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ACIDO IBANDRONICO CRINOS - riassunto delle caratteristiche del prodotto

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Riassunto delle caratteristiche del prodotto - ACIDO IBANDRONICO CRINOS

1. denominazione del medicinale

Acido Ibandronico Crinos 150 mg compresse rivestite con film

2. composizione qualitativa e quantitativa

Ogni compressa rivestita con film contiene 150 mg di acido ibandronico (come acido ibandronico, sodio monoidrato).

Eccipiente(i) con effetti noti

Contiene 163 mg di lattosio monoidrato.

Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.

3. forma farmaceutica

Compressa rivestita con film.

Compresse rivestite con film di colore da bianco a biancastro, di forma allungata, biconvesse, 14 mm di lunghezza marcate “I9BE” su un lato e “150” sull’altro lato.

4. informazioni cliniche

4.1 indicazioni terapeutiche

Trattamento dell’osteoporosi in donne in post-menopausa ad elevato rischio di frattura (vedere paragrafo 5.1).

È stata dimostrata una riduzione del rischio di fratture vertebrali; non è stata stabilita l’efficacia sulle fratture del collo del femore.

4.2 posologia e modo di somministrazione

Posologia

La dose raccomandata è una compressa rivestita con film da 150 mg una volta al mese. È preferibile assumere la compressa nello stesso giorno di ogni mese.

L’acido ibandronico deve essere assunto dopo un digiuno notturno (di almeno 6 ore) e 1 ora prima dell’assunzione di cibi e bevande (a parte l’acqua) del mattino (vedere paragrafo 4.5) o di qualsiasi altro medicinale o integratore orali (compreso il calcio).

In caso di dimenticanza di una somministrazione, alle pazienti va indicato di prendere una compressa di acido ibandronico da 150 mg il mattino successivo al giorno in cui si sono ricordate, a meno che non manchino meno di 7 giorni alla successiva assunzione programmata. In seguito le pazienti devono continuare ad assumere la compressa una volta al mese alla scadenza programmata inizialmente.

Nel caso in cui manchino meno di 7 giorni alla successiva assunzione programmata, le pazienti devono attendere fino al giorno della successiva assunzione e quindi continuare ad assumere una compressa una volta al mese come programmato inizialmente. Le pazienti non devono assumere due compresse nella stessa settimana.

Le pazienti devono ricevere un’integrazione di calcio e/o vitamina D se l’assunzione con gli alimenti è inadeguata (vedere paragrafi 4.4 e 4.5).

Non è stata stabilità la durata ottimale del trattamento con bifosfonati per l’osteoporosi. La necessità di un trattamento continuativo deve essere rivalutata in ogni singolo paziente periodicamente in funzione dei benefici e rischi potenziali di Acido Ibandronico Crinos, in particolare dopo 5 o più anni d’uso.

Popolazioni speciali

Compromissione renale

A causa della limitata esperienza clinica (vedere paragrafi 4.4 e 5.2) il trattamento con acido ibandronico non è raccomandato nelle pazienti con una clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min.

Nelle pazienti con danno renale da lieve a moderato con clearance della creatinina pari o superiore a 30

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

ml/min non è necessario alcun aggiustamento della dose.

Compromissione epatica

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Anziani (> 65 anni)

Non è richiesto alcun aggiustamento della dose (vedere paragrafo 5.2).

Popolazione pediatrica

Non vi è un uso indicato nei bambini di età inferiore a 18 anni, e l’acido ibandronico non è stato studiato in questa popolazione (vedere paragrafo 5.1 e paragrafo 5.2).

Modo di somministrazione

Per uso orale.

Le compresse devono essere deglutite intere con l’aiuto di un bicchiere di acqua (da 180 a 240 ml) con la paziente in posizione seduta o in piedi. Non deve essere utilizzata acqua con un’elevata concentrazione di calcio. Si consiglia di utilizzare acqua in bottiglia con un basso contenuto di minerali se c'è un problema associato a livelli potenzialmente elevati di calcio nell'acqua del rubinetto (acqua dura). Le pazienti non devono sdraiarsi per 1 ora dopo l’assunzione di acido ibandronico. L’acqua è l’unica bevanda che può essere assunta con acido ibandronico. Le pazienti non devono né masticare né succhiare le compresse per il rischio di ulcerazioni orofaringee.

4.3 controindicazioni

– Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.

– Ipocalcemia.

– Anomalie dell'esofago che ritardano lo svuotamento esofageo, come stenosi o acalasia.

– Incapacità di mantenere la posizione eretta in piedi o da seduti per almeno 60 minuti.

4.4 avvertenze speciali e precauzioni d'impiego

Ipocalcemia

Un’esistente ipocalcemia deve essere corretta prima di iniziare la terapia con acido ibandronico. Anche altri disturbi del metabolismo osseo e minerale devono essere trattati efficacemente. Un’adeguata assunzione di calcio e vitamina D è importante in tutte le pazienti.

Irritazioni gastrointestinali

I bifosfonati somministrati oralmente possono causare irritazione locale del tratto superiore della mucosa gastrointestinale.

A causa di questi possibili effetti irritanti e del potenziale peggioramento della patologia di base, occorre usare cautela quando l’acido ibandronico è somministrato a pazienti con problemi del tratto gastrointestinale superiore in corso (per esempio esofago di Barrett, disfagia, altre malattie esofagee, gastrite, duodenite o ulcere noti).

Reazioni avverse quali esofagite, ulcere esofagee ed erosioni esofagee, in alcuni casi gravi e che richiedono l'ospedalizzazione, raramente con sanguinamento o seguite da stenosi esofagee o perforazione, sono state riportate in pazienti in trattamento con bifosfonati orali. Il rischio di eventi avversi gravi a livello esofageo sembra essere maggiore nei pazienti che non si sono attenuti alle istruzioni per il dosaggio e/o che continuano ad assumere bifosfonati per via orale dopo lo sviluppo di sintomi riferibili ad irritazione esofagea. I pazienti devono prestare particolare attenzione ed essere in grado di attenersi alle istruzioni per il dosaggio (vedere paragrafo 4.2).

I medici devono essere attenti a qualsiasi segno o sintomo che segnala una possibile reazione esofagea e i pazienti devono essere informati di sospendere l’acido ibandronico e rivolgersi al medico se sviluppano disfagia, odinofagia, dolore retrosternale, insorgenza o peggioramento di pirosi.

Mentre nessun aumento del rischio è stato osservato negli studi clinici controllati, vi sono state segnalazioni post-marketing di ulcere gastriche e duodenali con l’uso orale di bifosfonati, alcune delle quali gravi ed associate a complicanze.

Dato che i farmaci antinfiammatori non steroidei e i bifosfonati sono entrambi associati alla comparsa di irritazione gastrointestinale, si deve usare cautela durante la somministrazione contemporanea.

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

Osteonecrosi della mandibola/mascella

Dopo l’immissione in commercio, l’osteonecrosi della mandibola/mascella è stata riportata molto raramente nei pazienti che assumono acido ibandronico per l’osteoporosi (vedere paragrafo 4.8)

L’inizio del trattamento o di un nuovo ciclo di terapia deve essere ritardato nei pazienti con lesioni aperte non cicatrizzate dei tessuti molli all’interno del cavo orale.

Si raccomanda una visita odontoiatrica con un’appropriata profilassi dentale e una valutazione individuale del rapporto rischio/beneficio prima del trattamento con acido ibandronico in pazienti con fattori di rischio concomitanti.

Si devono considerare i seguenti fattori di rischio quando si valuta il rischio di un paziente di sviluppare l’osteonecrosi della mandibola/mascella:

Potenza del prodotto medicinale che inibisce il riassorbimento dell’osso (rischio più elevato per i composti più potenti), via di somministrazione (rischio più alto con la somministrazione per via parenterale) e dose cumulativa della terapia per il riassorbimento osseo; Cancro, condizioni di co-morbidità (es. anemia, coagulopatie, infezione), fumo; Terapie concomitanti: corticosteroidi, chemioterapia, inibitori dell’angiogenesi, radioterapia alla testa e al collo; Scarsa igiene orale, malattia parodontale, dentiere scarsamente fissate, storia di patologia dentale, procedure dentali invasive come ad esempio le estrazioni dentarie.

Tutti i pazienti devono essere incoraggiati a mantenere una buona igiene orale, a sottoporsi ai controlli odontoiatrici di routine, e a riportare immediatamente qualsiasi sintomo orale come mobilità dentale, dolore o gonfiore, ulcere non guarite o secrezione durante il trattamento con acido ibandronico. Durante il trattamento, le procedure dentali invasive possono essere effettuate solo dopo attenta considerazione e devono essere evitate in stretta prossimità della somministrazione di acido ibandronico.

Il piano di trattamento dei pazienti che sviluppano l’osteonecrosi della mandibola/mascella deve essere definito in stretta collaborazione con medico, dentista e chirurgo orale con esperienza sull’osteonecrosi della mandibola/mascella. Un’interruzione temporanea del trattamento con acido ibandronico deve essere presa in considerazione fino a che la condizione non si risolva e i fattori rischio contribuenti siano mitigati laddove possibile.

Osteonecrosi del canale uditivo esterno

È stata riferita osteonecrosi del canale uditivo esterno in concomitanza con l'uso di bisfosfonati, prevalentemente in associazione a terapie di lungo termine. Tra i possibili fattori di rischio dell'osteonecrosi del canale uditivo esterno sono inclusi l'uso di steroidi e la chemioterapia e/o fattori di rischio locali quali infezione o trauma. L'eventualità di osteonecrosi del canale uditivo esterno deve essere valutata in pazienti trattati con bisfosfonati che presentano sintomi a carico dell'orecchio, tra cui infezioni croniche dell'orecchio.

Fratture atipiche del femore

Sono state riportate fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore, principalmente in pazienti in terapia da lungo tempo con bifosfonati per l’osteoporosi. Queste fratture trasversali o oblique corte, possono verificarsi in qualsiasi parte del femore a partire da appena sotto il piccolo trocantere fino a sopra la linea sovracondiloidea. Queste fratture si verificano spontaneamente o dopo un trauma minimo e alcuni pazienti manifestano dolore alla coscia o all’inguine, spesso associato a evidenze di diagnostica per immagini di fratture da stress, settimane o mesi prima del verificarsi di una frattura femorale completa. Le fratture sono spesso bilaterali; pertanto nei pazienti trattati con bifosfonati che hanno subito una frattura della diafisi femorale deve essere esaminato il femore controlaterale. È stata segnalata anche una limitata guarigione di queste fratture. Nei pazienti con sospetta frattura atipica femorale si deve prendere in considerazione l’interruzione della terapia con bifosfonati in attesa di una valutazione del paziente basata sul rapporto beneficio rischio individuale. Durante il trattamento con bifosfonati i pazienti devono essere informati di segnalare qualsiasi dolore alla coscia, all’anca o all’inguine e qualsiasi paziente che manifesti tali sintomi deve essere valutato per la presenza di un’incompleta frattura del femore.

compromissione renale

A causa della limitata esperienza clinica, l’acido ibandronico non è raccomandato nelle pazienti con una clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min (vedere paragrafo 5.2).

Intolleranza al galattosio

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

I pazienti affetti da rari problemi ereditari d’intolleranza al galattosio, da deficit di Lapp lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.

4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione

Interazione farmaco-cibo

La biodisponibilità orale dell’acido ibandronico è generalmente ridotta dalla presenza di cibo. In particolare, i prodotti contenenti calcio, incluso il latte, e altri cationi polivalenti (quali alluminio, magnesio e ferro) possono interferire con l’assorbimento di acido ibandronico il che è in accordo con quanto rilevato negli studi sull’animale. Le pazienti, perciò, devono assumere acido ibandronico dopo un digiuno notturno (almeno 6 ore) e continuare a digiunare per 1 ora dopo l’assunzione di acido ibandronico (vedere paragrafo 4.2).

Interazioni con altri medicinali

Dato che l'acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi epatici umani del P450 ed è stato dimostrato che non induce il sistema dei citocromi epatici P450 nei ratti (vedere paragrafo 5.2), non sono considerate probabili interazioni metaboliche. L'acido ibandronico è eliminato esclusivamente mediante escrezione renale e non è sottoposto ad alcuna biotrasformazione.

Integratori a base di calcio, antiacidi e alcuni farmaci orali contenenti cationi polivalenti.

Gli integratori a base di calcio, gli antiacidi e alcuni farmaci orali contenenti cationi polivalenti (quali alluminio, magnesio e ferro) possono interferire con l’assorbimento di acido ibandronico. Pertanto le pazienti non devono assumere altri farmaci per via orale per almeno 6 ore prima di assumere acido ibandronico e per 1 ora dopo l’assunzione di acido ibandronico.

Acido acetilsalicilico e FANS

Dato che l’acido acetilsalicilico, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e i bifosfonati sono entrambi associati alla comparsa di irritazione gastrointestinale, si deve usare cautela durante la somministrazione contemporanea (vedere paragrafo 4.4).

Bloccanti dei recettori H 2 o inibitori della pompa protonica

Delle oltre 1500 pazienti arruolate nello studio BM 16549, che metteva a confronto un regime posologico mensile con uno giornaliero di acido ibandronico, il 14% e il 18% assumeva bloccanti dei recettori H 2 istaminergici o inibitori della pompa protonica, rispettivamente dopo uno e due anni. Tra queste pazienti, l’incidenza di eventi a carico del tratto superiore dell’apparato gastrointestinale in quelle trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese è risultata simile a quella nelle pazienti trattate con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno.

In volontari maschi sani e donne in post-menopausa, la ranitidina per via endovenosa ha determinato un aumento della biodisponibilità dell’acido ibandronico del 20% circa, probabilmente come risultato della ridotta acidità gastrica. Dato che questo aumento, comunque, è nell’ambito della normale variabilità della biodisponibilità dell’acido ibandronico, non sono ritenuti necessari aggiustamenti di dose quando l’acido ibandronico viene somministrato in concomitanza con H2-antagonisti o altre sostanze attive che aumentano il pH gastrico.

4.6 fertilità, gravidanza e allattamento

Gravidanza

L'acido ibandronico è solo per l'uso in donne in post-menopausa e non deve essere assunto da donne in età fertile.

Non vi sono dati adeguati provenienti dall’uso dell’acido ibandronico in donne in gravidanza. Gli studi condotti nei ratti hanno evidenziato una tossicità riproduttiva (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.

L’acido ibandronico non deve essere usato durante la gravidanza.

Allattamento

Non è noto se l’acido ibandronico è escreto nel latte materno umano. Studi condotti su ratti femmine che allattavano hanno mostrato bassi livelli di acido ibandronico nel latte materno dopo somministrazione endovenosa.

L’acido ibandronico non deve essere usato durante l’allattamento al seno.

Fertilità

Non vi sono dati sugli effetti dell’acido ibandronico nell’uomo. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

utilizzando la somministrazione orale, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità. Negli studi condotti nei ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha ridotto la fertilità a dosi giornaliere alte (vedere paragrafo 5.3).

4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari

Sulla base del profilo farmacodinamico e farmacocinetico e delle segnalazioni di reazioni avverse, si può prevedere che l’acido ibandronico non altera o altera in modo trascurabile la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari.

4.8 effetti indesiderati

Riassunto del profilo di sicurezza

Le reazioni avverse più gravi segnalate sono reazione/shock anafilattico, fratture atipiche del femore, osteonecrosi della mandibola/mascella, irritazione gastrointestinale, infiammazione oculare, (vedere paragrafo „Descrizione di alcune reazioni avverse“ e paragrafo 4.4). Le reazioni avverse più frequentemente segnalate sono artralgia e sintomi simil-influenzali. Questi sintomi, in genere di breve durata, di intensità lieve o moderata, sono tipicamente associati alla prima dose e di solito si risolvono nel corso di un trattamento continuativo senza bisogno di interventi correttivi (vedere paragrafo “Malattia simil-influenzale“).

Elenco tabulato delle reazioni avverse

Nella tabella 1 è presentato un elenco completo delle reazioni avverse note.

La sicurezza di 2,5 mg al giorno di acido ibandronico somministrato per via orale è stata valutata su 1251 pazienti trattate nel corso di 4 studi clinici controllati verso placebo, di cui la maggior parte dei pazienti proveniva dallo studio principale sulle fratture della durata di tre anni (MF 4411).

Nello studio principale della durata di due anni su donne in post-menopausa affette da osteoporosi (BM 16549), la sicurezza complessiva di 150 mg di acido ibandronico una volta al mese è risultata simile a quella di 2,5 mg di acido ibandronico al giorno. La percentuale complessiva delle pazienti che hanno riportato una reazione avversa è stata del 22,7% e 25,0% con la somministrazione di 150 mg di acido ibandronico una volta al mese, rispettivamente dopo uno e due anni. La maggioranza dei casi non hanno comportato l’interruzione del trattamento.

Le reazioni avverse sono elencate secondo categoria di frequenza e classificazione per sistemi e organi secondo MedDRA. Le categorie di frequenza sono definite usando la seguente convenzione: molto comune (≥ 1/10), comune (≥1/100 a <1/10), non comune (≥1/1.000 a <1/100), raro (≥1/10.000 a <1/1.000), molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili). All’interno di ciascun gruppo di frequenza, le reazioni avverse sono presentate in ordine decrescente di gravità.

Tabella 1: Reazioni avverse verificatesi in donne in post-menopausa in trattamento con acido ibandronico 150 mg una volta al mese o con acido ibandronico 2,5 mg al giorno negli studi di fase III BM16549 e MF4411 e nell’esperienza successiva alla commercializza­zione.

Classificazione per sistemi e organi

Comune

Non comune

Raro

Molto raro

Disturbi del sistema immunitario

Esacerbazione dell’asma

Reazioni di ipersensibilità

Reazione anafilattica/shock

Patologie del sistema nervoso

Cefalea

Capogiro

Patologie dell’occhio

Infiammazione oculare

Patologie gastrointestinali

Esofagite, gastrite, malattia da reflusso gastroesofageo, dispepsia, diarrea, dolore addominale, nausea

Esofagite incluse ulcerazioni esofagee o stenosi e disfagia, vomito, flatulenza

Duodenite

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Eruzione cutanea

Angioedema, edema del volto, orticaria

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Patologie del sistema muscoloscheletric o e del tessuto connettivo

Artralgia, mialgia, dolore muscoloscheletrico, crampi muscolari, rigidità muscoloscheletrica

Lombalgia

Fratture atipiche sottotrocanteriche e diafisarie del femore†

Osteonecrosi della mandibola/mascella †

Osteonecrosi del canale uditivo esterno (reazione avversa per la classe

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Malattia simil influenzale*

Affaticamento

* Per ulteriori informazioni si veda sotto.

† identificate durante l’esperienza successiva alla commercializza­zione.

Descrizione di alcune reazioni avverse

Reazioni avverse gastrointestinali

Nello studio sul trattamento mensile sono state incluse pazienti con anamnesi positiva per patologie gastrointestinali, comprese le pazienti affette da ulcera peptica, in assenza di sanguinamento o ricovero ospedaliero recenti, e le pazienti affette da dispepsia o reflusso sotto controllo farmacologico. Per queste pazienti non sono emerse differenze nell’incidenza degli eventi avversi a carico del tratto superiore dell’apparato gastrointestinale tra il regime terapeutico con 150 mg una volta al mese e quello con 2,5 mg al giorno.

Malattia simil-influenzale

La malattia simil-influenzale comprende eventi segnalati come reazioni di fase acuta o sintomi quali mialgia, artralgia, febbre, brividi, affaticamento, nausea, perdita dell’appetito o dolore alle ossa.

Osteonecrosi della mandibola/mascella

Sono stati riportati casi di osteonecrosi della mandibola/mascella, prevalentemente in pazienti affetti da cancro trattati con medicinali che inibiscono il riassorbimento osseo, come l’acido ibandronico (vedere paragrafo 4.4). Casi di osteonecrosi della mandibola/mascella sono stati riportati in seguito all’ immissione in commercio di acido ibandronico.

Infiammazione oculare

Con l’utilizzo dell’acido ibandronico, sono stati segnalati eventi infiammatori oculari come uveiti, episcleriti e scleriti. In alcuni casi, questi eventi non si sono risolti fino alla sospensione della terapia con acido ibandronico.

Reazione anafilattica/shock

Casi di reazione anafilattica/shock, inclusi eventi fatali, si sono manifestati in pazienti trattati con acido ibandronico per via endovenosa.

Segnalazione delle reazioni avverse sospette

La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo.

4.9 sovradosaggio

Non si hanno a disposizione informazioni specifiche sul trattamento del sovradosaggio con acido ibandronico. Comunque, sulla base delle conoscenze di questa classe di farmaci, il sovradosaggio orale può determinare reazioni avverse del tratto gastrointestinale superiore (quali disturbi di stomaco, dispepsia, esofagite, gastrite o ulcera) o ipocalcemia. Latte o antiacidi devono essere somministrati per legare acido ibandronico e ogni reazione avversa deve essere trattata sintomaticamente. Proprio per il rischio di irritazione esofagea, non deve essere indotto il vomito e la paziente deve restare in piedi.

5. proprietà farmacologiche

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

5.1 proprietà farmacodinamiche

Categoria farmacoterapeutica: Farmaci per il trattamento delle patologie ossee, bifosfonati, codice ATC: M05BA06

Meccanismo d’azione

L’acido ibandronico è un bifosfonato estremamente potente, appartenente al gruppo dei bifosfonati contenenti azoto, che agisce selettivamente sul tessuto osseo e specificamente inibisce l’attività osteoclastica senza influenzare direttamente la formazione dell’osso. Non interferisce con il reclutamento degli osteoclasti. L’acido ibandronico porta a progressivi incrementi netti nella massa ossea e a una ridotta incidenza di fratture mediante la riduzione dell’aumentato ricambio osseo verso i valori premenopausali nelle pazienti post-menopausali.

Effetti farmacodinamici

L’azione farmacodinamica dell’acido ibandronico è l’inibizione del riassorbimento osseo. In vivo , l’acido ibandronico previene la distruzione ossea indotta sperimentalmente, provocata dalla cessazione dell’attività gonadica, da retinoidi, da tumori o da estratti tumorali. Nei ratti giovani (in rapida crescita), è inibito anche il riassorbimento osseo endogeno, il che comporta un aumento della massa ossea normale rispetto agli animali non trattati.

Modelli animali hanno confermato che l’acido ibandronico è un inibitore molto potente dell’attività osteoclastica. Nei ratti in crescita, non vi sono evidenze di un difetto di mineralizzazione anche con dosi 5.000 volte superiori a quella necessaria per il trattamento dell’osteoporosi. La somministrazione a lungo termine, sia giornaliera che intermittente (con prolungati intervalli tra una somministrazione e l’altra), in ratti, cani e scimmie, è stata associata con la formazione di osso nuovo di qualità normale e di resistenza meccanica conservata o aumentata, anche con dosi nell’intervallo di tossicità. Nell’uomo, l’efficacia dell’acido ibandronico sia per somministrazione giornaliera che intermittente con un intervallo di 9–10 settimane tra una dose e l’altra, è stata confermata in uno studio clinico (MF 4411) nel quale l’acido ibandronico ha dimostrato la sua efficacia antifratturativa.

In modelli animali, l’acido ibandronico ha determinato modificazioni biochimiche indicative di una inibizione dose-dipendente del riassorbimento osseo, tra cui la soppressione dei marcatori biochimici urinari della degradazione del collagene osseo (quali la deossipiridinolina e i cross-linked telopeptidi N-terminali del collagene di tipo I (NTX)).

In uno studio di bioequivalenza di fase 1 condotto su 72 donne in post-menopausa trattate con 150 mg per os ogni 28 giorni, per un totale di quattro somministrazioni, l’inibizione del CTX sierico in seguito alla prima somministrazione è stata osservata già dopo 24 ore dalla stessa (inibizione mediana del 28%); l’inibizione mediana massima (69%) è stata osservata dopo 6 giorni. Successivamente alla terza e alla quarta somministrazione, l’inibizione mediana massima a 6 giorni dalla somministrazione è stata del 74%, per scendere a un’inibizione mediana del 56% 28 giorni dopo la quarta somministrazione. In assenza di ulteriori somministrazioni, la soppressione dei marcatori biochimici del riassorbimento osseo si riduce.

Efficacia clinica

I fattori di rischio indipendenti come, ad esempio, un basso BMD, l’età, la presenza di fratture pregresse, la familiarità per fratture, un elevato turnover osseo e un basso indice di massa corporea, devono essere presi in considerazione al fine di identificare le donne ad elevato rischio di fratture osteoporotiche.

Acido ibandronico 150 mg una volta al mese

Densità minerale ossea (BMD)

In uno studio multicentrico, in doppio cieco, della durata di due anni (BM 16549) condotto su donne in postmenopausa con osteoporosi (BMD T-score basale della colonna lombare inferiore a –2,5 DS), 150 mg di acido ibandronico una volta al mese hanno dimostrato di essere efficaci almeno quanto 2,5 mg di acido ibandronico al giorno nell’incrementare la BMD. Ciò è stato dimostrato sia dall’analisi primaria a un anno che da quella di conferma relativa agli endpoint a due anni (Tabella 2).

Tabella 2: Variazione relativa media rispetto ai valori iniziali della BMD della colonna lombare, dell’anca in toto, del collo del femore e del trocantere dopo un anno (analisi primaria) e dopo due anni di trattamento (popolazione per protocollo) nello studio BM 16549.

Documento reso disponibile da AIFA il 31/01/2021

Dati a un anno dallo studio BM 16549

Dati a due anni dallo studio BM 16549

Variazioni relative medie rispetto ai valori iniziali % [IC 95%]

acido ibandronico 2,5 mg al giorno (N=318)

acido ibandronico 150 mg una volta al mese (N=320)

acido ibandronico 2,5 mg al giorno (N=294)

acido ibandronico 150 mg una volta al mese (N=291)

BMD della colonna lombare L2-L4

3,9 [3,4–4,3]

4,9 [4,4–5,3]

5,0 [4,4–5,5]

6,6 [6,0–7,1]

BMD dell’anca in toto

2,0 [1,7–2,3]

3,1 [2,8–3,4]

2,5 [2,1–2,9]

4,2 [3,8–4,5]

BMD del collo del femore

1,7 [1,3–2,1]

2,2 [1,9–2,6]

1,9 [1,4–2,4]

3,1 [2,7–3,6]

BMD del trocantere

3,2 [2,8–3,7]

4,6 [4,2–5,1]

4,0 [3,5–4,5]

6,2 [5,7–6,7]

Inoltre, in un’analisi pianificata prospettivamente, 150 mg di acido ibandronico una volta al mese si sono dimostrati superiori a 2,5 mg di acido ibandronico al giorno nell’incrementare i valori di BMD della colonna lombare, a un anno (p=0,002) e a due anni (p<0,001).

A un anno (analisi primaria), il 91,3% (p=0,005) delle pazienti trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese ha ottenuto un incremento della BMD della colonna lombare superiore o pari ai valori iniziali (responder in termini di BMD) rispetto all’84,0% delle pazienti trattate con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno. A due anni, sono risultate responder il 93,5% (p=0,004) e l’86,4% delle pazienti trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese o con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno rispettivamente.

Per quanto riguarda la BMD dell’anca in toto, a un anno il 90,0% (p<0,001) delle pazienti trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese e il 76,7% delle pazienti trattate con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno hanno riportato aumenti della BMD dell’anca in toto superiori o pari ai valori iniziali. A due anni, il 93,4% (p<0,001) delle pazienti trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese e il 78,4% delle pazienti trattate con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno hanno riportato incrementi della BMD dell’anca in toto superiori o pari ai valori iniziali.

Utilizzando un criterio più restrittivo, che associa la BMD della colonna lombare e quella dell’anca in toto, l’83,9% (p<0,001) e il 65,7% delle pazienti trattate rispettivamente con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese o con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno sono state classificate come responder a un anno. A due anni, l’87,1% (p<0,001) e il 70,5% delle pazienti rispettivamente nel braccio dei 150 mg al mese e in quello dei 2,5 mg al giorno hanno soddisfatto tale criterio.

Marcatori biochimici del turnover osseo

Riduzioni clinicamente significative dei livelli sierici del CTX sono state osservate in corrispondenza di ogni misurazione, vale a dire a 3, 6, 12 e 24 mesi. Dopo un anno (analisi primaria), la variazione relativa mediana rispetto ai valori iniziali è stata pari a –76% con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese e a –67% con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno. A due anni, la variazione relativa mediana è stata pari a –68% e a –62% rispettivamente nel braccio dei 150 mg al mese e in quello dei 2,5 mg al giorno.

A un anno, l’83,5% (p=0,006) delle pazienti trattate con 150 mg di acido ibandronico una volta al mese e il 73,9% delle pazienti trattate con 2,5 mg di acido ibandronico al giorno sono state classificate come responder (cioè hanno riportato una riduzione ≥50% rispetto ai valori iniziali). A due anni, il 78,7% (p=0,002) e il 65,6% delle pazienti sono state classificate come responder, rispettivamente nel braccio dei 150 mg al mese e in quello dei 2,5 mg al giorno.

Sulla base dei risultati dello studio BM 16549 si prevede che 150 mg di acido ibandronico una volta al mese siano efficaci almeno quanto 2,5 mg di acido ibandronico al giorno nella prevenzione delle fratture.

Acido ibandronico 2,5 mg al giorno

Una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante nell’incidenza di nuove fratture vertebrali radiologiche, morfometriche e cliniche è stata dimostrata nello studio iniziale sulle fratture della durata di tre anni, randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo (MF 4411, Tabella 3). In questo studio, l’acido

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ibandronico è stato valutato alle dosi orali di 2,5 mg al giorno e di 20 mg secondo un regime posologico intermittente esplorativo. L’acido ibandronico è stato assunto 60 minuti prima dell’assunzione di cibi e bevande del mattino (periodo di digiuno post-assunzione). Lo studio ha arruolato donne di età compresa tra i 55 e gli 80 anni, in post-menopausa da almeno 5 anni, con una BMD a livello della colonna lombare da 2 a 5 DS sotto il valore medio pre-menopausale (T-score) in almeno una vertebra (L1-L4) e che presentavano da una a quattro fratture vertebrali prevalenti. Tutte le pazienti hanno ricevuto 500 mg di calcio e 400 UI di vitamina D al giorno. L’efficacia è stata valutata in 2.928 pazienti. 2,5 mg di acido ibandronico somministrati una volta al giorno hanno mostrato una riduzione statisticamente significativa e clinicamente rilevante nell’incidenza di nuove fratture vertebrali. Questo regime ha ridotto l’incidenza di nuove fratture vertebrali apprezzabili radiologicamente del 62% (p=0,0001) nei tre anni di durata dello studio. Una riduzione del rischio relativo del 61% è stata osservata dopo 2 anni (p=0,0006). Dopo 1 anno di trattamento non è stata raggiunta una differenza statisticamente significativa (p=0,056). L’effetto antifrattura è stato continuo per tutta la durata dello studio. Non vi sono state indicazioni di una riduzione dell’effetto nel tempo.

Anche l’incidenza di fratture vertebrali cliniche è stata ridotta significativamente del 49% (p=0,011). Il forte effetto sulle fratture vertebrali si è anche riflesso in una riduzione statisticamente significativa del calo di statura rispetto al placebo (p<0,0001).

Tabella 3: Risultati dello studio sulle fratture della durata di 3 anni MF 4411 (%, IC 95%)

Placebo (N=974)

acido ibandronico 2,5 mg al giorno (N=977)

Riduzione del rischio relativo di nuove fratture vertebrali morfometriche

62% (40,9–75,1)

Incidenza di nuove fratture vertebrali morfometriche

9,56% (7,5–11,7)

4,68% (3,2–6,2)

Riduzione del rischio relativo di fratture vertebrali cliniche

49% (14,03–69,49)

Incidenza di fratture vertebrali cliniche

5,33% (3,73–6,92)

2,75% (1,61–3,89)

BMD – variazione media a 3 anni rispetto al valore iniziale -colonna lombare

1,26% (0,8–1,7)

6,54% (6,1–7,0)

BMD – variazione media a 3 anni rispetto al valore iniziale -anca in toto

–0,69% (-1,0 – –0,4)

3,36% (3,0–3,7)

L’effetto del trattamento con acido ibandronico è stato ulteriormente valutato con un’analisi della sottopopolazione di pazienti che all’inizio presentavano un T-score della BMD della colonna lombare inferiore a –2,5. La riduzione del rischio di fratture vertebrali è risultata fortemente in accordo con quella osservata nella popolazione globale.

Tabella 4: Risultati dello studio sulle fratture della durata di 3 anni MF 4411 (%, IC 95%) nelle pazienti che all’inizio presentavano un T-score della BMD della colonna lombare inferiore a -2,5

Placebo (N=587)

acido ibandronico 2,5 mg al giorno (N=575)

Riduzione del rischio relativo di nuove fratture vertebrali morfometriche

59% (34,5–74,3)

Incidenza di nuove fratture vertebrali morfometriche

12,54% (9,53–15,55)

5,36% (3,31–7,41)

Riduzione del rischio relativo di fratture vertebrali cliniche

50% (9,49–71,91)

Incidenza di fratture vertebrali cliniche

6,97% (4,67–9,27)

3,57% (1,89–5,24)

BMD – variazione media a 3 anni rispetto al valore iniziale -colonna lombare

1,13% (0,6–1,7)

7,01% (6,5–7,6)

BMD – variazione media a 3 anni rispetto al valore iniziale -anca in toto

–0,70% (-1,1 – –0,2)

3,59% (3,1–4,1)

Nella popolazione generale dello studio MF 4411 non è stata osservata una riduzione delle fratture nonvertebrali; comunque l’acido ibandronico giornaliero si è dimostrato efficace in una sottopopolazione a rischio

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elevato (T-score della BMD del collo del femore < – 3,0), nella quale è stata osservata una riduzione del rischio di fratture non-vertebrali del 69%.

Il trattamento giornaliero con 2,5 mg ha dato come risultato un progressivo aumento della BMD dello scheletro a livello vertebrale e non vertebrale.

A tre anni l’aumento della BMD della colonna lombare in confronto a placebo è stato del 5,3% e del 6,5% rispetto al valore iniziale. Gli aumenti a livello dell’anca rispetto al valore iniziale sono stati del 2,8% a livello del collo femorale, del 3,4% a livello dell’anca in toto e del 5,5% a livello del trocantere.

I marcatori biochimici di turnover osseo (quali il CTX urinario e l’osteocalcina sierica) hanno mostrato l’atteso quadro di soppressione ai livelli premenopausali e hanno raggiunto un massimo di soppressione in un periodo di 3–6 mesi.

È stata osservata una riduzione clinicamente significativa del 50% dei marcatori biochimici del riassorbimento osseo già a un mese dall’inizio del trattamento con 2,5 mg di acido ibandronico.

Dopo l’interruzione del trattamento, si manifesta un ritorno ai valori patologici pre-trattamento di elevato riassorbimento osseo associato all’osteoporosi post-menopausale.

L’analisi istologica delle biopsie ossee dopo due e tre anni di trattamento in donne in post-menopausa ha mostrato che l’osso formato ha caratteristiche normali e che non esiste alcuna evidenza di un difetto di mineralizzazione.

Popolazione pediatrica (vedere paragrafo 4.2 e 5.2)

L’acido ibandronico non è stato studiato nella popolazione pediatrica, quindi non sono disponibili dati di efficacia e sicurezza per questa popolazione di pazienti.

5.2 proprietà farmacocinetiche

Gli effetti farmacologici principali dell’acido ibandronico sull’osso non sono direttamente legati alle effettive concentrazioni plasmatiche, come dimostrato da vari studi condotti sull’animale e sull’uomo.

Assorbimento

L’assorbimento dell’acido ibandronico nel tratto gastroenterico superiore è rapido dopo somministrazione orale e le concentrazioni plasmatiche crescono proporzionalmente alla dose fino all’assunzione orale di 50 mg, con incrementi più che proporzionali per dosi superiori. Le massime concentrazioni plasmatiche osservate sono state raggiunte in 0,5–2 ore (mediana 1 ora) a digiuno e la biodisponbilità assoluta è risultata di circa lo 0,6%. L’entità dell’assorbimento è compromessa dall’assunzione contemporanea di cibo o bevande (a parte l’acqua). La biodisponibilità è ridotta di circa il 90% quando l’acido ibandronico è somministrato con una colazione standard, in confronto alla biodisponibilità rilevata in soggetti a digiuno. Non si verifica una significativa riduzione della biodisponibilità se l’acido ibandronico è assunto 60 minuti prima dell’assunzione di cibi e bevande del mattino. Sia la biodisponibilità sia l’aumento della BMD sono ridotti qualora cibi o bevande siano assunti quando sono passati meno di 60 minuti dall’ingestione di acido ibandronico.

Distribuzione

Dopo l’iniziale esposizione sistemica, l’acido ibandronico si lega rapidamente all’osso o è escreto con le urine. Nell’uomo, il volume terminale apparente di distribuzione è di almeno 90 l e la percentuale della dose che arriva all’osso è stimata essere il 40–50% della dose circolante. Il legame proteico nel plasma umano è approssimativamente dell’85% – 87% (determinato in vitro a concentrazioni terapeutiche di medicinale), e perciò vi è un basso potenziale per interazioni farmacologiche dovute a spiazzamento.

Biotrasformazione

Non vi sono evidenze che l’acido ibandronico sia metabolizzato negli animali o nell’uomo.

Eliminazione

La frazione assorbita di acido ibandronico è rimossa dalla circolazione mediante l’assorbimento da parte dell’osso (stimata essere del 40–50% nelle donne in post-menopausa) e la parte restante è eliminata immodificata dal rene. La frazione non assorbita di acido ibandronico è eliminata immodificata nelle feci.

L’intervallo delle emivite apparenti osservate è ampio, l’emivita terminale apparente è generalmente nell’ambito delle 10–72 ore. Dal momento che i valori calcolati dipendono in gran parte dalla durata dello studio, dalla posologia utilizzata e dalla sensibilità del test, è probabile che la vera emivita terminale sia notevolmente più lunga, come avviene per altri bifosfonati. I livelli plasmatici iniziali diminuiscono rapidamente raggiungendo il 10% del valore di picco rispettivamente entro 3 e 8 ore dalla somministrazione endovenosa e da quella orale.

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La clearance totale dell’acido ibandronico è bassa con valori medi compresi tra 84 e 160 ml/min. La clearance renale (circa 60 ml/min in donne sane in post-menopausa) costituisce il 50–60% della clearance totale ed è correlata alla clearance della creatinina. Si ritiene che la differenza tra la clearance totale apparente e quella renale rifletta la captazione da parte dell’osso.

La via secretoria non sembra comprendere sistemi di trasporto noti di tipo acido o basico coinvolti nell'escrezione di altre sostanze attive. Inoltre, l'acido ibandronico non inibisce i principali isoenzimi P450 epatici umani e non induce il sistema del citocromo P450 epatico nel ratto.

Farmacocinetica in speciali situazioni cliniche

Sesso

La biodisponibilità e la farmacocinetica dell’acido ibandronico sono simili negli uomini e nelle donne.

Etnia

Non esistono evidenze di differenze interetniche clinicamente rilevanti tra asiatici e caucasici nella disponibilità di acido ibandronico. Vi sono pochi dati disponibili su pazienti di origine africana.

Compromissione renale

La clearance renale dell’acido ibandronico nelle pazienti che presentano vari gradi di danno renale è correlata linearmente alla clearance della creatinina.

Non sono necessari aggiustamenti di dose per le pazienti con danno renale da lieve a moderato (clearance della creatinina uguale o superiore a 30 ml/min), come dimostrato nello studio BM 16549 nel quale la maggior parte delle pazienti presentava danno renale da lieve a moderato.

I soggetti affetti da danno renale grave (clearance della creatinina inferiore a 30 ml/min) che hanno assunto una dose giornaliera orale di acido ibandronico di 10 mg per 21 giorni, hanno presentato concentrazioni plasmatiche 2–3 volte superiori rispetto ai soggetti con funzionalità renale normale, e la clearance totale dell’acido ibandronico è stata di 44 ml/min. Dopo somministrazione endovenosa di 0,5 mg, le clearance totali, renale e non renale sono diminuite rispettivamente del 67%, 77% e 50% in soggetti affetti da insufficienza renale grave; tuttavia non è stata osservata una riduzione della tollerabilità associata con l’aumento dell’esposizione. Per la limitata esperienza clinica, non è raccomandato l’uso di acido ibandronico nelle pazienti con danno renale grave (vedere paragrafi 4.2 e 4.4). La farmacocinetica dell’acido ibandronico non è stata valutata in pazienti con malattia renale terminale non sottoposte a emodialisi. La farmacocinetica dell’acido ibandronico in queste pazienti è sconosciuta e l’acido ibandronico non deve essere utilizzato in questi casi.

Compromissione epatica (vedere paragrafo 4.2)

Non esistono dati di farmacocinetica per l’acido ibandronico in pazienti affette da comproimissione epatica. Il fegato non svolge un ruolo significativo nell’eliminazione dell’acido ibandronico, che non è metabolizzato ma è eliminato tramite escrezione renale e captazione da parte dell’osso. Perciò non sono necessari aggiustamenti del dosaggio in pazienti affette da compromissione epatica.

Anziani (vedere paragrafo 4.2)

In un’analisi multivariata, l’età non è risultata un fattore indipendente per nessuno dei parametri farmacocinetici studiati. Dato che la funzionalità renale diminuisce con l’età, questo è l’unico fattore da tenere in considerazione (vedere paragrafo sulla compromissione renale).

Popolazione pediatrica (vedere paragrafi 4.2 e 5.1)

Non esistono dati sull’uso di acido ibandronico in questi gruppi di età.

5.3 dati preclinici di sicurezza

Nel cane sono stati osservati effetti tossici, ad esempio segni di danno renale, soltanto ad esposizioni considerate significativamente superiori all’esposizione massima nell’uomo, il che depone per una scarsa rilevanza clinica.

Mutagenicità/Can­cerogenicità

Non è stato osservato alcun segno di potenziale cancerogenicità. I test per la genotossicità non hanno rilevato alcuna evidenza di attività genetica dell’acido ibandronico.

Tossicità riproduttiva

Non vi sono evidenze di un effetto tossico fetale diretto o teratogeno dell’acido ibandronico in ratti e conigli trattati per os e non si sono verificati eventi avversi sullo sviluppo nella prole F1 di ratto con un’esposizione

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estrapolata almeno 35 volte superiore all’esposizione nell’uomo. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione orale, gli effetti sulla fertilità consistevano in una aumentata perdita di preimpianto alla dose di 1 mg/kg/die o superiore. Negli studi di riproduzione condotti nei ratti utilizzando la somministrazione endovenosa, l’acido ibandronico ha diminuito la conta degli spermatozoi alle dosi di 0,3 e 1 mg/kg/die e ha ridotto la fertilità nei maschi alla dose di 1 mg/kg/die e nelle femmine alla dose di 1,2 mg/kg/die. Gli effetti avversi dell’acido ibandronico negli studi di tossicità riproduttiva condotti sul ratto sono stati quelli osservati con i bifosfonati come classe di farmaci. Tra di essi, un ridotto numero di siti d’impianto, l’interferenza con il parto naturale (distocia) e un aumento delle variazioni viscerali (sindrome reno-pelvico-ureterale).

6. informazioni farmaceutiche

6.1 elenco degli eccipienti

Nucleo della compressa

Lattosio monoidrato

Crospovidone (E1202)

Cellulosa microcristallina (E460)

Silice colloidale anidra (E551)

Sodio stearil fumarato

Rivestimento della compressa

Alcol polivinilico

Titanio diossido E171

Talco (E553b)

Macrogol/PEG 3350

6.2 incompatibilità

Non pertinente.

6.3 Periodo di validità

2 anni (Blister OPA/Al/PVC/Al)

3 anni (Blister PVC/PVDC/Al)

6.4 Precauzioni particolari per la conservazione

Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.

6.5 natura e contenuto del contenitore

Blister (OPA/Al/PVC/Al) contenenti 1, 3, 6, 9 o 12 compresse.

Blister (PVC/PVDC/Al) contenenti 1, 3, 6, 9 o 12 compresse.

È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.

6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento

Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.

Il rilascio di medicinali nell’ambiente deve essere minimizzato.

7. titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio

Crinos S.p.A., Via Pavia, 6 – 20136 Milano

8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO

AIC n°:042156012 – „150 mg compresse rivestite con film“ 1 compressa in blister OPA/AL/PVC/AL

AIC n°:042156024 – „150 mg compresse rivestite con film“ 3 compresse in blister OPA/AL/PVC/AL

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AIC n°:042156036 – „150 mg compresse rivestite con film“ 6 compresse in blister OPA/AL/PVC/AL

AIC n°:042156048 – „150 mg compresse rivestite con film“ 9 compresse in blister OPA/AL/PVC/AL

AIC n°:042156051 – „150 mg compresse rivestite con film“ 12 compresse in blister OPA/AL/PVC/AL AIC n°:042156063 – „150 mg compresse rivestite con film“ 1 compressa in blister PVC/PVDC/AL

AIC n°:042156075 – „150 mg compresse rivestite con film“ 3 compresse in blister PVC/PVDC/AL

AIC n°:042156087 – „150 mg compresse rivestite con film“ 6 compresse in blister PVC/PVDC/AL

AIC n°:042156099 – „150 mg compresse rivestite con film“ 9 compresse in blister PVC/PVDC/AL

AIC n°:042156101 – „150 mg compresse rivestite con film“ 12 compresse in blister PVC/PVDC/AL