Riassunto delle caratteristiche del prodotto - DROPAXIN
1. denominazione del medicinale
DROPAXIN 10 mg/ml gocce orali, soluzione
2. composizione qualitativa e quantitativa
Ogni ml (1 ml corrisponde a 20 gocce) di DROPAXIN contiene:
Paroxetina HCl 11,11 mg (corrispondenti a 10 mg di paroxetina base)
3. forma farmaceutica
Gocce orali.
Flacone da 30 e 60 ml
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Trattamento di
Episodio di depressione maggiore Disturbo ossessivo compulsivo Disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia Disturbo d’ansia sociale/fobia sociale Disturbo d’ansia generalizzata Disturbo da stress post-traumatico4.2 posologia e modo di somministrazione
Il flacone è fornito di un contagocce graduato a 1 ml (1 ml corrisponde a 20 gocce pari a 10 mg di paroxetina base libera).
1 goccia corrisponde a 0.5 mg di paroxetina base libera.
Si raccomanda di somministrare DROPAXIN gocce in un’unica assunzione al mattino durante la colazione. Le gocce vanno diluite in acqua.
La dose raccomandata è di 20 mg, una volta al giorno. In generale, il miglioramento nei pazienti inizia dopo una settimana, ma può divenire evidente solo dalla seconda settimana di terapia.
Come per tutti i farmaci antidepressivi, il dosaggio deve essere rivisto e aggiustato se necessario entro le prime tre – quattro settimane dall'inizio della terapia ed in seguito come ritenuto clinicamente appropriato.
In alcuni pazienti, che hanno una risposta insufficiente alla dose di 20 mg, la dose può essere aumentata gradualmente fino ad un massimo di 50 mg al giorno, con aumenti graduali di 10 mg, in base alla risposta del paziente.
I pazienti con depressione devono essere trattati per un periodo sufficiente di almeno sei mesi per assicurarsi che siano liberi da sintomi.
La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 20 mg al giorno e la dose può essere aumentata gradualmente, con aumenti di 10 mg sino alla dose raccomandata. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale del dosaggio fino ad un massimo di 60 mg al giorno.
I pazienti con disturbo ossessivo compulsivo devono essere trattati per un periodo sufficiente per assicurarsi che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche).
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
La dose raccomandata è di 40 mg al giorno. I pazienti devono iniziare con una dose di 10 mg al giorno e la dose aumentata gradualmente, con aumenti di 10 mg alla dose raccomandata, in base alla risposta del paziente.
Un basso dosaggio iniziale è raccomandato per ridurre al minimo il potenziale peggioramento della sintomatologia da panico, come si è osservato generalmente nel trattamento iniziale di questo disturbo.
Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose fino ad un massimo di 60 mg al giorno.
I pazienti con disturbo da attacchi di panico devono essere trattati per un periodo sufficiente ad assicurare che siano liberi da sintomi. Tale periodo può essere di diversi mesi o anche più lungo (vedere sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno. L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno.
L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche).
La dose raccomandata è di 20 mg al giorno. Se dopo alcune settimane si osserva una risposta insufficiente alla dose raccomandata, alcuni pazienti possono trarre beneficio dall’aumento graduale della dose, con aumenti di 10 mg, fino ad un massimo di 50 mg al giorno.
L’uso a lungo termine deve essere valutato periodicamente (vedere sezione 5.1 Proprietà farmacodinamiche).
Si deve evitare un’interruzione brusca del trattamento (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego e sezione 4.8 Effetti indesiderati).
Il regime a riduzioni graduali della posologia usato negli studi clinici ha utilizzato un decremento progressivo del dosaggio giornaliero pari a 10 mg ad intervalli settimanali.
Se si dovessero manifestare, a seguito della riduzione della dose o al momento della interruzione del trattamento, sintomi non tollerati, si può prendere in considerazione il ripristino della dose prescritta in precedenza. Successivamente il medico può continuare a ridurre la dose ma in modo più graduale.
Nei soggetti anziani è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina, tuttavia il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello osservato in soggetti più giovani.
Il trattamento deve iniziare alle stesse dosi utilizzate nell'adulto. In alcuni pazienti può essere utile l’incremento della dose, ma la dose massima non deve superare i 40 mg al giorno.
La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini ed adolescenti in quanto è stato riscontrato in studi clinici controllati come la paroxetina sia associata ad un aumento del rischio di comportamento suicidario e di atteggiamento ostile. Inoltre in tali studi l’efficacia non è stata
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dimostrata in modo adeguato (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego e sezione 4.8 Effetti indesiderati).
Bambini di età inferiore ai 7 anniL’uso di paroxetina in bambini di età inferiore a 7 anni non è stato studiato. La paroxetina non deve essere usata fino a quando la sicurezza e l’efficacia in questo gruppo di età non siano state determinate.
Insufficienza renale/epaticaIn pazienti con insufficienza renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) o in pazienti con insufficienza epatica è stato riscontrato un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina. Pertanto il dosaggio deve essere limitato alle dosi più basse dell’intervallo posologico.
4.3 controindicazioni
Ipersensibilità nota alla paroxetina o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
La paroxetina è controindicata in associazione con farmaci inibitori delle monoamino-ossidasi (MAO-inibitori).
In casi eccezionali, linezolid (un antibiotico che è un MAO-inibitore non selettivo reversibile) può essere somministrato in associazione con paroxetina a condizione che sia possibile l’attenta osservazione dei sintomi della sindrome serotoninergica ed il monitoraggio della pressione arteriosa in strutture con strumentazione adeguata (vedere paragrafo 4.5).
Il trattamento con paroxetina può essere iniziato:
– due settimane dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore non reversibile o
– almeno 24 ore dopo l’interruzione del trattamento con un MAO-inibitore reversibile (per esempio moclobemide, linezolid metiltioninio cloruro (blu di metilene; si tratta di un MAO-inibitore reversibile non selettivo, utilizzato come agente colorante pre-operatorio).
L’inizio della terapia con qualsiasi MAO-inibitore deve avvenire ad almeno una settimana di distanza dall’interruzione del trattamento con paroxetina.
La paroxetina non deve essere usata in associazione a tioridazina poichè, come con altri farmaci inibitori dell’enzima epatico CYP450 2D6, la paroxetina può elevare i livelli plasmatici della tioridazina (vedere 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione).
La somministrazione di tioridazina da sola può indurre prolungamento dell’intervallo QTc associato a gravi aritmie ventricolari quali torsioni di punta e morte improvvisa.
La paroxetina non deve essere usata in associazione con pimozide (vedere sezione 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione).
4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego
Il trattamento con paroxetina deve essere iniziato con cautela due settimane dopo la cessazione del trattamento con MAO-inibitori irreversibili o 24 ore dopo la cessazione del trattamento con MAO-inibitori reversibili. Il dosaggio di paroxetina deve essere aumentato gradualmente fino a raggiungere una risposta ottimale (vedere 4.3 Controindicazioni e 4.5 Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione).
Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) possono causare sintomi di disfunzione sessuale (vedere paragrafo 4.8). Sono stati segnalati casi di disfunzione sessuale a lungo termine con persistenza dei sintomi dopo l’interruzione dell’uso di SSRIs.
La paroxetina non deve essere usata per il trattamento di bambini e adolescenti al di sotto dei 18 anni di età. In studi clinici è stato osservato un aumento dei comportamenti correlati al suicidio (tentativi di suicidio e pensieri suicidari) e atteggiamenti ostili (prevalentemente aggressività, comportamento oppositivo e rabbia) più frequentemente nei bambini e negli adolescenti trattati con antidepressivi in
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confronto a quelli trattati con placebo. Qualora, in base ad esigenze mediche, dovesse essere presa la decisione di effettuare il trattamento, il paziente deve essere sorvegliato attentamente per quanto concerne la comparsa di sintomi suicidari.
Inoltre non esistono dati di sicurezza a lungo termine in bambini ed adolescenti relativi alla crescita, alla maturazione e allo sviluppo cognitivo e comportamentale.
Suicidio/ideazione suicidaria o peggioramento clinico
La depressione è associata ad aumento del rischio di pensieri suicidari, autolesionismo e suicidio (eventi correlati al suicidio). Tale rischio persiste fino a che si verifichi una remissione significativa. Poiché possono non verificarsi miglioramenti durante le prime settimane di trattamento o in quelle immediatamente successive, i pazienti devono essere attentamente controllati fino ad avvenuto miglioramento. E’ esperienza clinica in generale che il rischio di suicidio può aumentare nelle prime fasi del miglioramento.
Altre patologie psichiatriche per le quali la paroxetina è prescritta possono anche essere associate ad un aumentato rischio di eventi correlati al suicidio. Inoltre, queste patologie possono essere associate al disturbo depressivo maggiore. Quando si trattano pazienti con altri disturbi psichiatrici si devono pertanto osservare le stesse precauzioni seguite durante il trattamento di pazienti con disturbo depressivo maggiore.
Pazienti con anamnesi positiva per eventi correlati al suicidio, o che manifestano un grado significativo di ideazione suicidaria prima dell’inizio del trattamento, sono a rischio maggiore di pensieri suicidi o di tentativi di suicidio, e devono essere attentamente controllati durante il trattamento.
Una metanalisi degli studi clinici condotti con farmaci antidepressivi in confronto con placebo nella terapia di disturbi psichiatrici nei pazienti adulti, ha mostrato un aumento del rischio di comportamento suicidario nella fascia di età inferiore a 25 anni nei pazienti trattati con antidepressivi rispetto al placebo (Vedere Sezione 5.1).
La terapia farmacologica con antidepressivi deve essere sempre associata ad una stretta sorveglianza dei pazienti, in particolare di quelli ad alto rischio, specialmente nelle fasi iniziali del trattamento e dopo cambiamenti di dose.
I pazienti (e chi si prende cura di essi) devono essere avvertiti in merito alla necessità di monitorare e di riportare immediatamente al proprio medico curante qualsiasi peggioramento del quadro clinico, la comparsa di comportamento o pensieri suicidari o di cambiamenti comportamentali.
Acatisia/agitazione psicomotoria
L’uso di paroxetina è stato associato allo sviluppo di acatisia, caratterizzata da una sensazione interna di irrequietezza e di agitazione psicomotoria quale l’impossibilità di sedere o stare immobile generalmente associate ad un malessere soggettivo. Ciò è più probabile che accada entro le prime settimane di trattamento. Nei pazienti che presentano tali sintomi, l’aumento della dose può essere dannoso.
Sindrome serotoninergica/sindrome maligna da neurolettici
In rare occasioni, sono stati riportati casi suggestivi di comparsa della sindrome serotoninergica o della sindrome maligna da neurolettici, in associazione al trattamento con paroxetina, in particolare quando somministrata in concomitanza ad altri farmaci serotoninergici e/o neurolettici. Poiché tali sindromi possono comportare condizioni di potenziale pericolo di vita, si deve interrompere il trattamento con paroxetina in caso di comparsa di tali eventi (caratterizzati da quadri di sintomi, quali ipertermia, rigidità, mioclono, squilibri del sistema autonomo con possibile rapida fluttuazione dei segni vitali, cambiamenti dello stato mentale compresi confusione, irritabilità, agitazione estrema che evolve a delirio e coma) e deve essere iniziato un trattamento sintomatico di supporto. La paroxetina non deve essere usata in associazione a precursori della serotonina (quali L-triptofano, oxitriptano) a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere sezioni 4.3 Controindicazioni e 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme di interazione).
Mania
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Come con tutti gli antidepressivi, la paroxetina deve essere usata con cautela in pazienti con anamnesi positiva per mania.
La paroxetina deve essere sospesa in tutti i pazienti che entrano in una fase maniacale.
Si raccomanda cautela nei pazienti con insufficienza renale grave o nei pazienti con insufficienza epatica (vedere sezione 4.2 Posologia e modo di somministrazione).
Diabete
Nei pazienti diabetici il trattamento con gli SSRI può alterare il controllo glicemico. Può essere necessario modificare il dosaggio dell’insulina e/o degli ipoglicemizzanti orali.
Inoltre, alcuni studi hanno suggerito che un aumento dei livelli di glucosio nel sangue può verificarsi quando paroxetina e pravastatina sono co-somministrate (vedere paragrafo 4.5).
Epilessia
Come con altri antidepressivi, la paroxetina deve essere usata con cautela in pazienti con epilessia. Convulsioni
L'incidenza complessiva di convulsioni in pazienti trattati con paroxetina è inferiore allo 0,1%. Il farmaco deve essere sospeso in tutti i pazienti che presentano convulsioni.
Terapia elettroconvulsivante (ECT)
Esiste esperienza clinica limitata nella somministrazione concomitante di paroxetina con terapia elettroconvulsivante (ECT).
Glaucoma
Come con altri SSRI, la paroxetina può causare midriasi e deve essere usata con cautela nei pazienti con glaucoma ad angolo chiuso o con anamnesi positiva per glaucoma.
Patologie cardiovascolari
In pazienti con patologie cardiovascolari devono essere osservate le precauzioni consuete.
Iponatremia
Raramente è stata riportata iponatremia, prevalentemente negli anziani. Deve essere esercitata cautela anche in quei pazienti a rischio di iponatremia, per esempio per terapie concomitanti e cirrosi.
L’iponatremia è in genere reversibile dopo la sospensione della paroxetina.
Emorragie
Con gli SSRI sono stati riportati casi di disturbi emorragici a livello cutaneo, quali ecchimosi e porpora. Sono state riportate altre manifestazioni emorragiche, per esempio emorragie gastrointestinali.
I pazienti anziani possono essere maggiormente a rischio.
Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, a farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o ad altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazina, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori) e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
Interazione con tamoxifene
Alcuni studi hanno dimostrato che l’efficacia del tamoxifene nella profilassi del rischio di recidiva e di mortalità del tumore alla mammella, può essere ridotta dalla co-somministrazione con paroxetina, a causa di una inibizione irreversibile del CYP2D6 causata dalla paroxetina stessa (vedi sezione 4.5).
Laddove possibile, dovrebbe essere pertanto evitato l’uso di paroxetina durante l’impiego del tamoxifene per il trattamento o la prevenzione del tumore della mammella.
Sintomi da sospensione osservati in caso di interruzione del trattamento con paroxetina
I sintomi da sospensione osservati quando il trattamento è interrotto sono comuni, in particolare in caso di brusca interruzione (vedere sezione 4.8 Effetti indesiderati).
Negli studi clinici gli eventi indesiderati osservati con l’interruzione del trattamento si presentavano nel 30% dei pazienti in trattamento con paroxetina, in confronto al 20% dei pazienti trattati con placebo:
l’insorgenza di sintomi da sospensione non è la stessa nei casi in cui un farmaco induce assuefazione o dipendenza.
Il rischio di comparsa dei sintomi da sospensione può dipendere da diversi fattori, compresi la durata della terapia, il dosaggio e il tasso di riduzione della dose.
Sono stati riportati vertigini, disturbi del sensorio (comprese parestesia e sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emotiva, irritabilità e disturbi visivi.
Generalmente l’intensità di tali sintomi è da lieve a moderata, tuttavia in alcuni pazienti può essere grave. In genere compaiono entro primi giorni di sospensione del trattamento, ma vi sono stati casi molto rari nei quali sono comparsi in pazienti che avevano inavvertitamente saltato una dose.
Generalmente tali sintomi sono auto-limitanti, e di solito si risolvono entro due settimane, sebbene in alcuni individui possono durare più a lungo (2–3 mesi o più). Si consiglia pertanto di ridurre gradualmente la dose di paroxetina, quando si sospende il trattamento, nel corso di un periodo di diverse settimane o mesi, in base alle necessità del paziente (vedere “Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina”, sezione 4.2 Posologia e modo di somministrazione).
Avvertenze relative agli eccipienti
Saccarosio
Il prodotto contiene saccarosio; pertanto pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al fruttosio, con sindrome di malassorbimento di glucosio/galattosio o con insufficienza di saccarasi-isomaltasi non devono assumere questo medicinale. Può essere dannoso per i denti.
Alcool etilico
Il prodotto contiene aroma anice che è a base di alcool etilico; la quantità risultante di alcool etilico nel prodotto medicinale è pari a 26,4 mg/ml, pertanto ogni dose contiene una quantità di alcool compresa tra 0,0264 g e 0,158 g. Di ciò si tenga conto nei pazienti che soffrono di alcolismo, nelle donne in gravidanza o che allattano, nei bambini e nei pazienti che soffrono di malattie epatiche o epilessia.
Questo medicinale contiene 0,001 g di sale benzoato per ml equivalente a 0,060 g in 60 ml o 0,030 g in 30 ml.
Il sale benzoato può aumentare l’ittero (ingiallimento della pelle e degli occhi) nel neonato fino a 4 settimane di età.
Questo medicinale contiene meno di 1 mmol (23 mg) di sodio per dose, cioè essenzialmente ‘senza sodio’.
4.5 interazioni con altri medicinali e altre forme di interazionealcuni studi hanno evidenziato un’interazione tra paroxetina e pravastatina, suggerendo che la co-somministrazione di paroxetina e pravastatina può portare ad un aumento dei livelli di glucosio nel sangue. nei pazienti con diabete mellito, che ricevono sia paroxetina che pravastatina, può essere necessario modificare il dosaggio dei farmaci ipoglicemizzanti orali e/o dell’insulina (vedere paragrafo 4.4).
Farmaci serotoninergici
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Come con altri SSRI, la somministrazione contemporanea con farmaci serotoninergici può portare alla insorgenza di effetti associati alla serotonina (sindrome serotoninergica: vedere sezione 4.3 Controindicazioni e sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Si deve consigliare cautela ed è richiesto un più attento controllo clinico quando farmaci serotoninergici (come L-triptofano, triptani, tramadolo, linezolid, metiltioninio cloruro (blu di metilene), SSRI, litio e preparazioni a base di erba di san Giovanni – Hypericum perforatum) sono somministrati in concomitanza con paroxetina.
Si consiglia cautela anche con fentanil, utilizzato nell’anestesia generale o nel trattamento del dolore cronico.
L’uso concomitante di paroxetina e MAO-inibitori è controindicato a causa del rischio di sindrome serotoninergica (vedere sezione 4.3 Controindicazioni).
Un incremento medio di 2,5 volte dei livelli di pimozide si è manifestato in uno studio con bassa dose singola di pimozide (2 mg), quando questa è stata somministrata in associazione a paroxetina alla dose di 60 mg. Questo può essere spiegato sulla base dell’effetto inibitorio che paroxetina possiede sul CYP2D6. A causa del ridotto indice terapeutico di pimozide e della sua nota capacità di prolungare l’intervallo QT, l’uso concomitante di pimozide e paroxetina è controindicato (vedere sezione 4.3 Controindicazioni).
Enzimi preposti al metabolismo dei farmaci
Il metabolismo e la farmacocinetica della paroxetina possono essere influenzati dalla induzione o dalla inibizione degli enzimi che metabolizzano i farmaci.
Qualora la paroxetina sia somministrata in concomitanza con un farmaco noto per essere inibitore del metabolismo enzimatico, deve essere preso in considerazione l’uso delle dosi più basse dell’intervallo posologico.
In caso di somministrazione in concomitanza con farmaci noti quali induttori del metabolismo enzimatico (ad esempio carbamazepina, rifampicina, fenobarbitale, fenitoina) o con fosamprenavir/ritonavir, non è richiesto alcun aggiustamento della dose iniziale. Qualsiasi modifica della posologia di paroxetina (sia dopo l’inizio o in seguito all’interruzione di un induttore enzimatico) deve essere basata sulla risposta clinica (tollerabilità ed efficacia).
Fosamprenavir/ritonavir: la somministrazione contemporanea di fosamprenavir/ritonavir 700/100 mg due volte al giorno con paroxetina 20 mg al giorno in volontari sani per 10 giorni, riduce in modo significativo i livelli plasmatici di paroxetina di circa il 55%. I livelli plasmatici di fosamprenavir/ritonavir durante la somministrazione contemporanea con paroxetina sono risultati simili ai valori di riferimento di altri studi, indicando che paroxetina non ha un effetto significativo sul metabolismo di fosamprenavir/ritonavir. Non sono disponibili dati relativi all’effetto a lungo termine della somministrazione contemporanea di paroxetina e fosamprenavir/ritonavir per una durata superiore ai 10 giorni.
Prociclidina: la somministrazione giornaliera di paroxetina aumenta in modo significativo i livelli plasmatici di prociclidina. Se si osservano effetti anticolinergici, la dose di prociclidina deve essere ridotta.
Anticonvulsivanti : carbamazepina, fenitoina, sodio valproato. La somministrazione concomitante non sembra mostrare alcun effetto sul profilo farmacocinetico e farmacodinamico nei pazienti epilettici.
Potenza inibitoria di paroxetina sul CYP2D6
Come altri antidepressivi, inclusi altri SSRI, la paroxetina inibisce l’enzima CYP2D6 del citocromo epatico P450. L’inibizione del CYP2D6 può portare all’aumento delle concentrazioni plasmatiche di farmaci in co-somministrazione, metabolizzati da questo enzima. Sono compresi tra questi farmaci, alcuni antidepressivi triciclici (ad esempio clomipramina, nortriptilina e desipramina), neurolettici fenotiazinici (ad esempio perfenazina e tioridazina, vedere sezione 4.3 Controindicazioni),
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risperidone, atomoxetina, alcuni antiaritmici di Tipo 1 C (ad esempio propafenone e flecainide) e metoprololo.
Non è raccomandato l’uso di paroxetina in associazione con metoprololo, somministrato nella insufficienza cardiaca, a causa del ridotto indice terapeutico del metoprololo in questa indicazione.
Il tamoxifene presenta un importante metabolita, l’endoxifene, che viene prodotto dal CYP2D6 e contribuisce in misura significativa all’efficacia del tamoxifene (vedi sezione 4.4).
L’inibizione irreversibile del CYP2D6 da parte della paroxetina riduce le concentrazioni di endoxifene nel plasma (vedere sezione 4.4).
Alcool
Come con altri farmaci psicotropi, i pazienti devono essere avvertiti di evitare l’uso di alcool in corso di trattamento con paroxetina.
Anticoagulanti orali
Può presentarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e anticoagulanti orali. L’uso concomitante di paroxetina ed anticoagulanti orali può portare ad una aumento della attività anticoagulante ed al rischio di emorragie. Pertanto la paroxetina deve essere usata con cautela nei pazienti in trattamento con anticoagulanti orali (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Può verificarsi una interazione farmacodinamica tra paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico. L’uso concomitante di paroxetina e FANS/acido acetilsalicilico può portare ad un aumento del rischio di emorragie (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Si consiglia cautela nei pazienti che assumono SSRI in concomitanza ad anticoagulanti orali, farmaci noti per influire sulla funzione piastrinica o ad altri farmaci che possono aumentare il rischio di emorragie (per esempio antipsicotici atipici quali clozapina, fenotiazina, gran parte degli antidepressivi triciclici, acido acetilsalicilico, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), COX-2 inibitori) e nei pazienti con anamnesi positiva per disturbi emorragici o condizioni che possono predisporre ad emorragie.
4.6 Fertilità, gravidanza ed allattamento
I dati sugli animali hanno dimostrato che paroxetina può influire sulla qualità dello sperma (vedere sezione 5.3). Dati in vitro su materiale umano rilevano qualche effetto sulla qualità dello sperma, tuttavia, nell'uomo pazienti trattati con SSRI (inclusa paroxetina) hanno dimostrato che l' effetto sulla qualità dello sperma è reversibile. Finora non è stato osservato impatto sulla fertilità.
Gravidanza
Alcuni studi epidemiologici hanno indicato un aumento nel rischio di malformazioni congenite, in particolare cardiovascolari (ad es. difetti del setto ventricolare e del setto atriale) associati all'assunzione di paroxetina durante il primo trimestre di gravidanza. Il meccanismo è sconosciuto.
I dati indicano che il rischio di partorire un neonato con un difetto cardiovascolare, a seguito dell'esposizione materna alla paroxetina, sia inferiore al 2/100, a fronte del rischio atteso, pari a circa 1/100 per tali difetti nella popolazione generale.
La paroxetina deve essere somministrata in gravidanza solo quando strettamente indicato. Il medico, all'atto della prescrizione, dovrà valutare l'opzione di trattamenti alternativi in donne in gravidanza o che stiano pianificando una gravidanza. L’interruzione brusca durante la gravidanza deve essere evitata (vedere „Sintomi da sospensione osservati in seguito ad interruzione del trattamento con paroxetina“, sezione 4.2 „Posologia e modo di somministrazione“).
I neonati devono essere tenuti sotto osservazione se l’uso materno di paroxetina continua negli stadi più avanzati della gravidanza, in particolare nel terzo trimestre.
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I sintomi seguenti si possono presentare nei neonati in seguito all’uso materno di paroxetina negli stadi più avanzati della gravidanza: di stress respiratorio, cianosi, apnea, convulsioni, temperatura instabile, difficoltà nell’alimentazione, vomito, ipoglicemia, ipertonia, ipotonia, iperreflessia, tremore, nervosismo, irritabilità, letargia, pianto costante, sonnolenza e difficoltà nell’addormentamento. Tale sintomatologia potrebbe essere dovuta o agli effetti serotoninergici o ai sintomi da sospensione. Nella maggior parte dei casi le complicazioni iniziano immediatamente al momento del parto o subito dopo (meno di 24 ore).
Dati epidemiologici hanno suggerito che l’utilizzo di SSRI durante la gravidanza, particolarmente durante la gravidanza avanzata, può causare un aumento del rischio di ipertensione polmonare persistente del neonato (PPHN). Il rischio osservato è stato di circa 5 casi su 1000 gravidanze. Nella popolazione generale si presentano da 1 a 2 casi di PPHN su 1000 gravidanze.
Studi negli animali hanno mostrato tossicità riproduttiva, ma non hanno indicato effetti dannosi diretti rispetto alla gravidanza, sviluppo embrio-fetale, parto o sviluppo postnatale (vedere sezione 5.3 Dati preclinici di sicurezza).
Allattamento
Piccole quantità di paroxetina sono escrete nel latte materno. In studi pubblicati, le concentrazioni sieriche in neonati allattati al seno erano non rilevabili (<2 ng/ml) o molto basse (<4 ng/ml). In questi neonati non è stato osservato alcun segno degli effetti del farmaco.
Poiché non sono previsti effetti, può essere preso in considerazione l’allattamento al seno.
4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
L'esperienza clinica ha dimostrato che la terapia con paroxetina non è associata ad alterazioni delle funzioni cognitive o psicomotorie. Tuttavia, come con tutti i farmaci psicoattivi, i pazienti devono essere avvertiti di usare cautela nella guida di autoveicoli e nell'uso di macchinari.
Sebbene la paroxetina non aumenti gli effetti dannosi psichici e motori indotti dalla assunzione di alcool, non è consigliato l’uso concomitante di paroxetina e alcool.
4.8 effetti indesiderati
Alcune delle reazioni avverse al farmaco sotto riportate possono diminuire in intensità e frequenza con la continuazione del trattamento e non comportano generalmente interruzione della terapia. Le reazioni avverse sono elencate di seguito per organo, apparato/sistema e per frequenza. La frequenza è definita come: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100, <1/10), non comune (≥1/1000, <1/100), raro (≥1/10000, <1/1000), molto raro (<1/10000), incluse segnalazioni isolate, non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Non comuni: disturbi emorragici, in particolare a carico della cute e delle mucose (per lo più ecchimosi).
Molto rare: trombocitopenia.
Disturbi del sistema immunitario
Molto rari: reazioni allergiche gravi e potenzialmente fatali (incluse le reazioni anafilattoidi ed angioedema).
Patologie endocrine
Molto rare: sindrome da inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Disturbi del metabolismo e nutrizionali
Comuni: aumenti dei livelli di colesterolo, diminuzione dell’appetito
Non comuni: un alterato controllo glicemico è stato riportato nei pazienti diabetici (vedere paragrafo 4.4).
Rari: iponatremia.
L’iponatremia è stata soprattutto riportata in pazienti anziani ed è talvolta dovuta alla sindrome di inappropriata secrezione dell’ormone antidiuretico (SIADH).
Disturbi psichiatrici
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Comuni: sonnolenza, insonnia, agitazione, sogni anomali (inclusi incubi).
Non comuni: confusione, allucinazioni.
Rari: reazioni maniacali, ansia, depersonalizzazione, attacchi di panico, acatisia (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Frequenza non nota: aggressività, ideazione suicidaria e comportamento suicidario, bruxismo.
Casi di ideazione suicidaria e comportamenti suicidari sono stati riportati durante la terapia con paroxetina o subito dopo la sospensione del trattamento (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego).
Tali sintomi possono essere dovuti alla patologia di base.
Casi di aggressività sono stati osservati nell’esperienza post-immissione in commercio.
Molto comuni: difficoltà di concentrazione
Comuni: vertigini, tremori, cefalea
Non comuni: disturbi extrapiramidali
Rare: convulsioni, sindrome delle gambe senza riposo (RLS).
Molto rare: sindrome serotoninergica (i sintomi possono includere agitazione, confusione, diaforesi, allucinazioni, iperreflessia, mioclono, brividi, tachicardia e tremore).
Sono stati riportati casi di disturbi extrapiramidali, inclusa distonia oro-facciale, a volte in pazienti già affetti da disturbi del movimento o in pazienti in trattamento con neurolettici.
Patologie dell’occhio
Comuni: visione offuscata.
Non comuni: midriasi (vedere sezione 4.4)
Molto rare: glaucoma acuto.
Patologie dell’orecchio e del labirinto
Frequenza non nota: tinnito.
Patologie cardiache
Non comuni: tachicardia sinusale.
Rare: bradicardia.
Patologie vascolari
Non comuni: aumento o calo transitorio della pressione arteriosa, ipotensione posturale.
Sono stati riportati aumenti o cali transitori della pressione arteriosa in seguito a trattamento con paroxetina, di solito in pazienti con preesistente ipertensione o ansia.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Comuni: sbadiglio.
Patologie gastrointestinali
Molto comuni: nausea.
Comuni: stipsi, diarrea, vomito, secchezza delle fauci.
Molto rare: emorragie gastrointestinali.
Patologie epatobiliari
Rare: incremento degli enzimi epatici.
Molto rare: eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata ad ittero e/o insufficienza epatica).
Sono stati riportati incrementi degli enzimi epatici. Nel periodo successivo all’immissione in commercio sono stati anche riferiti, molto raramente, eventi a carico del fegato (quali epatite, talvolta associata a ittero e/o insufficienza epatica). Si deve prendere in considerazione la sospensione del trattamento nel caso di prolungato incremento dei valori dei test di funzionalità epatica.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Comuni: sudorazione.
Non comuni: rash cutaneo, prurito.
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
Molto rare: gravi reazioni avverse cutanee (tra cui eritema multiforme, sindrome di Stevens-Johnson e necrolisi epidermica tossica), orticaria, reazioni di fotosensibilità.
Patologie renali ed urinarie
Non comuni: ritenzione urinaria, incontinenza urinaria.
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella
Molto comuni: disfunzioni sessuali.
Rare: iperprolattinemia/galattorrea.
Molto rare: priapismo.
Patologie del sistema musculoscheletrico e del tessuto connettivo
Rare: artralgia, mialgia.
Studi epidemiologici, condotti principalmente in pazienti di età uguale o superiore a 50 anni, mostrano un aumento del rischio di fratture ossee nei pazienti ai quali vengono somministrati gli SSRI. I fattori che causano questo incremento di rischio non sono noti.
Comuni: astenia, aumento del peso corporeo.
Molto rare: edema periferico.
Comuni: vertigini, disturbi sensoriali, disturbi del sonno, ansia, cefalea.
Non comuni: agitazione, nausea, tremore, confusione, sudorazione, instabilità emotiva, disturbi della visione, palpitazioni, diarrea, irritabilità.
L’interruzione del trattamento con paroxetina (soprattutto se brusca) porta in genere a sintomi da sospensione.
Sono stati riportati vertigini, disturbi del sensorio (comprese parestesia e sensazione di scossa elettrica e tinnito), disturbi del sonno (compresi sogni vividi), agitazione o ansia, nausea, tremore, confusione, sudorazione, cefalea, diarrea, palpitazioni, instabilità emozionale, irritabilità e disturbi visivi.
Generalmente tali eventi sono da lievi a moderati ed auto-limitanti, tuttavia in alcuni pazienti possono essere gravi e/o prolungati. Si consiglia pertanto che, se non è più richiesto il trattamento con paroxetina, vi sia una graduale interruzione, condotta tramite un decremento graduale della dose (vedere sezione 4.2 Posologia e modo di somministrazione e sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Sono stati osservati i seguenti eventi avversi:
Aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e ideazione suicidaria), comportamento autolesionistico e incremento dell'atteggiamento ostile. Ideazione suicidarie e tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici con adolescenti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore. Un incremento dell’atteggiamento ostile si è verificato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo e specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni.
Ulteriori eventi che sono stati osservati sono: diminuzione dell'appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell'umore), eventi avversi di tipo emorragico, soprattutto a carico della pelle e delle mucose.
Eventi osservati in seguito a sospensione/riduzione graduale della paroxetina sono: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell'umore, autolesionismo, pensieri suicidi e tentativi di suicidio), nervosismo, vertigini, nausea e dolore addominale (vedere paragrafo 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
Vedere la sezione 5.1 per ulteriori informazioni sulle sperimentazioni cliniche in pediatria.
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo:
4.9 sovradosaggiosulla base delle informazioni disponibili riguardo al sovradosaggio con paroxetina, appare evidente un ampio margine di sicurezza.
L’esperienza nei casi di sovradosaggio di paroxetina ha indicato che, oltre ai sintomi descritti nella sezione 4.8 Effetti indesiderati, sono stati riportati febbre e contrazioni muscolari involontarie.
I pazienti si sono generalmente ripresi senza gravi sequele anche nei casi in cui la paroxetina è stata assunta, da sola, fino a dosi di 2000 mg. Eventi quali coma o alterazioni dell’ECG sono stati occasionalmente riferiti, molto raramente con esito fatale, ma in genere quando paroxetina è stata assunta in associazione ad altri farmaci psicotropi, con o senza alcool.
Trattamento
Non è noto nessun antidoto specifico.
Il trattamento deve basarsi sulle misure generali utilizzate nel trattamento del sovradosaggio con antidepressivi. Per ridurre l’assorbimento di paroxetina, può essere presa in considerazione la somministrazione di 20–30 g di carbone attivo, se possibile entro poche ore dall’assunzione del sovradosaggio. E' indicata una terapia di supporto con attenta osservazione e frequente monitoraggio dei segni vitali. La gestione del paziente deve seguire le indicazioni cliniche.
5. proprieta' farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: Antidepressivi – inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, codice ATC: N06A B05
Meccanismo di azione
Paroxetina è un potente e selettivo inibitore della ricaptazione della 5-idrossitriptamina (5-HT; serotonina); la sua azione antidepressiva e la sua efficacia nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo, disturbo d’ansia sociale/fobia sociale, disturbo d’ansia generalizzata, disturbo da stress post-traumatico e disturbo da attacchi di panico si ritengono correlate a questa specifica inibizione della ricaptazione della 5-HT nei neuroni cerebrali.
Paroxetina non è chimicamente correlabile ai triciclici, tetraciclici ed agli altri antidepressivi disponibili.
Paroxetina ha bassa affinità per i recettori colinergici di tipo muscarinico e studi negli animali hanno evidenziato solo deboli proprietà anticolinergiche.
In accordo con questa selettività d’azione, alcuni studi in vitro hanno evidenziato che, a differenza degli antidepressivi triciclici, paroxetina ha bassa affinità per gli alfa 1, alfa 2 e beta-adrenorecettori, per i recettori dopaminergici (D2), per i recettori 5-HT1 like e 5-HT2, e per quelli dell’istamina (H1). Questa mancanza di interazione con i recettori post-sinaptici in vitro è stata confermata dagli studi in vivo , che hanno dimostrato l’assenza di proprietà depressive sul sistema nervoso centrale e di proprietà ipotensive.
Effetti farmacodinamici
Paroxetina non altera le funzioni psicomotorie e non potenzia gli effetti depressivi dell’etanolo.
Analogamente ad altri inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, paroxetina causa sintomi correlati all’eccessiva stimolazione del recettore della serotonina in caso di somministrazione ad animali precedentemente trattati con inibitori delle monoamino-ossidasi (MAO) o triptofano.
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
Studi relativi al comportamento e al EEG indicano come paroxetina sia debolmente attivante a dosi in genere maggiori di quelle richieste per inibire la ricaptazione della serotonina. Le proprietà attivanti non sono per loro natura “anfetamino-simili”. Studi nell’animale indicano che paroxetina è ben tollerata dal sistema cardiovascolare. Paxoxetina non causa modifiche significative della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e dell’ECG dopo somministrazione a soggetti sani.
Studi indicano che paroxetina, al contrario degli antidepressivi che inibiscono la ricaptazione della noradrenalina, ha una più ridotta propensione ad inibire gli effetti antiipertensivi della guanetidina. Paroxetina, nel trattamento dei disturbi depressivi, dimostra una efficacia comparabile a quella degli antidepressivi standard.
Esiste anche una certa evidenza che paroxetina possa avere un valore terapeutico nei pazienti che non rispondono alla terapia standard.
La somministrazione della dose al mattino non ha alcun effetto negativo sulla qualità o la durata del sonno. Inoltre i pazienti, quando rispondono alla terapia con paroxetina, possono riportare un miglioramento del sonno.
Una analisi specifica per la paroxetina degli studi clinici condotti in confronto con placebo, in pazienti adulti con disturbi psichiatrici, ha mostrato una frequenza più elevata di comportamento suicidario nei giovani adulti (di età da 18 a 24 anni) trattati con paroxetina rispetto al placebo (2,19% in confronto a 0,92%). Nei gruppi di pazienti con età superiore, tale incremento non è stato osservato. Negli adulti (di tutte le età) con disturbi depressivi maggiori, vi è stato un aumento della frequenza di comportamento suicidario nei pazienti trattati con paroxetina in confronto al placebo (0,32% in confronto a 0,05%); tutti gli eventi sono stati tentativi di suicidio. Tuttavia, la maggioranza di tali tentativi per paroxetina (8 su 11) sono avvenuti in giovani adulti (vedere anche paragrafo 4.4).
Dose risposta
Negli studi a dose fissa la curva dose risposta si presenta piatta, non indicando un vantaggio in termini di efficacia nell’utilizzo di dosi più alte di quelle raccomandate. Tuttavia esistono alcuni dati clinici che suggeriscono che incrementi successivi della dose possono essere di beneficio per alcuni pazienti.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nella depressione è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 52 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (20–40 mg al giorno) si verificavano nel 12% dei casi, in confronto al 28% dei casi nei pazienti che assumevano placebo.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo ossessivo compulsivo è stata esaminata in tre studi di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute. In uno dei tre studi è stata raggiunta una differenza significativa nella proporzione dei pazienti con ricadute tra paroxetina (38%) e placebo (59%).
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento del disturbo da attacchi di panico è stata dimostrata in uno studio di mantenimento di 24 settimane, con disegno atto a valutare la prevenzione delle ricadute: le ricadute nei pazienti trattati con paroxetina (10–40 mg al giorno) si verificavano nel 5% dei casi, in confronto al 30% dei casi nei pazienti che assumevano placebo. Questo è stato supportato da uno studio di mantenimento di 36 settimane.
L’efficacia a lungo termine di paroxetina nel trattamento dei disturbi d’ansia sociale e d’ansia generalizzata e del disturbo da stress post-traumatico non è stata sufficientemente dimostrata.
Eventi Avversi Osservati In Corso Di Studi Clinici In Pazienti In Età Pediatrica
Durante studi clinici a breve termine (fino a 10–12 settimane) condotti in bambini ed adolescenti, nei pazienti trattati con paroxetina, sono stati riportati i seguenti eventi avversi con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti e con una incidenza almeno doppia rispetto al placebo: aumento dei comportamenti correlati al suicidio (compresi tentativi di suicidio e ideazioni suicidarie), comportamento autolesionistico e aumento dell’atteggiamento ostile.
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
Ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio sono stati osservati principalmente durante studi clinici in adolescenti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore. L’aumento dell’atteggiamento ostile si è presentato in particolare nei bambini con disturbo ossessivo compulsivo, specialmente nei bambini di età inferiore ai 12 anni. Ulteriori eventi che sono stati osservati più frequentemente nel gruppo trattato con paroxetina rispetto a quello trattato con placebo, sono stati: diminuzione dell’appetito, tremore, sudorazione, ipercinesia, agitazione, labilità emotiva (incluso pianto e fluttuazioni dell’umore).
Negli studi dove è stato utilizzato il regime terapeutico con riduzioni graduali della dose, i sintomi riportati durante la fase di riduzione graduale o al momento della interruzione del trattamento con paroxetina, osservati con una frequenza pari ad almeno il 2% dei pazienti e che si sono verificati con una incidenza almeno doppia rispetto al placebo, sono stati: labilità emotiva (incluso pianto, fluttuazioni dell’umore, autolesionismo, ideazioni suicidarie e tentativi di suicidio), nervosismo, vertigini, nausea e dolore addominale (vedere sezione 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego).
In cinque studi a gruppi paralleli della durata da otto settimane fino a otto mesi, in pazienti trattati con paroxetina sono stati osservati eventi avversi legati al sanguinamento, soprattutto della pelle e delle membrane mucose con una frequenza di 1,74% rispetto alla frequenza di 0,74% osservata nei pazienti trattatri con placebo.
5.2 proprietà farmacocineticheparoxetina è ben assorbita dopo somministrazione orale e va incontro a metabolismo di primo passaggio.
A causa del metabolismo di primo passaggio, la quantità di paroxetina disponibile nella circolazione sistemica è inferiore a quella assorbita dal tratto gastrointestinale. In caso di aumento del carico corporeo a seguito di dosi singole più alte o di dosi multiple si verificano una saturazione parziale dell’effetto di primo passaggio e una riduzione della clearance plasmatica. Ciò comporta un aumento non proporzionato delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina e pertanto i parametri farmacocinetici non sono costanti, con conseguente cinetica non lineare. Tuttavia la non linearità è generalmente modesta ed è limitata a quei soggetti che raggiungono bassi livelli plasmatici a bassi dosaggi.
I livelli sistemici di steady-state sono raggiunti entro 7–14 giorni dall'inizio del trattamento con le formulazioni a rilascio immediato o controllato e la farmacocinetica non sembra variare durante il trattamento a lungo termine.
Distribuzione
Paroxetina risulta ampiamente distribuita nei tessuti ed i calcoli farmacocinetici indicano che solo l’1% della paroxetina presente nell’organismo si trova nel plasma. Circa il 95% della paroxetina presente nel plasma è legato alle proteine alle concentrazioni terapeutiche.
Non è stata dimostrata alcuna correlazione tra le concentrazioni plasmatiche di paroxetina e gli effetti clinici (eventi avversi ed efficacia).
Il passaggio nel latte materno umano, e nei feti degli animali di laboratorio, avviene in piccole quantità.
Metabolismo
I principali metaboliti di paroxetina sono prodotti polari e coniugati di ossidazione e di metilazione, che vengono prontamente eliminati. In considerazione della loro relativa mancanza di attività farmacologica, è estremamente improbabile che possano contribuire agli effetti terapeutici della paroxetina.
Il metabolismo non compromette la selettività di azione di paroxetina sulla ricaptazione neuronale di serotonina.
Eliminazione
L'escrezione urinaria di paroxetina immodificata è generalmente meno del 2%, mentre quella dei metaboliti è circa il 64% della dose. Circa il 36% della dose è escreto nelle feci, probabilmente
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
attraverso la bile, di cui la paroxetina immodificata rappresenta meno dell'1% della dose. Pertanto paroxetina è eliminata quasi completamente per via metabolica.
L’escrezione dei metaboliti è bifasica, essendo all’inizio il risultato del metabolismo di primo passaggio e successivamente controllata dalla eliminazione sistemica di paroxetina.
L'emivita di eliminazione è variabile, ma è generalmente di circa un giorno.
Popolazioni speciali di pazienti
Anziani e insufficienza renale/epatica
Un aumento delle concentrazioni plasmatiche di paroxetina è stato osservato in soggetti anziani e in soggetti con grave insufficienza renale ed in soggetti con insufficienza epatica, ma il range delle concentrazioni plasmatiche è sovrapponibile a quello dei soggetti adulti sani.
5.3 dati preclinici di sicurezza
Studi tossicologici sono stati condotti nella scimmia Rhesus e nel ratto albino; in entrambe le specie il profilo metabolico è simile a quello descritto nell’uomo. Come atteso con amine lipofile, inclusi gli antidepressivi triciclici, è stata rilevata nei ratti una fosfolipidosi. Fosfolipidosi non è stata osservata negli studi sui primati, della durata fino ad un anno, a dosi sei volte più elevate di quelle dell’intervallo raccomandato di dosaggi clinici.
Cancerogenesi: in studi di due anni condotti nel topo e nel ratto, paroxetina non ha mostrato effetti cancerogeni.
Genotossicità: non è stata osservata genotossicità in una serie di test in vitro e in vivo.
Studi sulla tossicità riproduttiva nei ratti hanno mostrato che paroxetina influenza la fertilità maschile e femminile attraverso la riduzione dell'indice di fertilità e il tasso di gravidanza. Nei ratti, sono stati osservati una maggiore mortalità dei piccoli ed un ritardo dell'ossificazione. Questi ultimi effetti sono probabilmente correlati alla tossicità materna e non sono considerati un effetto diretto sui feto/neonato.
6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Idrossipropilbetadex
Saccarosio
Aroma anice (anetolo, acqua, alcool etilico)
Sodio benzoato E 211
Acqua depurata
Acido cloridrico 1N
6.2 incompatibilità
Nessuna
6.3 Periodo di validità
3 anni nel contenitore originale integro.
30 giorni dopo la prima apertura del flacone da 30 ml.
60 giorni dopo la prima apertura del flacone da 60 ml
6.4 Speciali precauzioni per la conservazione
Questo medicinale non richiede alcuna speciale condizione di conservazione.
6.5 natura e contenuto del contenitore
Flacone di vetro ambrato contenente 30 ml o 60 ml di soluzione, chiuso con una capsula a vite di alluminio bianca. Al flacone è unito un contagocce in vetro con capsula child-proof in polipropilene.
Documento reso disponibile da AIFA il 09/01/2020
6.6 precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
Nessuna istruzione particolare.
7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
Italfarmaco S.p.A Viale F. Testi, 330 – Milano
8. numero dell’autorizzazione all’immissione in commercio
DROPAXIN 10 mg/ml gocce orali, soluzione – flacone 30 ml AIC: 036063016
DROPAXIN 10 mg/ml gocce orali, soluzione – flacone 60 ml AIC: 036063055