Il cabazitaxel è un principio attivo appartenente alla classe dei farmaci antineoplastici, noti anche come chemioterapici. Questi farmaci sono utilizzati per il trattamento di diversi tipi di tumori e agiscono inibendo la crescita e la proliferazione delle cellule tumorali. In particolare, il cabazitaxel è un taxano di seconda generazione che viene impiegato nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC).
Il meccanismo d'azione del cabazitaxel si basa sulla sua capacità di legarsi ai microtubuli cellulari, strutture fondamentali per la divisione cellulare. Il legame con i microtubuli provoca una stabilizzazione degli stessi, impedendo così la loro dinamica normale e bloccando le cellule tumorali nella fase G2/M del ciclo cellulare. Di conseguenza, le cellule non possono più dividersi e proliferare, portando infine alla loro morte.
In Italia, il cabazitaxel è commercializzato con il nome di Jevtana® ed è disponibile in flaconcini contenenti 60 mg di principio attivo sotto forma di polvere liofilizzata per soluzione iniettabile. La somministrazione avviene tramite infusione endovenosa ogni tre settimane e deve essere effettuata da personale sanitario esperto in chemioterapia antineoplastica.
Il dosaggio raccomandato di cabazitaxel è 25 mg/m² di superficie corporea (calcolata sulla base dell'altezza e del peso del paziente), da somministrare in infusione endovenosa di un'ora. Prima dell'inizio del trattamento e prima di ogni ciclo successivo, è necessario valutare lo stato ematico del paziente, monitorando in particolare i livelli di neutrofili e piastrine.
Il cabazitaxel viene utilizzato in associazione con la prednisone o il prednisolone, due farmaci corticosteroidi che contribuiscono a ridurre l'infiammazione e gli effetti collaterali della chemioterapia. La dose raccomandata di prednisone o prednisolone è 10 mg al giorno per via orale durante tutto il trattamento con cabazitaxel.
Come per tutti i chemioterapici, anche il cabazitaxel può causare diversi effetti collaterali. Tra i più comuni si riscontrano: neutropenia (diminuzione dei neutrofili nel sangue), anemia (diminuzione dei globuli rossi), trombocitopenia (diminuzione delle piastrine), astenia (stanchezza), nausea, vomito, diarrea e alopecia (perdita temporanea dei capelli). Alcuni effetti indesiderati possono essere gravi e richiedere l'intervento del medico curante.
In Italia, secondo dati ISTAT aggiornati al 2021, il carcinoma prostatico rappresenta la neoplasia più frequente tra gli uomini con circa 36.800 nuovi casi diagnosticati all'anno. Il cabazitaxel è indicato per quei pazienti affetti da mCRPC che hanno già ricevuto un trattamento con docetaxel, un altro taxano di prima generazione. Pertanto, sebbene non sia possibile fornire statistiche specifiche sull'uso del cabazitaxel in Italia, è evidente che questo farmaco riveste un ruolo importante nel trattamento di una parte significativa dei pazienti affetti da carcinoma prostatico avanzato.
In conclusione, il cabazitaxel è un principio attivo efficace nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione. Il suo meccanismo d'azione si basa sulla stabilizzazione dei microtubuli cellulari, bloccando la divisione e la proliferazione delle cellule tumorali. In Italia, il cabazitaxel viene somministrato in associazione con corticosteroidi come prednisone o prednisolone per ridurre gli effetti collaterali della chemioterapia. Nonostante gli effetti indesiderati possano essere numerosi e talvolta gravi, il cabazitaxel rappresenta una valida opzione terapeutica per i pazienti affetti da mCRPC che non hanno risposto ad altri trattamenti antineoplastici.