Riassunto delle caratteristiche del prodotto - ABEVMY
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Medicinale sottoposto a monitoraggio addizionale. Ciò permetterà la rapida identificazione di nuove informazioni sulla sicurezza. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta. Vedere paragrafo 4.8 per informazioni sulle modalità di segnalazione delle reazioni avverse.
1. denominazione del medicinale
Abevmy 25 mg/mL concentrato per soluzione per infusione.
2. composizione qualitativa e quantitativa
Ogni mL di concentrato contiene 25 mg di bevacizumab*.
Ogni flaconcino da 4 mL contiene 100 mg di bevacizumab.
Ogni flaconcino da 16 mL contiene 400 mg di bevacizumab.
Per la diluizione ed altre raccomandazioni sulla manipolazione, vedere paragrafo 6.6.
*Bevacizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato prodotto mediante la tecnica del DNA ricombinante in cellule ovariche di criceto cinese.
Eccipiente(i) con effetti noti
Ogni flaconcino da 4 mL contiene 4,196 mg di sodio.
Ogni flaconcino da 16 mL contiene 16,784 mg di sodio.
Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1.
3. forma farmaceutica
Concentrato per soluzione per infusione (concentrato sterile).
Liquido di aspetto da limpido a leggermente opalescente e da incolore a marrone chiaro con un pH da 5.70 a 6.40, una osmolarità di 0,251 – 0,311 Osmol/kg e privo di particelle visibili.
4. informazioni cliniche
4.1 indicazioni terapeutiche
Abevmy in associazione con chemioterapia a base di fluoropirimidine è indicato per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma metastatico del colon e del retto.
Abevmy in associazione con paclitaxel è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico. Per ulteriori informazioni relative allo stato del recettore 2 per il fattore di crescita epidermico umano (HER2) fare riferimento al paragrafo 5.1.
Abevmy in associazione con capecitabina è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma mammario metastatico, per cui una terapia con altri regimi chemioterapici, inclusi quelli a base di taxani o antracicline, non è considerata appropriata. Pazienti che hanno ricevuto un trattamento adiuvante a base di taxani o antracicline nei 12 mesi precedenti non devono ricevere il trattamento con Abevmy in associazione con capecitabina. Per ulteriori informazioni relative allo stato di HER2, fare riferimento al paragrafo 5.1.
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Abevmy, in aggiunta a chemioterapia a base di platino, è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, non resecabile, avanzato, metastatico o ricorrente, con istologia a predominanza non squamocellulare.
Abevmy, in associazione con erlotinib, è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule, non squamocellulare, avanzato non resecabile, metastatico o ricorrente, con mutazioni attivanti del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR) (vedere paragrafo 5.1).
Abevmy in associazione con interferone alfa-2a è indicato per il trattamento in prima linea di pazienti adulti con carcinoma renale avanzato e/o metastatico.
Abevmy, in associazione con carboplatino e paclitaxel è indicato per il trattamento in prima linea del carcinoma ovarico epiteliale, del carcinoma alle tube di Falloppio o del carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato (stadio III B, III C e IV, secondo la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia [FIGO]) in pazienti adulte (vedere paragrafo 5.1).
Abevmy, in associazione con carboplatino e gemcitabina o in combinazione con carboplatino e paclitaxel, è indicato per il trattamento di pazienti adulte con prima recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platino-sensibili che non hanno ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (vascular endothelial growth factor , VEGF) o altri agenti mirati al recettore VEGF.
Abevmy in associazione con paclitaxel, topotecan o doxorubicina liposomiale pegilata, è indicato per il trattamento di pazienti adulte con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platino-resistenti che hanno ricevuto non più di due precedenti regimi chemioterapici e che non hanno ricevuto una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (vascular endothelial growth factor, VEGF) o altri agenti mirati al recettore VEGF (vedere paragrafo 5.1).
Abevmy, in associazione con paclitaxel e cisplatino o, in alternativa, a paclitaxel e topotecan, in donne che non possono essere sottoposte a terapia a base di platino, è indicato per il trattamento di pazienti adulte affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (vedere paragrafo 5.1).
4.2 posologia e modo di somministrazione
Abevmy deve essere somministrato sotto la supervisione di un medico esperto nell’impiego di
Carcinoma metastatico del colon o del retto (mCRC)
La dose raccomandata di Abevmy, somministrata mediante infusione endovenosa, è di 5 mg/kg o 10 mg/kg di peso corporeo (body weight , bw) una volta ogni 2 settimane oppure 7,5 mg/kg bw o 15 mg/kg bw una volta ogni 3 settimane.
Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.
Carcinoma mammario metastatico (mBC)
La dose raccomandata di Abevmy è di 10 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 2 settimane oppure 15 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.
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Carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC)
Trattamento in prima linea del NSCLC non squamocellulare in associazione con chemioterapia a base di platino
Abevmy è somministrato in aggiunta a chemioterapia a base di platino fino a 6 cicli di trattamento, seguiti da Abevmy in monoterapia fino alla progressione della malattia.
La dose raccomandata di Abevmy è di 7,5 mg/kg o 15 mg/kg bw, da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Il beneficio clinico è stato dimostrato in pazienti con NSCLC sia alla dose di 7,5 mg/kg bw sia di 15 mg/kg bw (vedere paragrafo 5.1).
Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.
Trattamento in prima linea del NSCLC non squamocellulare con mutazioni attivanti dell’EGFR in associazione con erlotinib
Il test per la mutazione dell’EGFR deve essere effettuato prima di iniziare il trattamento con l’associazione Abevmy ed erlotinib. È importante che sia scelta una metodologia ben validata e robusta per evitare la determinazione di falsi negativi o falsi positivi.
La dose raccomandata di Abevmy in associazione con erlotinib è di 15 mg/kg bw somministrati una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Si raccomanda di proseguire il trattamento con Abevmy in associazione con erlotinib fino alla progressione della malattia.
Per la posologia e la modalità di somministrazione di erlotinib, vedere le informazioni prescrittive integrali di erlotinib.
Carcinoma renale avanzato e/o metastatico (mRCC)
La dose raccomandata di Abevmy è di 10 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 2 settimane mediante infusione endovenosa.
Si raccomanda di proseguire il trattamento fino alla progressione della malattia o finché non compare tossicità inaccettabile.
Carcinoma ovarico epiteliale, delle tube di Falloppio e peritoneale primario
Trattamento in prima linea: Abevmy è somministrato in aggiunta a carboplatino e paclitaxel fino a 6 cicli di trattamento, seguiti dalla somministrazione di Abevmy in monoterapia da proseguire fino alla progressione della malattia o per un massimo di 15 mesi o fino a che non compare tossicità inaccettabile, qualsiasi si manifesti prima.
La dose raccomandata di Abevmy è di 15 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Trattamento della recidiva di malattia platino-sensibile: Abevmy è somministrato in associazione a carboplatino e gemcitabina per 6 cicli fino ad un massimo di 10 cicli oppure in associazione a carboplatino e paclitaxel per 6 cicli fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti dalla somministrazione di Abevmy in monoterapia da proseguire fino alla progressione della malattia. La dose raccomandata di Abevmy è di 15 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Trattamento della recidiva di malattia platino-resistente: Abevmy è somministrato in associazione ad uno dei seguenti agenti: paclitaxel, topotecan (somministrato ogni settimana) o doxorubicina liposomiale pegilata. La dose raccomandata di Abevmy è di 10 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 2 settimane mediante infusione endovenosa. Se Abevmy è somministrato in associazione a
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topotecan (somministrato nei giorni 1–5, ogni 3 settimane), la dose raccomandata di Abevmy è di
15 mg/kg bw, da somministrarsi ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa. Si raccomanda di continuare il trattamento fino alla progressione della malattia o sviluppo di tossicità inaccettabile (vedere paragrafo 5.1, studio MO22224).
Carcinoma della cervice
Abevmy è somministrato in associazione con uno dei seguenti regimi chemioterapici: paclitaxel e cisplatino o paclitaxel e topotecan.
La dose raccomandata di Abevmy è di 15 mg/kg bw da somministrarsi una volta ogni 3 settimane mediante infusione endovenosa.
Si raccomanda di proseguire il trattamento fino a progressione della malattia sottostante o comparsa di tossicità inaccettabile (vedere paragrafo 5.1).
Particolari popolazioni di pazienti
Anziani
Nei pazienti di età ≥ 65 anni non è necessario attuare alcuna correzione della dose.
Compromissione renale
La sicurezza e l’efficacia nei pazienti affetti da compromissione renale non sono state studiate (vedere paragrafo 5.2).
Compromissione epatica
La sicurezza e l’efficacia nei pazienti affetti da compromissione epatica non sono state studiate (vedere paragrafo 5.2).
Popolazione pediatrica
La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite. I dati attualmente disponibili sono riportati nei paragrafi 4.8, 5.1 e 5.2, ma non è possibile esprimere alcuna raccomandazione in merito alla posologia.
Non vi è alcun uso rilevante di bevacizumab nella popolazione pediatrica per il trattamento dei carcinomi di colon, retto, mammella, polmone, ovaio, tube di Falloppio, peritoneo, cervice e rene.
Modo di somministrazione
Abevmy è per uso endovenoso. La dose iniziale deve essere somministrata mediante infusione endovenosa di 90 minuti. Se la prima infusione è ben tollerata, la seconda può essere somministrata in 60 minuti. Se l’infusione di 60 minuti è ben tollerata, tutte le infusioni successive possono essere somministrate in 30 minuti.
Non deve essere somministrata mediante infusione rapida endovenosa o bolo endovenoso.
Non sono raccomandate riduzioni della dose a seguito di reazioni avverse. Se indicato, la terapia deve essere interrotta definitivamente o sospesa temporaneamente come illustrato al paragrafo 4.4.
Precauzioni che devono essere prese prima della manipolazione o della somministrazione del medicinale
Per le istruzioni sulla diluizione del medicinale prima della somministrazione, vedere paragrafo 6.6. Le infusioni di Abevmy non devono essere somministrate o miscelate con soluzioni di glucosio. Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.
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4.3 Controindicazioni
– Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti elencati al paragrafo 6.1.
– Ipersensibilità ai prodotti derivati da cellule ovariche di criceto cinese (CHO) o ad altri anticorpi ricombinanti umani o umanizzati.
– Gravidanza (vedere paragrafo 4.6).
4.4 avvertenze speciali e precauzioni d’impiego
Tracciabilità
Al fine di migliorare la tracciabilità dei medicinali biologici, il nome e il numero di lotto del medicinale somministrato devono essere chiaramente registrati.
Perforazioni e fistole gastrointestinali (GI) (vedere paragrafo 4.8)
Durante il trattamento con bevacizumab i pazienti possono essere maggiormente a rischio di sviluppare una perforazione gastrointestinale e una perforazione della colecisti. In pazienti con carcinoma metastatico del colon o del retto, un processo infiammatorio intra-addominale può essere un fattore di rischio di perforazioni gastrointestinali, pertanto, è opportuno osservare cautela nel trattare questi pazienti. La precedente radioterapia è un fattore di rischio per la perforazione gastrointestinale nelle pazienti trattate con bevacizumab per il carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico e tutte le pazienti con perforazioni GI sono state precedentemente sottoposte ad irradiazione. Nei pazienti che sviluppano una perforazione gastrointestinale la terapia deve essere interrotta definitivamente.
Fistole vagino-gastrointestinali nello studio GOG-0240
Le pazienti trattate con bevacizumab per carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico sono a maggior rischio di sviluppare fistole tra la vagina e qualsiasi sezione del tratto gastrointestinale (fistole vagino-gastrointestinali). La precedente radioterapia è uno dei maggiori fattori di rischio per lo sviluppo di fistole vagino-gastrointestinali e tutte le pazienti con fistole vagino-gastrointestinali sono state precedentemente sottoposte ad irradiazione. La recidiva di carcinoma nelle zone precedentemente irradiate è un importante fattore di rischio addizionale per lo sviluppo di fistole vagino-gastrointestinali.
Fistole non GI (vedere paragrafo 4.8)
Durante il trattamento con bevacizumab i pazienti possono essere maggiormente a rischio di sviluppare fistole.
Nei pazienti che sviluppano una fistola tracheoesofagea (TE) o qualsiasi fistola di Grado 4 [secondo i criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute degli USA (NCI-CTCAE v.3)], la terapia con bevacizumab deve essere interrotta definitivamente. Sono disponibili informazioni limitate sulla prosecuzione dell’uso di bevacizumab in pazienti con altre fistole. Nei casi di fistole interne che non si sviluppano nel tratto gastrointestinale deve essere considerata la sospensione di bevacizumab.
Complicanze nel processo di cicatrizzazione (vedere paragrafo 4.8)
Bevacizumab può influire in modo negativo sul processo di cicatrizzazione. Sono state riportate gravi complicanze, incluse complicanze anastomotiche, nel processo di cicatrizzazione con esito fatale. La terapia non deve essere iniziata per almeno 28 giorni dopo una chirurgia maggiore o fino a completa guarigione della ferita chirurgica. Nei pazienti che durante il trattamento manifestano delle complicanze nel processo di cicatrizzazione, la terapia deve essere sospesa fino a completa guarigione della cicatrice. La terapia deve essere sospesa in caso di chirurgia elettiva.
In pazienti trattati con bevacizumab sono stati raramente segnalati casi di fascite necrotizzante, alcuni dei quali letali. Questa condizione è in genere determinata da complicanze nella guarigione delle ferite, perforazioni gastrointestinali o formazione di fistole. Nei pazienti che sviluppano fascite necrotizzante, il trattamento con bevacizumab deve essere interrotto, ed è necessario istituire tempestivamente una terapia adeguata.
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Ipertensione (vedere paragrafo 4.8)
Nei pazienti trattati con bevacizumab è stata osservata una maggior incidenza di ipertensione. I dati relativi alla sicurezza clinica indicano che l’incidenza di ipertensione è probabilmente dosedipendente. Prima di iniziare il trattamento con bevacizumab, è necessario che l’ipertensione preesistente sia adeguatamente controllata. Non esistono dati sull’effetto di bevacizumab nei pazienti che presentano un’ipertensione non controllata al momento di iniziare la terapia. Nel corso della terapia è generalmente raccomandato il monitoraggio della pressione sanguigna.
Nella maggior parte dei casi l’ipertensione è stata adeguatamente controllata con un trattamento antipertensivo standard appropriato per la situazione individuale del paziente colpito. L’uso di diuretici per il trattamento dell’ipertensione non è consigliato nei pazienti sottoposti a regime chemioterapico a base di cisplatino. Bevacizumab deve essere interrotto in modo definitivo nel caso in cui l’ipertensione clinicamente significativa non possa essere adeguatamente controllata con una terapia antipertensiva o se il paziente manifesta crisi ipertensive o encefalopatia ipertensiva.
Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (vedere paragrafo 4.8)
Sono stati riportati rari casi di pazienti trattati con bevacizumab che hanno manifestato segni e sintomi correlati con la PRES, una rara malattia neurologica che si può manifestare, tra gli altri, con i seguenti segni e sintomi: attacchi epilettici, cefalea, alterazione dello stato mentale, disturbo della visione o cecità corticale, associati o meno a ipertensione. La diagnosi di PRES richiede la conferma mediante esami radiologici del cervello, preferibilmente immagini a risonanza magnetica (RMI). Nei pazienti che manifestano la PRES, si raccomanda il trattamento dei sintomi specifici incluso il controllo dell’ipertensione e l’interruzione di bevacizumab. La sicurezza associata alla ripresa della terapia con bevacizumab in pazienti che hanno precedentemente manifestato PRES non è nota.
Proteinuria (vedere paragrafo 4.8)
I pazienti con una storia di ipertensione possono avere un rischio maggiore di sviluppare proteinuria, se trattati con bevacizumab. Alcuni dati indicano che la proteinuria di tutti i gradi (secondo i criteri comuni di terminologia per gli eventi avversi del National Cancer Institute degli USA [NCI-CTCAE v.3]) può essere correlata alla dose. Prima di iniziare la terapia e nel corso della stessa è raccomandabile effettuare un monitoraggio della proteinuria mediante analisi delle urine con strisce reattive. Proteinuria di Grado 4 (sindrome nefrosica) è stata osservata fino all’1,4% dei pazienti trattati con bevacizumab. Nei pazienti che sviluppano sindrome nefrosica (NCI-CTCAE v.3) la terapia deve essere interrotta in modo definitivo.
Tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.8)
Negli studi clinici, l’incidenza di reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi casi di accidenti cerebrovascolari (CVA), attacchi ischemici transitori (TIA) e infarti del miocardio (IM), è stata superiore nei pazienti trattati con bevacizumab associato a chemioterapia rispetto ai pazienti sottoposti a chemioterapia da sola.
Pazienti trattati con chemioterapia insieme a bevacizumab, con una storia di tromboembolia arteriosa, diabete o con età superiore a 65 anni hanno un rischio maggiore di sviluppare reazioni tromboemboliche arteriose durante la terapia. È opportuno osservare una certa cautela nel trattare questi pazienti con bevacizumab.
Nei pazienti che manifestano reazioni tromboemboliche arteriose, la terapia deve essere interrotta definitivamente.
Tromboembolia venosa (vedere paragrafo 4.8)
I pazienti in trattamento con bevacizumab possono presentare rischi di eventi tromboembolici venosi, inclusa l’embolia polmonare.
Le pazienti trattate con bevacizumab in associazione con paclitaxel e cisplatino per carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico possono essere esposte a maggior rischio di eventi tromboembolici venosi.
Il trattamento con bevacizumab deve essere interrotto nei pazienti con reazioni tromboemboliche potenzialmente fatali (Grado 4), inclusa embolia polmonare (NCI-CTCAE v.3). I pazienti con reazioni tromboemboliche di Grado ≤ 3 devono essere tenuti sotto stretto controllo (NCI-CTCAE v.3).
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Emorragia
I pazienti trattati con bevacizumab hanno un rischio maggiore di emorragia, specialmente associata al tumore. La terapia con bevacizumab deve essere interrotta definitivamente nei pazienti che manifestano un’emorragia di Grado 3 o 4 nel corso della terapia con bevacizumab (NCI-CTCAE v.3) (vedere paragrafo 4.8).
Pazienti con metastasi non pretrattate a livello del sistema nervoso centrale (SNC) sono stati regolarmente esclusi dagli studi clinici con bevacizumab sulla base degli esami radiologici o dei segni e sintomi. Di conseguenza, il rischio di emorragie a livello del SNC in questa categoria di pazienti non è stato valutato prospetticamente in studi clinici randomizzati (vedere paragrafo 4.8). I pazienti devono essere controllati per valutare la presenza di segni e sintomi di emorragie del SNC e il trattamento con bevacizumab deve essere interrotto in caso di emorragia intracranica.
Non esistono dati sul profilo di sicurezza di bevacizumab nei pazienti con diatesi emorragica congenita, coagulopatia acquisita o nei pazienti trattati con anticoagulanti a dosaggio pieno per una tromboembolia prima dell’inizio della terapia con bevacizumab, poiché tali pazienti sono stati esclusi dagli studi clinici. È quindi necessario osservare una certa cautela prima di iniziare la terapia in questi pazienti. Comunque, non sembra che i pazienti che sviluppano una trombosi venosa nel corso della terapia abbiano un rischio maggiore di emorragia di Grado 3 o superiore se trattati contemporaneamente con warfarin a dosaggio pieno e bevacizumab (NCI-CTCAE v.3).
Emorragia polmonare/emottisi
Pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, trattati con bevacizumab, possono essere a rischio di emorragie polmonari/emottisi gravi, e in alcuni casi ad esito fatale. Pazienti con emorragie polmonari/emottisi di recente insorgenza (> 2,5 mL di sangue rosso vivo) non devono essere trattati con bevacizumab.
Aneurismi e dissezioni arteriose
L’uso di inibitori del pathway del VEGF in pazienti con o senza ipertensione può favorire la formazione di aneurismi e/o dissezioni arteriose. Prima di iniziare con bevacizumab, questo rischio deve essere attentamente considerato in pazienti con fattori di rischio quali ipertensione o storia anamnestica di aneurisma.
Insufficienza cardiaca congestizia (ICC) (vedere paragrafo 4.8)
Negli studi clinici sono state riportate reazioni coerenti con una diagnosi di ICC. I sintomi riscontrati variavano dalla riduzione asintomatica della frazione di eiezione ventricolare sinistra alla ICC sintomatica che ha richiesto trattamento o ricovero. Si deve esercitare cautela quando si trattano con bevacizumab pazienti con malattia cardiovascolare clinicamente significativa come una preesistente coronaropatia cardiaca o una ICC.
La maggior parte dei pazienti che ha manifestato ICC aveva un carcinoma mammario metastatico e aveva precedentemente ricevuto un trattamento con antracicline, una radioterapia alla parete toracica sinistra o presentava altri fattori di rischio per la ICC.
Nei pazienti dello studio AVF3694g, che hanno ricevuto un trattamento con antracicline e che non avevano ricevuto antracicline in precedenza, non è stato osservato alcun incremento dell’incidenza di ICC di tutti i Gradi nel gruppo trattato con bevacizumab + antracicline rispetto al trattamento con sole antracicline. L’insorgenza di ICC di Grado 3 o superiore è stata talvolta più frequente nei pazienti trattati con bevacizumab associato a chemioterapia rispetto ai pazienti che ricevevano la sola chemioterapia. Tale osservazione è in linea con i risultati osservati nei pazienti di altri studi condotti sul tumore della mammella metastatico che non avevano ricevuto un trattamento concomitante con antracicline (NCI-CTCAE v.3) (vedere paragrafo 4.8).
Neutropenia e infezioni (vedere paragrafo 4.8)
In pazienti trattati con regimi chemioterapici mielotossici insieme a bevacizumab, in confronto alla chemioterapia da sola, si sono osservati tassi più elevati di neutropenia severa, neutropenia febbrile o
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infezione associata o meno a neutropenia severa (incluse alcune ad esito fatale). Questo si è osservato soprattutto in associazione a terapie a base di platino o taxani nel trattamento del NSCLC, del mBC e in combinazione con paclitaxel e topotecan nel carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico.
Reazioni di ipersensibilità/reazioni all’infusione (vedere paragrafo 4.8)
I pazienti possono essere a rischio di sviluppare reazioni all’infusione/di ipersensibilità. Un’attenta osservazione del paziente durante e dopo la somministrazione di bevacizumab è raccomandata come previsto per qualsiasi infusione di anticorpo monoclonale umanizzato. In caso si presenti una reazione, l’infusione deve essere interrotta e deve essere somministrata la terapia medica appropriata. Una premedicazione sistematica non è giustificata.
Osteonecrosi della mandibola/mascella (ONM) (vedere paragrafo 4.8)
Casi di ONM sono stati segnalati in pazienti oncologici trattati con bevacizumab, la maggior parte dei quali aveva ricevuto precedentemente o contemporaneamente una terapia endovenosa con bifosfonati, per i quali l’ONM è un rischio noto. Si deve usare cautela quando si somministrano bevacizumab e bifosfonati per via endovenosa in maniera simultanea o sequenziale.
Anche le procedure odontoiatriche invasive sono state identificate come un fattore di rischio. Prima del trattamento con bevacizumab devono essere considerati il ricorso a una valutazione odontoiatrica e un’appropriata prevenzione odontoiatrica. Se possibile, le procedure odontoiatriche invasive devono essere evitate in pazienti che hanno ricevuto precedentemente o che sono in trattamento con bifosfonati per via endovenosa.
Uso intravitreale
Bevacizumab non è formulato per l’uso intravitreale.
Patologie dell’occhio
In seguito all’uso intravitreale non approvato di bevacizumab, costituito da flaconcini approvati per somministrazione endovenosa in pazienti oncologici, sono state segnalate gravi reazioni avverse oculari sia individuali che in gruppi di pazienti. Queste reazioni includono endoftalmite infettiva, infiammazione intraoculare come endoftalmite sterile, uveite, vitreite, distacco di retina, lacerazione dell’epitelio pigmentato della retina, aumento della pressione intraoculare, emorragie intraoculari come emorragie intravitreali o emorragie retiniche ed emorragie congiuntivali. Alcune di queste reazioni hanno portato a vari gradi di perdita della vista, inclusa cecità permanente.
Effetti sistemici a seguito dell’uso intravitreale
Una riduzione della concentrazione di VEGF in circolo è stata dimostrata in seguito a terapia intravitreale anti-VEGF. Sono state segnalate reazioni avverse di tipo sistemico quali emorragie non oculari e reazioni tromboemboliche arteriose in seguito ad iniezione intravitreale di inibitori di VEGF.
Insufficienza ovarica/fertilità
Bevacizumab può compromettere la fertilità femminile (vedere paragrafi 4.6 e 4.8). Pertanto, prima di iniziare un trattamento con bevacizumab, devono essere discusse con le pazienti potenzialmente fertili strategie terapeutiche per preservarne la fertilità.
Abevmy contiene sodio.
Questo medicinale contiene 4,196 mg di sodio in ogni flaconcino da 4 mL, equivalente allo 0,21% dell’assunzione massima giornaliera raccomandata dall’OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
Questo medicinale contiene 16,784 mg di sodio in ogni flaconcino da 16 mL, equivalente allo 0,84% dell’assunzione massima giornaliera raccomandata dall’OMS che corrisponde a 2 g di sodio per un adulto.
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4.5 interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione
Effetto degli agenti antineoplastici sulla farmacocinetica di bevacizumab
Sulla base dei risultati ottenuti da analisi farmacocinetiche di popolazione non sono state osservate interazioni clinicamente rilevanti della chemioterapia concomitante sulla farmacocinetica di bevacizumab. Non sono state rilevate né differenze statisticamente significative né differenze clinicamente rilevanti nella clearance di bevacizumab in pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in monoterapia rispetto a pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in associazione ad interferone alfa-2a, erlotinib o agenti chemioterapici (IFL, 5-FU/LV, carboplatino/paclitaxel, capecitabina, doxorubicina o cisplatino/gemcitabina).
Effetto di bevacizumab sulla farmacocinetica di altri agenti antineoplastici
Non sono state osservate interazioni clinicamente rilevanti di bevacizumab sulla farmacocinetica di interferone alfa-2a, erlotinib (e del suo metabolita attivo OSI-420) o degli agenti chemioterapici irinotecan (e relativo metabolita attivo SN38), capecitabina, oxaliplatino (in base a quanto stabilito mediante misurazione del platino libero e totale) e cisplatino somministrati in concomitanza. Non è possibile trarre conclusioni sull’effetto esercitato da bevacizumab sulla farmacocinetica di gemcitabina.
Associazione di bevacizumab e sunitinib malato
In due studi clinici sul carcinoma renale metastatico, in 7 dei 19 pazienti trattati con l’associazione di bevacizumab (10 mg/kg ogni due settimane) e sunitinib malato (50 mg/die) è stata segnalata anemia emolitica microangiopatica (MAHA).
La MAHA è una malattia emolitica che si può presentare con frammentazione dei globuli rossi, anemia e trombocitopenia. Inoltre, in alcuni di questi pazienti sono stati osservati ipertensione (comprese le crisi ipertensive), creatinina elevata e sintomi neurologici. Tutte queste manifestazioni sono risultate reversibili alla sospensione di bevacizumab e sunitinib malato (vedere Ipertensione, Proteinuria e PRES al paragrafo 4.4).
Associazione con terapie a base di platino o taxani (vedere paragrafi 4.4 e 4.8)
Percentuali maggiori di neutropenia severa, neutropenia febbrile o infezione associata o meno a neutropenia severa (incluse alcune ad esito fatale) si sono osservate soprattutto nei pazienti trattati con terapie a base di platino o taxani nel trattamento del NSCLC e del mBC.
Radioterapia
La sicurezza e l’efficacia della somministrazione concomitante di radioterapia e bevacizumab non sono state stabilite.
Anticorpi monoclonali antiEGFR, in associazione con regimi chemioterapici contenenti bevacizumab Non sono stati effettuati studi d’interazione. Anticorpi monoclonali anti EGFR non devono essere somministrati per il trattamento di mCRC in associazione con regimi chemioterapici contenenti bevacizumab. I risultati degli studi randomizzati di fase III, PACCE e CAIRO-2, nei pazienti con mCRC suggeriscono che l’uso di anticorpi monoclonali anti EGFR panitumumab e cetuximab, rispettivamente, in associazione con bevacizumab insieme a chemioterapia, è associato a una riduzione della sopravvivenza libera da progressione (PFS) e/o della sopravvivenza globale (OS), e a tossicità maggiore rispetto a bevacizumab insieme a chemioterapia da sola.
4.6 fertilità, gravidanza e allattamento
Donne potenzialmente fertili
Le donne potenzialmente fertili devono usare misure contraccettive efficaci durante (e fino a 6 mesi dopo) il trattamento.
Gravidanza
I dati relativi all’uso di bevacizumab in donne in gravidanza provenienti da studi clinici non esistono. Gli studi sugli animali hanno dimostrato una tossicità riproduttiva, incluse malformazioni (vedere
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paragrafo 5.3). È noto che le IgG attraversano la placenta, ed è prevedibile che bevacizumab inibisca l’angiogenesi fetale e quindi si ritiene possa causare gravi anomalie congenite se somministrato durante la gravidanza. Dopo la commercializzazione, sono stati osservati casi di anomalie fetali in donne trattate con bevacizumab in monoterapia o in associazione con noti chemioterapici embriotossici (vedere paragrafo 4.8). Bevacizumab è controindicato in gravidanza (vedere paragrafo 4.3).
Allattamento
Non è noto se bevacizumab sia escreto nel latte materno. Poiché le IgG materne vengono escrete nel latte e bevacizumab può danneggiare la crescita e lo sviluppo del bambino (vedere paragrafo 5.3), le donne devono interrompere l’allattamento con latte materno durante la terapia ed evitare di allattare con latte materno per almeno sei mesi dopo l’assunzione dell’ultima dose di bevacizumab.
Fertilità
Studi di tossicità a dosi ripetute sugli animali hanno mostrato che bevacizumab potrebbe avere un effetto avverso sulla fertilità femminile (vedere paragrafo 5.3). In uno studio di fase III sul trattamento adiuvante condotto in pazienti con carcinoma del colon, un’analisi parallela nelle pazienti in premenopausa ha evidenziato un’incidenza più elevata di nuovi casi di insufficienza ovarica nel gruppo trattato con bevacizumab rispetto al gruppo di controllo. La maggior parte delle pazienti ha recuperato la funzionalità ovarica dopo la sospensione del trattamento con bevacizumab. Non sono noti gli effetti a lungo termine di bevacizumab sulla fertilità.
4.7 effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari
Bevacizumab altera lievemente la capacità di guidare veicoli e di usare macchinari. Tuttavia, con l’uso di bevacizumab sono state riportate sonnolenza e sincope (vedere tabella 1 paragrafo 4.8). Ai pazienti che manifestano sintomi che riguardano la loro visione o concentrazione, o la loro capacità di reagire, deve essere consigliato di non guidare veicoli e di non usare macchinari fino alla scomparsa dei sintomi.
4.8 effetti indesiderati
Riassunto del profilo di sicurezza
Il profilo di sicurezza globale di bevacizumab si basa sui dati raccolti nel corso di studi clinici effettuati su oltre 5.700 pazienti affetti da diversi tumori, trattati soprattutto con bevacizumab in associazione con chemioterapia.
Le reazioni avverse più gravi sono state le seguenti:
– perforazione gastrointestinale (vedere paragrafo 4.4),
– emorragia, inclusa emorragia polmonare/emottisi, che è più comune nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (vedere paragrafo 4.4),
– tromboembolia arteriosa (vedere paragrafo 4.4).
Le reazioni avverse più frequentemente osservate negli studi clinici effettuati su pazienti trattati con bevacizumab sono state ipertensione, affaticamento o astenia, diarrea e dolore addominale.
L’analisi dei dati di sicurezza clinica indica che l’insorgenza di ipertensione e proteinuria associate alla terapia con bevacizumab è probabilmente dose-dipendente.
Tabella delle reazioni avverse
Le reazioni avverse elencate in questa sezione rientrano nelle seguenti categorie di frequenza: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, <1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
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Entro ciascuna categoria di frequenza le reazioni avverse sono presentate in ordine di gravità decrescente.
Le tabelle 1 e 2 elencano le reazioni avverse associate con l’impiego di bevacizumab in associazione con diversi regimi chemioterapici in indicazioni multiple in base alla classificazione per sistemi e organi secondo il Medical Dictionary for Regulatory Activities (MedDRA, dizionario medico per le attività di regolamentazione).
La tabella 1 presenta tutte le reazioni avverse classificate in base alla frequenza la cui relazione causale con bevacizumab è stata determinata sulla base di:
– incidenze comparative individuate tra bracci di trattamento di studi clinici (con una differenza di almeno il 10% rispetto al braccio di controllo per le reazioni di Grado 1–5 secondo l’NCI-CTCAE o una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo per le reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE),
– studi di sicurezza post-autorizzazione,
– segnalazione spontanea,
– studi epidemiologici/non interventistici od osservazionali,
– o mediante una valutazione dei singoli casi.
La tabella 2 indica la frequenza delle reazioni avverse severe. Le reazioni severe sono definite come eventi avversi con una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo in studi clinici per le reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse che secondo il titolare AIC sono considerate clinicamente significative o severe.
Le reazioni avverse post-commercializzazione sono incluse sia nella tabella 1 che nella tabella 2, se applicabile. Informazioni dettagliate su queste reazioni post-commercializzazione sono riportate nella tabella 3.
Le reazioni avverse sono inserite nell’appropriata categoria di frequenza delle tabelle sottostanti in base all’incidenza più elevata osservata in qualsiasi indicazione.
Alcune delle reazioni avverse sono reazioni comunemente osservate con la chemioterapia; tuttavia bevacizumab può esacerbare queste reazioni quando associato ad agenti chemioterapici. Esempi includono la sindrome da eritrodisestesia palmo-plantare con doxorubicina liposomiale pegilata o capecitabina, la neuropatia sensoriale periferica con paclitaxel o oxaliplatino, disturbi alle unghie o alopecia con paclitaxel, e paronichia con erlotinib.
Tabella 1. Reazioni avverse classificate in base alla frequenza
Classificazione per sistemi e organi | Molto comune | Comune | Raro | Molto raro | Non nota |
Infezioni e infestazioni | Sepsi, Ascessob,d, Cellulite, Infezione, Infezione del tratto urinario | Fascite necrotizzantea | |||
Patologie del sistema emolinfopoietico | Neutropenia febbrile, Leucopenia, Neutropeniab, Trombocitopeni a | Anemia, Linfocitopenia | |||
Patologie del sistema immunitario | Ipersensibilità, Reazioni all’infusionea,b,d |
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Classificazione per sistemi e organi | Molto comune | Comune | Raro | Molto raro | Non nota |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Anoressia, Ipomagnesiemi a, Iponatremia | Disidratazione | |||
Patologie del sistema nervoso | Neuropatia sensoriale perifericab, Disartria, Cefalea, Disgeusia | Accidente cerebrovascolare, Sincope, Sonnolenza | Sindrome da encefalopatia posteriore reversibilea,b,d | Encefalopatia ipertensivaa | |
Patologie dell’occhio | Disturbo dell’occhio, Iperlacrimazion e | ||||
Patologie cardiache | Insufficienza cardiaca congestiziab,d, Tachicardia sopraventricolare | ||||
Patologie vascolari | Ipertensioneb,d, Tromboembolia (venosa)b,d | Tromboembolia (arteriosa)b,d, Emorragiab,d, Trombosi venosa profonda | Microangiopatia trombotica renalea,b, Aneurismi e dissezioni arteriose | ||
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Dispnea, Rinite, Epistassi, Tosse | Emorragia polmonare/Emott isib,d, Embolia polmonare, Ipossia, Disfoniaa | Ipertensione polmonarea, Perforazione del setto nasalea | ||
Patologie gastrointestinali | Emorragia rettale, Stomatite, Stipsi, Diarrea, Nausea, Vomito, Dolore addominale | Perforazione gastrointestinaleb, d, Perforazione intestinale, Ileo, Ostruzione intestinale, Fistole retto-vaginalid,e, Disturbo gastrointestinale, Proctalgia | Ulcera gastrointestinalea | ||
Patologie epatobiliari | Perforazione della colecistia,b | ||||
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Complicazioni nella guarigione delle feriteb,d, Dermatite esfoliativa, Cute secca, Alterazione del | Eritrodisestesia palmo-plantare |
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Classificazione per sistemi e organi | Molto comune | Comune | Raro | Molto raro | Non nota |
colore della pelle | |||||
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Artralgia, Mialgia | Fistolab,d. Debolezza muscolare, Dolore dorsale | Osteonecrosi della mandibola/masce llaa,b , Osteonecrosi non mandibolarea,f | ||
Patologie renali e urinarie | Proteinuriab,d | ||||
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella | Insufficienza ovaricab,c,d | Dolore pelvico | |||
Patologie congenite, familiari e genetiche | Anomalie fetalia,b | ||||
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione | Astenia, Stanchezza, Piressia, Dolore, Infiammazione della mucosa | Letargia | |||
Esami diagnostici | Peso diminuito |
Quando gli eventi sono stati riscontrati in studi clinici come reazioni avverse al farmaco sia di qualsiasi grado sia di grado 3–5, è stata riportata la più alta frequenza osservata nei pazienti. I dati non sono aggiustati in base alla diversa durata del trattamento.
a Per ulteriori informazioni fare riferimento alla tabella 3 “Reazioni avverse segnalate dopo la commercializzazione”.
b I termini rappresentano un insieme di eventi che descrivono un concetto medico piuttosto che una singola condizione oppure i termini preferiti MedDRA (Medical Dictionary for Regulatory Activities, dizionario medico per le attività di regolamentazione). Questo gruppo di termini medici può implicare la medesima patofisiologia sottostante (ad es. le reazioni tromboemboliche arteriose includono l’accidente cerebrovascolare, l’infarto miocardico, l’attacco ischemico transitorio e altre reazioni tromboemboliche arteriose).
c In base ad un sottostudio condotto su 295 pazienti dello studio NSABP C-08.
d Per ulteriori informazioni fare riferimento al paragrafo seguente “Ulteriori informazioni su specifiche reazioni avverse gravi”.
e Le fistole retto-vaginali sono le fistole più comuni tra le fistole vagino-gastrointestinali.
f Osservato solo in una popolazione pediatrica.
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Tabella 2. Reazioni avverse severe classificate in base alla frequenza
Classificazione per sistemi e organi | Molto comune | Comune | Non nota |
Infezioni e infestazioni | Sepsi, Cellulite, Ascessoa,b, Infezione, Infezione del tratto urinario | Fascite necrotizzantec | |
Patologie del sistema emolinfopoietico | Neutropenia febbrile, Leucopenia, Neutropeniaa, Trombocitopenia | Anemia, Linfocitopenia | |
Patologie del sistema immunitario | Ipersensibilità, Reazioni all’infusionea,b,c | ||
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Disidratazione, Iponatremia | ||
Patologie del sistema nervoso | Neuropatia sensoriale perifericaa | Accidente cerebrovascolare, Sincope, Sonnolenza, Cefalea | Sindrome da encefalopatia posteriore reversibilea,b,c, Encefalopatia ipertensivac |
Patologie cardiache | Insufficienza cardiaca congestiziaa,b, Tachicardia sopraventricolare | ||
Patologie vascolari | Ipertensionea,b | Tromboembolia arteriosaa,b, Emorragiaa,b, Tromboembolia (venosa)a,b, Trombosi venosa profonda | Microangiopatia trombotica renaleb,c, Aneurismi e dissezioni di arterie |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Emorragia polmonare/ Emottisia,b, Embolia polmonare, Epistassi, Dispnea, Ipossia | Ipertensione polmonarec, Perforazione del setto nasalec | |
Patologie gastrointestinali | Diarrea, Nausea, Vomito, Dolore addominale | Perforazione intestinale, Ileo, Ostruzione intestinale, Fistole retto-vaginalic,d, Disturbi gastrointestinali, Stomatite, Proctalgia | Perforazione gastrointestinalea,b,Ul cera gastrointestinalec, Emorragia rettale |
Patologie epatobiliari | Perforazione della colecistib,c | ||
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Complicazioni nella guarigione delle feritea,b, Eritrodisestesia palmoplantare |
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Classificazione per sistemi e organi | Molto comune | Comune | Non nota |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Fistolaa,b, Mialgia, Artralgia, Debolezza muscolare, Dolore dorsale | Osteonecrosi della mandibola/ mascellab,c | |
Patologie renali e urinarie | Proteinuriaa,b | ||
Patologie dell’apparato riproduttivo e della mammella | Dolore pelvico | Insufficienza ovaricaa,b | |
Patologie congenite, familiari e genetiche | Anomalie fetalia,c | ||
Patologie generali e condizioni relative alla sede di somministrazione | Astenia, Stanchezza, | Dolore, Letargia, Infiammazione delle mucose |
La tabella 2 indica la frequenza delle reazioni avverse severe. Le reazioni severe sono definite come eventi avversi con una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo in studi clinici per le reazioni di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse che secondo il titolare AIC sono considerate clinicamente significative o severe. Tali reazioni avverse clinicamente significative sono state riportate in studi clinici, ma le reazioni di Grado 3–5 non hanno raggiunto la soglia di una differenza di almeno il 2% rispetto al braccio di controllo. La tabella 2 comprende anche le reazioni avverse clinicamente significative osservate solo nella fase postcommercializzazione, quindi la frequenza e il grado secondo l’NCI-CTCAE non sono noti. Perciò tali reazioni clinicamente significative sono state inserite nella tabella 2 all’interno della colonna che riporta il titolo “Frequenza non nota”.
a I termini rappresentano un insieme di eventi che descrivono un concetto medico piuttosto che una singola condizione oppure i termini preferiti MedDRA (Medical Dictionary for Regulatory Activities, dizionario medico per le attività di regolamentazione). Questo gruppo di termini medici può implicare la medesima patofisiologia sottostante (ad es. le reazioni tromboemboliche arteriose includono l’accidente cerebrovascolare, l’infarto miocardico, l’attacco ischemico transitorio e altre reazioni tromboemboliche arteriose).
b Per ulteriori informazioni fare riferimento al paragrafo seguente “Ulteriori informazioni su specifiche reazioni averse gravi”.
c Per ulteriori informazioni fare riferimento alla tabella 3 “Reazioni avverse segnalate dopo la commercializzazione”.
d Le fistole retto-vaginali sono le fistole più comuni tra le fistole vagino-gastrointestinali.
Descrizione di specifiche reazioni avverse gravi
Perforazioni e fistole gastrointestinali (GI) (vedere paragrafo 4.4)
La terapia con bevacizumab è stata associata a gravi episodi di perforazione gastrointestinale.
Perforazioni gastrointestinali sono state riportate negli studi clinici con un’incidenza inferiore all’1% nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule e non-squamoso, fino al 1,3% nei pazienti con carcinoma mammario metastatico, fino al 2,0% nei pazienti con carcinoma renale metastatico o nelle pazienti con carcinoma ovarico e fino al 2,7% (compresi fistola gastrointestinale e ascesso) nei pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico. In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate perforazioni GI (di ogni grado) nel 3,2% delle pazienti, tutte precedentemente sottoposte a irradiazione pelvica.
La tipologia e la severità con cui si sono manifestati questi eventi sono state varie: dalla presenza di aria libera rilevata mediante radiografia addominale diretta, risoltasi senza alcun trattamento, alla perforazione intestinale con ascesso addominale ed esito fatale. In alcuni casi era presente una
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sottostante infiammazione addominale dovuta a ulcera gastrica, necrosi tumorale, diverticolite o colite associata alla chemioterapia.
Circa un terzo dei casi gravi di perforazione gastrointestinale ha avuto esito fatale. Tale dato rappresenta lo 0,2%-1% di tutti i pazienti trattati con bevacizumab.
Negli studi clinici condotti con bevacizumab sono state segnalate fistole gastrointestinali (di ogni grado) con un’incidenza massima del 2% nei pazienti affetti da carcinoma ovarico e carcinoma metastatico colorettale. Tali fistole sono state tuttavia segnalate meno comunemente nei pazienti affetti da altre forme tumorali.
Fistole vagino-gastrointestinali nello studio GOG-0240
In uno studio condotto su pazienti con carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico, l’incidenza di fistole vagino-GI è risultata pari all’8,3% nelle pazienti trattate con bevacizumab e allo 0,9% nelle pazienti del braccio di controllo, tutte precedentemente sottoposte a irradiazione pelvica. La frequenza di fistole vagino-gastrointestinali nel gruppo trattato con bevacizumab + chemioterapia è stata più alta nelle pazienti con recidiva in zone precedentemente sottoposte ad irradiazione (16,7%) rispetto alle pazienti non precedentemente irradiate e/o senza recidiva nelle zone sottoposte a precedente irradiazione (3,6%). Le corrispondenti frequenze nel gruppo di controllo trattato solo con chemioterapia sono state rispettivamente di 1,1% vs. 0,8%. Le pazienti che sviluppano fistole vagino-GI possono inoltre manifestare occlusione intestinale e necessitare di intervento chirurgico e confezionamento di stomie.
Fistole non GI (vedere paragrafo 4. 4)
La terapia con bevacizumab è stata associata a gravi episodi di fistole, alcuni dei quali ad esito fatale.
In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (GOG-240), sono state segnalate fistole non gastrointestinali a carico di vagina, vescica o apparato genitale femminile nell’1,8% delle pazienti trattate con bevacizumab e nell’1,4% delle pazienti del braccio di controllo.
Manifestazioni non comuni (≥0,1% – <1%) di fistole interessanti aree del corpo diverse dal tratto gastrointestinale (ad esempio fistole broncopleuriche e biliari) sono state osservate nelle varie indicazioni. Sono state riportate fistole anche nell’esperienza post-commercializzazione.
Le reazioni sono state riportate in vari momenti nel corso della terapia, variando da una settimana a più di 1 anno dall’inizio del trattamento con bevacizumab, con la maggior parte delle reazioni verificatisi entro i primi 6 mesi di terapia.
Processo di cicatrizzazione (vedere paragrafo 4.4)
Poiché la terapia con bevacizumab può influire negativamente sul processo di cicatrizzazione, i pazienti sottoposti a chirurgia maggiore nei 28 giorni precedenti sono stati esclusi dagli studi di fase III.
Negli studi clinici sul carcinoma metastatico del colon o del retto, non si è evidenziato un rischio maggiore di emorragia postoperatoria o di complicanze nel processo di cicatrizzazione in pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico maggiore 28–60 giorni prima dell’inizio della terapia con bevacizumab. Un’aumentata incidenza di emorragia postoperatoria o di complicanze nel processo di cicatrizzazione verificatisi entro 60 giorni da un intervento chirurgico maggiore è stata osservata nei pazienti trattati con bevacizumab al momento dell’intervento chirurgico. L’incidenza variava tra il 10% (4/40) e il 20% (3/15).
Sono state riportate gravi complicazioni nella guarigione delle ferite, comprese le complicanze anastomotiche, alcune delle quali hanno avuto esito fatale.
Negli studi sul carcinoma mammario metastatico o localmente ricorrente, complicazioni del processo di cicatrizzazione di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino all’1,1% dei pazienti
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trattati con bevacizumab rispetto a una percentuale fino allo 0,9% dei pazienti dei bracci di controllo (NCI-CTCAE v.3).
Negli studi clinici sul carcinoma all’ovaio complicazioni del processo di cicatrizzazione di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino all’1,8% delle pazienti del braccio trattato con bevacizumab vs. lo 0,1% del braccio di controllo (NCI-CTCAE v.3).
Ipertensione (vedere paragrafo 4.4)
Negli studi clinici, fatta salva la sperimentazione JO25567, l’incidenza complessiva dell’ipertensione (di tutti i gradi) è stata al massimo del 42,1% nei bracci trattati con bevacizumab rispetto a un massimo del 14% nei bracci di controllo. L’incidenza complessiva dell’ipertensione di Grado 3 e 4 secondo i criteri NCI-CTC è stata dello 0,4%-17,9% nei pazienti trattati con bevacizumab.
L’ipertensione di Grado 4 (crisi ipertensiva) si è manifestata in un massimo dell’1,0% dei pazienti trattati con bevacizumab e chemioterapia rispetto ad un massimo di 0,2% dei pazienti trattati con la stessa chemioterapia da sola.
Nello studio JO25567 è stata osservata ipertensione di tutti i gradi nel 77,3% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione con erlotinib in prima linea per il NSCLC non squamocellulare con mutazioni attivanti dell’EGFR, contro il 14,3% dei soggetti a cui è stato somministrato erlotinib in monoterapia. È stata riscontrata ipertensione di Grado 3 nel 60% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione con erlotinib rispetto all’11,7% dei soggetti a cui è stato somministrato erlotinib in monoterapia. Non sono stati osservati eventi ipertensivi di Grado 4 o 5.
Generalmente l’ipertensione è stata adeguatamente controllata con antipertensivi orali, quali inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina, diuretici e calcio-antagonisti. Tale evento ha determinato in rari casi l’interruzione del trattamento con bevacizumab o il ricovero.
Sono stati riportati casi molto rari di encefalopatia ipertensiva, alcuni dei quali sono stati fatali.
Il rischio di ipertensione associata alla terapia con bevacizumab non è risultato correlato alle caratteristiche basali dei pazienti, alla patologia sottostante o alle terapie concomitanti.
Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (vedere paragrafo 4.4)
In rari casi, durante il trattamento di pazienti con bevacizumab, sono stati riportati segni e sintomi correlati con PRES, una rara malattia neurologica. Le manifestazioni possono includere convulsioni, cefalea, alterazione dello stato mentale, disturbi visivi o cecità corticale, con o senza ipertensione associata. La manifestazione clinica di PRES è spesso aspecifica quindi la diagnosi di PRES richiede conferma mediante immagini del cervello, preferibilmente risonanza magnetica (RM).
Nei pazienti con sospetto di PRES, è raccomandato il riconoscimento precoce dei sintomi specifici ed il loro trattamento incluso il controllo dell’ipertensione (se associata a severa ipertensione non controllata), oltre all’interruzione della terapia con bevacizumab. I sintomi di solito si risolvono o migliorano entro qualche giorno dall’interruzione del trattamento, anche se alcuni pazienti hanno sperimentato qualche sequela neurologica. La sicurezza associata alla ripresa della terapia con bevacizumab in pazienti che hanno precedentemente manifestato PRES non è nota.
Sono stati segnalati 8 casi di PRES tra tutti gli studi clinici. Due casi su otto non hanno avuto conferma radiologica tramite RM.
Proteinuria (vedere paragrafo 4.4)
Negli studi clinici la proteinuria è stata riscontrata in una percentuale tra lo 0,7% e il 54,7% dei pazienti trattati con bevacizumab.
La proteinuria si è manifestata con una severità che ha oscillato da una proteinuria clinicamente asintomatica, transitoria e in tracce, ad una sindrome nefrosica; nella maggior parte dei casi si è trattato di proteinuria di Grado 1 (NCI-CTCAE v.3). La proteinuria di Grado 3 è stata riportata fino nel 10,9% dei pazienti trattati. La proteinuria di Grado 4 (sindrome nefrosica) è stata osservata fino
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all’1,4% dei pazienti trattati. Si raccomanda di controllare la proteinuria prima di iniziare una terapia con bevacizumab. In molti studi clinici, livelli di proteinuria ≥ 2 g/24 h hanno portato alla sospensione di bevacizumab fino all’abbassamento del livello al di sotto di 2 g/24 h.
Emorragia (vedere paragrafo 4.4)
Negli studi clinici per tutte le indicazioni, l’incidenza globale delle reazioni emorragiche di Grado 3–5 secondo l’NCI-CTCAE v.3 è variata dallo 0,4% al 6,9%, in pazienti trattati con bevacizumab rispetto a un massimo del 4,5% dei pazienti nel gruppo di controllo con chemioterapia.
In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate reazioni emorragiche di grado 3–5 nell’8,3% massimo delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione con paclitaxel e topotecan contro il 4,6% massimo delle pazienti trattate con paclitaxel e topotecan.
Le reazioni emorragiche osservate negli studi clinici sono state prevalentemente emorragia associata al tumore (vedere sotto) ed emorragia mucocutanea minore (ad esempio epistassi).
Emorragia associata al tumore (vedere paragrafo 4.4)
Emorragia polmonare/emottisi massiva o importante è stata osservata principalmente in studi su pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC). I possibili fattori di rischio comprendono: istologia a cellule squamose, trattamento con sostanze antireumatiche/antinfiammatorie, trattamento con anticoagulanti, precedente radioterapia, terapia con bevacizumab, anamnesi positiva per aterosclerosi, localizzazione centrale del tumore e cavitazione del tumore prima o durante la terapia. Le uniche variabili che hanno dimostrato correlazioni statisticamente significative con il sanguinamento sono state la terapia con bevacizumab e l’istologia a cellule squamose. I pazienti con NSCLC con confermata istologia a cellule squamose o mista con predominanza di cellule squamose sono stati esclusi dagli studi successivi di fase III, mentre sono stati inclusi i pazienti con istologia tumorale sconosciuta.
Nei pazienti con NSCLC, con l’esclusione di quelli con istologia a predominanza squamocellulare, sono state rilevate reazioni di tutti i Gradi, con una frequenza fino al 9,3% quando trattati con bevacizumab e chemioterapia, rispetto a un massimo del 5% dei pazienti trattati con sola chemioterapia. Reazioni di Grado 3–5 sono state osservate in una percentuale fino al 2,3% dei pazienti trattati con bevacizumab e chemioterapia rispetto a < 1% con sola chemioterapia (NCI-CTCAE v.3). L’emorragia/emottisi polmonare importante o massiva può verificarsi improvvisamente e fino a due terzi delle emorragie polmonari gravi hanno avuto esito fatale.
Emorragie gastrointestinali, inclusi sanguinamento rettale e melena sono stati riportati in pazienti con carcinoma colorettale e sono state valutate come emorragie associate al tumore.
Emorragia associata al tumore è stata raramente riportata anche in tumori di altro tipo e di altra localizzazione, inclusi casi di emorragia del sistema nervoso centrale (SNC) in pazienti con metastasi a livello del SNC (vedere paragrafo 4.4).
L’incidenza di emorragie a livello del SNC in pazienti con metastasi non pretrattate del SNC e che ricevono bevacizumab non è stata valutata prospetticamente in studi clinici randomizzati. In un’analisi retrospettiva esplorativa dei dati di 13 studi randomizzati completati in pazienti con diverse tipologie di tumore, 3 pazienti su 91 (3,3%) con metastasi cerebrali hanno avuto emorragie del SNC (tutte di Grado 4) quando trattati con bevacizumab, rispetto ad 1 caso (di Grado 5) su 96 pazienti (1%) che non erano stati esposti a bevacizumab. In due studi successivi in pazienti con metastasi cerebrali pretrattate (che hanno coinvolto circa 800 pazienti), un caso di emorragia a livello del SNC di Grado 2 si è verificato su 83 pazienti trattati con bevacizumab (1,2%) al momento dell’analisi di sicurezza ad interim (NCI-CTCAE v.3).
In tutti gli studi clinici con, un’emorragia mucocutanea è stata osservata in una percentuale fino al 50% dei pazienti trattati con bevacizumab. Nella maggior parte dei casi si è trattato di epistassi di Grado 1 secondo l’NCI-CTCAE v.3, di durata inferiore a 5 minuti e risoltasi senza intervento medico
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e senza la necessità di variare lo schema posologico di bevacizumab. I dati sulla sicurezza clinica suggeriscono che l’incidenza delle emorragie mucocutanee minori (ad es. epistassi) possa essere dose dipendente.
Sono inoltre stati registrati, meno frequentemente, reazioni di emorragia mucocutanea minore in altri siti; ad esempio sanguinamento gengivale o vaginale.
Tromboembolia (vedere paragrafo 4.4)
Tromboembolia arteriosa
È stata osservata in pazienti trattati con bevacizumab in tutte le indicazioni un’aumentata incidenza di reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi accidenti cerebrovascolari, infarto del miocardio, attacchi ischemici transitori e altre reazioni tromboemboliche arteriose.
Negli studi clinici, l’incidenza globale delle reazioni tromboemboliche arteriose arrivava fino al 3,8% nei bracci contenenti bevacizumab rispetto ad un massimo del 2,1% nei bracci di controllo con chemioterapia. Eventi ad esito fatale sono stati riportati nello 0,8% dei pazienti trattati con bevacizumab in confronto allo 0,5% dei pazienti trattati con chemioterapia da sola. Accidenti cerebrovascolari (inclusi attacchi ischemici transitori) sono stati riportati in un massimo del 2,7% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione con chemioterapia rispetto a un massimo dello 0,5% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia. L’infarto miocardico è stato registrato in un massimo dell’1,4% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione con chemioterapia rispetto a un massimo dello 0,7% dei pazienti trattati con la sola chemioterapia.
In uno studio clinico che ha valutato bevacizumab in associazione con 5-fluorouracile/acido folinico, AVF2192g, sono stati inclusi pazienti con carcinoma colorettale metastatico che non erano candidati al trattamento con irinotecan. In questo studio le reazioni tromboemboliche arteriose sono state osservate nell’11% (11/100) dei pazienti rispetto al 5,8% (6/104) del gruppo di controllo con la chemioterapia.
Tromboembolia venosa
Negli studi clinici, l’incidenza delle reazioni tromboemboliche venose è stata simile nei pazienti trattati con bevacizumab in associazione con chemioterapia rispetto a quelli trattati con la chemioterapia di controllo da sola. Le reazioni tromboemboliche venose includono trombosi venosa profonda, embolia polmonare e tromboflebite.
Negli studi clinici per tutte le indicazioni, l’incidenza globale delle reazioni tromboemboliche venose variava dal 2,8% al 17,3% dei pazienti trattati con bevacizumab in confronto al 3,2%-15,6% dei bracci di controllo.
Reazioni tromboemboliche venose di Grado 3–5 (NCI-CTCAE v.3) sono state segnalate fino ad un massimo del 7,8% dei pazienti trattati con chemioterapia più bevacizumab in confronto ad un massimo del 4,9% dei pazienti trattati solo con chemioterapia (nelle diverse indicazioni, ad esclusione del carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico).
In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono stati segnalati eventi tromboembolici venosi di grado 3–5 nel 15,6% massimo delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione con paclitaxel e cisplatino contro il 7,0% massimo delle pazienti trattate con paclitaxel e cisplatino.
I pazienti che hanno manifestato una reazione tromboembolica venosa possono essere a rischio maggiore di recidiva se ricevono bevacizumab in associazione con chemioterapia rispetto alla chemioterapia da sola.
Insufficienza cardiaca congestizia (ICC)
Negli studi clinici con bevacizumab, l’insufficienza cardiaca congestizia (ICC) si è verificata in tutte le indicazioni tumorali studiate sinora, ma si è manifestata principalmente in pazienti con carcinoma
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mammario metastatico. Nei quattro studi di fase III (AVF2119g, E2100, BO17708 e AVF3694g) in pazienti con carcinoma mammario metastatico è stata segnalata ICC di Grado 3 (NCI-CTCAE v.3) o superiore con un’incidenza fino al 3,5% dei pazienti trattati con bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a un massimo di 0,9% nei bracci di controllo. Per i pazienti inclusi nello studio AVF3694g trattati con antracicline in concomitanza a bevacizumab, l’incidenza di ICC di Grado 3 o superiore per i rispettivi bracci con bevacizumab e di controllo è risultata simile a quella osservata in altri studi condotti sul tumore della mammella metastatico: 2,9% nel braccio trattato con antracicline + bevacizumab e 0% nel braccio trattato con antracicline + placebo. Inoltre, nello studio AVF3694g l’incidenza osservata di ICC di qualunque Grado è stata simile per il braccio trattato con antracicline + bevacizumab (6,2%) e per il braccio trattato con antracicline + placebo (6,0%).
La maggior parte dei pazienti che ha sviluppato ICC durante gli studi clinici nel mBC ha mostrato un miglioramento dei sintomi e/o della funzione ventricolare sinistra dopo terapia medica appropriata.
Nella maggioranza degli studi clinici con bevacizumab, pazienti con pre-esistente ICC di stadio II-IV secondo la NYHA (New York Heart Association) sono stati esclusi e pertanto non sono disponibili informazioni sul rischio di ICC in questa popolazione.
La precedente esposizione alle antracicline e/o precedente radioterapia alla parete toracica possono rappresentare fattori di rischio per lo sviluppo di ICC.
Si è osservato un aumento dell’incidenza di ICC in uno studio clinico condotto su pazienti affetti da linfoma diffuso a grandi cellule B quando trattati con bevacizumab in associazione a una dose cumulativa di doxorubicina superiore a 300 mg/m2. Tale studio di fase III aveva l’obiettivo di confrontare rituximab/ciclofosfamide/doxorubicina/vincristina/prednisone (R-CHOP) in associazione a bevacizumab con R-CHOP senza bevacizumab. Mentre l’incidenza di ICC è stata, in entrambi i bracci di studio, superiore a quella precedentemente osservata per doxorubina, la percentuale è stata superiore nel braccio trattato con R-CHOP e bevacizumab. Questi risultati suggeriscono che si deve considerare un’attenta osservazione clinica con appropriata valutazione cardiologica nei pazienti esposti a dosi cumulative di doxorubicina superiori a 300 mg/m2 quando sono in associazione a bevacizumab.
Reazioni di ipersensibilità/reazioni all’infusione (vedere paragrafo 4.4 ed esperienza postcommercializzazione sotto)
In alcuni studi clinici sono state riportate reazioni anafilattiche o tipo anafilattoide più frequenti in pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in associazione a chemioterapia rispetto a quelli con sola chemioterapia. L’incidenza di queste reazioni in alcuni studi clinici con bevacizumab è comune (fino al 5% dei pazienti trattati con bevacizumab).
Infezioni
In uno studio clinico condotto su pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico (studio GOG-0240), sono state segnalate infezioni di grado 3–5 nel 24% massimo delle pazienti trattate con bevacizumab in associazione con paclitaxel e topotecan contro il 13% massimo delle pazienti trattate con paclitaxel e topotecan.
Insufficienza ovarica/fertilità (vedere paragrafi 4.4 e 4.6)
Nello studio di fase III NSABP C-08 con bevacizumab nel trattamento adiuvante condotto in pazienti affette da carcinoma del colon, l’incidenza di nuovi casi di insufficienza ovarica, definita come amenorrea della durata di 3 mesi o più, con livelli ematici di FSH ≥30 mUI/mL e negatività per il test di gravidanza su β-HCG sieriche, è stata analizzata su 295 donne in premenopausa. Nuovi casi di insufficienza ovarica sono stati segnalati nel 2,6% delle pazienti trattate con mFOLFOX-6 rispetto al 39% del gruppo di pazienti trattate con mFOLFOX-6 + bevacizumab. Al temine del trattamento con bevacizumab, la funzionalità ovarica è ripresa nell’86,2% delle pazienti valutate. Non sono noti gli effetti a lungo termine di bevacizumab sulla fertilità.
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Alterazioni dei parametri di laboratorio
Al trattamento con bevacizumab possono associarsi una riduzione della conta dei neutrofili e dei leucociti, e presenza di proteine nelle urine.
In tutti gli studi clinici, le seguenti alterazioni di Grado 3 e 4 (NCI-CTCAE v.3) nei parametri di laboratorio si sono manifestate nei pazienti trattati con bevacizumab con una differenza almeno del 2% rispetto ai corrispondenti gruppi di controllo: iperglicemia, riduzione dell’emoglobina, ipokaliemia, iponatremia, riduzione della conta dei leucociti, aumento del rapporto normalizzato internazionale (INR).
Studi clinici hanno dimostrato che aumenti transitori della creatinina sierica (compresi tra 1,5–1,9 volte rispetto al livello basale), con e senza proteinuria, sono associati all’uso di bevacizumab. L’aumento di creatinina sierica osservato non è stato associato ad una maggiore incidenza di manifestazioni cliniche di compromissione renale nei pazienti trattati con bevacizumab.
Altre popolazioni speciali
Anziani
In studi clinici randomizzati, un’età > 65 anni è stata associata ad un aumento del rischio di sviluppare reazioni tromboemboliche arteriose, inclusi accidenti cerebrovascolari (ACV), attacchi ischemici transitori (TIA) e infarto del miocardio (IM). Altre reazioni rilevate con frequenza maggiore nei pazienti di età > 65 anni sono state: leucopenia e trombocitopenia di Grado 3–4 (NCI-CTCAE v.3), neutropenia, diarrea, nausea, cefalea e affaticamento di ogni Grado rispetto ai pazienti di età ≤ 65 anni trattati con bevacizumab (vedere paragrafi 4.4 e 4.8 alla voce Tromboembolia ). In uno studio clinico, l’incidenza di ipertensione di Grado ≥ 3 è stata due volte maggiore nei pazienti di età > 65 anni rispetto al gruppo di età più giovane (< 65 anni). In uno studio su pazienti con recidiva di carcinoma ovarico platino-resistente, sono stati segnalati alopecia, infiammazione delle mucose, neuropatia sensoriale periferica, proteinuria e ipertensione, i quali si sono verificati nel braccio CT + BV con un tasso superiore di almeno il 5% nei pazienti di età ≥ 65 anni trattati con bevacizumab rispetto ai pazienti di età < 65 anni trattati con bevacizumab.
Nei pazienti anziani (> 65 anni) trattati con bevacizumab, non è stata rilevata una maggiore incidenza di altre reazioni, incluse perforazione gastrointestinale, complicanze nel processo di cicatrizzazione, ICC ed emorragia rispetto ai pazienti di età ≤ 65 anni trattati con bevacizumab.
Popolazione pediatrica
La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini di età inferiore a 18 anni non sono state stabilite.
Nello studio BO25041 condotto con bevacizumab in aggiunta a radioterapia (RT) post-operatoria associata a temozolomide concomitante e adiuvante nei pazienti pediatrici affetti da glioma di alto grado di nuova diagnosi sovratentoriale, infratentoriale, cerebellare o peduncolare, il profilo di sicurezza è risultato paragonabile a quello osservato in altre forme tumorali in adulti trattati con bevacizumab.
Nello studio BO20924 condotto con bevacizumab in associazione all’attuale terapia standard sul sarcoma metastatico dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma, il profilo di sicurezza di bevacizumab nei bambini trattati è risultato sovrapponibile a quello osservato negli adulti a cui è stato somministrato il medesimo medicinale.
L’uso di bevacizumab non è autorizzato in pazienti di età inferiore ai 18 anni. Nei report pubblicati in letteratura, sono stati osservati casi di osteonecrosi non mandibolare in pazienti di età inferiore ai 18 anni trattati con bevacizumab.
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Esperienza post-commercializzazione
Classificazione per sistemi e organi MedDRA | Reazioni (frequenza*) |
Infezioni e infestazioni | Fascite necrotizzante, di solito determinata da complicazioni nella guarigione delle ferite, perforazione gastrointestinale o formazione di fistole (rara) (vedere anche paragrafo 4.4) |
Patologie del sistema immunitario | Reazioni di ipersensibilità e reazioni all’infusione (non nota); con le seguenti possibili manifestazioni concomitanti: dispnea/difficoltà respiratoria, vampate/arrossamento/eruzione cutanea, ipotensione o ipertensione, desaturazione diossigeno, dolore toracico, rigidità e nausea/vomito (vedere anche paragrafo 4.4 e Reazioni di ipersensibilità/reazioni all’infusione precedente) |
Patologie del sistema nervoso | Encefalopatia ipertensiva (molto rara) (vedere anche paragrafo 4.4 e Ipertensione al paragrafo 4.8) Sindrome da encefalopatia posteriore reversibile (PRES) (rara) (vedere anche paragrafo 4.4) |
Patologie vascolari | Microangiopatia trombotica renale, che può manifestarsi clinicamente con proteinuria (non nota) con o senza l’uso concomitante di sunitinib. Per ulteriori informazioni sulla proteinuria vedere paragrafo 4.4 Proteinuria paragrafo 4.8. |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Perforazione del setto nasale (non nota) Ipertensione polmonare (non nota) Disfonia (comune) |
Patologie gastrointestinali | Ulcera gastrointestinale (non nota) |
Patologie epatobiliari | Perforazione della colecisti (non nota) |
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Casi di osteonecrosi della mandibola/mascella (ONM) sono stati segnalati in pazienti trattati con bevacizumab, la maggior parte dei quali si sono verificati in pazienti con fattori di rischio noti per l’osteonecrosi, in particolare esposizione a somministrazione endovenosa di bifosfonati e/o anamnesi di patologie odontoiatriche che richiedono il ricorso a procedure odontoiatriche invasive (vedere anche paragrafo 4.4) |
Casi di osteonecrosis non mandibolare sono stati osservati in pazienti pediatrici trattati con bevacizumab (vedere paragrafo 4.8 Popolazione pediatrica). | |
Patologie congenite, familiari e genetiche | Sono stati osservati casi di anomalie fetali in donne trattate con bevacizumab in monoterapia o in associazione con noti chemioterapici embriotossici (vedere paragrafo 4.6). |
* se specificata, la frequenza è stata tratta dai dati degli studi clinici
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione riportato nell
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4.9 Sovradosaggio
La dose più alta valutata nell’uomo (20 mg/kg bw, per via endovenosa ogni 2 settimane) è stata associata in molti pazienti ad una severa forma di emicrania.
5. proprietà farmacologiche
5.1 proprietà farmacodinamiche
Categoria farmacoterapeutica: agenti antineoplastici e immunomodulatori, agenti antineoplastici, altri agenti antineoplastici, anticorpi monoclonali, codice ATC: L01X C07
Abevmy è un medicinale biosimilare. Informazioni più dettagliate sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali:
Meccanismo d’azione
Bevacizumab, legandosi al fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari (VEGF), promotore chiave della vasculogenesi e dell’angiogenesi, impedisce a quest’ultimo di legarsi ai suoi recettori, Flt-1 (VEGFR-1) e KDR (VEGFR-2), sulla superficie delle cellule endoteliali. Il blocco dell’attività biologica del VEGF fa regredire la vascolarizzazione dei tumori, normalizza la vascolarizzazione tumorale residua e inibisce la formazione di nuova vascolarizzazione, impedendo perciò la crescita tumorale.
Effetti farmacodinamici
La somministrazione di bevacizumab o del suo corrispondente anticorpo murino in modelli di xenotrapianto di tumore in topi nudi ha dimostrato un’ampia attività antitumorale in tumori umani, inclusi quelli di colon, mammella, pancreas e prostata. La progressione della malattia metastatica è stata bloccata e la permeabilità microvascolare ridotta.
Efficacia clinica
Carcinoma metastatico del colon o del retto (mCRC)
La sicurezza e l’efficacia della dose raccomandata (5 mg/kg bw ogni due settimane) nel carcinoma metastatico del colon o del retto, sono state studiate in tre studi clinici randomizzati con controllo attivo, in associazione con una chemioterapia in prima linea a base di fluoropirimidine. Bevacizumab è stato associato a due regimi chemioterapici:
– Studio AVF2107g: somministrazione settimanale di irinotecan/bolo di 5-fluorouracile/acido folinico (IFL) per un totale di 4 settimane di ciascun ciclo da 6 settimane (regime Saltz).
– Studio AVF0780g: in associazione con 5-fluorouracile/acido folinico (5-FU/AF) in bolo per un totale di 6 settimane di ciascun ciclo da 8 settimane (regime Roswell Park).
– Studio AVF2192g: in associazione con 5-FU/AF in bolo per un totale di 6 settimane di ciascun ciclo da 8 settimane (regime Roswell Park) nei pazienti ritenuti candidati non ottimali per il trattamento in prima linea con irinotecan.
Sono stati condotti tre ulteriori studi con bevacizumab in pazienti con mCRC: in prima linea (NO16966), in seconda linea in pazienti che non avevano ricevuto nessun trattamento precedente con bevacizumab (E3200) e in seconda linea in pazienti precedentemente trattati con bevacizumab in prima linea che erano andati incontro a progressione della malattia (ML18147). In questi studi bevacizumab è stato somministrato in associazione a FOLFOX-4 (5FU/LV/oxaliplatino), XELOX (capecitabina/oxaliplatino), e fluoropirimidine/irinotecan o fluoropirimidine/oxaliplatino, secondo i seguenti regimi di dosaggio:
– Studio NO16966: bevacizumab 7,5 mg/kg bw ogni 3 settimane in associazione con capecitabina orale e oxaliplatino endovenoso (XELOX) o bevacizumab 5 mg/kg ogni 2 settimane in
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associazione con leucovorin più 5-fluorouracile in bolo, seguiti da 5-fluorouracile in infusione, con oxaliplatino endovenoso (FOLFOX-4).
– Studio E3200: bevacizumab 10 mg/kg bw ogni 2 settimane in associazione con leucovorin e 5-fluorouracile in bolo, seguiti da 5-fluorouracile in infusione, con oxaliplatino endovenoso (FOLFOX-4) in pazienti non precedentemente trattati con bevacizumab.
– Studio ML18147: bevacizumab 5,0 mg/kg bw ogni 2 settimane o bevacizumab 7,5 mg/kg bw ogni 3 settimane in associazione a fluoropirimidine/irinotecan o fluoropirimidine/oxaliplatino in pazienti con progressione della malattia in seguito al trattamento di prima linea con bevacizumab. L’impiego di uno schema terapeutico contenente irinotecan o oxaliplatino è stato cambiato a seconda dell’uso di prima linea di oxaliplatino o irinotecan.
AVF2107g
Questo studio clinico, randomizzato, di fase III, effettuato in doppio cieco e con controllo attivo, ha valutato l’associazione di bevacizumab con IFL nel trattamento in prima linea del carcinoma metastatico del colon o del retto. Ottocentotredici pazienti sono stati randomizzati a ricevere IFL + placebo (braccio 1) oppure IFL + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane, braccio 2). Un terzo gruppo di 110 pazienti ha ricevuto 5-FU/AF in bolo + bevacizumab (braccio 3). L’arruolamento nel braccio 3 è stato interrotto, come previsto, una volta stabilita e ritenuta accettabile la sicurezza di bevacizumab in associazione con il regime IFL. Tutti i trattamenti sono stati portati avanti fino alla progressione della malattia. L’età media complessiva era di 59,4 anni; il 56,6% dei pazienti presentava un performance status ECOG pari a 0, il 43% aveva un livello di 1 e lo 0,4% un livello di 2. Il 15,5% era stato sottoposto precedentemente a radioterapia e il 28,4% a chemioterapia.
La sopravvivenza globale (overall survival, OS) ha costituito l’obiettivo primario per la valutazione dell’efficacia nello studio. L’aggiunta di bevacizumab al regime IFL ha determinato incrementi statisticamente significativi della OS, sopravvivenza libera da progressione (progression-free survival , PFS) e tasso di risposta globale (overall response rate , ORR) (vedere tabella 4). Il beneficio clinico, misurato in termini di OS, è stato osservato in tutti i sottogruppi di pazienti pre-specificati, inclusi quelli definiti in base ad età, sesso, performance status, sede del tumore primario, numero di organi coinvolti e durata della malattia metastatica.
I risultati relativi all’efficacia di bevacizumab in associazione con chemioterapia con IFL sono illustrati nella tabella 4.
Tabella 4. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio AVF2107g
AVF2107g | ||
Braccio 1 IFL + placebo | Braccio 2 IFL + bevacizumaba | |
Numero di pazienti | 411 | 402 |
Sopravvivenza globale | ||
Tempo mediano (mesi) | 15,6 | 20,3 |
IC 95% | 14,29 – 16,99 | 18,46 – 24,18 |
Hazard ratiob | 0,660 (valore di p = 0,00004) | |
Sopravvivenza libera da progressione | ||
Tempo mediano (mesi) | 6,2 | 10,6 |
Hazard ratio | 0,54 (valore di p < 0,0001) | |
Tasso di risposta globale | ||
Tasso (%) | 34,8 | 44,8 |
(valore di p = 0,0036) |
a 5 mg/kg ogni 2 settimane.
b Relativamente al braccio di controllo.
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Tra i 110 pazienti randomizzati al braccio 3 (5-FU/AF + bevacizumab) prima dell’interruzione di questo braccio, la durata mediana della OS è stata di 18,3 mesi e la PFS mediana è stata di 8,8 mesi.
AVF2192g
Questo studio clinico, randomizzato, di fase II, effettuato in doppio cieco e con controllo attivo, ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con 5-FU/acido folinico nel trattamento in prima linea del tumore metastatico colorettale in pazienti non ritenuti candidati ottimali alla terapia in prima linea con irinotecan. Centocinque pazienti sono stati randomizzati al braccio di trattamento con 5-FU/AF + placebo e 104 pazienti al braccio di trattamento con 5-FU/AF + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane). Tutti i trattamenti sono stati portati avanti fino alla progressione della malattia. L’aggiunta di bevacizumab 5 mg/kg ogni due settimane a 5-FU/AF ha determinato tassi di risposta obiettiva superiori, una PFS significativamente maggiore e una tendenza ad una sopravvivenza maggiore rispetto alla sola chemioterapia 5-FU/AF.
AVF0780g
Questo studio clinico, randomizzato, di fase II, con controllo attivo ed effettuato in aperto, ha valutato bevacizumab in associazione con 5-FU/AF nel trattamento in prima linea del tumore metastatico colorettale. L’età mediana era di 64 anni. Il 19% dei pazienti era stato sottoposto precedentemente a chemioterapia e il 14% a radioterapia. Settantuno pazienti sono stati randomizzati a ricevere il regime 5-FU/AF in bolo o l’associazione 5-FU/AF + bevacizumab (5 mg/kg ogni 2 settimane). Un terzo gruppo di 33 pazienti ha ricevuto 5-FU/AF in bolo + bevacizumab (10 mg/kg ogni 2 settimane). I pazienti sono stati trattati fino alla progressione della malattia. Gli endpoint primari dello studio sono stati il tasso di risposta obiettiva e la PFS. L’aggiunta di bevacizumab 5 mg/kg ogni due settimane a 5-FU/AF ha determinato tassi di risposta obiettiva superiori, una PFS maggiore e una tendenza ad una sopravvivenza maggiore rispetto alla sola chemioterapia 5-FU/AF (vedere tabella 5). Questi dati relativi all’efficacia sono in linea con i risultati emersi nello studio AVF2107g.
I dati relativi all’efficacia emersi negli studi AVF0780g e AVF2192g, che hanno valutato l’impiego di bevacizumab in associazione con la chemioterapia 5-FU/AF, sono riassunti nella tabella 5.
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Tabella 5. Dati relativi all’efficacia degli studi AVF0780g e AVF2192g
AVF0780g | AVF2192g | ||||
5-FU/AF | 5-FU/AF + bevacizumaba | 5-FU/AF + bevacizumabb | 5-FU/AF + placebo | 5-FU/AF + bevacizumab | |
Numero di pazienti | 36 | 35 | 33 | 105 | 104 |
Sopravvivenza globale | |||||
Tempo mediano (mesi) | 13,6 | 17,7 | 15,2 | 12,9 | 16,6 |
IC 95% | 10,35 – 16,95 | 13,63 – 19,32 | |||
Hazard ratioc | – | 0,52 | 1,01 | 0,79 | |
valore di p | 0,073 | 0,978 | 0,16 | ||
Sopravvivenza libera da progressione | |||||
Tempo mediano (mesi) | 5,2 | 9,0 | 7,2 | 5,5 | 9,2 |
Hazard ratio | 0,44 | 0,69 | 0,5 | ||
valore di p | – | 0,0049 | 0,217 | 0,0002 | |
Tasso di risposta globale | |||||
Tasso (percentuale) | 16,7 | 40,0 | 24,2 | 15,2 | 26 |
IC 95% | 7,0 – 33,5 | 24,4 – 57,8 | 11,7 – 42,6 | 9,2 – 23,9 | 18,1 – 35,6 |
valore di p | 0,029 | 0,43 | 0,055 | ||
Durata della risposta | |||||
Tempo mediano (mesi) | NR | 9,3 | 5,0 | 6,8 | 9,2 |
25°/75° percentile (mesi) | 5,5 – NR | 6,1 – NR | 3,8 – 7,8 | 5,59 – 9,17 | 5,88 – 13,01 |
a 5 mg/kg ogni 2 settimane. b 10 mg/kg ogni 2 settimane. c Relativamente al braccio di controllo. NR = non raggiunto.
NO16966
Questo era uno studio di fase III, randomizzato in doppio cieco (per bevacizumab), per valutare bevacizumab 7,5 mg/kg in associazione con capecitabina orale e oxaliplatino endovena (XELOX), somministrati a cicli di 3 settimane, oppure bevacizumab 5 mg/kg in associazione con leucovorin e 5-fluorouracile in bolo, seguiti da 5-fluorouracile infusionale, con oxaliplatino endovena (FOLFOX-4) somministrati a cicli di 2 settimane. Lo studio era composto da due fasi: una parte iniziale in aperto con 2 bracci (parte I) dove i pazienti erano randomizzati a due differenti gruppi di trattamento (XELOX e FOLFOX-4), e una parte successiva con 4 bracci 2 × 2 fattoriale (parte II) dove i pazienti erano randomizzati a quattro gruppi di trattamento (XELOX + placebo, FOLFOX-4 + placebo, XELOX + bevacizumab, FOLFOX-4 + bevacizumab). Nella parte II, l’assegnazione del trattamento era in doppio cieco relativamente alla somministrazione di bevacizumab.
Circa 350 pazienti sono stati randomizzati in ciascuno dei 4 bracci di studio nella parte II dello studio.
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Tabella 6. Regimi di trattamento nello studio NO16966 (mCRC)
Trattamento | Dose iniziale | Programmazione | |
FOLFOX-4 o FOLFOX-4 + bevacizumab | Oxaliplatino Leucovorin 5-Fluorouracile | 85 mg/m2 endovena 2 h 200 mg/m2 endovena 2 h 400 mg/m2 endovena bolo, 600 mg/m2 endovena 22 h | Oxaliplatino al giorno 1 Leucovorin al giorno 1 e 2 5-fluorouracile endovena bolo e infusione, al giorno 1 e 2 |
Placebo o bevacizumab | 5 mg/kg endovena 30–90 min | Giorno 1, prima di FOLFOX-4, ogni 2 settimane | |
XELOX o XELOX + bevacizumab | Oxaliplatino Capecitabina | 130 mg/m2 endovena 2 h 1000 mg/m2 orale due volte al giorno | Oxaliplatino al giorno 1 Capecitabina orale due volte al giorno per 2 settimane (seguita da 1 settimana senza trattamento) |
Placebo o bevacizumab | 7,5 mg/kg endovena 30–90 min | Giorno 1, prima di XELOX, ogni 3 settimane | |
5-Fluorouracile: | bolo endovena immediatamente dopo leucovorin |
Il parametro primario per la valutazione dell’efficacia dello studio era la durata della PFS. In questo studio vi erano due diversi obiettivi primari: dimostrare che XELOX non era inferiore a FOLFOX-4 e mostrare che bevacizumab in associazione con chemioterapia FOLFOX-4 o XELOX era superiore alla chemioterapia da sola. Entrambi gli obiettivi primari sono stati raggiunti:
– la non inferiorità dei bracci contenenti XELOX rispetto ai bracci contenenti FOLFOX-4 nel confronto globale è stata dimostrata in termini di PFS e di OS nella popolazione eleggibile trattata come da protocollo;
– la superiorità dei bracci contenenti bevacizumab rispetto ai bracci con solo chemioterapia nel confronto globale è stata dimostrata in termini di PFS nella popolazione ITT (tabella 7).
Le analisi secondarie di PFS, basate sulla valutazione delle risposte di pazienti “in trattamento”, hanno confermato il beneficio clinico significativamente superiore per i pazienti trattati con bevacizumab (analisi mostrate nella tabella 7), in linea con il beneficio statisticamente significativo osservato nell’analisi combinata.
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Endpoint (mesi) | FOLFOX-4 o XELOX + placebo (n=701) | FOLFOX-4 o XELOX + bevacizumab (n=699) | Valore di p |
Endpoint primario | |||
PFS mediana | 8,0 | 9,4 | 0,0023 |
Hazard ratio (IC 97,5%)a | 0,83 (0,72–0,95) | ||
Endpoint secondari | |||
PFS mediana (in trattamento) | 7,9 | 10,4 | < 0,0001 |
Hazard ratio (IC 97,5%) | 0,63 (0,52–0,75) | ||
Tasso di risposta globale (valutazione dello sperimentatore)** | 49,2% | 46,5% | |
Sopravvivenza mediana globale* | 19,9 | 21,2 | 0,0769 |
Hazard ratio (IC 97,5%) | 0,89 (0,76–1,03) |
* Analisi sulla OS al cut-off clinico del 31 gennaio 2007 ** Analisi primaria al cut-off clinico del 31 gennaio 2006 a Relativamente al braccio di controllo
Nel sottogruppo in trattamento con FOLFOX, la PFS mediana era di 8,6 mesi nei pazienti trattati con placebo e di 9,4 mesi in quelli trattati con bevacizumab, HR = 0,89, IC 97,5% = [0,73; 1,08]; valore di p = 0,1871, mentre i risultati corrispondenti nel sottogruppo trattato con XELOX erano 7,4 vs.
9,3 mesi, HR = 0,77, IC 97,5% = [0,63; 0,94]; valore di p = 0,0026.
Nel sottogruppo in trattamento con FOLFOX la OS mediana era di 20,3 mesi nei pazienti trattati con placebo e di 21,2 mesi in quelli trattati con bevacizumab, HR = 0,94, IC 97,5% = [0,75; 1,16]; valore di p = 0,4937, mentre i risultati corrispondenti nel sottogruppo trattato con XELOX erano 19,2 vs. 21,4 mesi, HR = 0,84, IC 97,5% = [0,68; 1,04]; valore di p = 0,0698.
ECOG E3200
Questo era uno studio di fase III randomizzato, controllato in aperto per valutare bevacizumab 10 mg/kg in associazione con leucovorin e 5-fluorouracile in bolo seguiti da 5-fluorouracile infusionale con oxaliplatino endovena (FOLFOX-4), somministrati a cicli di 2 settimane in pazienti già precedentemente trattati (seconda linea) con carcinoma colorettale avanzato. Nei bracci con chemioterapia, il regime FOLFOX-4 era utilizzato alle stesse dosi e lo stesso schema mostrato nella tabella 6 per lo studio NO16966.
Il parametro primario dello studio per la valutazione dell’efficacia era la OS definita come il tempo tra la randomizzazione e la morte per una qualsiasi causa. Sono stati randomizzati ottocentoventinove pazienti (292 FOLFOX-4, 293 bevacizumab + FOLFOX-4 e 244 bevacizumab in monoterapia).
L’aggiunta di bevacizumab al regime FOLFOX-4 ha prolungato in maniera statisticamente significativa la sopravvivenza. Sono stati osservati anche miglioramenti statisticamente significativi nella PFS e nel tasso di risposta obiettiva (vedere tabella 8).
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Tabella 8. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio E3200
E3200 | ||
FOLFOX-4 | FOLFOX-4 + bevacizumaba | |
Numero di pazienti | 292 | 293 |
Sopravvivenza globale | ||
Mediana (mesi) | 10,8 | 13,0 |
IC 95% | 10,12 – 11,86 | 12,09 – 14,03 |
Hazard ratiob | 0,751 (valore di p = 0,0012) | |
Sopravvivenza libera da progressione | ||
Mediana (mesi) | 4,5 | 7,5 |
Hazard ratio | 0,518 (valore di p < 0,0001) | |
Tasso di risposta obiettiva | ||
Tasso | 8,6% | 22,2% |
(valore di p < 0,0001) |
a 10 mg/kg pc ogni 2 settimane
b Relativamente al braccio di controllo
Non è stata osservata alcuna differenza significativa nella durata della OS tra i pazienti che hanno ricevuto bevacizumab in monoterapia e i pazienti trattati con FOLFOX-4. La PFS e il tasso di risposta obiettiva erano inferiori nel braccio con bevacizumab in monoterapia rispetto al braccio con FOLFOX-4.
ML18147
Questo studio clinico di fase III, randomizzato, controllato, in aperto, ha valutato l’impiego di bevacizumab 5,0 mg/kg ogni 2 settimane o 7,5 mg/kg ogni 3 settimane in associazione a chemioterapia a base di fluoropirimidine vs chemioterapia con fluoropirimidine in monoterapia in pazienti con mCRC che sono andati incontro a progressione dopo un trattamento di prima linea contenente bevacizumab.
I pazienti con mCRC confermato istologicamente e progressione della malattia, sono stati randomizzati in rapporto 1:1 entro 3 mesi dopo l’interruzione della terapia di prima linea con bevacizumab, a ricevere una chemioterapia a base di fluoropirimidine/oxaliplatino o di fluoropirimidine/irinotecan (chemioterapia cambiata in base alla chemioterapia ricevuta in prima linea) con o senza bevacizumab. Il trattamento è stato proseguito fino alla progressione della malattia o allo sviluppo di tossicità inaccettabile. L’endpoint primario dello studio era la OS definita come il tempo intercorso dalla randomizzazione al decesso per qualsiasi causa.
Sono stati randomizzati 820 pazienti. L’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia a base di fluoropirimidine ha determinato un prolungamento statisticamente significativo della sopravvivenza dei pazienti con mCRC che sono andati incontro a progressione dopo un trattamento di prima linea contenente bevacizumab (ITT = 819) (vedere Tabella 9).
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Tabella 9. Risultati di efficacia per lo studio ML18147 (popolazione ITT)
ML18147 | ||
Chemioterapia con fluoropirimidine/irinotecan o fluoropirimidine/oxaliplatin o | Chemioterapia con fluoropirimidine/irinotecan o fluoropirimidine/oxaliplatin o + bevacizumaba | |
Numero di pazienti | 410 | 409 |
Sopravvivenza globale (OS) | ||
Mediana (mesi) | 9,8 | 11,2 |
Hazard ratio (HR) (intervallo di confidenza 95%) | 0,81 (0,69; 0,94) (valore di p = 0,0062) | |
Sopravvivenza libera da progressione (PFS) | ||
Mediana (mesi) | 4,1 | 5,7 |
Hazard ratio (HR) (intervallo di confidenza 95%) | 0,68 (0,59; 0,78) (valore di p < 0,0001) | |
Tasso di risposta obiettiva (ORR) | ||
Pazienti inclusi nell’analisi | 406 | 404 |
Tasso | 3,9% | 5,4% |
(valore di p = 0,3113) |
a5,0 mg/kg ogni 2 settimane o 7,5 mg/kg ogni 3 settimane
Sono stati osservati miglioramenti statisticamente significativi anche nella PFS. Il tasso di risposta obiettiva è risultato basso in entrambi i bracci di trattamento e la differenza non significativa.
Lo studio E3200 ha usato una dose di bevacizumab di 5 mg/kg /settimana in pazienti non precedentemente trattati con bevacizumab, mentre lo studio ML18147 ha utilizzato una dose di bevacizumab di 2,5 mg/kg/settimana in pazienti pretrattati con bevacizumab. Un confronto tra studi in termini di efficacia e sicurezza è limitato dalle differenze fra gli studi stessi, soprattutto in termini di popolazione di pazienti, precedentemente trattati con bevacizumab e regimi chemioterapici. Sia la dose di bevacizumab di 5 mg/kg/settimana sia quella di 2,5 mg/kg/settimana hanno fornito un beneficio statisticamente significativo per quanto riguarda la OS (HR 0,751 nello studio E3200; HR 0,81 nello studio ML18147) e la PFS (HR 0,518 nello studio E3200; HR 0,68 nello studio ML18147). In termini di sicurezza, c’è stata una più alta incidenza globale di EA di Grado 3–5 nello studio E3200 rispetto allo studio ML18147.
Carcinoma mammario metastatico (mBC)
Sono stati condotti due vasti studi di fase III, allo scopo di valutare in termini di PFS quale obiettivo primario, l’effetto del trattamento con bevacizumab in associazione con due regimi chemioterapici differenti. In entrambi gli studi si è osservato un incremento della PFS, significativo sia dal punto di vista clinico che statistico.
Sono riassunti di seguito i risultati della PFS relativi ai singoli agenti chemioterapici inclusi nell’indicazione:
– Studio E2100 (paclitaxel)
– Incremento di 5,6 mesi della PFS mediana, HR 0,421 (p < 0,0001, IC 95% 0,343; 0,516)
– Studio AVF3694g (capecitabina)
– Incremento di 2,9 mesi della PFS mediana, HR 0,69 (p = 0,0002, IC 95% 0,56; 0,84)
Ulteriori dettagli relativi a ciascuno studio sono riportati di seguito.
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ECOG E2100
Lo studio E2100 è uno studio clinico multicentro, a disegno aperto, randomizzato, con controllo attivo, che ha valutato bevacizumab in associazione con paclitaxel per il carcinoma mammario metastatico o localmente ricorrente su pazienti che non sono stati precedentemente trattati con chemioterapia per la malattia metastatica e localmente ricorrente. I pazienti sono stati randomizzati a paclitaxel da solo (90 mg/m2 in infusione e.v. di 1 ora una volta alla settimana per tre settimane ogni quattro) o in associazione con bevacizumab (10 mg/kg in infusione e.v. ogni due settimane). Si è consentita una precedente terapia ormonale per il trattamento della malattia metastatica. La terapia adiuvante con un taxano è stata permessa solo se completata almeno 12 mesi prima dell’inclusione nello studio. Tra i 722 pazienti dello studio, la maggioranza dei pazienti presentava malattia HER2-negativa (90%), con un piccolo numero di pazienti che aveva uno stato HER2 sconosciuto (8%) o confermato positivo (2%) precedentemente trattati con trastuzumab o ritenuti non candidabili alla terapia con trastuzumab. Inoltre, il 65% dei pazienti aveva ricevuto una precedente chemioterapia adiuvante, a base di taxani nel 19% dei casi e antracicline nel 49% dei casi. Sono stati esclusi i pazienti con metastasi al sistema nervoso centrale, comprese le lesioni al cervello precedentemente trattate o resecate.
Nello studio E2100, i pazienti sono stati trattati fino a progressione della malattia. Nei casi che richiedevano una precoce interruzione della chemioterapia, il trattamento con bevacizumab in monoterapia è proseguito fino a progressione della malattia. Le caratteristiche dei pazienti sono risultate simili tra i due bracci dello studio. L’obiettivo primario dello studio è stato la sopravvivenza libera da progressione (PFS), in base alla valutazione della progressione della malattia da parte degli sperimentatori dello studio. In aggiunta, è stata condotta anche una valutazione indipendente dell’obiettivo primario. I risultati di questo studio sono riportati nella tabella 10.
Tabella 10. Risultati di efficacia dello studio E2100
Sopravvivenza libera da progressione | ||||
Valutazione de | llo sperimentatore* | Valutazione IRF | ||
Paclitaxel (n=354) | Paclitaxel/ bevacizumab (n=368) | Paclitaxel (n=354) | Paclitaxel/ bevacizumab (n=368) | |
PFS mediana (mesi) | 5,8 | 11,4 | 5,8 | 11,3 |
HR (IC 95%) | 0,421 (0,343; 0,516) | 0,483 (0,385; 0,607) | ||
valore di p | < 0,0001 | < 0,0001 | ||
Tassi di risposta (per pazienti con malattia misurabile) | ||||
Valutazione dello sperimentatore | Valutazione IRF | |||
Paclitaxel (n=273) | Paclitaxel/ bevacizumab (n=252) | Paclitaxel (n=243) | Paclitaxel/ bevacizumab (n=229) | |
% pazienti con risposta obiettiva | 23,4 | 48,0 | 22,2 | 49,8 |
valore di p | < 0,0001 | < 0,0001 |
* analisi primaria
Sopravvivenza globale | ||
Paclitaxel (n=354) | Paclitaxel/ Bevacizumab (n=368) | |
OS mediana (mesi) | 24,8 | 26,5 |
HR (IC 95%) | 0,869 (0,722; 1,046) | |
valore di p | 0,1374 |
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Il beneficio clinico di bevacizumab valutato in termini di PFS è stato osservato in tutti i sottogruppi predefiniti analizzati (inclusi l’intervallo libero da malattia, il numero dei siti metastatici, la precedente assunzione di chemioterapia adiuvante e lo stato del recettore per gli estrogeni (RE)).
AVF3694g
AVF3694g è uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, controllato contro placebo disegnato per valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con chemioterapia rispetto a chemioterapia più placebo nel trattamento in prima linea di pazienti con tumore della mammella HER2 negativo metastatico o localmente ricorrente.
Il regime chemioterapico è stato scelto a discrezione dello sperimentatore prima della randomizzazione, in rapporto 2:1, a ricevere chemioterapia più bevacizumab o chemioterapia più placebo. Le opzioni chemioterapiche comprendevano capecitabina, taxani (paclitaxel legato a proteina, docetaxel) e regimi contenenti antracicline (doxorubicina/ ciclofosfamide, epirubicina/ ciclofosfamide, 5-fluorouracile/ doxorubicina/ ciclofosfamide, 5-fluorouracile/epirubicina/ciclofosfamide) somministrati ogni 3 settimane. Bevacizumab o placebo sono stati somministrati alla dose di 15 mg/kg ogni tre settimane.
Questo studio comprendeva una fase di trattamento in cieco, una fase opzionale in aperto dopo la progressione della malattia e una fase di follow-up per valutare la sopravvivenza. Durante la fase di trattamento in cieco le pazienti ricevevano il trattamento chemioterapico e il medicinale (bevacizumab o placebo) ogni 3 settimane fino a progressione della malattia, tossicità limitante il trattamento o decesso. Alla documentata progressione della malattia, le pazienti inserite nella fase opzionale in aperto potevano ricevere bevacizumab in aperto in associazione ad una ampia varietà di agenti approvati per la seconda linea.
Le analisi statistiche sono state condotte indipendentemente per le due coorti di pazienti: 1) pazienti sottoposte a capecitabina in associazione con bevacizumab o placebo; 2) pazienti sottoposte a regimi a base di taxani o antracicline in associazione con bevacizumab o placebo. L’endpoint primario dello studio era la PFS secondo la valutazione dello sperimentatore. Inoltre, l’endpoint primario è stato valutato anche da un comitato di revisione indipendente (IRC).
I risultati di questo studio derivanti dall’analisi finale definita nel protocollo e condotta nella coorte con potenza statisticamente indipendente di pazienti trattate con capecitabina dello studio AVF3694g relativamente alla PFS e ai tassi di risposta sono riportati nella tabella 11. I risultati provenienti da un’analisi esplorativa sulla OS che include ulteriori 7 mesi di follow-up (circa il 46% dei pazienti era deceduto) sono altresì indicati. La percentuale di pazienti che hanno ricevuto bevacizumab nella fase in aperto è stata del 62,1% nel braccio con capecitabina + placebo e 49,9% nel braccio con capecitabina + bevacizumab.
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Sopravvivenza libera da progressione (PFS)b | ||||
Valutazione dello sperimentatore | Valutazione IRC | |||
Cap + pl (n=206) | Cap + bevacizumab (n=409) | Cap + pl (n=206) | Cap + bevacizumab (n=409) | |
PFS mediana (mesi) | 5,7 | 8,6 | 6,2 | 9,8 |
Hazard ratio (HR) vs braccio placebo (IC 95%) | 0,69 (0,56; 0,84) | 0,68 (0,54; 0,86) | ||
valore di p | 0,0002 | 0,0011 | ||
Tasso di risposta (per pazienti con malattia misurabile)b | ||||
Cap + pl (n=161) | Cap + bevacizumab (n=325) | |||
% pazienti con risposta obiettiva | 23,6 | 35,4 | ||
valore di p | 0,0097 | |||
Sopravvivenza globaleb | ||||
HR (IC 95%) | 0,88 (0,69; 1,13) | |||
Valore di p (esplorativo) | 0,33 |
a1.000 mg/m2 per via orale due volte al giorno per 14 giorni somministrati ogni 3 settimane bAnalisi stratificata comprensiva di tutti gli eventi di progressione e morte esclusi quelli per i quali un trattamento non previsto dal protocollo (NPT) era stato iniziato prima della progressione documentata; i dati di questi pazienti sono stati censurati all’ultima valutazione del tumore prima dell’inizio della NPT.
Un’analisi non stratificata della PFS (valutata dagli sperimentatori) è stata condotta senza censurare i pazienti per le quali si era iniziato un trattamento non previsto dal protocollo (NPT) prima di una progressione della malattia. I risultati di queste analisi sono risultati molto simili ai risultati dell’analisi primaria della PFS.
Carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC)
Trattamento in prima linea del NSCLC non squamocellulare in associazione con chemioterapia a base di platino
La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab in aggiunta a chemioterapia a base di platino nel trattamento in prima linea di pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) non squamocellulare sono state esaminate negli studi E4599 e BO17704. Nello studio E4599 è stato dimostrato un beneficio in termini di OS con una dose di bevacizumab di 15 mg/kg una volta ogni 3 settimane. Lo studio BO17704 ha dimostrato che entrambi i dosaggi di bevacizumab di 7,5 mg/kg e di 15 mg/kg una volta ogni 3 settimane aumentano la PFSe il tasso di risposta.
E4599
Lo studio E4599 era uno studio clinico multicentrico, in aperto, randomizzato, controllato rispetto a un farmaco attivo per la valutazione di bevacizumab come trattamento in prima linea di pazienti con NSCLC localmente avanzato (stadio IIIb con effusione pleurica maligna) metastatico o ricorrente con istologia non a cellule squamose predominanti.
I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con chemioterapia a base di platino (paclitaxel 200 mg/m2 e carboplatino AUC = 6,0, entrambi per infusione endovena) (PC) nel giorno 1 di ogni ciclo da 3 settimane fino a 6 cicli oppure PC in associazione con bevacizumab alla dose di 15 mg/kg
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per infusione endovenaal giorno 1 di infusione di ogni ciclo di 3 settimane. Al completamento dei sei cicli di chemioterapia con carboplatino-paclitaxel o alla sospensione precoce della chemioterapia, i pazienti nel braccio bevacizumab + carboplatino-paclitaxel hanno continuato a ricevere bevacizumab come monoterapia ogni 3 settimane fino alla progressione della malattia. Sono stati randomizzati 878 pazienti nei due bracci.
Durante lo studio, dei pazienti che hanno ricevuto il trattamento in studio, il 32,2% (136/422) ha ricevuto 7–12 somministrazioni di bevacizumab e il 21,1% (89/422) ha ricevuto 13 o più somministrazioni di bevacizumab.
L’endpoint primario era la durata della sopravvivenza. I risultati sono presentati nella tabella 12.
Tabella 12. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio E4599
Braccio 1 Carboplatino/paclitaxel | Braccio 2 Carboplatino/paclitaxel + bevacizumab 15 mg/kg ogni 3 settimane | |
Numero di pazienti | 444 | 434 |
Sopravvivenza globale | ||
Mediana (mesi) | 10,3 | 12,3 |
Hazard ratio | 0,80 (p=0,003) IC 95% (0,69; 0,93) | |
Sopravvivenza libera da progressione | ||
Mediana (mesi) | 4,8 | 6,4 |
Hazard ratio | 0,65 (p < 0,0001) IC 95% (0,56; 0,76) | |
Tasso di risposta globale | ||
Tasso (percentuale) | 12,9 | 29,0 (p < 0,0001) |
In un’analisi esplorativa, il beneficio di bevacizumab sulla OS è risultato meno rilevante nel sottogruppo di pazienti che non presentava istologia di adenocarcinoma.
BO17704
Lo studio BO17704 era uno studio randomizzato, in doppio cieco, di fase III su bevacizumab in aggiunta a cisplatino e gemcitabina rispetto a placebo, cisplatino e gemcitabina in pazienti con NSCLC non squamocellulare localmente avanzato (stadio III b con metastasi nei linfonodi sopraclavicolari o effusione maligna pleurica o pericardica), metastatico o ricorrente, che non avevano ricevuto precedente chemioterapia. L’endpoint primario era la PFS; fra gli endpoint secondari dello studio era inclusa la durata della OS.
I pazienti sono stati randomizzati a chemioterapia a base di platino, cisplatino 80 mg/m2 per infusione endovenosa al giorno 1 e gemcitabina 1250 mg/m2 per infusione endovenosa ai giorni 1 e 8 di ogni ciclo di 3 settimane fino a 6 cicli (CG) con placebo oppure a CG con bevacizumab alla dose di 7,5 o 15 mg/kg per infusione endovena al giorno 1 di ogni ciclo di 3 settimane. Nei bracci con bevacizumab, i pazienti potevano ricevere bevacizumab come monoterapia ogni 3 settimane fino alla progressione della malattia o fino alla comparsa di tossicità intollerabile. I risultati dello studio hanno mostrato che il 94% (277/296) dei pazienti eleggibili continuavano a ricevere bevacizumab come monoterapia al ciclo 7. Una elevata percentuale di pazienti (circa il 62%) è stata sottoposta a numerose terapie antitumorali, non specificate da protocollo, che potrebbero aver avuto un impatto sull’analisi della OS.
I risultati di efficacia sono presentati nella tabella 13.
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Tabella 13. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio BO17704
Cisplatino/gemcitabina + placebo | Cisplatino/gemcitabina + bevacizumab 7,5 mg/kg ogni 3 settimane | Cisplatino/gemcitabina + bevacizumab 15 mg/kg ogni 3 settimane | |
Numero di pazienti | 347 | 345 | 351 |
Sopravvivenza libera da progressione Mediana (mesi) Hazard ratio | 6,1 | 6,7 (p = 0,0026) 0,75 [0,62; 0,91] | 6,5 (p = 0,0301) 0,82 [0,68; 0,98] |
Tasso della migliore risposta globalea | 20,1% | 34,1% (p < 0,0001) | 30,4% (p=0,0023) |
apazienti con malattia misurabile al basale
Sopravvivenza globale | |||
Mediana (mesi) Hazard ratio | 13,1 | 13,6 (p = 0,4203) 0,93 [0,78; 1,11] | 13,4 (p = 0,7613) 1,03 [0,86; 1,23] |
Trattamento in prima linea del NSCLC non squamocellulare con mutazioni attivanti dell’EGFR in associazione con erlotinib
JO25567
Lo studio JO25567 è uno studio di fase II, randomizzato, in aperto e multicentrico che è stato condotto in Giappone al fine di valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con erlotinib in pazienti affetti da NSCLC non squamocellulare con mutazioni attivanti dell’EGFR (delezione dell’esone 19 o mutazione dell’esone 21 L858R) non precedentemente sottoposti a terapia sistemica per malattia in stadio IIIB/IV o ricorrente.
L’endpoint primario era la PFS basata su una valutazione indipendente. Tra gli endpoint secondari figuravano OS, tasso di risposta, tasso di controllo della malattia, durata della risposta e sicurezza.
Lo stato mutazionale di EGFR è stato determinato per ciascun paziente prima della fase di screening e 154 soggetti sono stati randomizzati al trattamento con erlotinib + bevacizumab (erlotinib 150 mg tutti i giorni per via orale + bevacizumab [15 mg/kg endovena ogni 3 settimane]) o erlotinib in monoterapia (150 mg tutti i giorni per via orale) fino a progressione della malattia (PD) o insorgenza di tossicità inaccettabile. In assenza di PD, come specificato nel protocollo dello studio, l’interruzione della somministrazione di un componente del trattamento in studio del braccio erlotinib + bevacizumab non ha determinato la sospensione dell’altro componente di tale terapia.
I risultati di efficacia dello studio sono illustrati nella tabella 14.
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Tabella 14. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio JO25567
Erlotinib N = 77# | Erlotinib + bevacizumab N = 75# | |
PFS ^ (mesi) Mediana | 9,7 | 16,0 |
HR (IC 95%) valore di p | 0,54 (0,3 0,0 | 6; 0,79) 015 |
Tasso di risposta globale Tasso (n) | 63,6% (49) | 69,3% (52) |
valore di p | 0,4951 | |
Sopravvivenza globale* (mesi) Mediana | 47,4 | 47,0 |
HR (IC 95%) valore di p | 0,81 (0, 0,3 | 3; 1,23) 267 |
# Complessivamente sono stati randomizzati 154 pazienti (ECOGPS 0 o 1). Due dei soggetti randomizzati hanno tuttavia interrotto la sperimentazione prima che venisse somministrato il trattamento in studio.
^ Revisione indipendente in cieco (analisi primaria definita dal protocollo).
*Analisi esplorativa: analisi finale della OS al cut-off clinico del 31 ottobre 2017; è stato osservato il decesso di circa il 59% dei pazienti.
IC, intervallo di confidenza; HR, hazard ratio dell’analisi di regressione di Cox non stratificata; NR, non raggiunta.
Carcinoma renale avanzato e/o metastatico (mRCC)
Bevacizumab in associazione con interferone alfa-2a per il trattamento in prima linea del carcinoma renale avanzato e/o metastatico (BO17705)
Si è trattato di uno studio di fase III randomizzato in doppio cieco effettuato per valutare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con interferone (IFN) alfa-2a rispetto a interferone (IFN) alfa-2a da solo nel trattamento in prima linea del mRCC. I 649 pazienti randomizzati (641 trattati) avevano un Karnofsky Performance Status (KPS) ≥ 70%, nessuna metastasi a livello del SNC e un’adeguata funzione d’organo. I pazienti erano nefrectomizzati per carcinoma renale primitivo. Bevacizumab è stato somministrato alla dose di 10 mg/kg ogni 2 settimane fino a progressione di malattia. IFN alfa-2a è stato somministrato per un massimo di 52 settimane o fino a progressione di malattia alla dose iniziale raccomandata di 9 MUI tre volte alla settimana, consentendo una riduzione di dose fino a 3 MUI tre volte alla settimana in 2 fasi. I pazienti sono stati stratificati per paese e criteri di Motzer e i bracci di trattamento sono risultati ben bilanciati relativamente ai fattori prognostici.
L’endpoint primario dello studio è stato la OS, con endpoint secondari comprendenti la PFS. L’aggiunta di bevacizumab a IFN-alfa-2a ha aumentato significativamente la PFS ed il tasso di risposta obiettiva. Questi risultati sono stati confermati da una revisione radiologica indipendente. Tuttavia, l’aumento di 2 mesi dell’endpoint primario della OS non è stato significativo (HR = 0,91). Un’elevata quota di pazienti (circa 63% IFN/placebo; 55% bevacizumab/IFN) ha ricevuto successivamente all’uscita dallo studio una serie di terapie antitumorali non-specificate, comprendenti agenti antineoplastici che potrebbero avere impattato sulla valutazione della OS.
I risultati di efficacia sono illustrati nella tabella 15.
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Tabella 15. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio BO17705
BO17705 | ||
Placebo + IFNa Bvb + IFNa | ||
Numero di pazienti | 322 | 327 |
Sopravvivenza libera da progressione Mediana (mesi) Hazard ratio IC 95% | 5,4 10,2 0,63 0,52; 0,75 (valore di p < 0,0001) | |
Tasso di risposta obiettiva (%) nei pazienti con malattia misurabile n Tasso di risposta | 289 306 12,8% 31,4% (valore di p < 0,0001) |
aInterferone alfa-2a 9 MUI 3 volte alla settimana
bBevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane
Sopravvivenza globale Mediana (mesi) Hazard ratio IC 95% | 21,3 23,3 0,91 0,76; 1,10 (valore di p 0,3360) |
Un’analisi esplorativa multivariata secondo il modello di regressione di Cox che usa parametri predefiniti ha indicato che i seguenti fattori prognostici valutati al basale erano strettamente correlati con la sopravvivenza, indipendentemente dal trattamento: sesso, conta leucocitaria e delle piastrine, calo del peso corporeo nei 6 mesi precedenti l’arruolamento, numero di sedi metastatiche, somma dei diametri maggiori delle lesioni target, criteri di Motzer. L’aggiustamento per questi fattori ha determinato un hazard ratio di 0,78 (IC 95% [0,63; 0,96], p = 0,0219), che indica una riduzione del rischio di morte del 22% per i pazienti nel braccio di trattamento bevacizumab + IFN alfa-2a rispetto a quelli nel braccio IFN alfa-2a.
Novantasette (97) pazienti nel braccio IFN alfa-2a e 131 pazienti nel braccio bevacizumab hanno ridotto la dose di IFN alfa 2a da 9 MUI a 6 o 3 MUI tre volte la settimana come specificato nel protocollo. La riduzione della dose di IFN alfa-2a non sembra avere influenzato l’efficacia dell’associazione di bevacizumab e IFN alfa-2a in termini di PFS, come evidenziato da un’analisi per sottogruppi. I 131 pazienti nel braccio di trattamento bevacizumab + IFN alfa-2a che hanno ridotto e mantenuto la dose di IFN alfa-2a a 6 o 3 MUI durante lo studio, hanno avuto un tasso di sopravvivenza libera da malattia a 6, 12 e 18 mesi del 73, 52 e 21% rispettivamente, confrontato con il 61, 43 e 17% nella popolazione globale dei pazienti trattati con bevacizumab e IFN alfa-2a.
AVF2938
Si è trattato di uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, di fase II finalizzato a studiare bevacizumab 10 mg/kg in uno schema di 2 settimane rispetto a bevacizumab alla stessa dose in associazione con erlotinib 150 mg al giorno, in pazienti con carcinoma renale metastatico a cellule chiare. In questo studio un totale di 104 pazienti è stato randomizzato al trattamento, 53 con bevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane più placebo e 51 con bevacizumab 10 mg/kg ogni 2 settimane più erlotinib 150 mg al giorno. L’analisi dell’endpoint primario non ha mostrato differenze tra il braccio bevacizumab + placebo e il braccio bevacizumab + erlotinib (PFS mediana 8,5 rispetto a 9,9 mesi). Sette pazienti in ciascun braccio hanno avuto una risposta obiettiva. L’aggiunta di erlotinib a bevacizumab non si è tradotta in un miglioramento della OS (HR 1,764; p = 0,1789), della durata della risposta obiettiva (6,7 verso 9,1 mesi) o del tempo alla progressione dei sintomi (HR = 1,172; p = 0,5076).
38
AVF0890
Si è trattato di uno studio randomizzato di fase II effettuato per confrontare l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab rispetto al placebo. Un totale di 116 pazienti è stato randomizzato a ricevere bevacizumab alla dose di 3 mg/kg ogni 2 settimane (n=39), 10 mg/kg ogni 2 settimane (n=37) o placebo (n=40). L’analisi ad interim ha mostrato che vi è stato un prolungamento significativo del tempo alla progressione della malattia nel gruppo trattato con 10 mg/kg rispetto al gruppo placebo (hazard ratio 2,55; p < 0,001). Si è verificata una piccola differenza, al limite della significatività, tra il tempo alla progressione della malattia nel gruppo alla dose di 3 mg/kg e quello nel gruppo placebo (hazard ratio 1,26; p = 0,053). Quattro pazienti hanno avuto una risposta obiettiva (parziale), e tutti questi avevano assunto bevacizumab alla dose di 10 mg/kg; il tasso di risposta obiettiva per la dose di 10 mg/kg è stato del 10%.
Carcinoma ovarico epiteliale, delle tube di Falloppio e peritoneale primario
Trattamento in prima linea del carcinoma ovarico
La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento in prima linea delle pazienti con carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o peritoneale primario sono state valutate in due studi clinici di fase III (GOG-0218 e BO17707) che hanno valutato gli effetti dell’aggiunta di bevacizumab ad un regime con carboplatino e paclitaxel rispetto alla sola chemioterapia.
GOG-0218
Lo studio GOG-0218 era uno studio di fase III, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, a tre bracci, che ha valutato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab ad uno schema chemioterapico approvato (carboplatino e paclitaxel) in pazienti affette da carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma delle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in stadio avanzato (stadio IIIB, IIIC e IV secondo la classificazione FIGO del 1988).
Dallo studio sono state escluse le pazienti che erano state precedentemente trattate con bevacizumab o terapia antineoplastica per carcinoma ovarico (ad esempio chemioterapia, terapia con anticorpi monoclonali, terapia con inibitori delle tirosinchinasi o terapia ormonale) o pazienti che avevano precedentemente ricevuto un trattamento radioterapico dell’addome o della pelvi.
Un totale di 1.873 pazienti è stato randomizzato, in rapporti uguali, nei seguenti tre bracci:
– braccio CPP: cinque cicli di placebo (iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione di solo placebo fino a 15 mesi di terapia;
– braccio CPB15: cinque cicli di bevacizumab (15 mg/kg q3w iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione di solo placebo fino a 15 mesi di terapia;
– braccio CPB15+: cinque cicli di bevacizumab (15 mg/kg q3w iniziato dal 2° ciclo) in associazione a carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli seguiti dalla somministrazione continua di bevacizumab in monoterapia (15 mg/kg q3w) fino a 15 mesi di terapia.
La maggior parte delle pazienti incluse nello studio era di razza bianca caucasica (87% nei tre bracci); l’età mediana era di 60 anni nel braccio CPP e CPB15 e 59 anni nel braccio CPB15+; il 29% dei pazienti nel CPP e nel CPB15 e il 26% nel braccio CPB15+ avevano un’età maggiore di 65 anni. Approssimativamente il 50% di tutte le pazienti presentava al basale un GOG PS pari a 0, circa il 43% un GOG PS pari a 1 e circa il 7% un GOG PS pari a 2. La maggior parte delle pazienti aveva una diagnosi di EOC (82% nel CPP e nel CPB15, 85% nel CPB15+), PPC (16% nel CPP, 15% nel CPB15, 13% nel CPB15+) e FTC (1% nel CPP, 3% nel CPB15, 2% nel CPB15+). La maggior parte delle pazienti aveva un adenocarcinoma di tipo sieroso (85% nel CPP e nel CPB15, 86% nel CPB15+). Circa il 34% di tutte le pazienti arruolate era in stadio FIGO III ottimamente resecato con residuo di malattia valutabile, il 40% in stadio FIGO III con radicalizzazione sub-ottimale ed il 26% era in stadio FIGO IV.
39
L’endpoint primario era la PFS valutata dagli sperimentatori considerando la progressione della malattia in base alle immagini radiologiche, ai livelli del CA 125 o al peggioramento dei sintomi così come definito dal protocollo. Inoltre, è stata condotta un’analisi prespecificata dei dati censurando per gli eventi di progressione definita in base ai valori del CA 125, nonché una valutazione indipendente della PFS in funzione delle sole valutazioni radiologiche.
Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della PFS. Rispetto ai pazienti trattati con la sola chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) nel trattamento in prima linea, le pazienti, a cui è stato somministrato bevacizumab alla dose di 15 mg/kg q3w in associazione a chemioterapia e che hanno continuato a ricevere bevacizumab in monoterapia (CPB15+), hanno dimostrato un miglioramento clinicamente e statisticamente significativo in termini di PFS.
Nelle pazienti trattate con solo bevacizumab in associazione a chemioterapia e che non hanno proseguito la terapia con bevacizumab in monoterapia (CPB15) non è stato osservato alcun miglioramento clinicamente significativo in termini di PFS.
I risultati di questo studio sono riassunti nella tabella 16.
Sopravvivenza libera da progressione (PFS)1
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%)2 Valore di p3, 4 | CPP (n = 625) 10,6 | CPB15 (n = 625) 11,6 0,89 (0,78; 1,02) 0,0437 | CPB15+ (n = 623) 14,7 0,70 (0,61; 0,81) < 0,0001 |
Tasso di risposta obiettiva5
% pazienti con risposta obiettiva valore di p | CPP (n = 396) 63,4 | CPB15 (n = 393) 66,2 0,2341 | CPB15+ (n = 403) 66,0 0,2041 |
Sopravvivenza globale (OS)6 | |||
OS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%)2 Valore di p3 | CPP (n = 625) 40,6 | CPB15 (n = 625) 38,8 1,07 (0,91; 1,25) 0,2197 | CPB15+ (n = 623) 43,8 0,88 (0,75; 1,04) 0,0641 |
1Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore in base ai parametri GOG specificati dal protocollo (pazienti non censurate né per progressione definita in base al CA-125 né per NPT prima della progressione della malattia) con cut-off dei dati al 25 febbraio 2010.
2Rispetto al braccio di controllo; hazard ratio stratificato.
3Test log-rank a una coda, valore di p.
4Valore di p boundary pari a 0,0116.
5Pazienti con patologia valutabile al basale.
6Analisi finale della OS effettuata quando il 46,9% dei pazienti era deceduto.
Sono state condotte analisi prespecificate della PFS, aventi tutte come data di cut-off il 29 settembre 2009. I risultati di queste analisi sono i seguenti:
– l’analisi della PFS valutata dagli sperimentatori specificata nel protocollo (non censurando per la progressione definita in base dei valori del marcatore tumorale CA 125 e per la NPT) ha mostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,71 (IC 95%: 0,61–0,83, test log rank a 1 coda,
40
valore di p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 10,4 nel braccio CPP e 14,1 mesi nel braccio CPB15+;
– l’analisi primaria della PFS valutata dagli sperimentatori (censurando per secondo la progressione definita in base ai valori del CA-125 e per la NPT) ha dimostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,62 (IC 95%: 0,52–0,75, test log rank a 1 coda, valore di p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 12,0 mesi nel braccio CPP e 18,2 mesi nel braccio CPB15+;
– l’analisi della PFS come determinato dal comitato di revisione indipendente (censurando per la NPT) ha dimostrato un hazard ratio stratificato pari a 0,62 (IC 95%: 0,50–0,77, test log rank a 1 coda, valore di p < 0,0001) quando CPB15+ viene messo a confronto con CPP, con una PFS mediana di 13,1 nel braccio CPP e 19,1 mesi nel braccio CPB15+.
Le analisi della PFS per sottogruppi relative allo stadio di malattia ed alla chirurgia primaria sono riportate nella tabella 17. Questi risultati confermano la robustezza dell’analisi della PFS come mostrato nella tabella 16.
Pazienti randomizzati in stadio III con resezione ottimale di malattia 2,3 | |||
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%)4 | CPP (n = 219) 12,4 | CPB15 (n = 204) 14,3 0,81 (0,62; 1,05) | CPB15+ (n = 216) 17,5 0,66 (0,50; 0,86) |
Pazienti randomizzati in stadio III con resezione subottimale di malattia3 | |||
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%)4 | CPP (n = 253) 10,1 | CPB15 (n = 256) 10,9 0,93 (0,77; 1,14) | CPB15+ (n = 242) 13,9 0,78 (0,63; 0,96) |
Pazienti randomizzati in stadio IV di malattia | |||
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%)4 | CPP (n = 153) 9,5 | CPB15 (n = 165) 10,4 0,90 (0,70; 1,16) | CPB15+ (n = 165) 12,8 0,64 (0,49; 0,82) |
1Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore in base ai parametri GOG specificati dal protocollo (pazienti non censurate né per progressione definita in base al CA-125 né per NPT prima della progressione della malattia) con cut-off dei dati al 25 febbraio 2010.
2Con residuo di malattia macroscopico
3Il 3,7% di tutti i pazienti randomizzati era in Stadio IIIB di malattia 4Relativamente al braccio di controllo
BO17707 (ICON7)
BO17707 è uno studio di fase III, a due bracci, multicentrico, randomizzato, controllato, in aperto che ha lo scopo di valutare l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab a carboplatino e paclitaxel, dopo intervento chirurgico, in pazienti con carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in stadio I o IIA secondo la classificazione FIGO (Grado 3 o sottotipo istologico a cellule chiare; n = 142), o stadio IIB – IV secondo la classificazione FIGO (tutti i Gradi e tutti i tipi istologici, n = 1.386) (NCI-CTCAE v.3). La classificazione FIGO del 1988 è stata usata in questa sperimentazione.
Dallo studio sono state escluse le pazienti che erano state precedentemente trattate con bevacizumab o terapia antineoplastica per carcinoma ovarico (ad esempio chemioterapia, terapia con anticorpi monoclonali, terapia con inibitori delle tirosinchinasi o terapia ormonale) o pazienti che avevano precedentemente ricevuto un trattamento radioterapico dell’addome o della pelvi.
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Un totale di 1.528 pazienti è stato randomizzato, in rapporti uguali, nei seguenti due bracci:
– braccio CP: carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli della durata di
3 settimane
– braccio CPB7.5+: carboplatino (AUC 6) e paclitaxel (175 mg/m2) per 6 cicli ogni 3 settimane in associazione a bevacizumab (7,5 mg/kg q3w) fino a 12 mesi (la somministrazione di bevacizumab è iniziata dal 2° ciclo di chemioterapia se il trattamento è stato iniziato entro 4 settimane dall’intervento chirurgico o dal 1° ciclo se il trattamento è stato iniziato oltre 4 settimane dopo l’intervento chirurgico).
La maggior parte delle pazienti incluse nello studio era di razza bianca caucasica (96%), l’età mediana era di 57 anni in entrambi i bracci di trattamento, il 25% delle pazienti avevano un’età uguale o superiore a 65 anni e circa il 50% delle pazienti presentava, secondo la scala ECOG, un PS pari a 1 e il 7% delle pazienti, in ciascun braccio di trattamento, presentava un valore di ECOG PS pari a 2. La maggior parte delle pazienti aveva una diagnosi di EOC (87,7%) seguito da PPC (6,9%) e FTC (3,7%) o un’istologia mista (1,7%). La maggior parte delle pazienti era in stadio III secondo la classificazione FIGO (68% in entrambi) seguito dallo stadio IV secondo la classificazione FIGO (13% e 14%), Stadio II secondo la classificazione FIGO (10% e 11%) e Stadio I secondo la classificazione di FIGO (9% e 7%). La maggior parte delle pazienti in ciascun braccio di trattamento (74% e 71%) aveva una diagnosi iniziale di neoplasia scarsamente differenziata (Grado 3). L’incidenza dei sottotipi istologici di EOC era simile nei diversi bracci di trattamento; il 69% delle pazienti di ciascun braccio era affetta da adenocarcinoma di tipo sieroso.
L’endpoint primario era la PFS, valutata dallo sperimentatore utilizzando RECIST.
Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della PFS. Rispetto alle pazienti trattate con la sola chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) in prima linea, le pazienti a cui è stato somministrato bevacizumab alla dose di 7,5 mg/kg q3w in associazione a chemioterapia e che hanno continuato ad assumere bevacizumab fino a 18 cicli hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo della PFS.
I risultati di questo studio sono riassunti nella tabella 18.
Tabella 18. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio BO17707 (ICON7)
Sopravvivenza libera da progressione | ||
PFS mediana (mesi)2 Hazard ratio [IC 95%]2 | CP (n = 764) 16,9 0,86 [0,7 (valore di p | CPB7.5+ (n = 764) 19,3 5; 0,98] = 0,0185) |
Tasso di risposta obiettiva1 | ||
Tasso di risposta | CP (n = 277) 54,9% (valore di p | CPB7.5+ (n = 272) 64,7% = 0,0188) |
Sopravvivenza globale3 | ||
Mediana (mesi) Hazard ratio [IC 95%] | CP (n = 764) 58,0 0,99 [0, (valore di p | CPB7.5+ (n = 764) 57,4 5; 1, 15] = 0, 8910) |
1In pazienti con patologia misurabile al basale.
2Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei dati al 30 novembre 2010.
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3L’analisi finale della OS è stata effettuata con il cut-off dei dati al 31 marzo 2013, quando il 46,7% dei pazienti era deceduto.
L’analisi primaria della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei dati risalente al 28 febbraio 2010 ha mostrato un hazard ratio non stratificato pari a 0,79 (IC 95%: 0,68–0,91, test log-rank a 2 code, valore di p 0,0010) con una PFS mediana di 16,0 mesi nel braccio CP e di 18,3 mesi nel braccio CPB7.5+.
Le analisi della PFS per sottogruppi relative allo stadio di malattia ed alla chirurgia primaria sono riportate nella tabella 19. Questi risultati confermano la robustezza dell’analisi della PFS come riportato nella tabella 18.
Pazienti randomizzati in stadio III con resezione ottimale di mal | attia 2,3 | |
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%) 4 | CP (n = 368) 17,7 | CPB7.5+ (n = 383) 19,3 0,89(0,74; 1,07) |
Pazienti randomizzati in stadio III con resezione subottimale di malattia3 | ||
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%) 4 | CP (n = 154) 10,1 | CPB7.5+ (n = 140) 16,9 0,67(0,52; 0,87) |
Pazienti randomizzati in stadio IV di malattia | ||
PFS mediana (mesi) Hazard ratio (IC 95%) 4 | CP (n = 97) 10,1 | CPB7.5+ (n = 104) 13,5 0,74(0,55; 1,01) |
1Analisi della PFS valutata dallo sperimentatore con cut-off dei d | ati al 30 novembre 2010. |
2Con o senza residuo di malattia macroscopico.
3Il 5,8% di tutti i pazienti randomizzati era in Stadio IIIB di malattia
4Relativamente al braccio di controllo
Carcinoma ovarico in recidiva
La sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento della recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario sono state studiate in tre studi di fase III (AVF4095g, MO22224 e GOG-0213) con diversi regimi chemioterapici e popolazioni di pazienti.
– Lo studio AVF4095g ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con carboplatino e gemcitabina seguiti da bevacizumab in monoterapia nelle pazienti con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platinosensibili.
– Lo studio GOG-0213 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con carboplatino e paclitaxel seguiti da bevacizumab in monoterapia nelle pazienti con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, alle tube di Falloppio o peritoneale primario platino-sensibili.
– Lo studio MO22224 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con paclitaxel, topotecan o doxorubicina liposomiale pegilata nelle pazienti con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platinoresistenti.
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AVF4095g
Lo studio randomizzato di fase III, in doppio cieco, controllato con placebo (AVF4095g) ha valutato la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento di pazienti con recidiva di malattia platinosensibile di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o nel carcinoma peritoneale primario, che non avevano ricevuto una precedente chemioterapia per la recidiva o un precedente trattamento con bevacizumab. Lo studio ha confrontato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia con carboplatino e gemcitabina seguito da uso continuativo di bevacizumab in monoterapia fino alla progressione della malattia, rispetto alla sola chemioterapia con carboplatino e gemcitabina.
Sono state incluse nello studio esclusivamente pazienti con carcinoma ovarico, carcinoma primario peritoneale o carcinoma alle tube di Falloppio istologicamente documentato in recidiva dopo almeno 6 mesi dal termine di una chemioterapia a base di platino e che non avevano ricevuto chemioterapia per la recidiva né una precedente terapia con bevacizumab o altri inibitori di VEGF o altri agenti mirati al recettore VEGF.
Un totale di 484 pazienti con malattia misurabile sono state randomizzate 1:1 a:
– carboplatino (AUC4, giorno 1) e gemcitabina (1.000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) e placebo concomitante ogni 3 settimane per 6 cicli e fino a 10 cicli seguiti da solo placebo (ogni 3 settimane) fino alla progressione della malattia o tossicità inaccettabile;
– carboplatino (AUC4, giorno 1) e gemcitabina (1.000 mg/m2 nei giorni 1 e 8) e concomitante bevacizumab (15 mg/kg al giorno 1) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino a 10 cicli seguiti da bevacizumab (15 mg/kg ogni 3 settimane) in monoterapia fino alla progressione della malattia o tossicità inaccettabile.
L’endpoint primario era la PFS basata sulla valutazione dello sperimentatore con RECIST 1.0 modificato. Ulteriori endpoint comprendevano la risposta oggettiva, la durata della risposta, la OS e la sicurezza. È stata condotta anche una revisione indipendente dell’endpoint primario.
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I risultati di questo studio sono riassunti nella tabella 20.
Sopravvivenza libera da | progressione | |||
Valutazione dello sperimentatore | Valutazione IRC | |||
Placebo + C/G (n=242) | Bevacizumab + C/G (n=242) | Placebo + C/G (n=242) | Bevacizumab + C/G (n=242) | |
Non censurato per NPT | ||||
PFS mediana (mesi) | 8,4 | 12,4 | 8,6 | 12,3 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,524 (0,425; 0,645) | 0,480 (0,377; 0,613) | ||
Valore di p | < 0,0001 | < 0,0001 | ||
Censurato per NPT | ||||
PFS mediana (mesi) | 8,4 | 12,4 | 8,6 | 12,3 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,484 (0,388; 0,605) | 0,451 (0,351; 0,580) | ||
Valore di p | < 0,0001 | < 0,0001 | ||
Tasso di risposta obiettiva | ||||
Valutazione dello sperimentatore | Valutazione IRC | |||
Placebo + C/G (n = 242) | Bevacizumab + C/G (n=242) | Placebo + C/G (n = 242) | Bevacizumab + C/G (n=242) | |
% pazienti con risposta obiettiva | 57,4% | 78,5% | 53,7% | 74,8% |
Valore di p | < 0,0001 | < 0,0001 | ||
Sopravvivenza globale | ||||
Placebo + C/G (n = 242) | Bevacizumab + C/G (n = 242) | |||
OS mediana (mesi) | 32,9 | 33,6 | ||
Hazard ratio (IC 95%) | 0,952 (0,771; 1,176) | |||
valore di p | 0,6479 |
L’analisi della PFS per sottogruppi definiti in base al tempo alla recidiva dall’ultima terapia con platino sono riassunti nella tabella 21.
Valutazione dello sperimentatore | ||
Intervallo tra ultima terapia con platino e recidiva | Placebo + C/G (n = 242) | Bevacizumab + C/G (n = 242) |
6–12 mesi (n=202) | ||
Mediana | 8,0 | 11,9 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,41 (0,29–0,58) | |
> 12 mesi (n=282) | ||
Mediana | 9,7 | 12,4 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,55 (0,41–0,73) |
GOG-0213
Lo studio GOG-0213, una sperimentazione di fase III, randomizzata, controllata e in aperto, ha esaminato la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nel trattamento di pazienti con recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, alle tube di Falloppio o peritoneale primario platino-sensibili non precedentemente sottoposte a chemioterapia nel contesto recidivante. Non era previsto alcun criterio di esclusione rispetto a pregresse terapie anti-angiogeniche. Lo studio ha valutato l’effetto dell’aggiunta di bevacizumab a carboplatino + paclitaxel e dal prosieguo del trattamento con bevacizumab in
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monoterapia fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile rispetto all’uso dei soli carboplatino + paclitaxel.
Nel complesso sono state randomizzate 673 pazienti in misura uguale nei due bracci di trattamento riportati di seguito:
– braccio CP: carboplatino (AUC5) e paclitaxel (175 mg/m2 endovenosa) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli;
– braccio CPB: carboplatino (AUC5) e paclitaxel (175 mg/m2 endovenosa) e bevacizumab concomitante (15 mg/kg) ogni 3 settimane per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti da bevacizumab (15 mg/kg ogni 3 settimane) in monoterapia fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile.
La maggior parte delle pazienti di entrambi i bracci CP (80,4%) e CPB (78,9%) era di etnia caucasica. L’età mediana era 60,0 anni nel braccio CP e 59,0 anni nel braccio CPB. La maggior parte delle pazienti rientrava (CP: 64,6%; CPB: 68,8%) nella fascia d’età < 65 anni. Al basale, la maggior parte delle pazienti in entrambi i bracci di trattamento presentava un PS secondo il Gynecologic Oncology Group (GOG) pari a 0 (CP: 82,4%: CPB; 80,7%) o 1 (CP: 16,7%: CPB; 18,1%). Lo 0,9% delle pazienti nel braccio CP e l’1,2% di quelle nel braccio CPB hanno evidenziato un PS GOG pari a 2 al basale.
L’endpoint primario di efficacia era la OS, mentre il principale endpoint secondario di efficacia era la PFS. I risultati sono presentati nella tabella 22.
Endpoint primario | ||
Sopravvivenza globale (OS) | CP (n=336) | CPB (n=337) |
OS mediana (mesi) | 37,3 | 42,6 |
Hazard ratio (IC 95%) (eCRF)a | 0,823 (IC: 0,680; 0,996) | |
Valore di p | 0,0447 | |
Hazard ratio (IC 95%) (form di registrazione)b | 0,838 (IC: 0,693; 1,014) | |
Valore di p | 0,0683 | |
Endpoint secondario | ||
Sopravvivenza libera da progressione (PFS) | CP (n=336) | CPB (n=337) |
PFS mediana (mesi) | 10,2 | 13,8 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,613 (IC: 0,521; 0,721) | |
valore di p | < 0,0001 |
1Analisi finale. 2Le valutazioni tumorali e della risposta sono state determinate dagli sperimentatori mediante i criteri RECIST GOG (linee guida RECIST riviste [versione 1.1]. Eur J Cancer.
2009;45:228Y247).
aL’hazard ratio è stato stimato mediante modelli a rischi proporzionali di Cox stratificati in funzione della durata dell’intervallo libero da platino prima dell’arruolamento nello studio in base alla eCRF (scheda di raccolta dati elettronica) e in funzione dello stato di citoriduzione chirurgica secondaria Sì/No (Sì = paziente randomizzata ad essere sottoposta a citoriduzione o randomizzata a non essere sottoposta a citoriduzione; No = paziente non candidata o che non ha acconsentito alla citoriduzione). bStratificato in funzione della durata dell’intervallo libero da trattamento prima dell’arruolamento nello studio in base al form di registrazione e in funzione dello stato di citoriduzione chirurgica secondaria Sì/No.
Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della OS. Il trattamento con bevacizumab a 15 mg/kg ogni 3 settimane in associazione con la chemioterapia (carboplatino e paclitaxel) per 6 cicli e fino ad un massimo di 8 cicli, seguiti da bevacizumab fino a progressione della malattia o insorgenza di tossicità inaccettabile, ha determinato, quando i dati sono stati ricavati dalla eCRF, un
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miglioramento clinicamente e statisticamente significativo della OS rispetto al trattamento con i soli carboplatino e paclitaxel.
MO22224
Lo studio MO22224 ha valutato l’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con chemioterapia nel trattamento della recidiva di carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario platino-resistente. Il disegno della sperimentazione prevedeva uno studio di fase III, a due bracci, randomizzato, in aperto volto a valutare il trattamento con bevacizumab in associazione a chemioterapia (CT+BV) rispetto al trattamento con la sola chemioterapia (CT).
Nello studio sono state arruolate in totale 361 pazienti alle quali è stata somministrata la sola chemioterapia [paclitaxel, topotecan o doxorubicina liposomiale pegilata (PLD)] o chemioterapia in associazione con bevacizumab:
– braccio CT (sola chemioterapia):
paclitaxel 80 mg/m2 in infusione e.v. di 1 ora nei Giorni 1, 8, 15 e 22 ogni 4 settimane topotecan 4 mg/m2 in infusione e.v. di 30 minuti nei Giorni 1, 8 e 15 ogni 4 settimane. Inalternativa, è possibile somministrare una dose di 1,25 mg/m2 per 30 minuti nei Giorni 1– 5 ogni 3 settimane
PLD 40 mg/m2 in infusione e.v. 1 mg/min esclusivamente nel Giorno 1 ogni4 settimaneDopo il Ciclo 1, il medicinale può essere somministrato mediante infusione di 1 ora.
– braccio CT+BV (chemioterapia + bevacizumab):
la chemioterapia prescelta è stata somministrata in associazione a bevacizumab 10 mg/kge.v. ogni 2 settimane (o bevacizumab 15 mg/kg ogni 3 settimane se in associazione a topotecan 1,25 mg/m2 nei Giorni 1–5 ogni 3 settimane).
Le pazienti eleggibili presentavano carcinoma ovarico epiteliale, carcinoma alle tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primario in progressione dopo meno di 6 mesi dalla precedente terapia a base di platino consistente in un minimo di 4 cicli di trattamento. Le pazienti dovevano avere un’aspettativa di vita ≥ 12 settimane e non dovevano essere state sottoposte a precedente radioterapia al bacino o all’addome. La maggior parte delle pazienti presentavano malattia di stadio FIGO IIIC o IV. La maggioranza delle pazienti in entrambi i bracci aveva un ECOG Performance Status (PS) pari a 0 (CT: 56,4% vs CT + BV: 61,2%). La percentuale delle pazienti con ECOG PS pari a 1 o 2 era del 38,7% e del 5,0% nel braccio CT, e del 29,8% e del 9,0% nelbraccio CT + BV. Informazioni sulla razza sono disponibili per il 29,3% delle pazienti e quasi tutti le pazienti erano caucasiche. L’età media delle pazienti era di 61,0 (intervallo: 25–84) anni. Un totale di 16 pazienti (4,4%) erano di età > 75 anni. I tassi globali di interruzione a causa di eventi avversi sono stati dell’8,8 % nel braccio CT e del 43,6 % nel braccio CT + BV (soprattutto a causa di eventi avversi di Grado 2–3) e il tempo mediano all’interruzione del trattamento nel braccio CT + BV è stato di 5,2 mesi rispetto ai 2,4 mesi nel braccio CT. I tassi di interruzione a causa di eventi avversi nel sottogruppo di pazienti > 65 anni sono stati dell’8,8% nel braccio CT e del 50,0% nel braccio CT + BV. L’HR per la PFS è stato dello 0,47 (IC 95%: 0,35; 0,62) e dello 0,45 (IC 95%: 0,31; 0,67) rispettivamente per i sottogruppi di età < 65 e ≥ 65 anni.
L’endpoint primario era la PFS, mentre gli endpoint secondari includevano tasso di risposta obiettiva e OS. I risultati sono presentati nella tabella 23.
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Tabella 23. Risultati relativi all’efficacia emersi nello studio MO22224
Endpoint primario | ||
Sopravvivenza libera da progressione (PFS)* | ||
CT (n=182) | CT+BV (n=179) | |
Mediana (mesi) | 3,4 | 6,7 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,379 (0,296; 0,485) | |
valore di p | < 0,0001 | |
Endpoint secondari | ||
Tasso di risposta obiettiva** | ||
CT (n=144) | CT+BV (n=142) | |
% di pazienti con risposta obiettiva | 18 (12,5%) | 40 (28,2%) |
Valore di p | 0,0007 | |
Sopravvivenza globale (analisi finale) | ||
CT (n=182) | CT+BV (n=179) | |
OS mediana (mesi) | 13,3 | 16,6 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,870 (0,678; 1,116) | |
valore di p | 0,2711 |
Tutte le analisi presentate in questa tabella sono analisi stratificate.
*La data di cut-off dei dati con cui è stata condotta l’analisi primaria è il 14 novembre 2011. **Pazienti randomizzate con malattia misurabile al basale.
L’analisi finale della OS è stata condotta una volta osservati 266 decessi, pari al 73,7% delle pazienti arruolate.
Lo studio ha raggiunto l’obiettivo primario di miglioramento della PFS. Rispetto alle pazienti trattate con la sola chemioterapia (paclitaxel, topotecan o PLD) nel contesto di recidiva platino-resistente, le pazienti a cui è stato somministrato bevacizumab a una dose di 10 mg/kg ogni 2 settimane (o 15 mg/kg ogni 3 settimane se usato in associazione a topotecan 1,25 mg/m2 nei Giorni 1–5 ogni 3 settimane) in associazione a chemioterapia e che hanno continuato a ricevere bevacizumab fino alla progressione della malattia o sviluppo di tossicità inaccettabile, hanno presentato un miglioramento statisticamente significativo della PFS. Le analisi esplorative della PFS e della OS nella coorte trattata con chemioterapia (paclitaxel, topotecan e PLD) sono riassunte nella Tabella 24.
CT | CT+BV | |
Paclitaxel | n=115 | |
PFS mediana (mesi) | 3,9 | 9,2 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,47 [0,31; 0,72] | |
OS mediana (mesi) | 13,2 | 22,4 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,64 [0,41; 0,99] | |
Topotecan | n=120 | |
PFS mediana (mesi) | 2,1 | 6,2 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,28 [0,18; 0,44] | |
OS mediana (mesi) | 13,3 | 13,8 |
Hazard ratio (IC 95%) | 1,07 [0,70; 1,63] | |
PLD | n=126 | |
PFS mediana (mesi) | 3,5 | 5,1 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,53 [0,36; 0,77] | |
OS mediana (mesi) | 14,1 | 13,7 |
Hazard ratio (IC 95%) | 0,91 [0,61; 1,35] |
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Carcinoma della cervice
GOG-0240
L’efficacia e la sicurezza di bevacizumab in associazione con chemioterapia (paclitaxel e cisplatino o paclitaxel e topotecan) nel trattamento di pazienti affette da carcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico sono state analizzate nella sperimentazione GOG-0240, uno studio di fase III, randomizzato, a quattro bracci, in aperto e multicentrico.
Complessivamente 452 pazienti sono state randomizzate al trattamento con:
– paclitaxel 135 mg/m2 endovena nell’arco di 24 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 2, ogni 3 settimane (q3w); o
paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 2 (q3w); o
paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 1 (q3w)
– paclitaxel 135 mg/m2 endovena nell’arco di 24 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 2 + bevacizumab 15 mg/kg endovena al Giorno 2 (q3w); o
paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 2 + bevacizumab 15 mg/kg endovena al Giorno 2 (q3w); o
paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e cisplatino 50 mg/m2 endovena al Giorno 1 + bevacizumab 15 mg/kg endovena al Giorno 1 (q3w)
– paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e topotecan 0,75 mg/m2 endovena nell’arco di 30 minuti nei Giorni 1–3 (q3w)
– paclitaxel 175 mg/m2 endovena nell’arco di 3 ore al Giorno 1 e topotecan 0,75 mg/m2 endovena nell’arco di 30 minuti nei giorni 1–3 + bevacizumab 15 mg/kg endovena al Giorno 1 (q3w).
Le pazienti eleggibili presentavano carcinoma squamocellulare, carcinoma adenosquamoso o adenocarcinoma della cervice persistente, ricorrente o metastatico non suscettibile di trattamento con intento curativo mediante intervento chirurgico e/o radioterapia e non erano state pretrattate con bevacizumab o altri inibitori del VEGF oppure con agenti mirati ai recettori VEGF.
L’età mediana era di 46,0 anni (range: 20–83) nel gruppo trattato con sola chemioterapia e di 48,0 anni (range: 22–85) nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab, con una percentuale di pazienti di età superiore ai 65 anni rispettivamente del 9,3% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e del 7,5% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab.
La maggior parte delle 452 pazienti randomizzate al basale era caucasica (80,0% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 75,3% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), presentava carcinoma squamocellulare (67,1% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 69,6% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), persistenza/recidiva di malattia (83,6% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 82,8% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), 1–2 sedi metastatiche (72,0% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 76,2% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab), coinvolgimento linfonodale (50,2% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 56,4% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab) e intervallo libero da platino ≥ 6 mesi (72,5% nel gruppo trattato con sola chemioterapia e 64,4% nel gruppo trattato con chemioterapia + bevacizumab).
L’endpoint primario di efficacia era la OS. Gli endpoint secondari di efficacia comprendevano la PFS e il tasso di risposta obiettiva. I risultati della analisi primaria e dell’analisi di follow-up sono illustrati in funzione del trattamento con bevacizumab e del trattamento sperimentale rispettivamente nella Tabella 25 e 26.
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Chemioterapia (n=225) | Chemioterapia + bevacizumab (n=227) | |
Endpoint primario | ||
Sopravvivenza globale – Analisi primaria6 | ||
Mediana (mesi)1 | 12,9 | 16,8 |
Hazard ratio [IC 95%] | 0,74 [0,58; 0,94] (valore di p5 = 0,0132) | |
Sopravvivenza globale- Analisi di follow- 7 up7 | ||
Mediana (mesi)1 | 13,3 | 16,8 |
Hazard ratio [IC 95%] | 0,76 [0,62; 0,94] (valore di p5,8 = 0,0126) | |
Endpoint secondari | ||
Sopravvivenza libera da progressione- Analisi primaria6 | ||
PFS mediana (mesi)1 | 6,0 | 8,3 |
Hazard ratio [IC 95%] | 0,66 [0,54; 0,81] (valore di p5 < 0,0001) | |
Migliore risposta globale – Analisi primari | a6 | |
Responsivi (Tasso di risposta2) | 76 (33,8%) | 103 (45,4 %) |
IC al 95% per i tassi di risposta3 | [27,6%; 40,4%] | [38,8%; 52,1%] |
Differenza tra i tassi di risposta | 11,60% | |
IC al 95% per la differenza tra i tassi di risposta4 | [2,4%; 20,8%] | |
Valore di p (test Chi-quadro) | 0,0117 |
1Stime secondo Kaplan-Meier
2Pazienti e percentuale di pazienti con risposta parziale (PR) o risposta completa (CR) confermata come migliore risposta globale; percentuale calcolata su pazienti con patologia misurabile al basale 3IC al 95% per un campione binomiale secondo il metodo di Pearson-Clopper
4IC al 95% approssimato per la differenza tra i due tassi secondo il metodo di Hauck-Anderson
5Test log-rank (stratificato)
6L’analisi primaria è stata effettuata con una data di cut-off del 12 dicembre 2012 ed è considerata come analisi finale
7L’analisi di follow-up è stata effettuata con una data di cut-off del 7 marzo 2014
8Il valore di p è mostrato solo a scopo descrittivo
Confronto tra trattamenti | Altro fattore | Sopravvivenza globale – Analisi primaria1 Hazard ratio (IC 95%) | Sopravvivenza globale – Analisi di follow-up2 Hazard ratio (IC 95%) |
Bevacizumab versus trattamento senza bevacizumab | Cisplatino + paclitaxel | 0,72 (0,51; 1,02) (17,5 vs 14,3 mesi; p = 0,0609) | 0,75 (0,55; 1,01) (17,5 vs 15,0 mesi; p = 0,0584) |
Topotecan + paclitaxel | 0,76 (0,55; 1,06) (14,9 vs 11,9 mesi; p = 0,1061) | 0,79 (0,59; 1,07) (16,2 vs 12,0 mesi; p = 0,1342) | |
Topotecan + paclitaxel vs cisplatino + paclitaxel | bevacizumab | 1,15 (0,82; 1,61) (14,9 vs 17,5 mesi; p = 0,4146) | 1,15 (0,85; 1,56) (16,2 vs 17,5 mesi; p = 0,3769) |
Trattamento senza bevacizumab | 1,13 (0,81; 1,57) (11,9 vs 14,3 mesi; p = 0,4825) | 1,08 (0,80; 1,45) (12,0 vs 15,0 mesi; p = 0,6267) |
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1L’analisi primaria è stata effettuata con una data di cut-off del 12 dicembre 2012 ed è considerata come analisi finale
2L’analisi di follow-up è stata effettuata con una data di cut-off del 7 marzo 2014. Tutti i valori di p sono mostrati solo a scopo descrittivo
Popolazione pediatrica
L’Agenzia europea dei medicinali ha previsto l’esonero dall’obbligo di presentare i risultati degli studi con il medicinale di riferimento contenente bevacizumab in tutti i sottogruppi della popolazione pediatrica per carcinoma della mammella, adenocarcinoma del colon e del retto, carcinoma del polmone (microcitoma e non a piccole cellule), carcinoma del rene e della pelvi renale (esclusi nefroblastoma, nefroblastomatosi, sarcoma a cellule chiare, nefroma meroblastico, carcinoma renale midollare e tumore rabdoide del rene), carcinoma ovarico (escluso il rabdomiosarcoma e i tumori a cellule germinali), carcinoma alle tube di Falloppio (escluso il rabdomiosarcoma e i tumori a cellule germinali), carcinoma peritoneale (esclusi i blastomi e i sarcomi) e carcinoma della cervice e del corpo dell’utero.
Glioma di alto grado
Non è stata osservata attività antitumorale in due studi precedenti su un totale di 30 bambini di età > 3 anni con glioma di alto grado recidivante o progressivo quando trattati con bevacizumab e irinotecan (CPT-11). Non ci sono informazioni sufficienti per determinare la sicurezza e l’efficacia di bevacizumab nei bambini con nuova diagnosi di glioma di alto grado.
– In uno studio a braccio singolo (PBTC-022), 18 bambini con glioma di alto grado non-pontino recidivante o progressivo (di cui 8 con glioblastoma [Grado IV OMS], 9 con astrocitoma anaplastico [Grado III] e 1 con oligodendroglioma anaplastico [Grado III]) sono stati trattati con bevacizumab (10 mg/kg) a due settimane di distanza e poi con bevacizumab in associazione con CPT-11 (125–350 mg/m²) una volta ogni due settimane fino alla progressione. Non ci sono state delle risposte radiologiche (criteri di MacDonald) obiettive (parziali o complete). La tossicità e le reazioni avverse hanno compreso ipertensione arteriosa e fatica così come ischemia del SNC con deficit neurologico acuto.
– In una serie retrospettiva effettuata presso una singola istituzione, 12 bambini con glioma di alto grado recidivante o progressivo (3 con Grado IV OMS, 9 con Grado III) sono stati trattati consecutivamente (dal 2005 al 2008) con bevacizumab (10 mg/kg) e irinotecan (125 mg/m²) ogni 2 settimane. Ci sono state 2 risposte parziali e nessuna risposta completa (criteri di MacDonald).
In uno studio randomizzato di fase II (BO25041), un totale di 121 pazienti di età compresa tra ≥ 3 anni e < 18 anni affetti da glioma di alto grado (HGG) di nuova diagnosi sovratentoriale o infratentoriale cerebellare o peduncolare sono stati trattati con radioterapia (RT) post-operatoria e temozolomide (T) adiuvante in associazione o meno a bevacizumab: 10 mg/kg ogni 2 settimane endovena.
Lo studio non ha raggiunto l’endpoint primario che prevedeva di dimostrare un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da eventi (EFS; valutata dal comitato di revisione radiologico centrale [Central Radiology Review Committee, CRRC]) con l’aggiunta di bevacizumab al braccio RT/T rispetto al solo trattamento con RT/T (HR = 1,44; IC al 95%: 0,90; 2,30). Questi risultati si sono rivelati coerenti con quelli ottenuti in varie analisi di sensibilità ed in sottogruppi clinicamente rilevanti. Gli esiti di tutti gli endpoint secondari (EFS valutata dallo sperimentatore, ORR e OS) hanno confermato l’assenza di miglioramenti associati all’aggiunta di bevacizumab al braccio RT/T rispetto al braccio trattato con solo RT/T.
L’aggiunta di bevacizumab al trattamento con RT/T non ha dimostrato alcun beneficio clinico nello studio BO25041 in 60 bambini valutabili affetti da glioma di alto grado (HGG) di nuova diagnosi sovratentoriale o infratentoriale cerebellare o peduncolare (per informazioni sull’uso pediatrico, vedere paragrafo 4.2).
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Sarcoma dei tessuti molli
In uno studio randomizzato di fase II (BO20924), 154 pazienti di età compresa tra ≥ 6 mesi e < 18 anni affetti da sarcoma dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma metastatico di nuova diagnosi sono stati trattati con la terapia standard (induzione con IVADO/IVA +/- terapia locale seguita da vinorelbina e ciclofosfamide di mantenimento) associata o meno a bevacizumab (2,5 mg/kg/settimana) per un trattamento della durata complessiva di circa 18 mesi. Al momento dell’analisi primaria finale, l’endpoint primario di sopravvivenza libera da eventi (EFS) valutato dalla commissione di revisione centrale indipendente non ha evidenziato alcuna differenza statisticamente significativa tra i due bracci di trattamento, con un HR pari a 0,93 (IC al 95%: 0,61; 1,41; valore di p = 0,72). La differenza in ORR valutata dalla commissione di revisione centrale indipendente è stata di 18% (IC: 0,6%; 35,3%) fra i due bracci di trattamento nei pochi pazienti che avevano un tumore valutabile al basale e che avevano ricevuto una risposta prima di ricevere qualsiasi terapia locale: 27/75 pazienti (36%; IC al 95%: 25,2%; 47,9%) nel braccio della chemioterapia e 34/63 pazienti (54,0%, IC al 95%: 40,9%; 66,6%) nel braccio bevacizumab e chemioterapia. Le analisi finali della sopravvivenza globale (OS) non hanno evidenziato alcun beneficio clinico significativo derivante dall'aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia in questa popolazione di pazienti.
L’aggiunta di bevacizumab alla terapia standard non ha dimostrato un beneficio clinico nello studio clinico BO20924, in 71 bambini valutabili (dall’età di 6 mesi a meno di 18 anni) affetti da sarcoma dei tessuti molli rabdomiosarcoma e non rabdomiosarcoma metastatico
(vedere paragrafo 4.2 per informazioni sull’uso pediatrico).
L’incidenza degli eventi avversi (AE), ivi inclusi gli AE di grado 3 e gli eventi avversi severi (SAE), è risultata simile tra i due bracci di trattamento. In essi non sono stati osservati AE fatali; tutti i decessi sono stati attribuiti alla progressione della malattia. L’aggiunta di bevacizumab alla terapia standard multimodale è parsa essere tollerata in questa popolazione pediatrica.
5.2 proprietà farmacocinetiche
Sono disponibili i dati farmacocinetici relativi al bevacizumab raccolti in dieci studi clinici effettuati su pazienti con neoplasie solide. In tutti gli studi clinici bevacizumab è stato somministrato in infusione endovena. La velocità di infusione è dipesa dalla tollerabilità, con una durata iniziale di infusione pari a 90 minuti. Il profilo farmacocinetico di bevacizumab è risultato lineare a dosaggi da 1 a 10 mg/kg.
Distribuzione
Il tipico valore del volume del compartimento centrale (Vc) è stato di 2,73 l e 3,28 l per i pazienti di sesso femminile e maschile rispettivamente, valori nell’intervallo che è stato descritto per le IgG e gli altri anticorpi monoclonali. Il tipico valore del volume del compartimento periferico (Vp) è stato di 1,69 l e 2,35 l per i pazienti di sesso femminile e maschile rispettivamente, quando bevacizumab è somministrato con agenti antineoplastici. Dopo correzione per il peso corporeo, i pazienti di sesso maschile avevano un Vc più ampio (+ 20%) rispetto alle pazienti di sesso femminile.
Biotrasformazione
Dall’analisi del metabolismo di bevacizumab in conigli trattati con una singola dose endovenosa di 125I-bevacizumab, è emerso un profilo metabolico simile a quello atteso per una molecola di IgG nativa, che non si lega al VEGF. Il metabolismo e l’eliminazione di bevacizumab è simile a quello delle IgG endogene, quindi primariamente attraverso il catabolismo proteolitico in ogni parte del corpo, incluse le cellule endoteliali e non si basa primariamente sull’eliminazione attraverso i reni e il fegato. Il legame delle IgG al recettore FcRn determina una protezione dal metabolismo cellulare e una lunga emivita terminale.
Eliminazione
Il valore della clearance è in media uguale a 0,188 e a 0,220 l/die per i pazienti di sesso femminile e maschile rispettivamente. Dopo correzione per il peso corporeo, i pazienti di sesso maschile avevano una clearance del bevacizumab più alta (+ 17%) delle pazienti di sesso femminile. In relazione al
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modello bicompartimentale, l’emivita di eliminazione è di 18 giorni per una tipica paziente di sesso femminile e 20 giorni per un tipico paziente di sesso maschile.
Bassi valori di albumina e un grosso carico (burden) tumorale sono generalmente indicatori di severità di malattia. La clearance di bevacizumab è stata approssimativamente il 30% più rapida nei pazienti con bassi livelli sierici di albumina ed il 7% più rapida in soggetti con grosso burden tumorale quando confrontati con un tipico paziente con valori di albumina e con un burden tumorale nella media.
Farmacocinetica in particolari popolazioni di pazienti
La farmacocinetica di popolazione è stata analizzata in pazienti adulti e pediatrici per valutare gli effetti delle caratteristiche demografiche. Dai risultati di tale analisi sugli adulti non è emersa una differenza significativa nella farmacocinetica di bevacizumab in base all’età.
Compromissione renale
Non sono stati effettuati studi per analizzare la farmacocinetica di bevacizumab in pazienti con compromissione renale dal momento che i reni non sono un organo fondamentale per il metabolismo o l’escrezione del bevacizumab.
Compromissione epatica
Non sono stati effettuati studi per analizzare la farmacocinetica di bevacizumab in pazienti con compromissione epatica dal momento che il fegato non è un organo fondamentale per il metabolismo o l’escrezione del bevacizumab.
Popolazione pediatrica
La farmacocinetica di bevacizumab è stata valutata mediante un modello farmacocinetico di popolazione in 152 bambini, adolescenti e giovani adulti (di età compresa tra 7 mesi e 21 anni e di peso corporeo tra 5,9–125 kg) afferenti a 4 studi clinici. I risultati di farmacocinetica dimostrano che la clearance e il volume di distribuzione di bevacizumab erano comparabili tra pazienti pediatrici e giovani adulti quando normalizzati in funzione del peso corporeo, con un’esposizione caratterizzata dalla tendenza a diminuire alla riduzione del peso corporeo. Quando è stato preso in considerazione il peso corporeo, l’età non era associata alla farmacocinetica di bevacizumab.
In 70 pazienti dello studio BO20924 (1,4–17,6 anni; 11,6–77,5 kg) e 59 pazienti dello studio BO25041 (1–17 anni; 11,2–82,3 kg), la farmacocinetica di bevacizumab è stata ben caratterizzata mediante il modello farmacocinetico di popolazione pediatrica. Nello studio BO20924, l’esposizione a bevacizumab è risultata generalmente inferiore a quella osservata in un tipico paziente adulto trattato alla medesima dose, mentre nello studio BO25041 l’esposizione a bevacizumab si è rivelata simile a quella riscontrata in un tipico adulto trattato alla stessa dose. In entrambi gli studi, l’esposizione a bevacizumab ha registrato una tendenza alla diminuzione alla riduzione del peso corporeo.
5.3 dati preclinici di sicurezza
In studi della durata massima di 26 settimane effettuati su scimmie cynomolgus, è stata osservata una displasia epifisaria in animali giovani con cartilagini di accrescimento aperte, a concentrazioni sieriche medie di bevacizumab inferiori alle concentrazioni terapeutiche sieriche medie attese nell’uomo. Nel coniglio, bevacizumab ha inibito il processo di cicatrizzazione di ferite a dosi inferiori alla dose clinica proposta. Gli effetti sul processo di cicatrizzazione di ferite sono risultati però del tutto reversibili.
Non sono stati effettuati studi per valutare il potenziale mutagenico e carcinogenico di bevacizumab.
Non sono stati effettuati studi specifici sugli animali per valutare l’effetto sulla fertilità. È comunque lecito attendersi un effetto avverso sulla fertilità della donna, in quanto gli studi effettuati sugli animale circa la tossicità legata alla somministrazione di dosi multiple hanno fatto rilevare un’inibizione della maturazione dei follicoli ovarici e una riduzione/assenza di corpi lutei, con la conseguente riduzione del peso di ovaie e utero, nonché del numero di cicli mestruali.
53
Bevacizumab è risultato embriotossico e teratogeno nel coniglio. Gli effetti osservati hanno incluso riduzione del peso materno e fetale, aumento del numero di riassorbimenti fetali e maggior incidenza di specifiche malformazioni gravi e di malformazioni dello scheletro fetale. Esiti fatali a carico del feto sono stati osservati a tutti i dosaggi testati; la dose più bassa somministrata ha determinato concentrazioni sieriche medie di circa 3 volte maggiori rispetto a quelle rilevabili nell’uomo in seguito alla somministrazione di 5 mg/kg ogni 2 settimane. Informazioni relative a malformazioni fetali osservate dopo la commercializzazione sono fornite nel paragrafo 4.6 Fertilità, gravidanza e allattamento e 4.8 Effetti indesiderati.
6. informazioni farmaceutiche
6.1 elenco degli eccipienti
Sodio fosfato (E339) α, α – trealosio diidrato Polisorbato 20 (E432) Acqua per preparazioni iniettabili
6.2 incompatibilità
Questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali ad eccezione di quelli menzionati nel paragrafo 6.6.
6.3 periodo di validità
Flaconcino chiuso
2 anni
Medicinale diluito
La stabilità chimica e fisica durante l’uso è stata dimostrata per 48 ore a una temperatura compresa tra 2 °C e 30 °C in una soluzione iniettabile di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%). Da un punto di vista microbiologico, il prodotto deve essere utilizzato immediatamente. Nel caso in cui l’utilizzo non fosse immediato, l’utilizzatore è responsabile dei tempi e delle condizioni di conservazione, che normalmente non dovrebbero superare le 24 ore a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C, a meno che la diluizione non sia avvenuta in condizioni asettiche controllate e validate.
6.4 precauzioni particolari per la conservazione
Conservare in frigorifero (2 °C-8 °C).
Non congelare.
Tenere il flaconcino nell’imballaggio esterno per proteggere il medicinale dalla luce.
Per le condizioni di conservazione dopo diluizione del medicinale, vedere paragrafo 6.3.
6.5 Natura e contenuto del contenitore
4 mL concentrato in un flaconcino (vetro di Tipo I) con tappo in clorobutile con rivestimento in flurotec da 20 mm e sigillato con una ghiera in alluminio con cappuccio flip off in plastica, contenente 100 mg di bevacizumab. I flaconcini sono confezionati in scatole contenenti 1 o 5 flaconcini.
16 mL di concentrato in un flaconcino (vetro di Tipo I) con tappo in clorobutile con rivestimento in flurotec da 20 mm e sigillato con una ghiera in alluminio con cappuccio flip off in plastica, contenente 400 mg di bevacizumab. I flaconcini sono confezionati in scatole contenenti 1, 2 o 3 flaconcini.
È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate.
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6.6 precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione
Abevmy deve essere preparato da un operatore sanitario con tecnica asettica per assicurare la sterilità della soluzione finale preparata. Per preparare Abevmy devono essere usati un ago e una siringa sterili.
La quantità di bevacizumab necessaria deve essere prelevata e diluita fino al volume di somministrazione opportuno con soluzione iniettabile di sodio cloruro 9 mg/mL (0,9%). La concentrazione della soluzione finale di bevacizumab deve essere mantenuta in un intervallo compreso tra 1,4 mg/mL e 16,5 mg/mL. Nella maggior parte dei casi la quantità necessaria di Abevmy può essere diluita con soluzione di cloruro di sodio allo 0,9% per iniezione di un volume totale di 100 mL.
Le specialità medicinali destinate alla somministrazione per via parenterale devono essere sottoposte a un esame visivo prima di essere somministrate, onde escludere la presenza di particolato e segni di variazione di colore.
Non sono state osservate incompatibilità tra Abevmy e le sacche o i set per infusione in polivinilcloruro o poliolefine.
Abevmy è esclusivamente monouso, poiché il prodotto non contiene conservanti.
Il medicinale non utilizzato e i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità alla normativa locale vigente.
7. titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio
Mylan IRE Healthcare Limited
Unit 35/36 Grange Parade,
Baldoyle Industrial Estate,
Dublino, 13
Irlanda
8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
EU/1/20/1515/001
EU/1/20/1515/002
EU/1/20/1515/003
9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE
10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO
Informazioni più dettagliate su questo medicinale sono disponibili sul sito web dell’Agenzia europea dei medicinali,
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Documento reso disponibile da AIFA il 18/05/2021
Esula dalla competenza dell’AIFA ogni eventuale disputa concernente i diritti di proprietà industriale e la tutela brevettuale dei dati relativi all’AIC dei medicinali e, pertanto, l’Agenzia non può essere ritenuta responsabile in alcun modo di eventuali violazioni da parte del titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio (o titolare AIC).
ALLEGATO II
A. PRODUTTORE DEL PRINCIPIO ATTIVO BIOLOGICO E PRODUTTORE RESPONSABILE DEL RILASCIO DEI LOTTI
B. CONDIZIONI O LIMITAZIONI DI FORNITURA E UTILIZZO
C. ALTRE CONDIZIONI E REQUISITI
DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO
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Nome e indirizzo del produttore del principio attivo biologico
Biocon Biologics India Limited
Special Economic Zone,
Plot No.: 2, 3, 4 & 5, Phase- IV,
Bommasandra-Jigani Link Road,
Bommasandra Post,
Bengaluru,
Karnataka – 560099
India
Nome e indirizzo del produttore responsabile del rilascio dei lotti
McDermott Laboratories Limited T/A Mylan Dublin Biologics
Newenham Court
Northern Cross
Malahide Road
Dublino, 17
Irlanda
Mylan Germany GmbH
Zweigniederlassung Bad Homburg v. d. Hoehe, Benzstrasse 1
Bad Homburg v. d. Hoehe
Hessen, 61352,
Germania
Il foglio illustrativo del medicinale deve riportare il nome e l’indirizzo del produttore responsabile del rilascio dei lotti in questione.