Riassunto delle caratteristiche del prodotto - RIVASTIGMINA MYLAN
Rivastigmina Mylan 1,5 mg capsule rigide
Rivastigmina Mylan 3 mg capsule rigide
Rivastigmina Mylan 4,5 mg capsule rigide
Rivastigmina Mylan 6 mg capsule rigide
2. composizione qualitativa e quantitativa
Ogni capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 1,5 mg di rivastigmina.
Ogni capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 3 mg di rivastigmina.
Ogni capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 4,5 mg di rivastigmina.
Ogni capsula contiene rivastigmina idrogeno tartrato pari a 6 mg di rivastigmina.
Dosaggi da 1.5 mg – 3 mg – 4.5 mg:
Eccipienti: contiene lecitina (soia)
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. forma farmaceutica
Capsule rigide
Capsula di gelatina rigida composta da un corpo di colore giallo con il marchio “RG 15” di colore rosso e da una testa di colore giallo con il marchio “G” in rosso, contenente polvere bianca.
Capsula di gelatina rigida composta da un corpo di colore arancione con il marchio “RG 30” di colore rosso e da una testa di colore arancione con il marchio “G” in rosso, contenente polvere bianca.
Capsula di gelatina rigida composta da un corpo di colore rosso-marrone con il marchio “RG 45” di colore rosso e da una testa di colore rosso-marrone con il marchio “G” in rosso, contenente polvere bianca.
Capsula di gelatina rigida composta da un corpo di colore arancione con il marchio “RG 60” di colore bianco e da una testa di colore rosso-marrone con il marchio “G” in bianco, contenente polvere bianca.
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Trattamento sintomatico della demenza da lieve a moderatamente grave causata dal morbo di Alzheimer.
Trattamento sintomatico della demenza da lieve a moderatamente grave in pazienti con morbo di Parkinson idiopatico.
4.2 posologia e modo di somministrazione
Il trattamento deve essere iniziato e controllato da un medico esperto nella diagnosi e terapia della demenza da Alzheimer o della demenza associata al morbo di Parkinson. La diagnosi deve essere effettuata in accordo con le attuali linee guida. La terapia con rivastigmina deve essere iniziata solo se
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è disponibile una persona che assista il paziente (caregiver) e che controlli regolarmente l’assunzione del farmaco da parte del paziente.
La rivastigmina va somministrata due volte al giorno, a colazione e a cena. Le capsule vanno deglutite intere.
1,5 mg due volte al giorno.
La dose iniziale è di 1,5 mg due volte al giorno. Se questa dose risulta ben tollerata per almeno due settimane di trattamento, potrà essere aumentata fino a 3 mg due volte al giorno. Successivi aumenti fino 4,5 e poi a 6 mg due volte al giorno dovranno sempre basarsi sulla buona tollerabilità, per almeno due settimane, della dose in corso di somministrazione.
Se durante il trattamento compaiono reazioni avverse (es. nausea, vomito, dolore addominale o perdita dell’appetito), perdita di peso o peggioramento dei sintomi extrapiramidali (es. tremore) in pazienti con demenza associata al morbo di Parkinson, questi potrebbero rispondere alla sospensione di una o più dosi del farmaco. In caso di persistenza delle reazioni avverse, la dose giornaliera deve essere temporaneamente ridotta alla dose precedente ben tollerata o il trattamento può essere interrotto.
Dose di mantenimento: La dose efficace è da 3 a 6 mg due volte al giorno; per raggiungere il massimo beneficio terapeutico i pazienti devono essere mantenuti al più alto dosaggio ben tollerato. La dose massima raccomandata è di 6 mg due volte al giorno.
Il trattamento di mantenimento può essere continuato fino a quando sia riscontrabile un beneficio terapeutico per il paziente. Pertanto il beneficio clinico della rivastigmina deve essere rivalutato regolarmente, in particolare per i pazienti trattati con dosi inferiori a 3 mg due volte al giorno. Se dopo 3 mesi di trattamento con dose di mantenimento, non è più riscontrabile un effetto terapeutico di diminuzione dei sintomi della demenza, si deve prendere in considerazione l’interruzione del trattamento.
Si deve prendere in considerazione l’interruzione del trattamento anche quando non sia più presente un effetto terapeutico.
La risposta individuale alla rivastigmina non è prevedibile. Tuttavia, è stato riscontrato un beneficio terapeutico maggiore in pazienti con morbo di Parkinson con demenza moderata. Alla stessa maniera un maggiore effetto è stato rilevato in pazienti affetti da morbo di Parkinson che presentano allucinazioni visive (vedere paragrafo 5.1).
Non è stato studiato l’effetto terapeutico in studi clinici controllati verso placebo della durata di oltre 6 mesi.
Se il trattamento è stato interrotto per parecchi giorni, deve essere iniziato nuovamente con un dosaggio di 1,5 mg due volte al giorno. La titolazione del dosaggio deve poi essere eseguita secondo quanto indicato in precedenza.
A causa dell’aumentata esposizione al farmaco, in caso di insufficienza renale o compromissione epatica lieve o moderata, la posologia deve essere accuratamente titolata a seconda della tollerabilità individuale (vedere paragrafo 5.2).
Pazienti con compromissione epatica grave non sono stati studiati (vedere paragrafo 4.3).
La rivastigmina non deve essere utilizzata nei bambini.
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4.3 controindicazioni
L’assunzione di questo medicinale è controindicata nei pazienti con:
– ipersensibilità al principio attivo, ad altri derivati del carbammato o a qualsiasi altro eccipiente utilizzato nella formulazione,
– grave compromissione della funzionalità epatica, poiché il farmaco non è stato studiato in questa popolazione.
– solo per i dosaggi da 1.5 mg, 3 mg e 4.5 mg: in pazienti allergici alle arachidi o alla sia (lecitina)
4.4 Speciali avvertenze e opportune precauzioni d’impiego
La frequenza e gravità delle reazioni avverse aumentano solitamente con l’aumentare della dose. Se il trattamento viene interrotto per più di alcuni giorni, deve essere iniziato nuovamente alla dose di 1,5 mg due volte al giorno per diminuire la possibilità di reazioni avverse (es. vomito).
Titolazione del dosaggio: Subito dopo un incremento della dose sono state osservate reazioni avverse (es. ipertensione e allucinazioni in pazienti con demenza di Alzheimer e peggioramento dei sintomi extrapiramidali, in particolare tremori, in pazienti con demenza associata a morbo di Parkinson).
Questi potrebbero rispondere a una diminuzione della dose. In altri casi la rivastigmina è stata interrrotta (vedere paragrafo 4.8).
Disturbi gastrointestinali quali nausea e vomito, si possono verificare in modo particolare all’inizio del trattamento e/o in occasione di incrementi posologici. Queste reazioni si verificano più frequentemente nelle donne. I pazienti con morbo di Alzheimer tendono a perdere peso.
L’uso degli inibitori delle colinesterasi, rivastigmina compresa, è stato associato a perdita di peso in questi pazienti. Durante la terapia il peso corporeo dei pazienti deve essere controllato.
Qualora si verificassero, in associazione al trattamento con rivastigmina, episodi di vomito di grado severo, si deve procedere con opportuni aggiustamenti della dose come raccomandato al paragrafo 4.2. Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.8). Tali episodi si sono verificati in particolare dopo incrementi del dosaggio di rivastigmina o dopo la somministrazione di alte dosi.
Si deve prestare attenzione alla somministrazione di rivastigmina in pazienti con sindrome del nodo del seno o disturbi della conduzione (blocco seno-atriale, blocco atrio-ventricolare) (vedere paragrafo 4.8).
La rivastigmina può provocare un aumento delle secrezioni di acido gastrico. È consigliabile particolare prudenza nel trattamento di pazienti con ulcera gastrica o duodenale in fase attiva o in pazienti predisposti a queste condizioni.
Gli inibitori delle colinesterasi devono essere prescritti con cautela a pazienti con anamnesi positiva di asma o pneumopatia ostruttiva.
I colinomimetici possono causare o aggravare ostruzioni urinarie e crisi convulsive. Si raccomanda cautela nel trattamento di pazienti predisposti a questo tipo di disturbi.
L’impiego di rivastigmina in pazienti con demenza da Alzheimer di grado severo o associata a morbo di Parkinson, in altri tipi di demenza o altri tipi di disturbi della memoria (es. declino cognitivo correlato all’età) non è stato oggetto di studio, l’uso in queste popolazioni di pazienti non è pertanto raccomandato.
Come altri colinomimetici, la rivastigmina può aggravare o indurre sintomi extrapiramidali. Un peggioramento (comprendente bradicinesia, discinesia, andatura anormale) ed un’aumentata incidenza
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o gravità del tremore sono stati osservati in pazienti con demenza associata al morbo di Parkinson (vedere paragrafo 4.8). Tali eventi possono, in alcuni casi, portare alla sospensione di rivastigmina (es. interruzione causata dal tremore nell’1,7% dei pazienti con rivastigmina verso 0% in placebo). Si raccomanda il monitoraggio clinico per queste reazioni avverse.
4.5 interazioni con altri medicinali ed interazioni di qualsiasi altro genere
Essendo un inibitore della colinesterasi, la rivastigmina può aumentare gli effetti dei miorilassanti di tipo succinilcolinico durante l’anestesia. Si raccomanda cautela nella scelta degli agenti anestetici. Se necessario, si possono prendere in considerazione aggiustamenti della dose o la sospensione temporanea del trattamento.
In considerazione dei suoi effetti farmacodinamici, la rivastigmina non deve essere somministrata in concomitanza con altre sostanze colinomimetiche, essa può interferire con l’attività di medicinali anticolinergici.
In studi su volontari sani nessuna interazione farmacocinetica è stata osservata fra rivastigmina e digossina, warfarin, diazepam o fluoxetina. L’aumento del tempo di protrombina indotto da warfarin non è modificato dalla somministrazione di rivastigmina. Con la somministrazione concomitante di digossina e rivastigmina non sono stati osservati effetti indesiderati sulla conduzione cardiaca.
Considerando il suo metabolismo, appaiono improbabili interazioni farmacometaboliche, sebbene la rivastigmina possa inibire il metabolismo di altri farmaci mediato dalle butirrilcolinesterasi.
4.6 Uso durante la gravidanza e l’allattamento
Per la rivastigmina non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte. Non sono stati osservati effetti sulla fertilità o sullo sviluppo embriofetale in ratti e conigli, ad eccezione delle dosi alle quali si è manifestata tossicità nella madre. In studi peri-postnatali nel ratto, è stato osservato un aumento del tempo di gestazione. La rivastigmina non deve essere somministrata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità.
Negli animali, la rivastigmina viene escreta nel latte. Non è noto se la rivastigmina sia escreta nel latte umano e quindi le donne trattate con rivastigmina non devono allattare.
4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchine
Il morbo di Alzheimer può causare una graduale perdita della capacità di guidare veicoli o compromettere l’abilità di usare macchinari. Inoltre la rivastigmina può indurre vertigini e sonnolenza, soprattutto all’inizio del trattamento o in concomitanza con l’aumento della dose. Di conseguenza, rivastigmina ha una lieve o moderata influenza sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. Quindi la capacità dei pazienti con demenza trattati con rivastigmina di continuare a guidare o utilizzare macchine complesse deve essere abitualmente valutata dal medico curante.
4.8 effetti indesiderati
Le reazioni avverse segnalate più frequentemente sono di natura gastrointestinale e comprendono nausea (38%) e vomito (23%), soprattutto durante la fase di titolazione. Negli studi clinici le donne sono risultate più sensibili degli uomini alle reazioni gastrointestinali e alla perdita di peso.
Le seguenti reazioni avverse, elencate in Tabella 1, si riferiscono a pazienti con demenza di Alzheimer trattati con rivastigmina.
Le reazioni avverse sono classificate in ordine di frequenza decrescente utilizzando i seguenti parametri convenzionali:
– Molto comuni (≥1/10)
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– Comuni (≥1/100, <1/10)
– Non comuni (≥1/1,000, <1/100)
– Rare (≥1/10,000, <1/1,000)
– Molto rare (<1/10,000)
– Non note (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Tabella 1
Infezioni ed infestazioni Molto rare | Infezioni delle vie urinarie |
Disturbi psichiatrici Comuni Comuni Non comuni Non comuni Molto rari | Agitazione Confusione Insonnia Depressione Allucinazioni |
Disturbi del sistema nervoso Molto comuni Comuni Comuni Comuni Non comuni Rari Molto rari | Vertigini Cefalea Sonnolenza Tremore Sincope Convulsioni Sintomi extrapiramidali (incluso peggioramento del morbo di Parkinson) |
Disturbi cardiaci Rari Molto rari | Angina pectoris Aritmia cardiaca (es. bradicardia, blocco atrio-ventricolare, fibrillazione atriale e tachicardia) |
Disturbi vascolari Molto rari | Ipertensione |
Disturbi gastrointestinali Molto comuni Molto comuni Molto comuni Comuni Rari Molto rari Molto rari Non noti | Nausea Vomito Diarrea Dolore addominale e dispepsia Ulcere gastriche e duodenali Emorragia gastrointestinale Pancreatite Alcuni episodi di vomito grave sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.4). |
Disturbi epatobiliari Non comuni | Valori funzionalità epatica elevati |
Disturbi del tessuto cutaneo e sottocutaneo Comuni Aumento della sudorazione Rari Rash cutanei | |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Comuni Comuni Non comuni | Fatica ed astenia Malessere Cadute accidentali |
Esami diagnostici Comuni | Perdita di peso |
Ulteriori reazioni avverse elencate di seguito sono state osservate con i cerotti transdermici di rivastigmina: ansia, delirio, piressia (comuni).
La tabella 2 mostra le reazioni avverse rilevate in pazienti con demenza associata a morbo di Parkinson trattati con rivastigmina.
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Tabella 2
Disturbi psichiatrici | |
Comuni | Insonnia |
Comuni | Ansia |
Comuni | Agitazione |
Disturbi del sistema nervoso | |
Molto comuni | Tremore |
Comuni | Vertigini |
Comuni | Sonnolenza |
Comuni | Cefalea |
Comuni | Peggioramento del morbo di Parkinson |
Comuni | Bradicinesia |
Comuni | Discinesia |
Non comuni | Distonia |
Disturbi cardiaci | |
Comuni | Bradicardia |
Non comuni | Fibrillazione atriale |
Non comuni | Blocco atrioventricolare |
Disturbi gastrointestinali | |
Molto comuni | Nausea |
Molto comuni | Vomito |
Comuni | Diarrea |
Comuni | Dolore addominale e dispepsia |
Comuni | Ipersecrezione salivare |
Disturbi del tessuto cutaneo e sottocutaneo | |
Comuni | Aumento della sudorazione |
Disturbi muscolo-scheletrici e del tessuto connettivo | |
Comuni | Rigidità muscolare |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | |
Comuni | Anoressia |
Comuni | Disidratazione |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Comuni | Fatica ed astenia |
Comuni | Anormalità nell’andatura |
Nella tabella 3 sono elencati il numero e la percentuale di pazienti che hanno partecipato ad uno specifico studio clinico della durata di 24 settimane condotto con Exelon (rivastigmina) in pazienti con demenza associata a morbo di Parkinson con eventi avversi predefiniti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei sintomi parkinsoniani.
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Tabella 3
Effetti avversi predefiniti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei sintomi parkinsoniani in pazienti con demenza associata a morbo di Parkinson | Rivastigmina n (%) | Placebo n (%) |
Totale dei pazienti oggetto di studio | 362 (100) | 179 (100) |
Totale dei pazienti con eventi avversi predefiniti | 99 (27,3) | 28 (15,6) |
Tremore | 37 (10,2) | 7 (3,9) |
Cadute | 21 (5,8) | 11 (6,1) |
Morbo di Parkinson (peggioramento) | 12 (3,3) | 2 (1,1) |
Ipersecrezione salivare | 5 (1,4) | 0 |
Discinesia | 5 (1,4) | 1 (0,6) |
Parkinsonismo | 8 (2,2) | 1 (0,6) |
Ipocinesia | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi del movimento | 1 (0,3) | 0 |
Bradicinesia | 9 (2,5) | 3 (1,7) |
Distonia | 3 (0,8) | 1 (0,6) |
Anormalità nell’andatura | 5 (1,4) | 0 |
Rigidità muscolare | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi dell’equilibrio | 3 (0,8) | 2 (1,1) |
Rigidità muscolo-scheletrica | 3 (0,8) | 0 |
Rigidità | 1 (0,3) | 0 |
Disfunzioni motorie | 1 (0,3) | 0 |
4.9 Sovradosaggio
La maggior parte degli episodi di sovradosaggio accidentale sono stati asintomatici e senza segni clinici, quasi tutti i pazienti interessati hanno proseguito il trattamento con rivastigmina. Nei casi di sovradosaggio sintomatico si sono osservati: nausea, vomito e diarrea, ipertensione o allucinazioni. In seguito all’effetto conosciuto vagotonico degli inibitori della colinesterasi sul battito cardiaco, possono verificarsi anche bradicardia e/o sincope. Si è verificato un caso di ingestione di 46 mg; dopo un trattamento conservativo il paziente si è completamente ripreso in 24 ore.
Poiché la rivastigmina ha una emivita plasmatica di circa 1 ora e la durata dell’inibizione dell’acetilcolinesterasi è di circa 9 ore, in caso di sovradosaggio asintomatico si raccomanda di non somministrare altre dosi di rivastigmina nelle successive 24 ore. Nei casi di sovradosaggio accompagnati da nausea e vomito gravi, si deve prendere in considerazione l’uso di antiemetici. In caso di comparsa di altra sintomatologia, si dovrà predisporre un opportuno trattamento sintomatico.
Nei casi di grave sovradosaggio si può utilizzare atropina. Si raccomanda una dose iniziale di 0,03 mg/kg per via intravenosa di solfato di atropina, con successivi adeguamenti posologici conformemente alla risposta clinica. È sconsigliato l’uso di scopolamina come antidoto.
5. proprieta’ farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Gruppo farmacoterapeutico: anticolinesterasici, codice ATC: N06D A03
La rivastigmina è un inibitore dell’acetil- e butirrilcolinesterasi di tipo carbamidico, che facilita la neurotrasmissione colinergica rallentando l’inattivazione della acetilcolina rilasciata dai neuroni colinergici funzionalmente integri. La rivastigmina può quindi esercitare un miglioramento dei deficit cognitivi a mediazione colinergica in demenza associata alla malattia di Alzheimer e al morbo di Parkinson.
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La rivastigmina interagisce con il suo enzima bersaglio formando un complesso a legame covalente che inattiva temporaneamente l’enzima. In uomini giovani sani, una dose orale di 3 mg riduce l’attività dell’acetilcolinesterasi a livello del liquido cerebrospinale di circa il 40% nella prima ora e mezza dalla somministrazione. L’attività dell’enzima ritorna ai livelli basali dopo circa 9 ore dal raggiungimento dell’effetto inibitorio massimo. Nei pazienti con malattia di tipo Alzheimer, l’inibizione dell’acetilcolinesterasi a livello del liquido cerebrospinale ad opera della rivastigmina è risultata dipendente dalla dose fino a 6 mg somministrata due volte al giorno, che è stata la massima dose testata. L’inibizione della butirrilcolinesterasi a livello del liquido cerebrospinale di 14 pazienti affetti da malattia di tipo Alzheimer trattati con rivastigmina è risultata simile a quella osservata per l’acetilcolinesterasi.
Studi clinici nella demenza tipo Alzheimer
La valutazione dell’efficacia di rivastigmina è stata effettuata mediante l’uso di tre strumenti di valutazione indipendenti e dominio specifici, verificati ad intervalli regolari durante periodi di trattamento della durata di 6 mesi. Questi strumenti sono la ADAS-Cog (una valutazione della capacità cognitiva), la CIBIC-Plus (una valutazione globale del paziente da parte del medico considerando quanto riportato anche dal “caregiver”), e la PDS (una valutazione effettuata dal “caregiver” delle normali attività quotidiane quali l’igiene personale, la capacità di alimentarsi, di vestirsi, di effettuare faccende domestiche, di fare acquisti, il mantenimento della capacità di orientarsi nell’ambiente circostante come pure il coinvolgimento in attività relative alla gestione del denaro, ecc.).
I pazienti studiati avevano un punteggio al MMSE (Mini-Mental State Examination) compreso tra 10 e 24.
I risultati dei pazienti con risposta clinicamente significativa, emersi dall’analisi combinata di due degli studi, a dose flessibile, su tre studi pivotal multicentrici della durata di 26 settimane, condotti in pazienti affetti da demenza di tipo Alzheimer di grado lieve o moderatamente grave sono indicati nella Tabella 4, riportata di seguito. In questi studi era stato definito a priori, quale miglioramento rilevante dal punto di vista clinico, un miglioramento di almeno 4 punti della ADAS-Cog, un miglioramento della CIBIC-Plus o un miglioramento di almeno il 10% della PDS.
Viene inoltre fornita, nella stessa tabella, una definizione a posteriori della risposta. La definizione secondaria della risposta richiedeva un miglioramento di 4 punti o più della ADAS-Cog, con nessun peggioramento della CIBIC-Plus e della PDS. La dose media effettiva nei responders del gruppo 6–12 mg, corrispondente a questa definizione, era di 9,3 mg. È importante notare che le scale utilizzate in questa indicazione variano e i confronti diretti dei risultati per agenti terapeutici differenti non sono validi.
Tabella 4
Pazienti con risposta clinicamente significativa (%) | ||||
Intent to Treat | Ultima osservazione effettuata | |||
Misurazione della risposta | Rivastigmina 6–12 mg N=473 | Placebo N=472 | Rivastigmina 6–12 mg N=379 | Placebo N=444 |
ADAS-Cog: miglioramento di almeno 4 punti | 21 | 12 | 25 | 12 |
CIBIC-Plus: miglioramento | 29 | 18 | 32 | 19 |
PDS: miglioramento di almeno il 10% | 26 | 17 | 30 | 18 |
Miglioramento di almeno 4 punti della ADAS-Cog senza peggioramento della CIBIC-Plus e della PDS | 10* | 6 | 12** | 6 |
* p<0,05, ** p<0,01, *** p<0,001
Studi clinici nella demenza associata al morbo di Parkinson
L’efficacia della rivastigmina nella demenza associata al morbo di Parkinson è stata dimostrata
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nella fase in doppio cieco di uno studio multicentrico, controllato verso placebo, della durata di 24 settimane e nella sua estensione in aperto della durata di 24 settimane. I pazienti arruolati in questo studio avevano un punteggio al MMSE (Mini-Mental State Examination) compreso tra 10 e 24. La valutazione dell’efficacia è stata effettuata mediante l’uso di due scale indipendenti, valutate ad intervalli regolari durante il periodo di trattamento della durata di 6 mesi, come riportato nella sottostante Tabella 5: la ADAS-Cog , una scala di valutazione della capacità cognitiva e la valutazione generale ADCS-CGIC (Alzheimer’s Disease Cooperative Study-Clinician’s Global Impression of Change).
Demenza associata al morbo di Parkinson | ADAS-Cog Rivastigmin a | ADAS-Cog Placebo | ADCS-CGIC Rivastigmin a | ADCS-CGIC Placebo |
ITT + popolazione RDO | (n=329) | (n=161) | (n=329) | (n=165) |
Media Basale ± DS | 23,8 ± 10,2 | 24,3 ± 10,5 | n/a | n/a |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS | 2,1 ± 8,2 | –0,7 ± 7,5 | 3,8 ± 1,4 | 4,3 ± 1,5 |
Differenza a terapia accomodata | 2,8 | 81 | n/ | a |
P verso placebo | <0,0 | 011 | 0,0 | 72 |
ITT – popolazione LOCF | (n=287) | (n=154) | (n=289) | (n=158) |
Media Basale ± DS | 24,0 ± 10,3 | 24,5 ± 10,6 | n/a | n/a |
Variazione media alla 24ma settimana ± DS | 2,5 ± 8,4 | –0,8 ± 7,5 | 3,7 ± 1,4 | 4,3 ± 1,5 |
Differenza a terapia accomodata | 3,5 | 41 | n/ | a |
P verso placebo | <0,0011 | <0,0012 |
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In base all’ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la valutazione basale dell’ADASCog come covariata. Un cambiamento positivo indica miglioramento.
Valori medi presentati per comodità, analisi per categorie eseguita con test di van Elteren
ITT: Intent-To-Treat; RDO: Retrieved Drop Outs; LOCF: Last Observation Carried Forward
Sebbene l’effetto del trattamento sia stato dimostrato nella totalità della popolazione studiata, i dati suggeriscono che un effetto più ampio relativo al placebo è stato visto nel sottogruppo di pazienti con demenza di grado moderato associata al morbo di Parkinson. Allo stesso modo è stato osservato un effetto più importante del trattamento in quei pazienti con allucinazioni visive (vedere Tabella 6).
Tabella 6
Demenza associata al morbo di Parkinson | ADAS-Cog Rivastigmina | ADAS-Cog Placebo | ADAS-Cog Rivastigmin a | ADAS-Cog Placebo |
Pazienti con allucinazioni visive | Pazienti senza allucinazioni visive | |||
ITT + popolazione RDO Media Basale ± DS Variazione media alla 24ma settimana ± DS Differenza a terapia accomodata P verso placebo | (n=107) 25,4 ± 9,9 1,0 ± 9,2 4,271 0,002 | (n=60) 27,4 ± 10,4 –2,1 ± 8,3 1 | (n=220) 23,1 ± 10,4 2,6 ± 7,6 2,0 0,01 | (n=101) 22,5 ± 10,1 0,1 ± 6,9 91 51 |
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Pazienti con demenza di grado moderato (MMSE 10–17) | Pazienti con demenza di grado lieve (MMSE 18–24) | |
ITT + popolazione RDO | (n=87) (n=44) | (n=237) (n=115) |
Media Basale ± DS | 32,6 ± 10,4 33,7 ± 10,3 | 20,6 ± 7,9 20,7 ± 7,9 |
Variazione media alla 24ma settimana ± | 2,6 ± 9,4 –1,8 ± 7,2 | 1,9 ± 7,7 –0,2 ± 7,5 |
DS | ||
Differenza a terapia accomodata | 4,731 | 2,141 |
P verso placebo | 0,0021 | 0,0101 |
1 In base all’ANCOVA con il trattamento e il paese come fattori e la valutazione basale dell’ADASCog come covariata. Un cambiamento positivo indica miglioramento.
ITT: Intent-To-Treat; RDO: Retrieved Drop Outs
5.2 proprietà farmacocinetichela rivastigmina viene assorbita in modo rapido e completo. il picco delle concentrazioni nel plasma viene raggiunto entro 1 ora circa. come conseguenza dell’interazione tra la rivastigmina ed il suo enzima bersaglio, l’aumento della biodisponibilità è circa 1,5 volte superiore rispetto a quello atteso con l’aumento della dose. alla dose di 3 mg la biodisponibilità assoluta risulta del 36% ± 13% circa. l’assunzione di rivastigmina con il cibo ritarda l’assorbimento (tmax) di 90’, riduce i valori di cmax ed aumenta l’auc di circa il 30%.
Circa il 40% di rivastigmina si lega alle proteine plasmatiche. Attraversa rapidamente la barriera emato-encefalica e ha un volume apparente di distribuzione compreso tra 1,8 e 2,7 l/kg.
La rivastigmina viene metabolizzata in modo rapido ed esteso (emivita plasmatica di circa 1 ora) nel metabolita decarbamilato, principalmente per idrolisi da parte della colinesterasi. In vitro , questo metabolita mostra un trascurabile effetto di inibizione dell’acetilcolinesterasi (<10%). In base agli studi in vitro e sugli animali, i principali isoenzimi del citocromo P450 sono coinvolti in misura trascurabile nel metabolismo della rivastigmina. Dopo somministrazione intravenosa di 0,2 mg la clearance totale plasmatica di rivastigmina era di circa 130 l/h e si riduceva a 70 l/h dopo somministrazione intravenosa di 2,7 mg.
Non è stata rilevata rivastigmina immodificata nell’urina; l’escrezione renale dei metaboliti rappresenta la principale via di eliminazione. Dopo la somministrazione di 14C-rivastigmina, l’eliminazione renale è risultata rapida e praticamente completa (>90%) nelle 24 ore. Meno dell’1% della dose somministrata viene escreto nelle feci. Non si evidenzia alcun accumulo di rivastigmina o del metabolita decarbamilato in pazienti con malattia di tipo Alzheimer.
Sebbene la biodisponibilità della rivastigmina sia maggiore nei soggetti anziani rispetto a volontari sani giovani, gli studi condotti su pazienti Alzheimer di età compresa fra 50 e 92 anni non hanno segnalato nessuna modifica della biodisponibilità con l’età.
I valori di Cmax e AUC della rivastigmina sono rispettivamente del 60% circa e più di due volte superiori nei soggetti con compromissione epatica da lieve a moderata rispetto ai soggetti sani.
I valori di Cmax e AUC della rivastigmina sono più di due volte superiori nei soggetti con insufficienza
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renale moderata rispetto ai soggetti sani: tuttavia i valori di Cmax e AUC della rivastigmina in soggetti con insufficienza renale grave non sono modificati.
5.3 dati preclinici di sicurezza
Studi di tossicità a dosi ripetute condotti su ratti, topi, cani hanno dimostrato effetti attribuibili soltanto ad un’eccessiva azione farmacologica. Non è stata osservata alcuna tossicità per gli organi bersaglio. A causa della sensibilità dei modelli animali usati non sono stati raggiunti margini di sicurezza relativi all’esposizione nell’uomo.
La rivastigmina è risultata priva di attività mutagena in una batteria standard di test in vitro e in vivo , ad eccezione di un test di aberrazione cromosomica in linfociti periferici umani alla dose di 104volte la massima dose somministrata in clinica. Il test del micronucleo in vivo è risultato negativo.
Non è emersa alcuna evidenza di carcinogenicità negli studi in topi, ratti alla dose massima tollerata, sebbene l’esposizione alla rivastigmina e ai suoi metaboliti sia stata inferiore rispetto all’esposizione nell’uomo. Se rapportata alla superficie corporea, l’esposizione alla rivastigmina ed ai suoi metaboliti è risultata approssimativamente equivalente alla dose massima giornaliera consigliata nell’uomo di 12 mg; tuttavia, in confronto alla dose massima nell’uomo, nell’animale è stato raggiunto un valore multiplo di circa 6 volte.
Negli animali la rivastigmina attraversa la placenta ed è escreta nel latte. Studi per via orale in ratte e coniglie gravide non hanno fornito indicazioni sul potenziale teratogenico della rivastigmina.
6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Contenuto delle capsule
Cellulosa microcristallina
Ipromellosa
Magnesio stearato
Silice colloidale anidra
Rivestimento delle capsule
Ossido di ferro giallo (E172)
Ossido di ferro rosso (E172) – solo 3 mg, 4,5 mg e 6 mg
Titanio diossido (E171)
Gelatina
Inchiostro di stampa
Inchiostro bianco – solo 6 mg
Shellac
Titanio diossido (E171)
Glicole propilenico
Ammoniaca
Simeticone
Inchiostro rosso – 1,5 mg, 3 mg e 4,5 mg
Shellac
Ossido di ferro rosso (E172)
Lecitina di soia (E322)
Titanio diossido (E171)
Simeticone
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Documento reso disponibile da AIFA il 09/03/2021
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6.2 incompatibilità
Non pertinente.
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6.5 natura e contenuto del contenitore
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