Foglietti illustrativi Apri menu principale

Farmaci contenenti principio attivo Radiofarmaci diagnostici

I radiofarmaci diagnostici rappresentano una categoria di farmaci utilizzati principalmente per la diagnosi e lo studio delle funzioni degli organi interni, attraverso l'impiego di tecniche di imaging medicale come la tomografia a emissione di positroni (PET) e la scintigrafia. Queste sostanze sono caratterizzate dalla presenza di un isotopo radioattivo che, una volta somministrato al paziente, emette radiazioni gamma rilevabili dall'esterno tramite appositi strumenti.

In Italia, l'utilizzo dei radiofarmaci diagnostici è in costante crescita negli ultimi anni, grazie all'avanzamento delle tecnologie e alla maggiore consapevolezza dell'importanza della diagnosi precoce nelle malattie oncologiche, cardiache e neurologiche. Secondo le statistiche disponibili, nel nostro paese si effettuano circa 600.000 esami PET/CT all'anno con l'utilizzo dei radiofarmaci.

I radiofarmaci diagnostici possono essere suddivisi in due gruppi principali: i radiotraccianti e i radiomarcatori. I radiotraccianti sono composti da un elemento chimico legato a un isotopo radioattivo che viene assorbito dall'organo o dal tessuto bersaglio; mentre i radiomarcatori sono molecole biologicamente attive marcate con un isotopo radioattivo che interagiscono specificamente con recettori cellulari o enzimi presenti nell'organo o nel tessuto bersaglio.

Tra i principali isotopi utilizzati nei radiofarmaci diagnostici troviamo il tecnzio-99m (99mTc), l'indio-111 (111In), lo iodio-123 (123I) e il fluoro-18 (18F). Questi isotopi sono scelti in base alle loro caratteristiche fisiche, come il tempo di dimezzamento e l'energia delle radiazioni emesse, che devono essere compatibili con le esigenze diagnostiche e con i limiti di sicurezza per il paziente.

Uno dei radiofarmaci più utilizzati nella pratica clinica è il 99mTc-MDP (metilendifosfonato marcatore con tecnzio-99m), impiegato nella scintigrafia ossea per la diagnosi di metastasi ossee, fratture non evidenti all'esame radiografico e infiammazioni articolari. Altri radiofarmaci comunemente impiegati sono l'111In-DTPA-octreotide per la scintigrafia dei tumori neuroendocrini e il 123I-MIBG (metaiodobenzilguanidina marcatore con iodio-123) per la diagnosi delle neoplasie della midollare del surrene.

Nella tomografia a emissione di positroni (PET), invece, si utilizza principalmente il 18F-FDG (fluorodesossiglucosio marcatore con fluoro-18), un analogo del glucosio che viene captato dalle cellule tumorali ad alto consumo energetico. Grazie alla PET/CT è possibile ottenere immagini tridimensionali dell'intero corpo umano, permettendo una valutazione precisa della localizzazione e dell'estensione delle lesioni tumorali.

L'utilizzo dei radiofarmaci diagnostici è generalmente sicuro e ben tollerato dai pazienti, grazie alle basse dosi di radiazioni somministrate e ai brevi tempi di dimezzamento degli isotopi impiegati. Tuttavia, è fondamentale seguire le linee guida internazionali per la manipolazione e la somministrazione dei radiofarmaci, al fine di garantire la sicurezza del paziente e del personale sanitario.

In conclusione, i radiofarmaci diagnostici rappresentano uno strumento fondamentale nella pratica clinica per la diagnosi precoce delle malattie oncologiche, cardiache e neurologiche. In Italia, l'impiego di queste sostanze è in costante aumento grazie all'avanzamento delle tecnologie diagnostiche e alla maggiore consapevolezza dell'importanza della prevenzione nelle patologie croniche.

Farmaci contenenti principio attivo Radiofarmaci diagnostici