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PAROXETINA ACTAVIS - riassunto delle caratteristiche del prodotto

Contiene principio attivo :

Dostupné balení:

Riassunto delle caratteristiche del prodotto - PAROXETINA ACTAVIS

1. denominazione del medicinale

PAROXETINA ACTAVIS 20 mg compresse rivestite con film

2. composizione qualitativa e quantitativa

Ogni compressa contiene:

Paroxetina cloridrato, anidra 22,2 mg equivalente a 20 mg di paroxetina

Eccipienti con effetti noti:

Lecitina di soia 0,24 mg

Per l’elenco completo degli eccipienti vedere paragrafo 6.1.

3. forma farmaceutica

Compressa rivestite con film

Compressa rivestita con film di colore da bianco a crema, rotonda, biconvessa, con diametro 10 mm e con linea di incisione sui bordi smussati e su entrambi i lati e la dicitura P20 stampata in rilievo su di un lato.

La compressa può essere divisa in dosi uguali.

4. informazioni cliniche

4.1 indicazioni terapeutiche

Trattamento di

– Episodi di depressione maggiore

– Disturbo ossessivo/com­pulsivo (DOC)

– Sindrome da panico con o senza agorafobia

– Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale

– Disturbo d’ansia generalizzato

– Disturbo da stress post-traumatico

4.2 posologia e modo di somministrazione

Posologia

Episodi di depressione maggiore

La dose raccomandata equivale a 20 mg al giorno. In generale, il miglioramento nei pazienti inizia dopo una settimana, ma può divenire evidente solo dalla seconda settimana di terapia. Come per tutti i farmaci antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato se necessario entro le prime 3 – 4 settimane dall’inizio della terapia ed in seguito come ritenuto clinicamente appropriato. In alcuni pazienti, che hanno una risposta insufficiente alla dose di 20 mg, la dose può essere aumentata gradualmente fino ad un massimo di 50 mg al giorno, con aumenti graduali di 10 mg, in base alla risposta del paziente. I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo sufficiente di almeno 6 mesi per assicurarsi che siano liberi dai sintomi.

Disturbo ossessivo/com­pulsino (DOC)

La dose raccomandata equivale a 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con incrementi di 10 mg sino alla dose raccomandata. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno. I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).

Disturbo da panico

La dose raccomandata equivale a 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 10 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con incrementi di 10 mg sino alla dose raccomandata in base alla risposta del paziente. Un basso dosaggio iniziale è raccomandato per ridurre al minimo il potenziale peggioramento della sintomatologia da panico, come si è osservato generalmente nel trattamento iniziale di questo disturbo. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno. I pazienti con disturbo da attacchi di panico devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere paragrafo 5.1).

Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale

La dose raccomandata equivale a 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).

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Disturbo d’ansia generalizzata

La dose raccomandata equivale a 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).

Disturbo da stress post-traumatico

La dose raccomandata equivale a 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con incrementi di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere paragrafo 5.1.).

Anziani

Nei soggetti anziani è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina, tuttavia l’intervallo delle concentrazioni è sovrapponibile a quello osservato in soggetti più giovani. Il trattamento deve iniziare alle stesse dosi utilizzate nell’adulto. In alcuni pazienti può essere utile l’incremento della dose, ma la dose massima non deve superare i 40 mg al giorno.

Popolazione pediatrica

La paroxetina non deve essere utilizzata per il trattamento di bambini e adolescenti in quanto studi clinici controllati hanno evidenziato che la paroxetina è associata ad un aumentato rischio di comportamento suicidario e ostilità. Inoltre, in questi studi clinici l’efficacia non è stata adeguatamente dimostrata (vedere paragrafi 4.4 e 4.8).

L’uso della paroxetina non è stato studiato in bambini di età inferiore ai 7 anni. La paroxetina non deve essere somministrata, in quanto la sicurezza e l’efficacia non è stata dimostrata in questa fascia di età.

Compromissione della funzione renale/epatica

In pazienti con grave compromissione della funzione renale (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) o in pazienti con compromissione de­lla

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funzione epatica è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina. Pertanto il dosaggio deve essere limitato alle dosi più basse dell’intervallo posologico.

Informazioni generali

Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina

Si deve evitare un’interruzione brusca del trattamento (vedere paragrafi 4.4 e 4.8). Il regime a riduzioni graduali della posologia usato negli studi clinici ha utilizzato un decremento progressivo del dosaggio giornaliero pari a 10 mg ad intervalli settimanali. Dovessero comparire sintomi intollerabili a seguito della diminuzione del dosaggio oppure alla sospensione del trattamento si consideri la possibilità di ricominciare ad assumere la dose precedentemente prescritta. Dopodiché il medico curante continuerà a diminuire il dosaggio ma più lentamente.

Metodo di somministrazione

Si raccomanda di somministrare la paroxetina una volta al giorno, al mattino con del cibo. Le compresse devono essere deglutite e non masticate.

4.3 controindicazioni

Ipersensibilità al principio attivo alle arachidi o alla soia o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

La paroxetina è controindicata in associazione con farmaci inibitori della monoammino-ossidasi (MAO-inibitori). In casi eccezionali è possibile somministrare linezolid (un antibiotico che è un MAO-Inibitore reversibile non selettivo) in associazione a paroxetina fatto salvo che siano disponibili le attrezzature necessarie per tenere monitorati i sintomi della sindrome da serotonina e la pressione sanguigna (vedere paragrafo 4.5).

Il trattamento con paroxetina può essere iniziato:

– due settimane dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore non reversibile

o

– almeno 24 ore dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile (per esempio moclobemide, linezolid, metiltioninio cloruro (blu di metilene; un agente rivelatore pre-operatorio che è un MAO-inibitore reversibile non selettivo)).

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Deve trascorrere almeno una settimana dalla sospensione di un trattamento a base di paroxetina prima di avviare una terapia con un MAO-inibitore.

La paroxetina non deve essere usata in associazione a tioridazina poiché, come con altri farmaci inibitori dell’enzima epatico CYP450 2D6, la paroxetina può elevare i livelli plasmatici della tioridazina (vedere paragrafo 4.5). La somministrazione di tioridazina da sola può indurre prolungamento dell’intervallo QTc associato a gravi aritmie ventricolari quali torsioni di punta e morte improvvisa.

La paroxetina non deve essere somministrata in combinazione con pimozide (vedere paragrafo 4.5).

4.4 avvertenze speciali e precauzioni di impiego

Il trattamento con paroxetina deve essere iniziato con cautela due settimane dopo la cessazione del trattamento con MAO-inibitori irreversibili o 24 ore dopo la cessazione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile. Il dosaggio della paroxetina deve essere aumentato gradualmente fino a raggiungere una risposta ottimale (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).

Popolazione pediatrica

La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini e adolescenti con meno di 18 anni di età. Comportamenti suicidari (tentativi di suicidio e ideazione suicidaria) ed ostilità (per lo più aggressività, comportamento di opposizione e collera) sono stati osservati più frequentemente in studi clinici su bambini ed adolescenti trattati con gli antidepressivi rispetto a quelli trattati con placebo. Se, per ragioni cliniche, si decide ugualmente di iniziare il trattamento, il paziente deve essere attentamente monitorato al fine di individuare la comparsa di sintomi suicidari. Inoltre, gli effetti sulla sicurezza a lungo termine in bambini ed adolescenti relativi alla crescita, alla maturazione e allo sviluppo cognitivo e comportamentale non sono ancora stati dimostrati.

Suicidio/pensieri suicidari o peggioramento clinico

La depressione è associata ad un aumentato rischio di ideazione suicidaria, autolesionismo e suicidio (eventi correlati al suicidio). Tale rischio persiste fino a che si verifichi una remissione significativa. Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento. È esperienza clinica generale che il rischio di

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suicidio può aumentare nelle fasi precoci di miglioramento.

Altre patologie psichiatriche per le quali viene prescritta la paroxetina possono anche essere associate ad un aumentato rischio di comportamento suicidario. Inoltre, queste patologie possono essere associate al disturbo depressivo maggiore. Quando si trattano pazienti con altri disturbi psichiatrici si devono pertanto osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore.

I pazienti con una storia di eventi correlati al suicidio oppure quelli che presentano un significativo grado di ideazione suicidaria prima dell'inizio del trattamento hanno un maggior rischio di pensieri suicidari o di tentativi di suicidio, e devono ricevere un attento monitoraggio durante il trattamento. In una metanalisi di studi clinici con farmaci antidepressivi controllati verso placebo condotta su pazienti adulti con disturbi psichiatrici è stato dimostrato un rischio aumentato di comportamento suicidario con gli antidepressivi rispetto al placebo, in pazienti con meno di 25 anni (vedere anche paragrafo 5.1).

La terapia deve prevedere un’attenta supervisione dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, soprattutto durante le prime fasi del trattamento ed in seguito a modificazioni posologiche. I pazienti (e chi si prende cura di loro) devono essere avvertiti in merito alla necessità di monitorare la comparsa di un qualsiasi peggioramento clinico, di comportamento o ideazione suicidaria e di insolite alterazioni comportamentali e di consultare immediatamente un medico, nel caso in cui questi sintomi si presentino.

Acatisia/irre­quietezza psicomotoria

L’uso di paroxetina è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da una sensazione interna di irrequietezza e di agitazione psicomotoria quale l’impossibilità di sedere o stare immobile, generalmente associate ad un malessere soggettivo. Ciò è più probabile che accada entro le prime settimane di trattamento. In pazienti che presentano tali sintomi, l’aumento del dosaggio può essere dannoso.

Sindrome Serotoninergi­ca/Sindrome Maligna da Neurolettici

In rare occasioni, sono stati riportati casi di comparsa della sindrome serotoninergica o di eventi simili alla sindrome maligna da neurolettici in associazione al trattamento con paroxetina, in particolare quando somministrata in concomitanza con altri farmaci serotoninergici e/o neurolettici. Poiché tali sindromi possono comportare condizioni di potenziale pericolo di vita per il

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paziente, si deve interrompere il trattamento con paroxetina in caso di comparsa di tali eventi (caratterizzati da un insieme di sintomi quali ipertermia, rigidità, mioclono, instabilità del sistema autonomo con possibile rapida fluttuazione dei segni vitali, cambiamenti dello stato mentale compresi confusione, irritabilità, agitazione estrema che evolve fino al delirio e al coma), e deve essere iniziato un trattamento sintomatico di supporto. La paroxetina non deve essere usata in associazione a precursori della serotonina (quali L-triptofano, oxitriptano) a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).

Mania

Come nel caso di altri antidepressivi, la paroxetina deve essere introdotta con cautela in pazienti con storia di mania. Il trattamento con paroxetina deve essere interrotto nei pazienti che entrano in una fase maniacale.

Compromissione della funzione renale/epatica

Si raccomanda cautela nei pazienti con grave compromissione della funzione renale o nei pazienti con compromissione della funzione epatica (vedere paragrafo 4.2).

Diabete

In pazienti diabetici, il trattamento con un SSRI può alterare il controllo glicemico. Può rendersi necessaria una regolazione dell’insulina e/o dell’ipogli­cemico orale. Inoltre ci sono stati studi i quali suggeriscono che un aumento dei livelli di glucosio ematico possa verificarsi quando la paroxetina e la pravastatina sono co-somministrati (vedere paragrafo 4.5).

Epilessia

Come nel caso di altri antidepressivi, la paroxetina deve essere introdotta con cautela in pazienti con epilessia.

Convulsioni

L’incidenza complessiva di convulsioni in pazienti trattati con paroxetina è inferiore allo 0,1%. Il farmaco deve essere sospeso se il paziente sviluppa convulsioni.

Terapia elettroconvulsiva (ECT)

L’esperienza clinica circa l’uso concomitante di paroxetina durante una terapia elettroconvul­sivante è limitata.

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Glaucoma

Come con altri SSRI, la paroxetina infrequentemente causa midriasi e deve essere usata con cautela nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o con anamnesi positiva per glaucoma.

Patologie cardiache

In pazienti con patologie cardiache devono essere osservate le precauzioni consuete.

Iposodiemia

L’iposodiemia è stata riportata raramente, prevalentemente negli anziani. Deve essere esercitata cautela anche in quei pazienti a rischio di iposodiemia, per esempio per terapie concomitanti e cirrosi. L’iposodiemia è in genere reversibile dopo la sospensione della paroxetina.

Emorragia

Dopo somministrazione di SSRI, sono stati segnalati casi di sanguinamento cutaneo anormale quali ecchimosi e porpora. Sono state riportate altre manifestazioni emorragiche, per esempio emorragie gastrointestinali. I pazienti anziani possono essere maggiormente a rischio.

Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica, o altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie [per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazina, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori] e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.

Interazioni con tamoxifene

Alcuni studi hanno dimostrato che l'efficacia del Tamoxifene, misurata come il rischio di recidiva del tumore al seno / mortalità, può essere ridotta quando coprescritto con paroxetina a causa della inibizione irreversibile del CYP2D6 da parte della paroxetina (vedere paragrafo 4.5). La paroxetina deve sempre essere evitata durante l'uso del Tamoxifene per il trattamento o la prevenzione del cancro al seno.

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Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina

I sintomi da sospensione osservati quando il trattamento è interrotto sono comuni, in particolare in caso di brusca interruzione (vedere paragrafo 4.8). Negli studi clinici gli eventi indesiderati osservati con l’interruzione del trattamento si presentavano nel 30% dei pazienti in trattamento con paroxetina, in confronto al 20% dei pazienti trattati con placebo. L’insorgenza di sintomi da sospensione non è la stessa nei casi in cui un farmaco induce assuefazione o dipendenza. Il rischio di comparsa dei sintomi da sospensione può dipendere da diversi fattori, compresi la durata della terapia, il dosaggio e la velocità di riduzione della dose. Sono stati riportati vertigini, disturbi del sensorio (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emozionale, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente l’intensità di tali sintomi è da lieve a moderata, tuttavia in alcuni pazienti può essere grave. In genere compaiono entro i primi giorni di sospensione del trattamento, ma vi sono stati casi molto rari nei quali sono comparsi in pazienti che avevano inavvertitamente saltato una dose.

Generalmente tali sintomi sono auto-limitanti, e di solito si risolvono entro due settimane, sebbene in alcuni individui possono durare più a lungo (2–3 mesi o più). Si consiglia pertanto di ridurre gradualmente la dose di paroxetina, quando si sospende il trattamento, nel corso di un periodo di diverse settimane o mesi, in base alle necessità del paziente (vedere “Sintomi da sospensione osservati alla sospensione di Paroxetina ", paragrafo 4.2).

4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione

Farmaci serotoninergici

Come con altri SSRI, la somministrazione contemporanea di farmaci serotoninergici può portare all’insorgenza di effetti associati alla serotonina (sindrome serotoninergica: vedere paragrafi 4.3 e 4.4).

Si deve consigliare cautela ed è richiesto un più attento controllo clinico in caso di somministrazione concomitante di farmaci serotoninergici (come L-triptofano, triptani, tramadolo, linezolid, metiltioninio cloruro (blu di metilene), SSRI, litio, petidina e preparati a base di erba di San Giovanni – Hypericum Perforatum) e paroxetina. Si raccomanda cautela anche con il fentanyl utilizzato nell’anestesia generale o nel trattamento del dolore cronico.

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L’uso concomitante di paroxetina e MAO-inibitori è controindicato a causa del rischio che si sviluppi la sindrome da serotonina (vedere paragrafo 4.3).

Pimozide

In uno studio dove una singola dose ridotta di pimozide (2 mg) è stata co-somministrata con 60 mg di paroxetina, sono stati dimostrati livelli aumentati in media di 2,5 volte di pimozide. Ciò può essere spiegato tenendo in considerazione le note proprietà inibitorie sul CYP2D6 della paroxetina. A causa del ristretto indice terapeutico della pimozide e della sua nota capacità di prolungare l’intervallo QT, l’uso concomitante di pimozide e paroxetina è controindicato (vedere paragrafo 4.3).

Enzimi predisposti al metabolismo dei farmaci

Il metabolismo e la farmacocinetica della paroxetina possono essere influenzati dalla induzione o dalla inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci. Qualora la paroxetina sia somministrata in concomitanza con un farmaco noto per essere inibitore del metabolismo enzimatico, deve essere preso in considerazione l’uso delle dosi più basse dell’intervallo posologico. In caso di somministrazione in concomitanza con farmaci noti quali induttori del metabolismo enzimatico (ad esempio carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale e fenitoina) o con fosamprenavir/ri­tonavir, non è richiesto alcun aggiustamento della dose iniziale. Qualsiasi successiva modifica della posologia della paroxetina (sia dopo l’inizio della terapia o dopo sospensione di un induttore enzimatico) deve essere basata sulla risposta clinica (tollerabilità ed efficacia).

Fosamprenavir/ri­tonavir

La somministrazione concomitante di fosamprenavir/ri­tonavir 700/100 mg due volte al giorno con paroxetina 20 mg al giorno in volontari sani per 10 giorni ha diminuito significativamente i livelli plasmatici della paroxetina di circa il 55%. Le concentrazioni plasmatiche di fosamprenavir/ri­tonavir durante la co-somministrazione di paroxetina sono risultate simili ai valori di riferimento osservati in altri studi, indicando così che la paroxetina non produce effetti significativi sul metabolismo di fosamprenavir/ri­tonavir. Non sono disponibili dati riguardo gli effetti della co-somministrazione a lungo termine, superiore a 10 giorni, di paroxetina e fosamprenavir/ri­tonavir.

Prociclidina

La somministrazione giornaliera di paroxetina aumenta in modo significativo i livelli plasmatici di prociclidina. Se si osservano effetti anticolinergici, la dose di prociclidina deve essere ridotta.

Anticonvulsivanti

Carbamazepina, fenitoina, sodio valproato. La somministrazione concomitante non sembra mostrare effetti sul profilo farmacocinetico e farmacodinamico nei pazienti epilettici.

Potenza inibitoria della paroxetina sul CYP2D6

Come altri antidepressivi, inclusi altri SSRI, la paroxetina inibisce l’enzima CYP2D6 del citocromo epatico P450. L’inibizione del CYP2D6 può portare all’aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci in co-somministrazione, metabolizzati da questo enzima. Sono compresi tra questi farmaci alcuni antidepressivi triciclici (ad esempio clomipramina, nortriptilina e desipramina), neurolettici fenotiazinici (ad esempio perfenazina e tioridazina, vedere paragrafo 4.3), risperidone, atomoxetina, alcuni antiaritmici di Tipo 1c (ad esempio propafenone e flecainide) e metoprololo. Non è raccomandato l’uso di paroxetina in associazione con metoprololo, somministrato nella insufficienza cardiaca, a causa del ridotto indice terapeutico del metoprololo in questa indicazione.

Il Tamoxifene ha un importante metabolita attivo, endoxifen, che è prodotto dal CYP2D6 e contribuisce in modo significativo all'efficacia del Tamoxifene. L’inibizione irreversibile del CYP2D6 da parte della paroxetina porta a concentrazioni plasmatiche ridotte di endoxifen (vedere paragrafo 4.4).

Alcol

Come con altri farmaci psicotropi, i pazienti devono essere avvertiti di evitare l’uso di alcol in corso di trattamento con paroxetina.

Anticoagulanti orali

Può presentarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e anticoagulanti orali. L’uso concomitante di paroxetina e anticoagulanti orali può portare ad un aumento della attività anticoagulante ed al rischio di emorragie. Pertanto la paroxetina deve essere usata con cautela nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (vedere paragrafo 4.4).

FANS, acido acetilsalicilico ed altri antiaggreganti piastrinici

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Può verificarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico. L’uso concomitante di paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico può portare ad un aumento del rischio di emorragie (vedere paragrafo 4.4). Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica, o altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie [per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazine, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, FANS, COX-2 inibitori] e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.

Pravastatina

Un’interazione fra la paroxetina e la pravastatina è stata osservata in studi i quali suggeriscono che la somministrazione concomitante di paroxetina e pravastatina può portare ad un aumento dei livelli di glucosio ematico. I pazienti con diabete mellito che assumono sia paroxetina sia pravastatina possono richiedere un aggiustamento del dosaggio dei farmaci ipoglicemizzanti orali e/o insulina (vedere paragrafo 4.4).

4.6 Fertilità, gravidanza ed allattamento

Gravidanza

Alcuni studi epidemiologici hanno indicato un aumento del rischio di malformazioni congenite, per lo più cardiovascolari (ad es. difetti del setto ventricolare (la maggioranza) e del setto atriale) associato all’assunzione di paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza. Il meccanismo è sconosciuto. I dati indicano che il rischio di partorire un neonato con un difetto cardiovascolare a seguito dell’esposizione materna alla paroxetina, è inferiore a 2/100 (OR = 1.55 [1.18< >2.04]) rispetto a una percentuale attesa per tali difetti di circa 1/100.

La paroxetina deve essere somministrata in gravidanza solo quando strettamente indicato. Il medico, all’atto della prescrizione, dovrà valutare l’opzione di trattamenti alternativi in donne in gravidanza o che stiano pianificando una gravidanza. L’interruzione brusca durante la gravidanza deve essere evitata (vedere “Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina”, paragrafo 4.2).

I neonati devono essere tenuti sotto osservazione se l’uso materno della

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paroxetina continua negli stadi più avanzati della gravidanza, in particolare nel terzo trimestre.

I sintomi seguenti si possono presentare nei neonati in seguito all’uso materno di paroxetina negli stadi più avanzati della gravidanza: distress respiratorio, cianosi, apnea, convulsioni, temperatura instabile, difficoltà nell’alimentazione, vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, irritabilità, letargia, pianto costante, sonnolenza e difficoltà nell’addormen­tamento. Tale sintomatologia potrebbe essere dovuta o agli effetti serotoninergici o ai sintomi da sospensione. Nella maggior parte dei casi le complicazioni iniziano immediatamente al momento del parto o subito dopo (meno di 24 ore).

Dati epidemiologici suggeriscono che l’uso di farmaci SSRI durante la gravidanza, particolarmente negli stadi più avanzati, può aumentare il rischio di ipertensione polmonare persistente nei neonati (PPHN). Il rischio osservato era di circa 5 casi ogni 1000 gravidanze. Nella popolazione generale si verificano 12 casi di PPHN ogni 1000 gravidanze.

Gli studi sugli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva, ma non hanno indicato effetti dannosi diretti o indiretti sulla gravidanza, sullo sviluppo embriofetale, sul parto o sullo sviluppo post-natale (vedere paragrafo 5.3).

Allattamento

Piccole quantità di paroxetina sono escrete nel latte materno. In studi pubblicati, le concentrazioni sieriche in neonati allattati al seno non erano rilevabili (< 2 ng/ml) o molto basse (< 4 ng/ml). Non si sono osservati segni di effetti del farmaco in questi neonati. Ciononostante, la paroxetina non deve essere usata durante l'allattamento, a meno che i benefici attesi per la madre giustifichino i rischi potenziali per il neonato.

Fertilità

I dati sugli animali hanno dimostrato che la paroxetina può influire sulla qualità dello sperma (vedere paragrafo 5.3). Dati in-vitro su materiale umano rilevano qualche effetto sulla qualità dello sperma tuttavia nell’uomo pazienti trattati con alcuni SSRI (inclusa la paroxetina) hanno dimostrato che un effetto sulla qualità dello sperma sembra essere reversibile. Finora non è stato osservato impatto sulla fertilità umana.

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Alcuni studi clinici hanno dimostrato che i farmaci SSRI (tra cui la paroxetina) possono influenzare la qualità dello sperma. Questo effetto sembra essere reversibile dopo l’interruzione del trattamento. Questi studi non hanno esaminato l’impatto sulla fertilità, ma i cambiamenti nella qualità dello sperma possono influenzare la fertilità in alcuni uomini.

4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari l’esperienza clinica ha dimostrato che la terapia con paroxetina non è associata ad alterazioni delle funzioni cognitive o psicomotorie.

Tuttavia, come con tutti i farmaci psicoattivi, i pazienti devono essere avvertiti di usare cautela nella guida di autoveicoli e nell’uso di macchinari. Sebbene la paroxetina non aumenti gli effetti dannosi psichici e motori indotti dall’assunzione di alcool, non è consigliato l‘uso concomitante di paroxetina e alcool.

4.8 effetti indesiderati

Alcune delle reazioni avverse al farmaco sotto elencate possono diminuire d’intensità e frequenza col proseguo del trattamento e non portano normalmente alla sospensione della terapia.

Gli effetti indesiderati sono elencati di seguito per organo, apparato/sistema e per frequenza. Nell’ambito di ogni gruppo di frequenza gli effetti indesiderati vengono presentati in ordine decrescente di gravità.

Le frequenze sono definite come: Molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, <1/10), non comune (≥ 1/1.000, <1/100), raro (≥ 1/10.000, <1/1.000), molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

Patologie del sistema emolinfopoietico

Non comune: sanguinamento anomalo, in particolare a carico della cute e delle mucose (per lo più ecchimosi).

Molto raro: trombocitopenia.

Disturbi del sistema immunitario

Molto raro: reazioni allergiche gravi e potenzialemente fatali (incluse reazioni anafilattoidi ed angioedema).

Patologie endocrine

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Molto raro: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Comune: diminuzione dell’appetito, aumento dei livelli di colesterolo.

Non comune: è stato segnalato un alterato livello gliecemico nei pazienti diabetici (vedere paragrafo 4.4)

Raro: iposodiemia. L’iposodiemia è stata riportata soprattutto in pazienti anziani ed è talvolta dovuta alla sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).

Disturbi psichiatrici

Comune: sonnolenza, insonnia, agitazione, sogni anormali (inclusi incubi). Occasionali: confusione, allucinazioni.

Raro: reazioni maniacali, ansia, depersonalizza­zione, attacchi di panico, acatisia (vedere paragrafo 4.4).

Frequenza non nota: ideazione e comportamento suicidario, aggressione*.

Durante la terapia con paroxetina o subito dopo la conclusione del trattamento sono stati segnalati casi di ideazione e comportamento suicidario (vedere paragrafo 4.4).

Questi sintomi possono anche essere dovuti alla malattia sottostante.

*Casi di aggressione sono stati osservati nell’esperienza post-marketing.

Patologie del sistema nervoso

Molto comune: difficoltà di concentrazione

Comune: capogiri, tremori, cefalea

Non comune: disturbi extrapiramidali

Raro: convulsioni, sindrome delle gambe senza riposo (SGSR).

Molto raro: sindrome serotoninergica (i sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, iperreflessia, mioclono, brividi, tachicardia e tremore). Sono stati riportati casi di disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, a volte in pazienti già affetti da disturbi del movimento o in pazienti in trattamento con neurolettici.

Patologie dell’occhio

Comune: visione offuscata.

Non comune: midriasi (vedere paragrafo 4.4).

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Molto raro: glaucoma acuto.

Patologie dell’orecchio e del labirinto

Frequenza non nota: tinnito.

Patologie cardiache

Non comune: tachicardia sinusale.

Raro: bradicardia.

Patologie vascolari

Non comune: aumenti o cali transitori della pressione arteriosa, ipotensione posturale. Sono stati riportati aumenti o cali transitori della pressione arteriosa in seguito a trattamento con paroxetina, di solito in pazienti con preesistente ipertensione o ansia.

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Comune: sbadiglio.

Patologie gastrointestinali

Molto comune: nausea.

Comune: stipsi, diarrea, vomito, secchezza delle fauci.

Molto raro: sanguinamento gastrointestinale.

Patologie epatobiliari

Raro: aumento degli enzimi epatici.

Molto raro: eventi a carico del fegato (come epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica).

Sono stati riportati incrementi degli enzimi epatici. Nel periodo successivo all’immissione in commercio sono stati anche segnalati, molto raramente, eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica). Si deve prendere in considerazione la sospensione del trattamento con la paroxetina nel caso di prolungato incremento dei valori dei test di funzionalità epatica.

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Comune: sudorazione

Non comune: rash cutanei, prurito

Molto raro: gravi reazioni cutanee avverse (incluso eritema multiforme,

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sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica), orticaria, reazioni di fotosensibilità.

Patologie dell’apparato muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Raro: artralgia, mialgia.

Gli studi epidemiologici, condotti soprattutto in pazienti di 50 anni e più anziani, mostrano un aumento del rischio di fratture ossee in pazienti trattati con SSRI e con antidepressivi triciclici. Il meccanismo che porta a tale rischio non è noto.

Patologie renali e urinarie

Non comune: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria.

Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella

Molto comune: disfunzione sessuale.

Raro: iperprolattine­mia/galattore­a.

Molto raro: priapismo

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Comune: astenia, aumento di peso corporeo

Molto raro: edema periferico.

Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina

Comune: capogiri, disturbi del sensorio, disturbi del sonno, ansia, cefalea.

Non comune: agitazione, nausea, tremore, confusione, sudorazione, instabilità emotiva, disturbi della visione, palpitazioni, diarrea, irritabilità.

L’interruzione del trattamento con paroxetina (soprattutto se brusca) porta in genere a sintomi da sospensione. Sono stati riportati vertigini, disturbi del sensorio (comprese parestesia, sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emozionale, irritabilità e disturbi visivi. Generalmente tali eventi sono da lievi a moderati ed auto-limitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere gravi e/o prolungati. Si consiglia pertanto, qualora il trattamento con paroxetina non sia più necessario, di effettuare una graduale interruzione, condotta tramite un decremento progressivo della dose (vedere paragrafi 4.2 e 4.4).

Popolazione pediatrica

I seguenti eventi avversi si sono verificati:

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Aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e pensieri suicidari), comportamento autolesionistico e incremento dell’atteggiamento ostile. I pensieri suicidari e i tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore. L’incremento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni. Ulteriori eventi osservati sono: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore) ed eventi avversi correlati al sanguinamento, prevalentemente della pelle e delle mucose.

Eventi osservati dopo la sospensione / riduzione graduale della paroxetina sono: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, pensieri suicidari e tentativi di suicidio), nervosismo, capogiri, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e precauzioni di impiego ”).

Vedere paragrafo 5.1 per maggiori informazioni sugli studi clinici pediatrici.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo:

4.9 sovradosaggio

Sintomi e segni:

Sulla base delle informazioni disponibili riguardo al sovradosaggio con paroxetina, appare evidente un ampio margine di sicurezza. L’esperienza nei casi di sovradosaggio di paroxetina ha indicato che, oltre ai sintomi descritti nel paragrafo 4.8 “Effetti indesiderati”, sono stati riportati anche: vomito, febbre e contrazioni muscolari involontarie. I pazienti si sono generalmente ripresi senza gravi sequele anche nei casi in cui la paroxetina è stata assunta, da sola, fino a dosi di 2000 mg. Eventi quali coma o alterazioni dell’ECG sono stati occasionalmente riferiti, molto raramente con esito fatale, ma in genere quando la paroxetina è stata assunta in associazione ad altri farmaci psicotropi, con o senza alcool.

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Trattamento

Un antidoto specifico non è conosciuto. Il trattamento deve basarsi sulle misure generali utilizzate nel trattamento del sovradosaggio con antidepressivi. Qualora appropriato, si consiglia svuotamento gastrico attraverso induzione di emesi, lavanda gastrica o entrambi. Successivamente allo svuotamento, può essere somministrato carbone attivo, alla dose di 20 o 30 g ogni 4–6 ore durante le prime 24 ore dopo l’ingestione. È indicata una terapia di supporto con attenta osservazione e frequente monitoraggio dei segni vitali.

5. proprietà farmacologiche

5.1 proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: Antidepressivi – inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, Codice ATC: N06A B05

Meccanismo di azione

La paroxetina è un inibitore potente e selettivo della ricaptazione della 5-idrossitriptamina (5-HT, serotonina); la sua azione antidepressiva e la sua efficacia nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo, disturbo d’ansia sociale/fobia sociale, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da stress posttraumatico e disturbo da attacchi di panico si ritengono correlate a questa specifica inibizione della ricaptazione della 5-HT nei neuroni cerebrali. La paroxetina non è chimicamente correlabile ai triciclici, tetraciclici ed agli altri antidepressivi disponibili. La paroxetina ha bassa affinità per i recettori colinergici di tipo muscarinico e studi sugli animali hanno evidenziato solo deboli proprietà anticolinergiche. In accordo con questa selettività d’azione, alcuni studi in vitro hanno evidenziato che, a differenza degli antidepressivi triciclici, la paroxetina ha bassa affinità per gli alfa 1, alfa 2 e betaadrenorecet­tori, per i recettori dopaminergici (D2), per i recettori 5-HT1 -simili e 5-HT2 e per i recettori dell’istamina (H1). Questa mancanza di interazione con i recettori post-sinaptici in vitro è stata confermata dagli studi in vivo , che hanno dimostrato l’assenza di proprietà depressive sul sistema nervoso centrale e di proprietà ipotensive.

Effetti farmacodinamici

La paroxetina non altera le funzioni psicomotorie e non potenzia gli effetti depressivi dell’etanolo. Analogamente ad altri inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, la paroxetina causa sintomi correlati all’eccessiva stimolazione del recettore della serotonina in caso di somministrazione ad animali precedentemente trattati con inibitori della monoammino-ossidasi

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(IMAO) o triptofano. Studi relativi al comportamento e all’EEG indicano come la paroxetina sia debolmente attivante a dosi in genere maggiori di quelle richieste per inibire la ricaptazione della serotonina. Le proprietà attivanti non sono per loro natura “anfetamino-simili”. Studi nell’animale indicano che la paroxetina è ben tollerata dal sistema cardiovascolare. La paroxetina non causa modifiche clinicamente significative della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’ECG dopo somministrazione a soggetti sani. Altri studi indicano che la paroxetina, al contrario degli antidepressivi che inibiscono la ricaptazione della noradrenalina, ha una più ridotta propensione ad inibire gli effetti antiipertensivi della guanetidina.

La paroxetina, nel trattamento dei disturbi depressivi, dimostra una efficacia comparabile a quella degli antidepressivi standard. Esiste anche una certa evidenza che la paroxetina possa avere un valore terapeutico nei pazienti che non rispondono alla terapia standard. La somministrazione della dose al mattino non ha alcun effetto negativo sulla qualità o la durata del sonno. Inoltre i pazienti, quando rispondono alla terapia con paroxetina, possono riportare un miglioramento del sonno.

Analisi sulla tendenza al suicidio negli adulti

Un’analisi specifica della paroxetina in studi controllati con placebo in adulti con disturbi psichiatrici ha mostrato una frequenza maggiore di comporamento suicidario nei giovani adulti (18–24 anni) trattati con paroxetina rispetto a quelli trattati con placebo (2,19 % vs 0,92 %). Nel gruppo dei soggetti di età maggiore, tale incremento non è stato osservato. Negli adulti con disturbo depressivo maggiore (di tutte le età), si è osservato un aumento della frequenza del comportamento suicidario nei pazienti trattati con paroxetina in confronto a quelli trattati con placebo (0,32 % vs 0,05 %); tutti gli eventi osservati erano tentativi di suicidio. Tuttavia, la maggioranza di questi tentativi (8 su 11) si è osservata nei giovani adulti trattati con paroxetina (vedere anche paragarafo 4.4).

Risposta alla dose

Negli studi a dose fissa la curva dose risposta si presenta piatta, non indicando un vantaggio in termini di efficacia nell’utilizzo di dosi più alte di quelle raccomandate. Tuttavia esistono alcuni dati clinici che suggeriscono che incrementi successivi della dose possono essere di beneficio per alcuni pazienti.

Efficacia clinica e sicurezza

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L’efficacia a lungo termine di paroxetina nella depressione è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 52 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (2040 mg al giorno) si verificavano nel 12% dei casi, in confronto al 28% dei casi nei pazienti che assumevano placebo.

L’efficacia a lungo termine della paroxetina nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è stata esaminata in tre studi di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute. In uno dei tre studi è stata raggiunta una differenza significativa nella proporzione dei pazienti con ricadute tra paroxetina (38%) e placebo (59%).

L’efficacia a lungo termine della paroxetina nel trattamento del disturbo da attacchi di panico è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (10–40 mg al giorno) si verificavano nel 5% dei casi, in confronto al 30% dei casi nei pazienti che assumevano placebo. Questo dato è stato supportato da uno studio di mantenimento di 36 settimane.

L’efficacia a lungo termine della paroxetina nel trattamento dei disturbi d‘ansia sociale e d’ansia generalizzata e del disturbo da stress post-traumatico non è stata sufficientemente dimostrata.

Popolazione pediatrica

Nelle sperimentazioni cliniche a breve termine (fino a 10–12 settimane) in bambini e adolescenti, nei pazienti trattati con paroxetina sono stati osservati con una frequenza di almeno il 2% dei pazienti e si sono verificati con una percentuale almeno doppia rispetto a quella del placebo, i seguenti eventi avversi: aumento dei comportamenti suicidari (inclusi i tentativi di suicidio e ideazione suicidaria), comportamento autolesionistico e incremento dell'atteggiamento ostile. I pensieri suicidari e i tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici in adolescenti con disturbo depressivo maggiore. L’aumento dell’ostilità si è verificato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, e soprattutto nei bambini più piccoli di età inferiore ai 12 anni. Ulteriori eventi che sono stati più volte osservati nella paroxetina rispetto al placebo sono stati: diminuzione dell'appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell'umore).

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In studi che hanno utilizzato un regime decrescente, i sintomi riportati durante la fase di riduzione graduale o per una sospensione della paroxetina con una frequenza di almeno il 2% dei pazienti e si è verificato ad una velocità almeno doppia rispetto a quella del placebo, sono stati: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell'umore , autolesionismo, pensieri suicidi e tentativi di suicidio), nervosismo, vertigini, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4).

In cinque studi a gruppi paralleli della durata di otto settimane fino a otto mesi di trattamento, gli eventi avversi correlati al sanguinamento, prevalentemente della pelle e delle membrane mucose, sono stati osservati nei pazienti trattati con paroxetina con una frequenza del 1,74% rispetto al 0,74% osservato nel gruppo placebo pazienti trattati.

5.2 proprietà farmacocinetiche

Assorbimento

La paroxetina è ben assorbita dopo somministrazione orale ed è sottoposta a metabolismo di primo passaggio. A causa del metabolismo di primo passaggio, la quantità di paroxetina disponibile nella circolazione sistemica è inferiore a quella assorbita dal tratto gastrointestinale. In caso di aumento del carico corporeo a seguito di dosi singole più alte o di dosi multiple si verificano una saturazione parziale dell’effetto di primo passaggio e una riduzione della clearance plasmatica. Ciò comporta un aumento non proporzionato delle concentrazioni plasmatiche della paroxetina e pertanto i parametri farmacocinetici non sono costanti, con conseguente cinetica non lineare. Tuttavia la non linearità è generalmente modesta ed è limitata a quei soggetti che raggiungono bassi livelli plasmatici a bassi dosaggi. I livelli sistemici allo stato stazionario sono raggiunti entro 7–14 giorni dall’inizio del trattamento con le formulazioni a rilascio immediato o controllato e la farmacocinetica non sembra variare durante il trattamento a lungo termine.

Distribuzione

La paroxetina risulta ampiamente distribuita nei tessuti ed i calcoli farmacocinetici indicano che solo l’1% della paroxetina presente nell’organismo si trova nel plasma. Circa il 95% della paroxetina presente nel plasma è legato alle proteine alle concentrazioni terapeutiche. Non è stata dimostrata alcuna correlazione tra le concentrazioni plasmatiche di paroxetina e gli effetti clinici (eventi avversi ed efficacia). Il passaggio nel latte materno umano, e nei feti degli animali di laboratorio, avviene in piccole quantità.

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Biotrasformazione

I principali metaboliti della paroxetina sono prodotti polari e coniugati di ossidazione e di metilazione, che vengono prontamente eliminati. In considerazione della loro relativa mancanza di attività farmacologica, è estremamente improbabile che possano contribuire agli effetti terapeutici della paroxetina.

Il metabolismo non compromette la selettività di azione della paroxetina sulla ricaptazione neuronale di serotonina.

Eliminazione

L’escrezione urinaria della paroxetina immodificata è generalmente inferiore al 2%, mentre quella dei metaboliti è circa il 64% della dose. Circa il 36% della dose è escreto nelle feci, probabilmente attraverso la bile, di cui la paroxetina immodificata rappresenta meno dell’1% della dose. Pertanto la paroxetina è eliminata quasi completamente per via metabolica. L’escrezione dei metaboliti è bifasica, essendo all’inizio il risultato del metabolismo di primo passaggio e successivamente controllata dalla eliminazione sistemica della paroxetina. L’emivita di eliminazione è variabile, ma è generalmente di circa 1 giorno.

Speciali popolazioni di pazienti

Anziani e Compromissione della Funzione Renale/Epatica

Un aumento delle concentrazioni plasmatiche della paroxetina è stato osservato in soggetti anziani e in soggetti con grave compromissione della funzione renale o con compromessa funzionalità epatica, ma il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello dei soggetti adulti sani.

5.3 dati preclinici di sicurezza

Studi tossicologici sono stati condotti nella scimmia Rhesus e nel ratto albino; in entrambe le specie il profilo metabolico è simile a quello descritto nell’uomo. Come atteso con amine lipofile, inclusi gli antidepressivi triciclici, è stata rilevata nei ratti una fosfolipidosi. La fosfolipidosi non è stata osservata negli studi sui primati della durata fino ad un anno, a dosi 6 volte più elevate di quelle dell’intervallo raccomandato nei dosaggi clinici.

Carcinogenesi: in studi di due anni condotti nel topo e nel ratto, la paroxetina non ha mostrato effetti cancerogeni.

Genotossicità: non è stata osservata genotossicità in una serie di test in vitro e in vivo.

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Studi di tossicità riproduttiva nei ratti hanno mostrato che la paroxetina influenza la fertilità maschile e femminile attraverso la riduzione dell’indice di fertilità e il tasso di gravidanza. Nei ratti, sono stati osservati una maggiore mortalità dei piccoli ed un ritardo dell’ossificazione. Questi ultimi effetti sono probabilmente correlati alla tossicità materna e non sono considerati un effetto diretto sul feto/neonato.

6. informazioni farmaceutiche

6.1 elenco degli eccipienti

Nucleo della compressa:

Magnesio stearato, sodio amido glicolato (Tipo A), mannitolo, cellulosa microcristallina

Rivestimento della compressa:

Copolimero dell’acido metacrilico-metil metacrilato (Eudragit E100), alcool polivinilico – parzialmente idrolizzato, titanio diossido (E 171), talco, lecitina di soia (E 322), gomma xantana (E 415).

6.2 incompatibilità

Non applicabile

6.3 periodo di validità

3 anni.

6.4 speciali precauzioni per la conservazione

Questo medicinale non richiede particolari condizioni di conservazione.

6.5 natura e contenuto del contenitore

Confezioni blister (Al/Al) e/o contenitore per compresse in PP con essiccante (silicagel) con tappo in polipropilene.

Dimensioni delle confezioni:

Blister: 10, 12, 14, 28, 30, 56 compresse rivestite con film.

Contenitori compresse in PP: 20, 30, 60, 100 compresse rivestite con film.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

6.6 speciali precauzioni per lo smaltimento ed ulteriore manipolazione

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Nessuna istruzione particolare

7. titolare dell’autorizzazione per l’immissione in commercio

Actavis Group PTC ehf – Reykjavíkurvegi 76–78, 220 Hafnarfjörður (Islanda)

Concessionario per la vendita:

Aurobindo Pharma (Italia) Srl, Via San Giuseppe n. 102 – Saronno (VA)

8. NUMERO/I DELL’ AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 038822019 – 20 mg compresse rivestite con film 10 compresse in blister AL/AL 038822021 – 20 mg compresse rivestite con film 12 compresse in blister AL/AL 038822033 – 20 mg compresse rivestite con film 100 compresse in contenitore

PP

038822045 – 20 mg compresse rivestite con film 14 compresse in blister AL/AL

038822058 – 20 mg compresse rivestite con film 28 compresse in blister AL/AL

038822060 – 20 mg compresse rivestite con film 30 compresse in blister AL/AL

038822072 – 20 mg compresse rivestite con film 56 compresse in blister AL/AL

038822084 – 20 mg compresse rivestite con film 20 compresse in contenitore PP

038822096 – 20 mg compresse rivestite con film 30 compresse in contenitore PP

038822108 – 20 mg compresse rivestite con film 60 compresse in contenitore PP

9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE

Data della prima autorizzazione: 13/05/2009

Data del rinnovo più recente: GU Suppl.n. 59 del 17/07/2014