nei pazienti HBeAg-negativi con HBV DNA <300 copie/ml alla settimana 24, la resistenza è stata dello 0% (0/177) alla settimana 48 e del 5% (9/177) alla settimana 104, mentre nei pazienti con HBV DNA ≥300 copie/ml la resistenza è stata dell’11% (5/44) alla settimana 48 e del 34% (15/44) alla settimana 104.

Modello di mutazione genotipica e resistenza crociata

L’analisi genotipica effettuata in 203 coppie di campioni valutabili ottenuti da pazienti con HBV DNA ≥1.000 copie/ml alla settimana 104 (NV-02B-007 (GLOBE)) ha dimostrato che la mutazione primaria associata a resistenza alla telbivudina era la sostituzione rtM204I, spesso associata alle mutazioni rtL180M e rtL80I/V e meno frequentemente alle rtV27A, rtL82M, rtV173L, rtT184I e rtA200V. I fattori basali correlati allo sviluppo di farmaco-resistenza genotipica comprendevano: il trattamento con lamivudina, valori basali di HBV DNA elevati, valori basali di ALT sieriche più bassi e aumento di peso corporeo o dell’indice di massa corporea (BMI). In corso di trattamento i parametri di risposta che alla settimana 24 si mostravano predittivi dell’insorgenza di virus farmaco-resistenti entro la settimana 104 erano i livelli di HBV DNA >300 copie/ml e l’innalzamento delle ALT sieriche.

L’analisi genotipica di 50 isolati di HBV ottenuti alla settimana 208 da pazienti trattati con telbivudina (CLDT600A2303) ha rivelato un profilo di resistenza simile a quello riscontrato alla settimana 104. In tutte le sequenze genotipiche alberganti la sostituzione M204I sono state individuate sostituzioni in posizione 80 e 180 e polimorfismi in posizione 91 e 229. Queste mutazioni sono di probabile natura compensatoria. In pazienti trattati con telbivudina che avevano sviluppato un breakthrough virologico entro la settimana 208 sono state segnalate una mutazione isolata rtM204V e due mutazioni rtM204I/V/M. Non sono state riportate nuove mutazioni.

E’ stata osservata resistenza crociata tra gli analoghi nucleosidici HBV (vedere paragrafo 4.4). Nei saggi cellulari, ceppi di HBV lamivudina resistenti contenenti la mutazione rtM204I o la doppia mutazione rtL180M/rtM204V avevano una sensibilità alla telbivudina ridotta di ≥1.000 volte. Nelle colture cellulari, i ceppi di HBV codificanti per le sostituzioni rtN236T o rtA181V associate a resistenza ad adefovir hanno mostrato una sensibilità a telbivudina ridotta rispettivamente di circa 0,3 e 4 volte (vedere paragrafo 4.4).

5.2 proprietà farmacocinetiche

Tabella 9 Parametri di farmacocinetica (media

Funzionalità renale (clearance della creatinina in ml/min.)

Normale (>80) (n = 8) 600 mg

Lieve (50–80) (n = 8) 600 mg

Moderata (30–49) (n = 8) 400 mg

Grave (<30) (n = 6) 200 mg

ESRD/ Emodialisi (n = 6) 200 mg

Cmax (g/ml)

3,4 ± 0,9

3,2 ± 0,9

2,8 ± 1,3

1,6 ± 0,8

2,1 ± 0,9

AUC0-∞(gh/ml)

28,5 ± 9,6

32,5 ± 10,1

36,0 ± 13,2

32,5 ± 13,2

67,4 ± 36,9

CLRENALE (ml/min)

126,7 ± 48,3

83,3 ± 20,0

43,3 ± 20,0

11,7 ± 6,7

Pazienti con insufficienza renale in emodialisi

L’emodialisi (fino a 4 ore) riduce l’esposizione sistemica alla telbivudina di circa il 23%. Dopo un aggiustamento dell’intervallo di dose per la clearance della creatinina, non è necessaria un’ulteriore modifica della dose durante l’emodialisi di routine (vedere paragrafo 4.2). La telbivudina deve essere somministrata dopo l’emodialisi.

Insufficienza epatica

La farmacocinetica della telbivudina è stata studiata in pazienti (senza epatite cronica B) con diversi gradi di insufficienza epatica e in alcuni pazienti affetti da scompenso epatico. Non ci sono stati cambiamenti significativi nella farmacocinetica della telbivudina in soggetti con alterata funzionalità epatica rispetto a soggetti senza alterazione della funzione epatica. I risultati di questi studi indicano che non è necessario un aggiustamento del dosaggio per i pazienti con insufficienza epatica (vedere paragrafo 4.2).

5.3 dati preclinici di sicurezza

I dati preclinici non rivelano rischi particolari per l’uomo sulla base di studi convenzionali di sicurezza farmacologica, tossicità a dosi ripetute e genotossicità. La telbivudina non ha evidenziato potenziale carcinogenico. Nei test standard di tossicologia riproduttiva, non è stata osservata evidenza di un effetto tossico diretto della telbivudina. Nel coniglio, dosi di telbivudina tali da fornire livelli di esposizione pari a 37 volte a quelli osservati nell’uomo alla dose terapeutica (600 mg) sono stati associati a un aumento dell’incidenza di aborto e di parto prematuro. Questo effetto è stato ritenuto secondario alla tossicità materna.

La fertilità è stata esaminata in studi convenzionali condotti su ratti adulti e come parte di uno studio di tossicologia giovanile.

Nei ratti adulti, la fertilità è risultata diminuita quando i ratti sia maschi che femmine sono stati trattati con telbivudina a dosi di 500 o 1000 mg­/kg/die (indice di fertilità inferiore in confronto ai rispettivi controlli). Non sono state osservate anomalie nella morfologia e nella funzionalità degli spermatozoi; testicoli e ovaie non hanno mostrato un profilo istologico peculiare.

Nessun effetto sulla fertilità è stato rilevato in altri studi, nei quali sia maschi che femmine di ratto trattati con dosi fino a 2000 mg/kg/die sono stati accoppiati con ratti non trattati (livelli di esposizione sistemica superiori di circa 6–14 volte a quelli raggiunti nell’uomo).

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Negli studi di tossicità giovanile, i ratti sono stati trattati dal giorno 14 al giorno 70 post-partum e accoppiati con altri ratti che avevano ricevuto lo stesso trattamento (nessun accoppiamento tra ratti della stessa cucciolata). La fertilità è risultata diminuita nelle coppie che hanno ricevuto ≥1000 mg/kg/die, come dimostrato dalla riduzione degli indici di fertilità e di accoppiamento e dalla riduzione del tasso di concepimento. I parametri ovarici e uterini delle femmine che si sono accoppiate con successo non sono tuttavia risultati modificati.

Il livello senza effetti avversi osservabili (no observed adverse effect level , NOAEL) sulla fertilità o i parametri di accoppiamento è risultato essere di 250 mg/kg/die, corrispondente a livelli di esposizione superiori da 2,5 a 2,8 volte quelli raggiunti nell’uomo con normale funzionalità renale alla dose terapeutica.

6. informazioni farmaceutiche

6.1 elenco degli eccipienti

Acido benzoico (E210)

Saccarina sodica

Aroma frutto della passione

Sodio idrossido

Acido citrico anidro

Acqua depurata

6.2 incompatibilità

Non pertinente.

6.3 periodo di validità

3 anni

Utilizzare entro due mesi dall’apertura del flacone.

6.4 precauzioni particolari per la conservazione

Non conservare a temperatura superiore a 30°C. Non congelare.

6.5 natura e contenuto del contenitore

Flacone di vetro scuro da 300 ml con chiusura di sicurezza a prova di bambino, comprendente una guarnizione di polietilene e un anello di garanzia e con annessi un bicchierino dosatore in polipropilene, graduato da 5 a 30 ml con tacche intermedie di 5 ml e una siriga orale in polipropilene, graduata da 1 ml a 10 ml con tacche intermedie di 0,5 ml.

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6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento

Nessuna istruzione particolare per lo smaltimento.

7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio

Novartis Europharm Limited

Vista Building

Elm Park, Merrion Road

Dublin 4

Irlanda

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

EU/1/07/388/003

9. data della prima autorizzazione/rinnovo dell’autorizzazione

Data della prima autorizzazione: 24 aprile 2007

Data del rinnovo più recente: 16 dicembre 2016

10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO

Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web della Agenzia europea dei medicinali:

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ALLEGATO II

A. PRODUTTORE RESPONSABILE DEL RILASCIO DEI LOTTI

B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E DI UTILIZZO

C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

D. CONDIZIONI O LIMITAZIONI PER QUANTO RIGUARDA L’USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE

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A. PRODUTTORE RESPONSABILE DEL RILASCIO DEI LOTTI

Nome e indirizzo del produttore responsabile del rilascio dei lotti

Novartis Pharma GmbH

Roonstrasse 25

90429 Norimberga

Germania

B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E DI UTILIZZO

Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa (vedere allegato I: riassunto delle caratteristiche del prodotto, paragrafo 4.2).

C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

    

I requisiti per la presentazione degli PSUR per questo medicinale sono definiti nell’elenco delle date di riferimento per l’Unione europea (elenco EURD) di cui all’articolo 107 quater , paragrafo 7 della direttiva 2001/83/CE e successive modifiche, pubblicato sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali.

D. CONDIZIONI O LIMITAZIONI PER QUANTO RIGUARDA L’USO SICURO ED EFFICACE DEL MEDICINALE